Sentenza n. 14 del 1970
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 14

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante norme sui licenziamenti individuali, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 16 maggio 1968 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Lopez Luca e la ditta Studio tecnico macchine ed attrezzature speciali, iscritta al n. 113 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 del 31 agosto 1968;

2) ordinanza emessa il 4 marzo 1969 dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento civile vertente tra Contesti Bruna e la ditta Arturo Facchini, iscritta al n. 250 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 186 del 23 luglio 1969.

Visti gli atti di costituzione di Lopez Luca, di Contesti Bruna e della ditta Studio tecnico, e d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 novembre 1969 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi l'avv. Giuseppe Di Stefano, per Lopez e Contesti, l'avv. Rutilio Sermonti, per la ditta Studio tecnico, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento civile vertente tra Lopez Luca e la ditta Studio tecnico macchine ed attrezzature speciali in persona del suo titolare Kalin Francesco, avente ad oggetto la richiesta di pagamento dell'indennità di anzianità in favore di esso Lopez, dimissionario dal posto di apprendista che aveva occupato presso la ditta suddetta dall'8 novembre 1963 al 18 febbraio 1967, il pretore di Milano, con ordinanza 16 maggio 1968, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966 n. 604, a norma del quale dovrebbero ritenersi esclusi gli apprendisti dal detto beneficio economico, e ciò in violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Osserva il pretore che il rapporto di apprendistato, così come é disciplinato dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, sebbene contraddistinto dalla precipua finalità della formazione professionale del lavoratore, non differirebbe sostanzialmente, per quanto attiene agli obblighi ed ai diritti dei contraenti, dal rapporto di lavoro ordinario. Tuttavia, prosegue l'ordinanza, gli apprendisti sarebbero implicitamente esclusi dalla tutela della legge n. 604 del 1966 sui licenziamenti individuali, e specificamente dal beneficio della indennità di anzianità di cui all'art. 9 della stessa legge, giacché l'art. 10 successivo prevede che le disposizioni della legge medesima si applichino nei confronti dei prestatori d'opera "che rivestono la qualifica di impiegato o di operaio ai sensi dell'art. 2095 del codice civile". Gli apprendisti, oltre ad essere ignorati dalla disposizione del codice civile ora citata, non potrebbero comunque qualificarsi né impiegati né operai, costituendo il conseguimento delle qualifiche stesse soltanto lo scopo cui tenderebbe il rapporto di apprendistato. Con ciò l'art. 10 in esame porrebbe in essere una ingiustificata discriminazione a danno degli apprendisti, per cui dovrebbe dichiararsene l'illegittimità costituzionale.

L'ordinanza notificata il 28 maggio 1968 e comunicata come per legge, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 31 agosto 1968, n. 222.

Avanti alla Corte costituzionale si é costituito il Lopez, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Santulli e Giuseppe Di Stefano, che hanno depositato le deduzioni il 21 giugno 1968.

La difesa del Lopez, insistendo sulla natura di rapporto di lavoro, sia pure speciale dell'apprendistato, prospetta gli elementi differenziatori fra "categoria" professionale e "qualifica" richiamandosi in particolare all'art. 96 delle disposizioni di attuazione del codice civile, dal quale dovrebbe desumersi che nell'ampio concetto di categoria professionale sono ricompresi i vari gradi attraverso cui si articolerebbero le diverse mansioni particolari che determinano l'appartenenza ad una o all'altra qualifica.

L'apprendistato sarebbe un momento particolare di una determinata categoria professionale, mirante al conseguimento di una più elevata qualifica nell'ambito della stessa categoria. Il termine qualifica sarebbe stato impropriamente usato dalla legge in luogo di quello di categoria, come sarebbe reso manifesto dall'espresso riferimento all'art. 2095 del codice civile, ove appunto si parla di categorie e non di qualifiche, e pertanto l'art. 10 non potrebbe che essere interpretato nel senso che la legge debba applicarsi a tutti i prestatori d'opera che comunque rientrino nelle categorie operaia o impiegatizia, indipendentemente dalla specifica qualifica loro attribuita. Da questa interpretazione, la difesa del Lopez trae la conclusione che debba dichiararsi infondata la questione sollevata.

Avanti alla Corte costituzionale si é anche costituito il Kalin, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Alfonso Sermonti e Rutilio Sermonti, che hanno depositato le deduzioni l'8 agosto 1968.

La difesa fa proprie le argomentazioni svolte nell'ordinanza di rinvio per sostenere l'esclusione degli apprendisti dal beneficio della indennità di anzianità, aggiungendo che, in base all 'art 2134 del codice civile, sono applicabili agli apprendisti le norme sul lavoro nell'impresa solo in quanto siano compatibili con la specialità del rapporto e non siano derogate da disposizioni di legge speciali, quale appunto l'art. 10 della legge n. 604.

Contesta peraltro la fondatezza della questione di legittimità osservando che la lamentata diversità di disciplina troverebbe la sua razionale giustificazione nella profonda diversità della situazione degli apprendisti da quella degli altri prestatori di lavoro, diversità che sarebbe legislativamente espressa dall'art. 2 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, secondo cui appunto "l'apprendistato é uno speciale rapporto di lavoro".

Conclude pertanto chiedendo dichiararsi infondata per motivi opposti a quelli della difesa Lopez la questione di legittimità come sopra sollevata.

Si é anche costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le deduzioni il 5 agosto 1968.

L'Avvocatura osserva preliminarmente che, dopo la sentenza n. 75 del 1968 con cui la Corte costituzionale ha riconosciuto la natura retributiva dell'indennità di anzianità, per cui essa va corrisposta ogni volta che vi sia una prestazione lavorativa, dovrebbe ritenersi senz'altro che la detta indennità competa in ogni caso anche agli apprendisti, i quali appunto prestano una attività lavorativa retribuita. Onde, secondo la Avvocatura, si prospetterebbe un difetto sopravvenuto di rilevanza in ordine alla questione sollevata.

Nel merito, l'Avvocatura formula osservazioni analoghe a quelle sopra esposte per sostenere che nell'art. 10 della legge n. 604 del 1966 il termine "qualifica" sarebbe stato utilizzato dal legislatore nel significato di "categoria" di prestatori di lavoro in genere, e non come un esplicito riferimento al possesso di una determinata qualifica professionale. Al riguardo, inoltre, l'Avvocatura precisa che nel contesto dell'art. 2095, cui espressamente la norma impugnata si riferisce, la "categoria" dovrebbe interpretarsi come il risultato della generalizzazione non solo dei singoli tipi di capacità professionale, ma anche della posizione giuridica di tutti i lavoratori come tali, la quale si estenderebbe anche agli apprendisti, che non costituirebbero un "tertium genus" rispetto agli impiegati o agli operai, essendo titolari pur sempre di un rapporto di lavoro. Questa interpretazione sarebbe avvalorata dalla ratio dell'art. 10 in esame che, secondo l'Avvocatura, intenderebbe escludere dai benefici della legge la sola categoria dei dirigenti e consentirebbe, quindi, l'applicabilità della legge stessa a tutti gli altri lavoratori, senza riferimento ad una esplicita e determinata qualifica professionale.

L'Avvocatura conclude pertanto chiedendo dichiararsi la infondatezza della questione.

Nel corso di analogo procedimento pendente fra Contesti Bruna e la società in nome collettivo "Arturo Facchini" di Mario Mandes e C., concernente un rapporto di lavoro svoltosi dal 19 febbraio 1964 al 31 dicembre 1966, durante il quale l'attrice assumeva di avere prestato attività di apprendista impiegata presso la detta società, la Corte di appello di Bologna, su conforme subordinata richiesta dell'appellante Con-testi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 10 della legge n. 604 del 1966 sia per contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, per motivi in parte coincidenti con quelli esposti nell'ordinanza di rinvio del pretore di Milano sopra riportati, sia per contrasto con l'art. 35, primo e secondo comma, della Costituzione.

La Corte d'appello, quanto al primo punto, osserva che al diritto dell'apprendista all'indennità di anzianità, nel sistema del diritto obbiettivo vigente, osterebbe soltanto la disposizione incriminata. Ad escludere il diritto medesimo invero non potrebbe argomentarsi che il contratto di tirocinio sarebbe sempre a tempo determinato, secondo quanto disposto dall'art. 7 della legge n. 25 del 1955, e quindi al di fuori della garanzia dell'indennità, sancita per i soli contratti a tempo indeterminato dall'art. 2120 del codice civile, poiché il detto art. 7 si limiterebbe a porre un termine massimo alla durata del rapporto, senza escludere che esso possa estinguersi prima del termine stesso, così come sarebbe anche dimostrato dal successivo art. 8, che prevedendo il cumulo di vari periodi di servizio prestato in qualità di apprendista ai fini del computo della durata massima del rapporto, supporrebbe che lo stesso possa estinguersi prima del raggiungimento della durata medesima. Neppure fornirebbe valide ragioni per l'esclusione l'analogia tra l'art. 19 della legge n. 25 del 1955, secondo cui, in mancanza di regolare disdetta al termine del periodo di tirocinio, l'apprendista é mantenuto in servizio con la qualifica conseguita, mentre il periodo di apprendistato é considerato utile ai fini dell'anzianità di servizio del lavoratore, e l'art. 2096 del codice civile che assoggetta ad eguale disciplina il periodo di prova, ai fini del computo dell'anzianità di servizio, escludendo però esplicitamente il diritto all'indennità di anzianità nel caso di recesso.

L'analogia delle norme, invero, tendenti entrambe solo ad assicurare l'unicità del rapporto che si protragga oltre il termine, non giungerebbe a postulare unicità di disciplina per quanto riguarda la corresponsione dell'indennità di anzianità, in difetto di una espressa disposizione analoga a quella di cui all'art. 2096 del codice civile in relazione all'apprendistato.

Quanto al secondo punto l'ordinanza afferma, poi, che la lamentata discriminazione in danno degli apprendisti si porrebbe altresì in contrasto con la garanzia della tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni e con l'obbligo dello Stato di curare la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.

L'ordinanza, notificata il 3 giugno 1969, e comunicata come per legge, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 23 luglio 1969, n. 186.

Avanti alla Corte costituzionale si é costituita la Contesti, rappresentata e difesa dagli avvocati Aurelio Becca e Giuseppe Di Stefano i quali hanno depositato le deduzioni il 27 giugno 1969.

La difesa rileva che l'indennità in esame competerebbe all'apprendista in ogni caso di cessazione del rapporto, trattandosi di un lavoratore vero e proprio, sia pure assistito da particolari misure legislative, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 25 del 1955, ed indipendentemente quindi dalla più o meno corretta dizione dell'impugnato art. 10 della legge n. 604 del 1966.

Conclude pertanto chiedendo che la Corte "voglia risolvere in favore della detta lavoratrice la sollevata questione di legittimità.

La difesa del Lopez ha depositato nei termini una memoria illustrativa con cui insiste nelle tesi é conclusioni già svolte, ribadendo in particolare le argomentazioni in base alle quali, in virtù dell'art. 2 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, il rapporto di apprendistato dovrebbe considerarsi un vero e proprio rapporto di lavoro.

Anche la difesa della Contesti ha depositato una memoria, con cui afferma, anzitutto, che la questione di legittimità in esame sarebbe irrilevante, dovendosi riconoscere che alla Contesti medesima, apprendista- impiegata presso la ditta Facchini, e pertanto "prestatrice di lavoro che riveste la qualifica di impiegata" ai sensi dell'art. 10 della legge n. 604 del 1966, dovrebbe senz'altro competere l'indennità di anzianità.

Nel riproporre poi le deduzioni già svolte la difesa aggiunge che, al fine di intendere il sia pure imperfetto art. 10 impugnato come estensibile anche agli apprendisti, soccorrerebbe l'esigenza di adeguare in senso evolutivo e conforme allo spirito della Costituzione l'interpretazione della legge in materia di lavoro. E a tale proposito, la difesa stessa ritiene utile ricordare, come aspetti della evoluzione contrattualistica in materia, l'avvenuto riconoscimento della categoria di lavoratori, così detti "intermedi", e la progressiva unificazione che si verificherebbe fra le categorie di lavoratori intellettuali e manuali.

Insiste pertanto nelle già rassegnate conclusioni. Infine ha depositato una memoria anche la difesa della ditta "Studio tecnico macchine ed attrezzature speciali".

Si insiste ivi anzitutto sulla interpretazione della norma impugnata così come intesa nell'ordinanza di rinvio del pretore di Milano, e con riferimento anche alle argomentazioni contenute nell'ordinanza della Corte d'appello di Bologna, sottolineando gli elementi letterali e logici che la giustificherebbero, con particolare riguardo, quanto ai primi, alla "qualifica" di impiegato o operaio richiesta dalla legge, e quanto ai secondi, alla prevalenza dell'elemento dell'addestramento nel rapporto di apprendistato, che lo differenzierebbe da ogni altro rapporto di lavoro.

Obbietta poi che l'eccezione di irrilevanza sollevata dall'Avvocatura dello Stato sarebbe infondata sia perché il competente giudice a quo avrebbe esaurientemente motivato al riguardo attraverso l'interpretazione degli artt. 9 e 10 della legge n. 604 del 1966, sia perché, comunque, la natura retributiva dell'indennità di anzianità affermata dalla sentenza n. 75 del 1968 della Corte costituzionale potrebbe invocarsi solo nella non dimostrata ipotesi che l'apprendistato dovesse appunto ritenersi un vero e proprio rapporto di lavoro retribuito, in contrasto con l'elemento prevalente dell'addestramento professionale, in relazione al quale non sarebbe configurabile il concetto di differimento della retribuzione, ed anche in contrasto con l'analogia che dovrebbe ravvisarsi fra l'apprendistato ed il periodo di prova, anche ai fini del trattamento per la risoluzione del rapporto.

Ciò posto, la difesa, passando al merito della sollevata questione di legittimità costituzionale osserva, essenzialmente, che a causa della specialità del rapporto di apprendistato, con le particolarità che caratterizzano le rispettive prestazioni del datore di lavoro e dell'apprendista, la corresponsione di una mercede acquisterebbe carattere meramente accessorio. Questa profonda diversità di situazione col rapporto di lavoro ordinario giustificherebbe l'esclusione dell'apprendistato dal campo di applicazione dell'art. 10 impugnato il che, in conformità della costante giurisprudenza della Corte, escluderebbe la violazione del principio di eguaglianza garantito dall'art. 3 della Costituzione.

Insiste pertanto nelle già prese conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Va disposta la riunione, per dare luogo ad unica decisione, di entrambi i giudizi, dato che i motivi addotti, in relazione alla stessa disposizione di legge, sono comuni e diretti a conseguire lo stesso risultato.

2. - Le due ordinanze prospettano la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge n. 604 del 15 luglio. 1966 sui licenziamenti individuali.

Si assume che, col delimitare l'ambito di applicazione delle norme della legge stessa, (tra cui la norma sulla indennità di anzianità prevista nel precedente articolo 9) ai prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio ai sensi dell'art. 2095 del codice civile in quanto professionalmente già formati, si verrebbe implicitamente ad escludere gli apprendisti, nonostante si tratti di rapporto che non differisce sostanzialmente, per quanto attiene agli obblighi ed ai diritti dei contraenti, dal rapporto di lavoro ordinario.

Da ciò deriverebbe un contrasto, sia con il principio generale di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, sia anche (secondo l'ordinanza della Corte di Bologna) con il principio di tutela del lavoro e della formazione professionale enunciato nell'art. 35 della Costituzione.

3. - L'Avvocatura dello Stato prospetta un dubbio circa la rilevanza della questione in quanto questa Corte si é pronunciata, con sentenza n. 75 del 27 giugno 1968, nel senso che l'indennità di anzianità ha natura di retribuzione differita al momento della cessazione del rapporto, quale parte del compenso dovuto al lavoro prestato. Né deriverebbe, secondo l'Avvocatura, nel caso in esame, il riconoscimento non più discutibile che l'indennità di anzianità spetti senz'altro anche agli apprendisti, che prestano un'attività lavorativa dietro retribuzione.

Ma, dal principio già affermato da questa Corte con la ricordata sentenza, non discende l'irrilevanza della questione ora proposta, la quale ha per suo oggetto specifico l'individuare, per il controllo di legittimità costituzionale dell'art. 10, la natura del contratto di apprendistato in rapporto all'ordinario contratto di lavoro, ed agli effetti dell'attribuzione dell'indennità di anzianità: mentre il rilievo dell'Avvocatura presuppone già risoluta la questione nel senso della completa equiparabilità dei due contratti.

4. - Le ordinanze di rinvio prospettano in termini precisi é di dimostrata rilevanza la questione di incostituzionalità dell'art. 10.

Va, invero, riconosciuto esatto che la formulazione dell'articolo é tale da escludere un suo riferimento estensivo ai rapporti di apprendistato.

L'art. 2095 del codice civile, ivi richiamato, riguarda il rapporto di lavoro ordinario e non l'altro, considerato e definito speciale sia dall'art. 2134 del codice civile sia dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, sulla disciplina dell'apprendistato (art. 2). E le "qualifiche" che vengono a rivestire i soggetti del rapporto, sono anch'esse dall'art. 10 riferite direttamente al citato art. 2095.

In base a queste rilevazioni d'ordine esegetico e sistematico, accompagnate da considerazioni sulla speciale natura del rapporto di apprendistato, notevole parte della giurisprudenza e della dottrina ha ritenuto di escludere il rapporto stesso dal novero dei rapporti in ordine ai quali sia assicurato il diritto alla indennità di anzianità in caso di risoluzione.

Ciò premesso, la Corte, chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale di tale esclusione, osserva che questa pone l'apprendista, irrazionalmente, in situazione di inferiorità e di disuguaglianza.

Infatti, non varrebbe sostenere, che il contratto di apprendistato abbia natura di contratto a termine, per sottrarlo alla conseguenza del conseguimento della indennità di anzianità in caso di risoluzione, dovuta solo per i rapporti a tempo indeterminato (art. 2120 cod. civ.: art. 1 legge n. 604 del 1966).

Il termine di durata massima del periodo di apprendistato é stabilito dall'art. 7 della legge n. 25 del 1955, come già dall'art. 2130 del codice civile, a tutela dell'apprendista, per evitare il protrarsi, oltre i limiti di ragione, di una situazione intermedia: salvo, verificandosi le condizioni di cui all'art. 19 della legge ora citata, che richiama appunto l'art. 2118 del codice civile sul recesso dal contratto a tempo indeterminato, il successivo passaggio dall'apprendistato ad un ordinario rapporto di lavoro.

D'altra parte, é ora la legge 15 aprile 1962, n. 230, che, nello stabilire la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, lo circoscrive a speciale ipotesi al cui elenco (art. 1) il contratto di apprendistato é assolutamente estraneo.

Tanto meno varrebbe equiparare il contratto in esame a quello in prova, per giustificare, costituzionalmente, l'inapplicabilità della indennità di anzianità.

L'assunzione in prova (art. 2096 cod. civ.) é contratto diverso da quello di apprendistato, il quale può, soltanto per tempo limitatissimo e per volontà delle parti, essere preceduto da un periodo di prova (art. 9 legge n. 25 del 1955).

La prova ha una funzione di conferma di qualificazioni tecniche che si presuppongono già formalmente acquisite, mentre l'apprendistato ha per funzione la loro acquisizione.

Dato ciò, va considerato se il rapporto di apprendistato sia assimilabile all'ordinario rapporto di lavoro.

La Corte ritiene di dare risposta affermativa.

La legge 19 gennaio 1955, n. 25, sulla disciplina dell'apprendistato, e il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 30 dicembre 1956, n. 1618) costituiscono, in confronto al precedente R.D.L. n. 1906 del 21 settembre 1938 sulla stessa disciplina, una maggiore puntualizzazione in senso evolutivo della natura dell'istituto.

L'apprendistato é definito "rapporto di lavoro" sia pure speciale, che intercorre tra l'apprendista e l'imprenditore che "ne utilizza l'opera" (art. 2 della legge) inserendolo, quindi, nel ciclo produttivo. Da parte dell'apprendista, sussiste l'obbligo di collaborazione mediante "prestazione d'opera" nonché subordinazione, nel rispetto dell'orario di lavoro (artt. 10 e 12). L'assunzione degli apprendisti, che deve avvenire tramite l'ufficio di collocamento (art. 3), comporta, da parte del datore di lavoro, l'obbligo della retribuzione, ossia del corrispettivo, della collaborazione, anche durante l'annuale periodo di ferie (art. 11 lettere c ed e), nonché l'applicazione delle norme sulla previdenza ed assistenza sociale, compresi gli assegni familiari (artt. 15 e 21 modificati dalla legge 8 luglio 1956,. n. 706).

La specialità del rapporto é data dal fatto che il periodo di tirocinio deve essere dall'imprenditore utilizzato anche per impartire o far impartire all'apprendista l'insegnamento necessario affinché diventi lavoratore qualificato (art. 2). É questa una causa del contratto che non si sovrappone all'altra riguardante la prestazione di lavoro, tanto da assorbirla. Si tratta di un rapporto complesso, costituito da elementi che, componendosi, non perdono la loro individualità.

Né consegue che la privazione per l'apprendista del diritto di conseguire "in ogni caso", alla pari degli altri lavoratori, l'indennità di anzianità di cui all'art. 9 della legge sui licenziamenti individuali (per effetto della omissione nel successivo art. 10) crea una situazione di trattamento differenziato cui non corrisponde una diversità di situazione di fatto e di diritto nei soggetti destinatari della norma.

Ciò con palese violazione dell'art. 3 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (contenente norme sui licenziamenti individuali) nella parte in cui non comprende gli apprendisti tra i beneficiari della indennità dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1970.