Sentenza n.116 del 1973
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SENTENZA N. 116

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 9 giugno 1972, depositato in cancelleria il 22 successivo ed iscritto al n. 18 del registro conflitti 1972, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota 30 dicembre 1971, n. 12/3508 del Ministero delle finanze con la quale é stata negata alla Regione la spettanza dell'imposta annua di abbonamento dovuta dalla S.I.P sui corrispettivi dei servizi telefonici svolti in Sicilia.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito. nell'udienza pubblica del 16 maggio 1973 il Giudice relatore Nicola Reale;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per la Regione siciliana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il 9 giugno 1972 la Regione siciliana, in persona del suo Presidente, previa delibera della Giunta regionale n. 153 del 26 aprile di detto anno, ha proposto conflitto di attribuzione contro lo Stato ed ha impugnato la nota 30 dicembre 1971 (prot. n. 12/3508/71) con la quale é stata negata la spettanza alla ricorrente dell'imposta annua di abbonamento dovuta dalla S.I.P sui corrispettivi dei servizi telefonici svolti in Sicilia.

La difesa della Regione premette che le disposizioni del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, in attuazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto speciale, stabiliscono la spettanza alla stessa Regione dei tributi erTimes New Romani diretti ed indiretti, riscossi nel suo territorio (art. 2), nonché le entrate che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio siciliano.

Espone, quindi, che la legge statale 6 dicembre 1965, n. 1379, concernente modificazioni al regime tributario delle società concessionarie telefoniche (poi tutte fuse nella S.I.P.), dopo aver disposto che le entrate, i contratti e gli atti relativi alle utenze telefoniche ed alle prestazioni accessorie delle predette società vanno esenti da ogni tassa od imposta indiretta sugli affari, istituiva un'imposta annua di abbonamento commisurata al 5,50% dell'ammontare dei corrispettivi dei servizi telefonici e di ogni altra prestazione accessoria.

La stessa legge stabiliva inoltre che al nuovo tributo dovevano applicarsi le norme vigenti per l'imposta di registro, e che ai contratti di utenza, in caso d'uso, dovesse applicarsi anche l'imposta di bollo.

Nel merito la difesa della Regione assume che gli atti per i quali il tributo in esame é imposto sono incontestabilmente formati in Sicilia; il momento in cui sorge l'obbligazione tributaria é quello in cui ciascun atto viene stipulato; se, per esigenze estranee al rapporto tributario, l'imposta é poi riscossa in luogo diverso da quello in cui l'obbligazione é sorta, si verifica l'ipotesi considerata espressamente dall'art. 4 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.

Questa norma, richiamando la nozione di fattispecie tributaria maturata in Sicilia, non può comprendervi l'accertamento del tributo, così da sottrarre alla finanza regionale quelle entrate che vengano accertate in altra parte del territorio nazionale.

Fra la fattispecie tributaria ed il presupposto d'imposta non vi sarebbe autonomia: ma il presupposto d'imposta ne costituirebbe "semplice proiezione sul piano concreto", espressione cioè di un identico fenomeno. Donde l'impossibilità di considerare la fattispecie tributaria come figura complessa nella quale comprendere l'obbligazione tributaria in ogni suo aspetto sostanziale e formale, con riguardo così ai fatti costitutivi come a quelli estintivi.

Il criterio della maturazione della fattispecie tributaria sarebbe connesso con quello della territorialità dell'imposta, e dovrebbe valere ad identificare le entrate spettanti, rispettivamente, alla Regione, nel caso in cui detta fattispecie (e cioè il presupposto) d'imposta siasi verificato in Sicilia, o allo Stato, quando tale presupposto sia sorto, invece, in altra parte del territorio nazionale. E ciò per confermare che, ove il più semplice criterio della riscossione (ex art. 2) risulti inapplicabile per esigenze amministrative (non dipendenti, cioè, da caratteristiche intrinseche del tributo), spetterebbe alla Regione il gettito di un tributo inerente a ricchezza formatasi o rivelatasi in Sicilia.

Secondo la difesa della Regione, non avrebbe fondamento, infine, l'argomento che nella specie ci si trovi davanti ad una imposta globale sul volume d'affari della S.I.P., non scomponibile in tante parti quanti sono i fatti genetici di essa.

Né, ai sensi dell'art. 4 sopra ricordato, la pretesa della Regione siciliana potrebbe essere elusa per il solo fatto che "esigenze amministrative" possano avere determinato il legislatore a prevedere la riscossione del tributo nel luogo ove la società concessionaria dei servizi telefonici ha la sua sede principale fuori del territorio siciliano.

La difesa della Regione ha, quindi, concluso perché sia annullata la lettera del Ministero delle finanze sopramenzionata e sia dichiarata la spettanza alla Regione medesima dell'imposta annua di abbonamento dovuta dalla S.I.P sui corrispettivi di servizi telefonici svolti in Sicilia.

Costituitasi in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato ha chiesto il rigetto del ricorso.

Dopo aver premesso che, a norma degli artt. 2 e 4 del decreto di attuazione del 1965, ai fini dell'attribuzione delle entrate finanziarie alla Regione siciliana costituisce criterio prevalente il luogo della riscossione del tributo, del quale é criterio sussidiario il luogo della maturazione della fattispecie tributaria, la difesa dello Stato sostiene che l'imposta annua di abbonamento sui servizi telefonici, istituita con legge 6 dicembre 1965, n. 1379, non ricade nelle ipotesi di riparto finanziario prevedute dalle citate disposizioni di attuazione.

Questa imposta - si osserva - la cui riscossione, secondo regola incontestata, avviene in Torino (luogo nel quale ha sede la S.I.P unica società concessionaria dei servizi telefonici per tutto il territorio nazionale), é strutturata legislativamente in modo tale da escludere che la fattispecie tributaria maturi in luogo diverso da quello in cui la società stessa ha sede.

L'art. 3 della legge istitutiva prescrive, infatti, che la società concessionaria presenti all'ufficio del registro della città ove essa ha appunto sede legale, la denuncia indicante l'ammontare dei corrispettivi dei servizi telefonici e delle prestazioni accessorie del precedente anno solare, corredata dal bilancio e dalla relativa documentazione.

Ed in base a questa denuncia il detto ufficio del registro liquida l'imposta dovuta, in misura unica e globale, per l'intero territorio di esercizio.

Da ciò l'Avvocatura argomenta per affermare che quel complesso di elementi che integrano la fattispecie tributaria, quale fatto costitutivo dell'obbligo d'imposta, matura esclusivamente nel luogo nel quale la denuncia deve essere fatta.

I singoli servizi telefonici non avrebbero rilevanza ai fini dell'imposta, che é globalmente commisurata all'ammontare dei relativi corrispettivi.

Vi sarebbe, cioè l'unicità di fattispecie avente riguardo al complessivo imponibile risultante dall'insieme dei servizi prestati.

Il diritto di rivalsa che la società concessionaria ha nei confronti degli utenti (ex art. 6 della legge) non altererebbe la struttura del tributo, ma consentirebbe alla società concessionaria di trasferire, in senso soltanto economico, sugli utenti, l'onere tributario.

Considerato in diritto

1. - Mediante il ricorso 9 giugno 1972 in esame la Regione siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione contro lo Stato, ed ha impugnato la lettera 30 dicembre 1971 (prot. n. 12/3508) con la quale il Ministro per le finanze ha negato che spettino alla Regione siciliana i proventi dell'imposta sulle utenze telefoniche in abbonamento, istituita con legge 6 dicembre 1965, n. 1379, sui servizi e sulle prestazioni accessorie effettuate dalla società S.I.P., avente sede in Torino ed ormai unica concessionaria in Italia dei servizi telefonici, per la parte concernente utenze effettuate nel territorio siciliano.

La Regione chiede che lo Stato le attribuisca la quota parte del gettito dell'imposta predetta, che, sebbene riscossa fuori del territorio regionale, concerne prestazioni di servizi, le quali dovrebbero essere configurate quali fattispecie tributarie maturate nell'ambito della sua competenza territoriale. A fondamento del ricorso invoca le disposizioni dell'art. 36 dello Statuto e degli artt. 2 e 4 delle norme di attuazione in materia finanziaria, emanate col d.P.R. n. 1074 del 26 luglio 1965. E sulla interpretazione di tali disposizioni si incentra, invero, il tema della controversia, nella cornice dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione ricorrente.

2. - Come questa Corte ha precisato nella recente sentenza n. 71 del 30 maggio 1973, confermata con quella successiva n. 81 del 12 giugno 1973, l'art. 36 dello Statuto siciliano conferisce alla Regione (con le eccezioni indicate nel secondo comma) competenza non esclusiva, ma concorrente o sussidiaria, a legiferare in materia tributaria, ai sensi dell'art. 17 dello Statuto medesimo; nel rispetto, quindi, delle leggi costituzionali, e con l'osservanza dei limiti territoriali e di quelli derivanti dai principi e dagli interessi generali cui si informano le leggi dello Stato, affinché la legislazione regionale risulti sempre coordinata con la finanza statale e non ne derivi turbamento ai rapporti tributari nel resto del territorio nazionale.

In particolare si é riaffermato il criterio fondamentale, già espresso in altre precedenti sentenze, che la legislazione regionale siciliana non può disconoscere i principi informatori delle leggi tributarie dello Stato, fra i quali rientra, senza dubbio, la disciplina dei soggetti passivi dell'obbligazione tributaria, in relazione alla tipologia dei singoli tributi.

In correlazione all'ambito della potestà normativa, alla Regione é statutariamente attribuita altresì la potestà di acquisire entrate tributarie. Ma, poiché detta potestà avrebbe dovuto essere rigorosamente contenuta nei limiti dei tributi su cui essa può legittimamente "deliberare", la Regione non può pretendere che le siano attribuiti i proventi di entrate erTimes New Romani, rispetto alle quali la sua potestà legislativa incontrerebbe i limiti sopraindicati.

A completamento ed attuazione della normativa statutaria ed al fine di assicurare alla Regione i mezzi finanziari occorrenti alla esplicazione delle sue competenze istituzionali, il citato decreto n. 1074 del 1965 ha la funzione di determinare i criteri del riparto del gettito di tributi erTimes New Romani, attribuendo alla Regione siciliana le entrate tributarie erTimes New Romani riscosse in Sicilia (art. 2) nonché quelle, che, sebbene attinenti a fattispecie tributarie maturate in Sicilia, affluiscono per esigenze amministrative ad uffici situati fuori del suo territorio (art. 4).

Tale attribuzione, peraltro, come si precisa nella prima delle ricordate sentenze, si verifica quando lo Stato, anche con legge, al fine di razionale organizzazione degli uffici, determini modifiche nelle competenze di questi e, al caso, disciplini diversamente le modalità della riscossione, ma é invece da escludersi quando, nell'esercizio della sua potestà, lo Stato medesimo abbia modificato i principi attinenti alla struttura dei singoli tributi, senza possibilità di interferenza da parte della Regione.

3. - In base a tali premesse si può concludere che nella specie non spetta alla Regione siciliana la quota del gettito del tributo sulle utenze telefoniche, riscosso dallo Stato in base alla precitata legge 6 dicembre 1965, n. 1379, recante modificazioni del precedente regime tributario e istituzione di una imposta annua di abbonamento a carico delle società concessionarie, in ragione del 5,50% dell'ammontare dei corrispettivi dei servizi telefonici e di ogni altra prestazione accessoria (art. 1, comma secondo).

Detta legge (che ha cessato di aver vigore col 31 dicembre 1972, per effetto dell'art. 90 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) prevede l'accertamento del tributo in base a denunzia da presentarsi il 31 maggio di ciascun anno dalla società concessionaria dei servizi telefonici all'ufficio del registro competente (nella specie quello di Torino, sede legale della S.I.P.); denunzia comprendente l'ammontare dei corrispettivi dei servizi telefonici e delle prestazioni accessorie svolti nell'anno solare precedente e corredata da copia del bilancio dello stesso anno e dei relativi allegati. L'ufficio in base ai detti documenti, liquida l'imposta dovuta in via provvisoria per l'anno in corso alla presentazione della denunzia e quella effettivamente dovuta per l'anno precedente. Il tutto ai sensi dell'art. 3 e con le modalità di cui ai successivi artt. 4 e 5.

L'obbligo di corrispondere in abbonamento il tributo, secondo la liquidazione fattane dall'ufficio predetto, risulta a carico della società medesima, sicché la legge in esame indica soltanto quest'ultima quale soggetto passivo dell'imposta, attribuendo rilevanza alle singole utenze telefoniche ed alle prestazioni dei servizi accessori solo in quanto oggetto della ricordata denunzia, da farsi, peraltro, in forma unitaria e globale, e fissando il correlativo accertamento nonché la riscossione nel luogo stabilito per la denunzia stessa.

Dalla accennata disciplina discende che il tributo in contestazione non ha fonte, in alcun caso, in fattispecie maturate nell'ambito regionale, onde la esclusione di problemi circa la spettanza alla Regione in riferimento alla riscossione di esso.

4. - Né ha rilievo contrario il diritto di rivalsa riconosciuto alla società obbligata al pagamento dell'imposta, nei confronti dei singoli utenti (art. 6).

Tale diritto non é nella specie connesso - come a torto sostiene la Regione - a rapporti di sostituzione o di responsabilità d'imposta, essendo invece configurabile quale strumento giuridico di traslazione sui tributi dell'ammontare pecuniario degli oneri fiscali gravanti sull'ente, unico obbligato alla soluzione dell'imposta secondo il già citato art. 1 secondo comma, della legge.

Il ricorso della Regione siciliana non ha, pertanto, fondamento e deve essere respinto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettano allo Stato, e non alla Regione siciliana, i proventi dell'imposta sulle utenze telefoniche di cui alla legge 6 dicembre 1965, n. 1379, concernenti utenze effettuate nel territorio della Regione siciliana.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1973.