SENTENZA N. 96
ANNO 1973
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO Presidente
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità Costituzionale dell'art. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1335 (esecuzione della Convenzione tra gli Stati membri del Trattato nord Atlantico sullo statuto delle loro forze armate), promosso con ordinanza emessa il 15 luglio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Astrup Nils Christian, iscritta al n. 367 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 24 novembre 1971.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1973 il Giudice relatore Paolo Rossi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento penale a carico di Astrup Nils Christian, ufficiale della N.A.T.O., imputato di omicidio colposo in persona di Puggioni Ignazia a seguito d'investimento automobilistico, in gita di piacere, il giudice istruttore presso il tribunale di Roma ha sollevato d'ufficio questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1335 - nella parte in cui dà esecuzione in Italia all'art. VII, paragrafo 3, lett. c, della Convenzione di Londra 19 giugno 1951 - per contrasto con il principio costituzionale secondo cui "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge".
L'ordinanza di remissione denuncia l'illegittimità di detta norma, che consente al potere esecutivo, mediante la rinuncia alla priorità nell'esercizio della giurisdizione, senza predeterminazione di criteri e con atto insindacabile e discrezionale, di sottrarre ex post al giudice procedente il potere di decidere in ordine alla regiudicanda, sotto il profilo che in tale maniera l'imputato verrebbe distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
É intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni depositato il 29 ottobre 1971, chiedendo dichiararsi l'irrilevanza o quanto meno l'infondatezza della questione proposta.
Preliminarmente la difesa dello Stato eccepisce il difetto di rilevanza della questione, poiché il giudice a quo, ha sollevato dubbio di legittimità di una norma relativa ad una funzione del potere esecutivo, che non ha trovato applicazione nel giudizio penale in corso.
Nel merito soggiunge che l'esistenza di un concorso di giurisdizione - quale risulta disciplinato dalle varie norme contenute dall'art. VII della Convenzione di Londra - presuppone necessariamente una duplice preventiva designazione del giudice naturale sulla base dei due distinti ordinamenti, sicché la rinunzia alla giurisdizione costituirebbe uno strumento necessario ad armonizzare le due giurisdizioni, individuando il titolo giustificativo dell'operatività alternativa ora dell'una ora dell'altra.
Lo strumento prescelto, inoltre, armonizzerebbe l'ordinamento italiano con le consuetudini generali internazionali, secondo cui i singoli appartenenti ai Corpi militari stranieri godrebbero anche dell'immunità giurisdizionale extra-funzionale. La difesa dello Stato conclude infine osservando che gli spostamenti di competenza conseguenti al provvedimento di rinuncia, pur determinati da una valutazione discrezionale a posteriori, non contrastano con il principio costituzionale invocato, così come sono pienamente legittimi quelli che derivano dalla applicazione delle norme sulla connessione dei procedimenti, giustificati dalla necessità di assicurare il rispetto di altri principi costituzionali.
Considerato in diritto
Va preliminarmente respinta l'eccezione di irrilevanza della questione, prospettata dall'Avvocatura dello Stato, atteso che, come più volte affermato, la valutazione della rilevanza rientra nella competenza propria del giudice a quo, quando, come nella specie, risulti compiuta ed adeguatamente motivata.
Nel merito la Corte costituzionale é chiamata a decidere se contrasti o meno con il principio del giudice naturale la facoltà di rinuncia alla priorità nell'esercizio della giurisdizione attribuita al potere esecutivo dall'impugnato art. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1335, nella parte in cui dà esecuzione in Italia all'art. VII, paragrafo 3, lett. c, della Convenzione di Londra 19 giugno 1951 sullo statuto delle forze armate della N.A.T.O.
L'articolo VII della citata Convenzione, disciplinando la materia dei possibili conflitti di giurisdizione tra le autorità dello Stato di origine e quelle dello Stato di soggiorno, delimita i casi di giurisdizione esclusiva e di giurisdizione concorrente, specificando, in quest'ultima ipotesi, le fattispecie rimesse alla priorità giurisdizionale dell'uno o dell'altro Stato.
Tale regolamentazione appare ispirata al principio della obbligatorietà e territorialità della legge penale, di cui agli artt. 3 e 6 del codice penale, come risulta dall'art. VII, paragrafo 3, della Convenzione, secondo il quale, in caso di concorso di giurisdizione, le autorità militari dello Stato di origine hanno priorità nell'esercizio della giurisdizione soltanto per i reati commessi dagli appartenenti alle forze armate nell'esercizio delle loro mansioni o per quelli rivolti unicamente contro i beni o le persone di detto Stato, mentre la priorità giurisdizionale spetta alle autorità dello Stato di soggiorno per qualsiasi altro reato.
Il criterio così accolto va posto in relazione alle consuetudini generali internazionali, secondo cui lo Stato di origine conserva il proprio potere giurisdizionale in ordine ai reati commessi in tempo di pace dagli appartenenti alla forza di stanza nei territori alleati; consuetudini non irrilevanti per lo Stato italiano il cui ordinamento, ai sensi dell'art. 10 della Costituzione, si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.
La citata Convenzione, nel contemperare tale principio con quello della territorialità, anche al fine di evitare, nei Casi di concorso di giurisdizione, un doppio giudizio (citato articolo VII, par. 8), é ricorsa alla regolamentazione delle priorità nell'esercizio giurisdizionale, integrata dalla facoltà di rinuncia da parte di quelle autorità cui la priorità stessa é conferita.
Pertanto detta facoltà - il cui esercizio non é obbligatorio - attribuita al Ministro di grazia e giustizia, sentito quello per gli affari esteri, appare rispettosa delle esigenze repressive proprie dello Stato di soggiorno (art. 2 legge 1335 del 1955 e d.P.R. n. 1666 del 1956). Lo spostamento di competenza che la rinuncia comporta avviene tra due organi giurisdizionali entrambi previsti a priori dai rispettivi ordinamenti e dalla impugnata legge interna che dà esecuzione alla Convenzione.
Occorre a questo punto richiamare la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione legislativa di una Competenza generale, ma si forma anche di tutte quelle disposizioni le quali derogano a tale competenza "sulla base di Criteri che razionalmente valutano i disparati interessi posti in gioco dal processo" (sentenza n. 139 del 1971).
Pertanto la possibilità che in virtù della norma impugnata si verifichi, per le ragioni sopra indicate, lo spostamento di competenza a favore di altro giudice, anch'esso precostituito, non costituisce violazione dell'art. 25, primo comma, della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1335, nella parte in cui dà esecuzione all'art. VII, paragrafo 3, lettera c, della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, concernente lo statuto delle forze armate della N.A.T.O., sollevata in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1973.
Francesco PAOLO BONIFACIO – Giuseppe VERZÌ – Giovanni BATTISTA BENEDETTI – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 27 giugno 1973.