SENTENZA N. 216
ANNO 1972
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Costantino MORTATI, Presidente
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 (norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale), promosso con ordinanza emessa il 13 giugno 1970 dall'Ufficio centrale circoscrizionale di Benevento per l'elezione del Consiglio regionale della Campania sul ricorso di Tibaldi Antonio, iscritta al n. 230 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 16 settembre 1970.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 22 novembre 1972 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 13 giugno 1970 l'Ufficio centrale circoscrizionale di Benevento per l'elezione del Consiglio regionale della Campania ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 (anche con riferimento all'eguaglianza di fatto) e 48, comma secondo (specificatamente sotto il riflesso dell'eguaglianza del voto) della Costituzione, della norma di cui all'art. 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, nella parte in cui essa dispone l'attribuzione di seggi nel Collegio unico regionale, in contrasto con la preventiva assegnazione dei seggi spettanti a ciascuna provincia della regione, in base alle rispettive popolazioni, consentendo - al limite - che una provincia possa addirittura rimanere senza propri rappresentanti.
Ritenuta la propria competenza a denunciare la questione di legittimità costituzionale, l'Ufficio rileva che nella specie, per effetto della norma in esame, la Provincia di Benevento risulterebbe avere solo tre consiglieri, invece dei quattro preventivamente assegnatile in base al numero dei suoi abitanti, rimanendo così senza effetto il voto di 80.000 elettori.
2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 6 ottobre 1970 nelle quali con argomenti tratti sia dalla giurisprudenza ordinaria che da quella costituzionale contesta la natura giurisdizionale dell'ufficio elettorale come pure la sua appartenenza all'organizzazione giudiziaria, deducendone la mancanza di legittimazione ad adire la Corte.
Nel merito la questione sarebbe infondata, in quanto il principio costituzionale dell'eguaglianza del voto concernerebbe soltanto la pari efficacia potenziale, ma non anche i risultati concreti della volontà espressa dall'elettore, i quali dipendono esclusivamente dal sistema adottato dal legislatore ordinario nel suo discrezionale apprezzamento delle mutevoli esigenze connesse alle consultazioni popolari (cfr. sentenze n. 43 del 1961 e 6 e 60 del 1963). Nella specie, del resto, la scelta del legislatore, senza incidere sui diritti costituzionali dei cittadini, avrebbe ritenuto prevalente l'esigenza di assicurare, a tutela delle minoranze, una proporzionale rappresentanza politica per tutti gli elettori nel Consiglio regionale, rispetto all'altra di garantire una proporzionale rappresentanza territoriale a ciascuna provincia.
Le conclusioni dell'Avvocatura dello Stato sono, perciò, per l'inammissibilità o, comunque, per l'infondatezza della questione proposta.
3. - Alla pubblica udienza l'Avvocatura ha insistito nelle sue conclusioni, con particolare riguardo all’inammissibilità della questione.
Considerato in diritto
Come riferito in narrativa, l'Ufficio circoscrizionale elettorale di Benevento si é posto preliminarmente il quesito circa la propria qualificazione come giudice, ai fini dell’idoneità a sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme di legge che é chiamato ad applicare e lo ha risolto in senso affermativo, ravvisando il ricorrere di entrambi i criteri - soggettivo ed oggettivo - che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, permettono, ai fini predetti, di riconoscere ad un organo il carattere di giudice ed al procedimento davanti ad esso svolgentesi natura di giudizio. La difesa dello Stato contesta, invece, tali conclusioni, richiamando anche argomenti d’ordine pratico, inerenti alla particolare celerità che la legge ha voluto imprimere alle operazioni dirette al risultato della proclamazione degli eletti, e chiede pertanto che la questione proposta sia dichiarata inammissibile.
L'eccezione pregiudiziale é fondata.
Sotto il profilo soggettivo, infatti, gli uffici elettorali circoscrizionali sono organi temporanei, costituiti di volta in volta "presso il tribunale" nella cui giurisdizione é il comune capoluogo di provincia, i quali, mentre non si identificano con lo stesso tribunale, nemmeno danno vita ad altrettante sezioni o particolari articolazioni del medesimo, e non sono perciò istituzionalmente incardinati nel potere giurisdizionale dello Stato. La legge prescrive, bensì, che siano composti di tre "magistrati", designati dal presidente del tribunale, ma non dice anche che debbano necessariamente essere formati da "giudici ad esso appartenenti" (che anzi, gli analoghi uffici elettorali centrali previsti, per le elezioni comunali nei comuni con più di diecimila abitanti, dall'art. 71 del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, sono soltanto presieduti dal presidente del tribunale o da altro magistrato da questo delegato e costituiti, per il rimanente, dai componenti dell'ufficio elettorale della prima sezione, i quali non sono affatto magistrati; mentre, per l'art. 67, nei comuni con popolazione inferiore, in luogo degli uffici elettorali circoscrizionali, funzionano speciali collegi comprendenti i presidenti delle varie sezioni). D'altronde, a differenza da quanto per regola generale avviene per gli organi giurisdizionali, ordinari o speciali che siano, gli uffici circoscrizionali constano, in realtà, di un numero variabile di membri, essendo attribuita al presidente del tribunale facoltà di aggregarvi, a richiesta dei rispettivi presidenti, "altri magistrati, nel numero necessario per il più sollecito espletamento delle operazioni".
Sotto il profilo oggettivo, poi, e cioé avendo riguardo alla funzione esplicata, é da rilevare, anzitutto, che questa si inserisce, come una sua fase particolare e strettamente delimitata nei compiti e nel tempo, entro l'arco di un complesso procedimento - al quale, nel suo insieme, non potrebbe in alcun modo riconoscersi natura giurisdizionale né a questa assimilabile - che muove dalla formazione delle liste e dalla presentazione e verifica delle candidature, per sfociare nel procedimento di convalida degli eletti, di competenza - per quanto qui interessa - dei consigli regionali. Procedimento nettamente distinto e diverso da quelli, senza dubbio giurisdizionali, che potranno svolgersi, in seguito a ricorsi contro le operazioni elettorali, davanti ai tribunali amministrativi regionali, quali organi di giustizia amministrativa di primo grado, e poi, in sede d’appello, davanti al Consiglio di Stato, ovvero, per questioni relative alla eleggibilità, successivamente alla intervenuta convalida, dinanzi alla autorità giudiziaria ordinaria, attraverso ben tre gradi di giurisdizione.
Il fine, cui la funzione degli uffici elettorali chiaramente é preordinata, non é già di dichiarare o attuare nel caso concreto la volontà della legge, ma consiste piuttosto nel dare soddisfazione al pubblico interesse alla pronta costituzione, sia pure in una formazione provvisoria, che potrà in seguito subire dei mutamenti, delle Assemblee elettive degli enti regionali; ed a tale scopo essi pervengono - in esecuzione vincolata delle norme di legge - compiendo una serie d’attività materiali e di conteggio, che, com'é stato anche recentemente ritenuto dalla Corte di cassazione, in relazione agli analoghi uffici istituiti per le elezioni politiche, sono semplici operazioni amministrative, dalle quali esula un momento suscettibile di configurarsi come propriamente decisorio. Potrebbe sembrare, a prima vista, fare eccezione quel riesame delle schede contenenti voti contestati e provvisoriamente non assegnati, a conclusione del quale "l'ufficio... tenendo presenti le annotazioni riportate a verbale e le proteste e i reclami presentati in proposito, decide, ai fini della proclamazione, sull'assegnazione o meno dei voti relativi". Ma - anche a prescindere dal rilievo che, nella specie, la questione di costituzionalità é stata sollevata nel corso della fase terminale, prevista dall'ultimo comma dell'art. 15 della legge del 1968, che é di mera e stretta esecuzione d’operazioni già effettuate dall'ufficio regionale - l'eccezione é soltanto apparente. Infatti, il compito di decidere per intanto ed in linea provvisoria, sulle schede contestate e non assegnate, é attribuito agli uffici elettorali all'unico scopo di pervenire al più presto alla proclamazione (a sua volta, provvisoria anch'essa) degli eletti, affinché i consigli siano posti in grado di insediarsi ed iniziare il proprio funzionamento Ed é superfluo soffermarsi a sottolineare quanto circoscritto sia anche siffatto compito, eventuale e puramente strumentale, spettante agli uffici elettorali circoscrizionali, dal momento che rimangono sottratte al riesame le schede contenenti voti del pari contestati, ma - diversamente da quelli - tuttavia assegnati dagli uffici di sezione.
Né può trascurarsi, infine, la considerazione, sulla quale ha insistito, specie nella discussione orale, la difesa dello Stato, che le operazioni elettorali successive alle votazioni e culminanti nella proclamazione degli eletti non possono, per loro natura, subire sospensioni di più o meno lunga durata, né il loro compimento può essere procrastinato a volontà dagli uffici elettorali, come accadrebbe ove questi fossero - in contrasto con tutti i rilievi che precedono - considerati giudici, legittimati pertanto a porre questioni di legittimità costituzionale a questa Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, "nella parte in cui dispone l'attribuzione di seggi nel collegio unico regionale, in contrasto con la preventiva assegnazione dei seggi spettanti a ciascuna provincia della regione", sollevata dall'Ufficio elettorale circoscrizionale di Benevento con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1972.
Costantino MORTATI - Vezio CRISAFULLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1972.