Sentenza n. 164 del 1972

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SENTENZA N. 164

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

Avv. LEONETTO AMADEI

Prof. GIULIO GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Emilia-Romagna, notificato il 27 marzo 1972, depositato in cancelleria il 13 aprile successivo ed iscritto al n. 11 del registro conflitti 1972, per conflitto d’attribuzione sorto a seguito del decreto 28 gennaio 1972, n. 243, del prefetto di Piacenza, avente ad oggetto la nomina di un Commissario prefettizio per la temporanea amministrazione del Comune di Podenzano.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1972 il Giudice relatore Costantino Mortati;

uditi l'avv. Giorgio Berti, per la Regione Emilia-Romagna, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Presidente della Regione Emilia-Romagna, con atto notificato il 27 marzo 1972, ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nomina da parte della Giunta regionale di un Commissario per la gestione provvisoria del Comune di Podenzano (delibera 25 gennaio 1972, n. 20, ratificata dal Consiglio regionale con delibera n. 8 del 9 febbraio 1972) e della nomina, da parte del prefetto di Piacenza, di un altro Commissario per la temporanea amministrazione dello stesso Comune (decreto 28 gennaio 1972, n. 243).

Tali nomine erano state originate dalle dimissioni di 14 consiglieri comunali, tra i quali un assessore anziano e un assessore supplente, precedute dalle dimissioni del sindaco, accettate dal Consiglio. Il Comune aveva così perso oltre la metà dei componenti del Consiglio, né l'Amministrazione comunale poteva essere retta, fino al rinnovo di questo, dalla Giunta e dal sindaco in carica, perché sia costui sia l'assessore anziano risultavano cessati dalle funzioni.

Si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto che il ricorso venga respinto.

2. - Impugnando il decreto n. 243 del 1972 per incompetenza del prefetto (violazione della V disposizione transitoria dello Statuto Emilia-Romagna in relazione agli artt. 123 e 130 Cost. e agli artt. 59 e 64 della legge 10 febbraio 1953, n. 62), la Regione contesta, in primo luogo, che nell'attuale realtà costituzionale sia ammissibile una separazione concettuale tra controlli sugli atti e controllo sugli organi, in relazione al ruolo dello Stato e della Regione rispetto agli Enti locali. La funzione di controllo, dovrebbe, invece, ripartirsi nel senso che alla Regione spetta assicurare la regolarità del funzionamento delle amministrazioni locali e che allo Stato competono, oltre all'insieme dei principi generali previsti nell'art. 128 Cost., i poteri disciplinari di sanzionare le anomalie di svolgimento del rapporto tra comunità locale e i suoi rappresentanti. Sarebbero quindi conservati allo Stato quei poteri che, come lo scioglimento dei Consigli e la sospensione o la rimozione dei sindaci, rivelano un contenuto sanzionatorio rispetto agli amministratori, mentre alla Regione sarebbero riconosciuti i poteri di controllo intesi a promuovere il funzionamento dell'ente come tale, la conformità dei suoi atti, della sua attività complessiva, della sua stessa presenza, agli scopi che rendono quest'ultima necessaria. L'art. 130 della Costituzione, pur rifacendosi al solo controllo sugli atti, in considerazione della circostanza che tale tipo di controllo é la misura puntuale e più penetrante del controllo sul funzionamento, conferirebbe alle Regioni, in sintesi, tutto il controllo sul funzionamento degli enti locali.

3. - Tale ripartizione di competenze tra Stato e Regione troverebbe conforto, oltre che nell'impostazione originaria del sistema dei controlli, nei precisi orientamenti emersi dalla legislazione statale, di Regioni ad autonomia speciale e dalla stessa giurisprudenza della Corte costituzionale.

Quanto ai precedenti storici, la Regione, attraverso un esame della legislazione e della dottrina dall'inizio del secolo all'emanazione della Costituzione, sottolinea come i poteri sanzionatori di rimozione, scioglimento revoca e sospensione erano stati definiti solo impropriamente come poteri di controllo. Essi, comunque, avevano dato origine alla distinzione tra controllo sugli atti e sugli organi per unificare concettualmente la somma dei poteri facenti capo al prefetto. Ma sin dal 1900 si era avvertito come l'intervento prefettizio, in caso di mancato funzionamento degli organi ordinari degli enti locali, si risolveva in una sostituzione di attività, applicazione del potere di vigilanza del prefetto su tutte le amministrazioni. "Se nel sistema prefettizio", conclude la Regione, "il controllo si dipartiva dalla vigilanza che spettava al prefetto su tutte le Amministrazioni locali, nel sistema regionale il controllo sugli Enti locali in tutta la sua estensione si diparte dal controllo sugli atti, giacché appunto il controllo verifica oggi un rapporto di autonomia e non d'autarchia. E così come la vigilanza prefettizia generale includeva in precedenza il controllo sugli atti, oggi é il controllo sugli atti che regge come criterio e competenza tutte le forme di controllo sui Comuni e le Provincie. E così si vede anche che il solo controllo che ne rimane fuori, ma chiamato tale solo impropriamente, é quello corrispondente allo scioglimento dei Consigli e alla revoca e sospensione dei Sindaci, prerogativa dell'ordinamento statale".

4. - La competenza regionale alla nomina di un Commissario in situazioni come quella in esame sarebbe stata implicitamente riconosciuta anche dall'art. 59 della legge n. 62 del 1953, laddove conferisce alla Regione il controllo sostitutivo senza distinguere tra sostituzione di atti e sostituzione di organi. Una diversa interpretazione di tale disposizione ricavata dall'art. 64 non terrebbe conto che l'inciso contenuto alla fine del primo comma di questo articolo ("ferme restando le attribuzioni di cui alla legge 8 marzo 1949, n. 277") chiarisce che al prefetto sono stati conservati soltanto i poteri sanzionatori di scioglimento e di rimozione. Né potrebbe sostenersi che la nomina di un Commissario si risolva sempre in una sanzione: situazioni come quella di specie dimostrerebbero l'esistenza di casi in cui la nomina di un Commissario non pregiudica l'andamento fisiologico del rapporto tra l'ente e i suoi rappresentanti, comportando soltanto una constatazione di inattività e non una censura del comportamento dei funzionari elettivi.

5. - Alla stessa conclusione perverrebbero le sentenze n. 24 del 1957 e n. 128 del 1963 della Corte costituzionale e lo stesso criterio di separazione tra sostituzione di attività e sostituzione sanzionatoria sarebbe stato adottato dalla legge 2 marzo 1966, n. 3, della Regione Friuli-Venezia Giulia, in applicazione dell'art. 60 dello Statuto che sarebbe riproduttivo dell'art. 130 della Costituzione.

6. - La V disposizione transitoria dello Statuto Emilia-Romagna, che ha riconosciuto alla Regione la competenza ad esercitare i controlli sostitutivi sugli organi degli enti locali, si armonizzerebbe quindi con il sistema. Una diversa ripartizione di competenza, ricavata dall'interpretazione restrittiva degli artt. 59 e 64 della legge n. 62 del 1953, sarebbe comunque superata, sia perché lo Statuto, approvato con legge della Repubblica, avrebbe potuto abrogare tali disposizioni, sia perché l'approvazione dello Statuto testimonierebbe la volontà dello Stato di attuare la ripartizione del controllo nel senso più volte prospettato, nonostante previgenti regolamentazioni. Né si potrebbe dubitare della competenza dello Statuto a disciplinare la materia dei controlli, riflettendosi questa sull'assetto complessivo delle autonomie territoriali e quindi sulla reciproca posizione della Regione e degli Enti locali.

7. - La Regione ribadisce, infine, che l'invio del Commissario al Comune di Podenzano é stato disposto per provvedere all'inefficienza degli organi comunali. Quello esercitato rientra pertanto nell'ambito del controllo in funzione dell'attività del Comune e correlativamente il decreto prefettizio é viziato di incompetenza.

8. - Secondo l'Avvocatura il provvedimento del prefetto di Piacenza sarebbe stato adottato non in funzione di normali poteri di controllo sugli enti locali, trasferiti alle Regioni, bensì del potere generale di sovranità dello Stato su tutti gli organi e gli enti sottordinati, per realizzare la finalità democratica di assicurare, in ogni momento, la rappresentanza elettiva alle popolazioni interessate. Materia, questa, riservata dall'art. 128 della Costituzione alla legge e quindi agli interventi amministrativi dello Stato, con esclusione della Regione, cui, ai sensi dell'art. 117 Cost., spetta di disciplinare solo "le circoscrizioni comunali". D'altra parte la Regione non aveva contestato tale dato, allorché aveva chiesto al prefetto di adottare i provvedimenti di sua competenza per indire nuove elezioni nel Comune di Podenzano, non avvedendosi, per altro, che l'invio di un Commissario prefettizio al Comune rappresentava un atto prodromico e strumentale rispetto a tale potestà.

A questo proposito non sarebbe contestabile che l'articolo unico della legge 8 marzo 1949, n. 277, prevede l'invio di un Commissario prefettizio allorquando si tratti di mancato funzionamento dell'ente dovuto ad una delle cause specifiche indicate nell'art. 8 della legge elettorale n. 570 del 1960. Tanto più che é il prefetto, a sensi degli artt. 8 e 18 di tale legge, a fissare la data delle elezioni (il cui termine non é perentorio) e l'oscillazione della durata della vacatio si riflette sul termine assegnato al Commissario. Interferenza che può avere un senso nella misura in cui sia un solo organo a provvedere ad entrambi gli adempimenti.

9. - Quanto esposto rendeva inapplicabile nella specie la V disposizione transitoria dello Statuto Emilia-Romagna, assorbendo ogni questione in ordine alla sua compatibilità con le norme della legge 10 febbraio 1953, n. 62.

Ma ove si ritenesse il contrario, non sarebbe dubbio, secondo l'Avvocatura, che la disposizione statutaria dovrebbe raccordarsi e coordinarsi con la legge del 1953, in cui la competenza dello Stato al controllo sanzionatorio sugli organi dei comuni e delle provincie é inequivocabilmente ribadita e il controllo sostitutivo, già deferito al prefetto ed alla Giunta provinciale amministrativa, é attribuito ai Comitati o alle Sezioni di controllo e non al Presidente della Regione.

Pur senza pronunciarsi esplicitamente, l'Avvocatura infine suggerisce che la Corte potrebbe sollevare dinanzi a se stessa la questione di legittimità costituzionale della V disposizione transitoria dello Statuto Emilia-Romagna, avendo stabilito nella sentenza n. 40 del 1972 che la materia dei controlli non fa parte né della competenza statutaria né della competenza legislativa regionale.

10. - Nella memoria successivamente depositata, la Regione Emilia-Romagna, con ampie e diffuse argomentazioni, contesta le deduzioni dell'Avvocatura dello Stato negando, in particolare, che nella specie ricorra un controllo repressivo sull'attività del Comune e che, comunque, esista una connessione necessaria tra la potestà di indire le elezioni comunali e quella di inviare un Commissario presso il Comune. Ribadisce che la Regione ha esercitato il controllo di cui alla V disposizione transitoria dello Statuto, disposizione che, a suo avviso, é perfettamente in linea con la Costituzione. Nega che la nomina del Commissario sia stata affidata dalla norma appena ricordata al Presidente della Giunta, mentre, al contrario, essa deve ritenersi attribuita al Consiglio regionale. Contesta che lo Statuto regionale, approvato con legge dello Stato, sia comunque subordinato nella gerarchia delle fonti alle leggi ordinarie dello Stato ed in particolare alla legge n. 62 del 1953. Domanda infine se l'Avvocatura abbia voluto suggerire che la Corte ha il potere di disapplicare la V disposizione transitoria, tesi chiaramente insostenibile, ovvero che la Corte può sollevare dinanzi a se stessa una questione di legittimità costituzionale di tale norma. In quest'ultimo caso tale questione risulterebbe palesemente infondata, poiché, secondo la Regione, non si rinviene una norma costituzionale che detti regole in materia di controllo incompatibili con quelle contenute nello Statuto emiliano, approvato con legge dello Stato.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione chiedendo che venga dichiarata la propria competenza a provvedere alla nomina di un commissario per la provvisoria reggenza dell'amministrazione del Comune di Podenzano fino alla elezione del nuovo Consiglio, e conseguentemente annullato il provvedimento del Prefetto di Piacenza avente anch'esso ad oggetto la temporanea gestione dell'ente medesimo.

La pretesa fatta valere dalla Regione poggia sul presupposto che la riforma regionale abbia importato un sostanziale mutamento nella posizione prima rivestita dai minori enti territoriali di amministrazioni indirette dello Stato, rendendo di conseguenza necessaria una configurazione diversa da quella prospettata nel passato in ordine al criterio distintivo fra controllo sugli atti e controllo sogli organi, nel senso che debba competere alla Regione ogni specie di controllo sostitutivo, quale che sia il suo oggetto, tutte le volte che si renda necessario farvi ricorso per assicurare il regolare funzionamento degli enti medesimi, mentre residua allo Stato solo l'esercizio dei poteri che rivestono carattere di supremazia, quali quelli a contenuto sanzionatorio, a carico di singoli amministratori o dell'intero Consiglio, pel caso di un loro illecito comportamento.

2. - La tesi riferita non trova alcun sostegno nelle norme costituzionali, apparendo invece dall'art. 128 la volontà di mantenere alle Provincie ed ai Comuni la figura da essi tradizionalmente rivestita di parti dell'ordinamento generale dello Stato, al quale pertanto deve rimanere riservata l'intera loro disciplina organizzativa e funzionale.

In armonia con tale configurazione si presenta la disposizione dell'art. 130 che, nel coordinare l'assetto dei controlli con il sopravvenuto ordinamento regionale, se pure ha chiamato le Regioni a partecipare all'esercizio dei medesimi, ha d'altra parte affidato alla legge statale la determinazione dei modi di costituzione dell'organo regionale competente all'esercizio stesso, limitandone, in modo testuale e tassativo, il sindacato di legittimità e di merito solamente ai singoli atti, di volta in volta ad esso sottoposti.

É da ammettere che il controllo sugli atti così inteso comprenda anche quello che si esercita sulla legittimità dell'omessa emanazione di uno di essi quando sarebbe stato obbligatorio effettuarla, e comporti la conseguente sostituzione nell'esercizio del potere corrispondente da parte dell'organo di controllo a quello dell'ente rimasto inattivo; ma é invece da escludere che possa ritenersi in esso inclusa anche la potestà di sostituire nell'ufficio in cui si verifichi la temporanea carenza del titolare, un organo straordinario che lo regga. Siffatta surroga dell'organo é espressione di un potere politico di sovranità che non può quindi non rimanere di pertinenza dello Stato.

In questo senso si é pronunciata la Corte con la sentenza n. 24 del 1957, riguardante l'interpretazione dell'art. 46 dello Statuto sardo che delimita l'ambito del controllo assegnato alla Regione negli stessi termini espressi nell'art. 130 della Costituzione.

3. - Elementi in contrasto con la conclusione cui si é giunti non possono desumersi dall'ultimo comma dell'art. 59 della legge n. 62 del 1953 che attribuisce all'organo abilitato all'esercizio del controllo, ai sensi dei precedenti artt. 55 e 56, i poteri di controllo sostitutivo già attribuiti al Prefetto dalle leggi allora vigenti. Infatti, se é vero che un dubbio potrebbe derivare dalla considerazione che l'art. 19 t.u. legge com. e prov., modificato dalla legge n. 277 del 1949, conferiva al Prefetto anche il potere dell'invio di appositi commissari per reggere temporaneamente le amministrazioni locali, delle quali riuscisse comunque impedito il normale funzionamento, non sembra contestabile che tale generico rinvio all'art. 19 debba interpretarsi in senso restrittivo, per la necessità di metterlo in armonia con la fonte superiore di cui é esecuzione, includendovi cioé, come si é detto, solamente i poteri considerati nella prima parte del quinto comma dell'articolo stesso relativi alla sostituzione riguardante singoli atti, e non già quelli della seconda parte, riferentisi alla surroga di organi.

Che questa sia l'esatta interpretazione da dare all'art. 59 risulta comprovato dalla intitolazione data agli artt. 55 e 56 che fa menzione del "controllo sugli atti", e più ancora dall'art. 64, che, nel consentire alle autorità governative di richiedere alle sezioni di controllo regionale gli elementi necessari ad un eventuale provvedimento di scioglimento, di sospensione o di rimozione, poi nell'ultima parte, lascia "ferme le attribuzioni di cui alla citata legge n. 277".

Non é possibile ritenere, come fa la difesa regionale, che la norma così formulata si riferisca ai provvedimenti sanzionatori, poiché, se fosse intesa in tal modo, non avrebbe senso, dato che proprio a questi ultimi ha riguardo l'art. 64.

Non vale poi invocare, a sostegno della pretesa della Regione, la V disposizione transitoria dello Statuto, che fa riferimento ai controlli sostitutivi da parte della Regione sugli organi degli enti locali, poiché essa non é attributiva di una competenza di tal genere (né avrebbe potuto esserlo, dato che, come ha ritenuto la Corte con la sentenza n. 40 del 1972, l'intera materia dei controlli esula da quella statutaria, e non é prevista fra le potestà legislative elencate nell'art. 117), ma si limita a dichiararla, sotto la condizione formulata in questi termini: "sinché ed in quanto previsto dalla legge". E poiché si é dimostrato che nessuna previsione in questo senso é desumibile dall'unica fonte normativa competente, costituita dalla legge dello Stato, é da concludere che la disposizione transitoria richiamata non offre alcun valido argomento a favore della tesi in contestazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara spettare allo Stato il potere di nomina di commissari per la reggenza di Amministrazioni comunali incapaci di funzionare, e di conseguenza annulla il provvedimento della Giunta regionale del 25 gennaio 1971, n. 20, di nomina di un commissario reggente l'Amministrazione comunale di Podenzano;

respinge il ricorso proposto dalla Regione Emilia-Romagna avverso il decreto del 28 gennaio 1972, n. 243, del Prefetto di Piacenza avente lo stesso oggetto della contemporanea reggenza di detto Comune.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Costantino MORTATI

Depositata in cancelleria il 28 novembre 1972.