Sentenza n. 134 del 1972

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 SENTENZA N. 134

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1916 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1970 dal pretore di Bari nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie e Spalluto Ubaldo, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 16 settembre 1970.

Visto l'atto di costituzione dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie;

udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1972 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito l'avv. Arturo Carlo Jemolo, per l'INAM.

 

Ritenuto in fatto

 

A seguito dell'investimento automobilistico del minore Pasquale Cedia, figlio di un operaio assicurato presso l'INAM, Ubaldo Spalluto veniva condannato in appello, per lesioni colpose, dal tribunale di Bari, che, per altro, riconosceva il concorso di colpa della vittima in ragione di due terzi.

In pendenza del ricorso per Cassazione - la quale annullava la sentenza senza rinvio per amnistia - le parti addivenivano ad una transazione, sulla base della decisione del tribunale, mediante il versamento di lire 400.000 al Cedia, che, a sua volta, rimetteva all'INAM l'importo, nella misura del terzo (lire 115.000), delle spese sostenute dall'ente per le prestazioni ospedaliere, mediche e farmaceutiche.

Per il rimborso degli altri due terzi, l'INAM chiamava in giudizio lo Spalluto davanti al pretore di Bari, il quale, con ordinanza del 16 marzo 1970, sollevava questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, dell'art. 1916 del codice civile, nella parte in cui, surrogando l'assicuratore nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile, "esclude il concorso proporzionale dell'assicuratore (...) nel risarcimento del danno, dovuto dal terzo in misura limitata".

La disposizione é censurata sotto il profilo della violazione del principio d’eguaglianza, in quanto attribuirebbe particolari vantaggi all'assicuratore. Infatti, il rapporto tra questi e l'assicurato, basato sul trasferimento del rischio, sarebbe autonomo e distinto da quello tra l'assicurato ed il terzo responsabile.

Deriverebbe da ciò che, se il danno é da ascrivere all’esclusiva colpa dell'assicurato, l'assicuratore paga a questo l'indennità, senza rivalsa nei confronti del terzo. Se, invece, la colpa ricade esclusivamente su quest'ultimo, l'assicuratore potrà interamente rivalersi su di lui per l'indennità versata.

Nel caso di concorso di colpa del terzo e dell'assicurato, il pretore afferma che, alla stessa guisa dell'assicurato che subisce una riduzione del risarcimento, all'assicuratore dovrebbe farsi analoga riduzione dell'ammontare dell'indennità in cui viene surrogato. Invece, la norma denunziata, secondo risulta dalla sua interpretazione giudiziale, non porrebbe tale limite, alterando la natura del contratto d’assicurazione e l'equilibrio dell'azione surrogatoria.

Sulla violazione dell'altro precetto costituzionale (art. 35), il pretore osserva che, almeno fino all'entrata in vigore della legge 24 dicembre 1969, n. 990, il lavoratore, obbligatoriamente assicurato presso l'INAM, oltre a non ottenere piena tutela dei suoi diritti, incorrerebbe in una più gravosa disparità di trattamento rispetto agli altri cittadini. Ciò in quanto, mentre il danneggiato non coperto da assicurazione sociale, corresponsabile dell'evento dannoso, consegue la proporzionale quota di risarcimento, ivi comprese le spese per l'infermità, il lavoratore danneggiato, obbligatoriamente assicurato, dovendo sopportare le conseguenze dell'azione surrogatoria, subirebbe un serio pregiudizio: ché il terzo responsabile, sull'importo del danno liquidato, proporzionalmente commisurato al grado di colpa, é tenuto a rimborsare all'istituto assicuratore la totalità delle spese, con corrispondente perdita per il danneggiato.

Nel giudizio innanzi a questa Corte si é costituito l'INAM, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

La difesa dell'istituto osserva, anzitutto, che l'ordinanza di rimessione, contrastando l'interpretazione che della norma denunziata ha data la giurisprudenza, in conformità alla prevalente dottrina, sarebbe in sostanza diretta all'aggiunta di una disposizione che disciplini l'ipotesi particolare del concorso di colpa del danneggiante e del danneggiato.

Dopo di che, deduce che la normativa di un rapporto giuridico di natura contrattuale, quale é quello d’assicurazione, non può riguardare il precetto d’eguaglianza; e che neppure l'art. 35 Cost. può condurre ad esigere per i lavoratori una disciplina particolare che si differenzi, quanto ai rapporti tra assicuratore e terzo responsabile, da quella vigente per la generalità dei cittadini.

Osserva, infine, che l'assicurato, conseguendo tutto ciò cui l'assicurazione gli dà diritto, potrà lamentare tutt'al più la mancanza di un lucro, mentre, nel caso in cui voglia omettere di denunciare all'istituto l'infortunio e non conseguire da questo alcuna prestazione, sarà in grado di far valere i suoi diritti verso l'autore del danno.

Con memoria depositata il 6 giugno 1972, la difesa dell'INAM, nel ribadire le sue conclusioni sull'infondatezza della questione, ne prospetta anche l'inammissibilità per irrilevanza.

Al riguardo pone in rilievo che nell'ordinanza si invocano norme a favore del lavoratore, pur essendo la controversia di merito sorta tra l'istituto assicuratore e il terzo responsabile, in assenza del lavoratore assicurato, che, per essere stato soddisfatto, nulla aveva da reclamare né aveva interesse all'esito del giudizio.

Ciò premesso, osserva che l'attuale causa non può riguardare l'art. 1916 cod. civ., né quanto all'ultimo comma, non essendo la questione sollevata in relazione ad un infortunio sul lavoro, né quanto al primo comma, per il quale, al solo fine di rendere possibile un mutamento della giurisprudenza ordinaria, si prospetta una "alterazione dell'equilibrio assicurativo", che non incide su alcun precetto della Costituzione.

 

Considerato in diritto

 

1. - É stato denunziato a questa Corte - per contrasto con gli artt 3 e 35 della Costituzione - l'art. 1916 del codice civile, che, allorquando vi sia concorso di colpa dell'assicurato e dell'autore del danno, pur essendo ridotta la misura del risarcimento da quest'ultimo dovuto, non prevede analoga riduzione della somma per la quale é consentita la surroga dell'assicuratore. Ad avviso del giudice a quo, ciò verrebbe ad avvantaggiare ingiustamente l'assicuratore, oltre che a pregiudicare i diritti del lavoratore obbligatoriamente assicurato che abbia subito l'evento dannoso.

2. - Non sussiste il difetto di rilevanza eccepito dalla difesa dell'INAM, perché nell'ordinanza di rimessione v'é una sufficiente valutazione del riflesso che nel giudizio di merito avrebbe una dichiarazione d’illegittimità costituzionale della norma censurata per ciò che concerne l'ammontare della somma che l'autore del danno dovrebbe corrispondere all'assicuratore.

3. - La questione é infondata.

In ordine al preteso contrasto con l'art. 3 Cost., con sentenza n. 115 del 1970, questa Corte ha escluso l’irrazionalità della disposizione de qua, stante la diversità di situazioni tra l'ipotesi di colpa esclusiva e quella di colpa concorrente del danneggiato-assicurato.

Per il grado d’incidenza patrimoniale a carico dell'assicuratore, stante il trasferimento del rischio, nonché per il temperamento apportato dalla normativa alla misura dell'incidenza stessa, va richiamato il criterio accolto da questa Corte con sentenza n. 22 del 1967 sui limiti che - in un caso che presenta alcuni aspetti analoghi a quello in esame - sono stati fissati per il raffronto col principio d’eguaglianza. In tale sentenza si é osservato che potrebbe sorgere qualche dubbio sul punto se venga a determinarsi una posizione sfavorevole per il lavoratore che subisca una decurtazione dell'ammontare del risarcimento che gli sarebbe dovuto. Tuttavia - ha argomentato la Corte - l'indagine "allo scopo di accertare un’eventuale violazione dell'art. 3, richiederebbe una particolareggiata analisi delle varie componenti causali del rischio assicurato e della loro diversa incidenza media sugli infortuni, indagine che esula del tutto dai poteri della Corte".

A sostegno, poi, dell'assunta violazione dell'art. 35 Cost., l'ordinanza fa richiamo alla legge n. 990 del 1969 sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, assumendo che il contrasto sussisterebbe almeno per il periodo anteriore all'entrata in vigore di essa legge, dappoiché allora, mentre chi fosse stato vittima di un evento dannoso per colpa di un terzo e non fosse assicurato, avrebbe potuto ottenere dal responsabile l'intiero risarcimento, il lavoratore che versasse in analoga condizione, per il solo fatto di essere obbligatoriamente coperto da assicurazione sociale, avrebbe avuto una limitazione del suo diritto a motivo della surrogazione da parte dell'ente mutualistico.

Ma si tratta di un richiamo inconferente, dovendosi, nell'attuale sede, esaminare la situazione assicurativa del danneggiato e non quella del terzo responsabile. D'altro canto, l'art. 1916 si limita a disciplinare il collegamento tra due rapporti obbligatori, di cui uno contrattuale e l'altro nascente da fatto illecito, senza che la soluzione accolta dal legislatore crei problemi d'ordine costituzionale.

E, invero, l'assicurato é garantito, quanto al danno arrecatogli (per gli eventi e nei limiti ex lege o ex contractu), mediante il trasferimento del rischio sull'assicuratore: e non viola alcun diritto del lavoratore il fatto che l'assicuratore si surroghi a sua volta, sino alla concorrenza dell'indennità corrisposta, negli eventuali diritti del danneggiato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1916 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Enzo CAPALOZZA

Depositata in cancelleria il 12 luglio 1972.