Sentenza n. 41 del 1972

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         SENTENZA N. 41

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38 delle disposizioni d’attuazione del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1969 dal giudice conciliatore di Mortara nel procedimento civile vertente tra Mezzasalma Emilia e Santamaria Luigi, iscritta al n. 41 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1972 il Giudice relatore Michele Fragali;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Conciliatore di Mortara ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 delle disposizioni d’attuazione del codice di procedura civile, in riferimento specifico al d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, e successive modifiche, per ciò che riguarda l'imposta di bollo sugli atti giudiziari, nonché in riferimento al r.d. 10 marzo 1910, n. 149, relativo ai depositi giudiziari in valori bollati ed in danaro, ed altresì in relazione alle norme sui diritti di cancelleria di cui alla tabella D della legge 14 marzo 1968, n. 157. La disposizione denunziata é impugnata nella parte in cui prescrive che la costituzione in giudizio obbliga a consegnare al cancelliere la carta bollata per lo svolgimento del procedimento ed una somma per spese di cancelleria.

Il giudice a quo ha rilevato che la giustizia é l'estrinsecazione di una delle funzioni fondamentali dello Stato, che deve essere totalmente libera da ogni gravame fiscale ed a carico esclusivo dello Stato. Gli oneri fiscali processuali ledono gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione.

É intervenuto il Presidente del Consiglio, il quale ha osservato che la Costituzione non ha disposto l'eliminazione generale di quegli oneri, ma vuole che i non abbienti siano posti in condizione di sopportarli; gli oneri, se mai, non possono essere di tal misura da rendere praticamente impossibile il ricorso alla tutela giurisdizionale. Vengono richiamate la conforme giurisprudenza di questa Corte e le leggi sul gratuito patrocinio.

2. - All'udienza del 12 gennaio 1972 l'Avvocatura dello Stato ha confermato le conclusioni prese con l'atto d'intervento.

 

Considerato in diritto

 

Il giudice a quo ripropone, con riferimento ad una diversa disposizione, questioni già decise.

Fin dalla sua sentenza 13 marzo 1964, n. 30, la Corte ebbe a respingere la tesi secondo cui l'interesse generale all'esercizio della funzione giudiziaria crea la necessità del suo svolgimento senza oneri fiscali per le parti; e nella successiva sentenza 15 giugno 1967, n. 93, ha pure negato che quell'interesse imponga di liberare le parti dall'onere d’anticipazione delle spese.

Non v'é dubbio che la giustizia é l'estrinsecazione di una funzione fondamentale dello Stato; ma ciò non porta a ravvisare nella Costituzione l'esistenza di una garanzia di gratuità nella protezione giudiziaria civile o penale. La Corte deve ribadire che il terzo comma dell'art. 24 della Costituzione, con il fare obbligo di assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e per difendersi in giudizio, muove ovviamente dal presupposto che sia legittimo imporre oneri patrimoniali a carico di coloro nei cui riguardi é esercitata un'attività di giustizia. Di ciò deve tenersi conto quando si sostiene che la funzione giudiziaria deve essere a carico esclusivo dello Stato; cosicché le leggi ordinarie, quando gravano d’oneri patrimoniali coloro che agiscono o resistono nel processo, non ledono norme della Costituzione.

Il giudice a quo ritiene che il principio della gratuità della funzione giudiziaria é implicito nell'ordinamento costituzionale; ma non può esistere tale principio se l'ordinamento stesso contiene l'altra regola che garantisce ai non abbienti i mezzi per la difesa giudiziaria, e che quindi permette di sollevare dalla spesa processuale soltanto alcuni di coloro che richiedono la protezione del giudice, non tutti. Contrariamente perciò a quanto afferma l'ordinanza, gli oneri patrimoniali che condizionano l'azione e la difesa giudiziaria non sono ostacoli che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini; quegli ostacoli che l'art. 3 della Costituzione vuole che si eliminano. Impedimenti del genere non esistono nel processo, perché l'ordinamento appresta il rimedio del gratuito patrocinio ai non abbienti; i quali, com'é noto, non sono i poveri, ma coloro che non sono in grado di sopportare il costo di un processo. Possono anche muoversi critiche al funzionamento di tale rimedio; ma il modo d’attuazione di una norma o di un gruppo di norme non é di per sé indice di un contrasto con la Costituzione (v. a tal riguardo la predetta sentenza 15 giugno 1967, n. 93).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 delle disposizioni d’attuazione del codice di procedura civile in relazione al d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, e successive modifiche, per ciò che riguarda l'imposta di bollo sugli atti giudiziari, nonché in relazione al r.d. 10 marzo 1910, n. 149, relativo ai depositi giudiziari in valori bollati ed in danaro ed altresì in relazione alle norme sui diritti di cancelleria di cui alla Tabella D della legge 14 marzo 1968, n. 157; questione sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, nonché al principio secondo il quale nella funzione giurisdizionale si estrinseca uno dei tre poteri fondamentali dello Stato.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Michele FRAGALI

Depositata in cancelleria il 3 marzo 1972.