Sentenza n. 6 del 1972

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        SENTENZA N. 6

ANNO 1972

 

 REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo  BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 583 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1969 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Corona Ivana, iscritta al n. 74 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 74 del 25 marzo 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1971 il Giudice relatore Paolo Rossi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento a carico di Corona Ivana, imputata del reato di cui agli artt. 583 e 585 del codice penale per aver cagionato al proprio padre, colpendolo col manico di una scopa, lesioni personali gravi, consistenti nella perdita dell'occhio sinistro, il tribunale di Milano, con ordinanza 3 dicembre 1969, sollevava d’ufficio questione incidentale di legittimità dell'art. 583 del codice penale in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione.

Ritiene il giudice a quo che la norma impugnata, ponendo le circostanze aggravanti del delitto di lesione personale a carico dell'agente per il solo rapporto di causalità materiale, possa contrastare con il principio secondo cui la responsabilità penale é personale, dovendosi tale espressione interpretare come responsabilità colpevole.

Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, mediante atto depositato il 7 marzo 1970, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione proposta.

Osserva l'Avvocatura che l'art. 27, primo comma, della Costituzione, mentre esclude la possibilità di configurare una responsabilità penale per fatto altrui, non contiene "alcun riferimento al divieto della cosiddetta responsabilità oggettiva" (sentenza della Corte costituzionale n. 107 del 1957).

Né rileverebbe in contrario la circostanza che in taluni casi la Corte costituzionale abbia riscontrato nelle norme penali sottoposte al suo esame la sussistenza di un particolare rapporto di causalità psicologica, giacché in tali casi é stata sempre espressamente confermata la precedente giurisprudenza.

La parte privata non si é costituita in questa in sede.

 

Considerato in diritto

 

Il tribunale di Milano si domanda se l'art. 583 del codice penale, nella parte in cui dispone che le circostanze aggravanti del reato di lesione personale sono a carico dell'agente sulla base del solo rapporto di causalità materiale, contrasti o meno con l'art. 27, primo comma, della Costituzione, secondo cui "la responsabilità penale é personale". L'ordinanza parte, quindi, dal presupposto che nell'art. 583 del codice penale sia configurata una fra le ipotesi della così detta responsabilità penale obbiettiva.

Diverso é l'avviso della Corte e non occorre riprendere l'amplissima discussione sulla legittimità costituzionale dell'art. 42, terzo comma, c.p. rispetto al principio sancito nell'art. 27 della Costituzione. Non si tratta, nel caso dell'art. 583 del codice penale, di vedere se la Costituzione escluda soltanto la responsabilità penale per il fatto altrui, o non anche per ogni condotta al di fuori della volontà, o della colpa. Per la sussistenza del delitto di lesione (art. 582 c.p.), infatti, occorre, oltre il rapporto di causalità materiale, voluto dall'art. 40 del codice penale, anche il rapporto di causalità psicologica, e cioé la coscienza e la volontà di recare un danno nel corpo alla persona offesa. Tale nesso psicologico non é interrotto se dall'azione dolosa derivano le conseguenze previste nell'articolo 583 del codice penale.

L'esatta previsione della "quantità" del danno, incerta in quasi tutti i reati, é particolarmente difficile in quello di lesioni e non rileva, ai fini dell'art. 27 della Costituzione, che il colpevole, nel momento in cui ferisce, si rappresenti, o meno, tutti i possibili effetti della sua violenza. Potrà, eventualmente, il legislatore, nel suo discrezionale apprezzamento, ripristinare la norma del codice Zanardelli, estendendo la preterintenzione al delitto di lesioni.

La questione sollevata dal tribunale di Milano é dunque infondata, perché nel caso degli artt. 582 e 583 del codice penale l'agente risponde penalmente per una condotta violenta, propria e voluta, le cui conseguenze, più o meno gravi, rientrano tuttavia nella prevedibilità.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 583 del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione, dal tribunale di Milano con ordinanza del 3 dicembre 1969.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Paolo ROSSI

Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1972.