SENTENZA N. 107
ANNO 1957
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente
Avv. GIUSEPPE CAPPI
Prof. TOMASO PERASSI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Prof. ERNESTO BATTAGLINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. MARIO BRACCI
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BLAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 539 Cod. pen., promosso con l'ordinanza 4 febbraio 1957 del Tribunale di S. Maria Capua Vetere emessa nel procedimento penale a carico di Dell'Aversana Giuseppe, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 64 del 9 marzo 1957 ed iscritta al n. 32 del Registro ordinanze 1957.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udita nell'udienza pubblica dell'8 maggio 1957 la relazione del Giudice Ernesto Battaglini;
udito il sostituto Avv. gen. dello Stato Dario Foligno.
Ritenuto in fatto
Dell'Aversana Giuseppe fu chiamato a rispondere, dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, del delitto preveduto dallo art. 519, cpv. n. 1, Cod. pen., per essersi congiunto carnalmente con Maruzzella Iolanda, minore degli anni quattordici.
Durante il corso del dibattimento la difesa dell'imputato propose questione di legittimità costituzionale degli artt. 42, cpv. 20, e 539 Cod. pen. in relazione all'art. 27, la e 2a parte, della Costituzione, "in ordine all'elemento costitutivo del reato di violenza carnale presunta - art. 519, n. 1, Cod. pen. - prospettato quale elemento ricadente sull'azione dell'imputato per responsabilità obiettiva".
Il Tribunale, ritenendo la sollevata questione di legittimità costituzionale rilevante e non manifestamente infondata, sospese il giudizio e rinviò, per la risoluzione della questione, gli atti a questa Corte costituzionale.
L'ordinanza fu notificata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 13 febbraio 1957 e comunicata alla Presidenza delle due Camere in data 7 febbraio 1957. A cura della Presidenza di questa Corte, l'ordinanza stessa fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1957, n. 64.
Si é costituita in giudizio soltanto l'Avvocatura generale del lo Stato in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e, con deduzioni scritte e orali, ha concluso perché venga dichiarata l'infondatezza della questione sollevata.
Considerato in diritto
La questione proposta con l'ordinanza di rinvio ha per oggetto la pretesa illegittimità costituzionale dell'art. 539 Cod. pen., il quale dichiara irrilevante l'errore o l'ignoranza, nel soggetto attivo, in ordine all'età del soggetto passivo nei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume e più specialmente, avuto riguardo alla fattispecie, nel reato di congiungimento carnale abusivo (art. 519, cpv. n. 1, Cod. pen.), in relazione alle norme contenute nella prima e seconda parte dell'art. 27 della Costituzione.
Ma l'assunta illegittimità costituzionale é destituita di ogni fondamento.
Prendendo anzitutto in esame la contestata norma, contenuta nell'art. 539 Cod. pen., alla stregua del principio sancito nella prima parte dell'art. 27 della Carta costituzionale, va tenuto presente che, nella disposizione testé ricordata, la Costituzione - come si evince chiaramente dalla formulazione letterale del testo - non fa che enunciare il carattere personale della responsabilità penale e contiene perciò un tassativo divieto della responsabilità penale per fatto altrui, senza alcun riferimento al divieto della cosiddetta responsabilità oggettiva.
Il limpido significato del testo della norma stessa é confermato, in modo da evitare ogni possibilità di dubbio, dai lavori preparatori, nei quali espressamente ed univocamente fu manifestato, come unico scopo della disposizione, quello di vietare tutte quelle forme di repressione penale che avevano avuto recenti esempi di triste esperienza, relativi a responsabilità estesa a persone o a gruppi di persone estranee al reato e diverse dal colpevole, ma che costituivano soltanto rappresaglia e vendetta contro gruppi familiari o etnici ai quali l'imputato apparteneva.
La solenne riaffermazione della limitazione della responsabilità penale alle sole conseguenze del fatto proprio, assumeva perciò il significato della riaffermazione di un alto principio di civiltà giuridica. Così inteso, il contenuto della prima parte dell'art. 27 già citato richiede come requisito della responsabilità penale personale soltanto quel rapporto di causalità materiale tra azione ed evento che é enunciato nell'art. 40 del Codice penale e che é sufficiente a stabilire, tra il soggetto ed il fatto preveduto come reato, quel carattere di suità in cui consiste il requisito della personalità nella responsabilità penale.
Ma anche se si dovesse considerare come requisito della stessa responsabilità penale personale un qualsiasi nesso psicologico tra l'azione e l'evento, in modo da consentire il riferimento dello evento alla condotta del colpevole come effetto anche di una causalità psichica, si perverrebbe ad una identica conclusione della questione che ne occupa.
Infatti l'età del soggetto passivo, la cui ignoranza od errore é dichiarata irrilevante dall'art. 539 Cod. pen., non attiene allo evento del reato, che é costituito dallo stesso congiungimento carnale abusivo e che deve essere investito dalla coscienza e dalla volontà intenzionale. Invece l'età del soggetto passivo costituisce un presupposto del reato e più propriamente una condizione (non obiettiva) di punibilità, la cui consapevolezza é estranea al nesso tra azione ed evento. Cosicché la deroga che l'art. 539 Cod. pen. contiene circa la rilevanza di tale consapevolezza, non tocca il nesso psichico suddetto e tende soltanto a rendere più energica la tutela di persone che si trovino in determinate condizioni di immaturità o equivalenti, contro i pericoli derivanti da rapporti sessuali abusivi.
Per quanto poi concerne la pretesa illegittimità costituzionale dell'art. 539 Cod. pen. in confronto della disposizione contenuta nella seconda parte dell'art. 27 della Costituzione, basta considerare che la disposizione stessa, nel dichiarare che l'imputato non é considerato colpevole sino alla condanna definitiva, contiene una norma tendente a garantire la esclusione della presunzione di colpevolezza nell'imputato durante tutto lo svolgimento del rapporto processuale, ma nulla ha a che vedere col preteso divieto di responsabilità penale oggettiva nel rapporto penale sostanziale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione sollevata dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere con ordinanza 4 febbraio 1957 sulla legittimità costituzionale dell'art. 539 Cod. pen. in riferimento all'art. 27, prima e seconda parte, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1957.
Gaetano AZZARITI – Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA – Aldo SANDULLI.
Depositata in Cancelleria il 8 luglio 1957.