SENTENZA N. 203
ANNO 1971
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Michele FRAGALI, Presidente
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, ultimo comma, del r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590, recante nuove disposizioni sulle pensioni da concedersi al personale dell'Amministrazione delle ferrovie dello Stato, promosso con ordinanza emessa l'8 luglio 1969 dal tribunale di Catanzaro nel procedimento civile vertente tra Di Sole Giulia ed altri e l'Amministrazione delle ferrovie dello Stato, iscritta al n. 73 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 76 del 25 marzo 1970.
Udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1971 il Giudice relatore Giuseppe Chiarelli.
Ritenuto in fatto
La signora Giulia Di Sole vedova Rizzo, con atto di citazione 3 giugno 1967, premesso che il marito, conduttore capo nelle Ferrovie dello Stato, era deceduto in seguito a uno scontro, conveniva davanti al tribunale di Catanzaro l'Amministrazione delle ferrovie, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni. L'Amministrazione eccepiva che dalla somma dovuta a tale titolo andava detratta non solo l'indennità per infortunio, ma anche la pensione eccezionale corrisposta all'attrice, essendo esclusa la cumulabilità della pensione con altre forme di indennizzo dall'art. 9 r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590.
Il tribunale, con ordinanza emessa l'8 luglio 1969, regolarmente notificata, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del predetto art. 9, in riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione. L'ordinanza, richiamando la sentenza n. 1 del 1962 di questa Corte, rileva che la norma impugnata contrasta con l'art. 3 della Costituzione, in quanto crea una sperequazione tra il privato e il ferroviere, vittime di un fatto colposo; contrasta altresì con l'art. 28, in quanto elimina la responsabilità civile dell'Amministrazione ferroviaria verso i propri dipendenti.
Non essendosi costituite le parti nel presente giudizio, la causa é stata decisa in camera di consiglio, a norma dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Considerato in diritto
La questione é fondata.
Il diritto del dipendente statale e dei superstiti alla pensione privilegiata e il diritto al risarcimento dei danni nei confronti della pubblica Amministrazione si basano, come questa Corte ha rilevato nella sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, su titoli diversi. Il primo infatti non nasce dalla responsabilità dell'Amministrazione, ma dal fatto che, a prescindere da tale responsabilità, si sia verificato un evento di servizio, produttivo di infermità lesioni o morte, previsto dalla legge. Tale diritto é strettamente connesso alla posizione del dipendente e, come osserva l'ordinanza, si collega, tra l'altro, al precedente versamento, da parte dello stesso dipendente, dei contributi ai fini del conseguimento della pensione, che sarà ordinaria o privilegiata, secondo le circostanze.
L'eventuale detrazione della pensione privilegiata dalle somme dovute alla vittima o ai superstiti a titolo di risarcimento danni viene pertanto a eludere o a ridurre la responsabilità della pubblica Amministrazione per fatto illecito, in contrasto con l'art. 28 della Costituzione.
La norma che prevede tale detrazione per il personale delle Ferrovie dello Stato viola inoltre l'art. 3 della Costituzione. Nella ricordata sentenza la Corte ha ritenuto che le norme che stabilivano la detta detrazione per gli altri dipendenti statali (decreto luogotenenziale 21 ottobre 1915, n. 1558, e legge 28 maggio 1936, n. 1126) creavano una sperequazione tra il privato, vittima di un fatto colposo, e il dipendente statale, vittima di un medesimo fatto. Con la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle menzionate norme si é venuto a produrre un ingiustificato trattamento differenziale anche tra i dipendenti delle Ferrovie e gli altri dipendenti dello Stato.
Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma impugnata, a conferma di quanto ritenuto nel precedente pronunciato di questa Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, ultimo comma, del r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590 (Nuove disposizioni sulle pensioni da concedersi al personale dell'Amministrazione delle ferrovie dello stato).
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1971.
Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1971.