SENTENZA N. 98
ANNO 1971
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, in materia di pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia), promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1969 dal tribunale di Piacenza nel procedimento civile vertente tra Guasconi Giovanni e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 344 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.269 del 22 ottobre 1969.
Visti gli atti di costituzione di Guasconi Giovanni e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 1971 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
uditi l'avv. Franco Agostini, per il Guasconi, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Cesare Soprano, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Guasconi Giovanni, dopo aver ottenuto, dal 1 maggio 1961, la pensione di invalidità con la consegna del relativo libretto, avanzò domanda, nel febbraio 1966, di riconoscimento dei contributi figurativi relativi al servizio militare prestato negli anni 1941-1945 con interruzione dell'attività lavorativa.
L'Istituto nazionale della previdenza sociale, in accoglimento della richiesta, effettuò la rivalutazione della pensione come sopra attribuita, a far tempo dal primo giorno del mese successivo a quello in cui era stata avanzata la richiesta, cioè dal marzo 1966, a mente dell'art. 22 d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, il quale dispone appunto che, qualora, come nella specie, sia richiesto il riconoscimento di contributi figurativi dopo la consegna del libretto di pensione all'interessato, o vengano presentate tessere assicurative o versati contributi dopo tale termine, la pensione viene riliquidata, ma l'eventuale aumento decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si é verificato "il tardivo adempimento".
Il Guasconi allora ha convenuto l'INPS avanti al tribunale di Piacenza per ottenere la retrodatazione della detta rivalutazione al 1 maggio 1961 e l'Istituto, nel resistere alla domanda, ha fatto richiamo alla disposizione sopra menzionata.
Il tribunale, su conforme richiesta dell'attore, con ordinanza 23 giugno 1969, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della ripetuta norma, sotto il profilo della violazione dell'art. 76 della Costituzione, per eccesso dai limiti della delega di cui all'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218. Il tribunale osserva al riguardo che, se in nessuna delle leggi concernenti l'accreditamento dei contributi figurativi vi sono disposizioni espresse che prescrivano la rivalutazione della pensione dalla data di decorrenza della medesima, tuttavia non vi sono neppure disposizioni nel senso limitativo di quella impugnata, mentre anzi gli artt. 56 della legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e 4 della legge 4 aprile 1952, n. 218, deporrebbero a favore del primo criterio dovendosi ritenere, in base ad essi, che l'accreditamento dei contributi figurativi e la relativa rivalutazione della pensione hanno effetto dalla data del pensionamento.
Questo convincimento sarebbe rafforzato dalla legge 18 marzo 1968, n. 238, e dal successivo decreto presidenziale delegato 27 aprile 1968, n. 488, con cui si stabilisce espressamente il principio della rivalutazione "ex tunc" della pensione, anche nel caso di contribuzioni figurative fatte valere dopo la consegna del certificato di pensione.
La norma impugnata, pertanto, conterrebbe una disciplina del tutto nuova che non potrebbe qualificarsi né di attuazione né di coordinamento con le precedenti disposizioni, ed andrebbe pertanto oltre i limiti fissati con la citata legge di delegazione.
Il Guasconi inizialmente rappresentato e difeso dagli avvocati Felice Trabacchi e Manlio Donati si é ritualmente costituito avanti a questa Corte, sostituendo poi l'avv. Franco Agostini all'avv. Donati, deceduto.
La difesa richiama sia l'art. 56 della citata legge n. 1827 del 1935, il quale dispone che i periodi di contribuzione figurativa "siano computati utili" "su richiesta dell'interessato", agli effetti della pensione, sia l'art. 4 della legge 4 aprile 1952, n. 218, che aggiunge altri periodi di contribuzione figurativa a quelli ammessi in precedenza, ed il cui computo dovrebbe avvenire d'ufficio, indipendentemente dalla richiesta dell'interessato.
Dalla interpretazione di queste norme dovrebbe trarsi la conclusione che l'accertamento dei periodi di contribuzione figurativa e la rivalutazione della pensione che ne consegue hanno, per legge, effetto dalla data del pensionamento e la norma impugnata esorbiterebbe quindi dalla delega, perché subordinerebbe all'adempimento della formalità della domanda la effettiva decorrenza del beneficio.
Si é anche tempestivamente costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, nelle proprie difese, contesta la fondatezza della questione.
Osserva infatti l'Avvocatura che la fissazione della data di decorrenza di cui alla norma impugnata sarebbe da considerare in aderenza con i principi generali del diritto e con quelli particolari relativi alle liquidazioni delle pensioni INPS. Invero la scelta di una decorrenza successiva alla domanda si fonderebbe sulla imputabilità al suo titolare del ritardo nel far valere un diritto, cioè su un principio universalmente riconosciuto in materia negoziale, e comunque l'avere fissato la detta decorrenza al primo giorno del mese successivo a quello in cui si é verificato il tardivo adempimento risponderebbe a criteri già adottati in precedenti disposizioni in materia. Invero, l'art. 93 della legge 4 ottobre 1935, n. 1827, stabilirebbe appunto tale decorrenza per le pensioni liquidate in base a versamenti facoltativi; l'art. 64 della stessa legge sancirebbe eguale principio in materia di liquidazione anticipata della pensione, e l'art. 2 della legge delega riaffermerebbe il riconoscimento del diritto alla pensione dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale é stata presentata la domanda.
Né potrebbero condividersi le avverse illazioni relative all'art. 56 della legge n. 1827 del 1935 ed all'art. 4 della legge n. 218 del 1952.
La prima norma, invero, si limiterebbe a stabilire quali siano i periodi utili ai fini del diritto alla pensione o della misura di questa senza alcun cenno alla decorrenza del relativo beneficio, e la seconda non farebbe che estendere i criteri dell'art. 56 citato anche ai periodi di disoccupazione e di degenza sanatoriale, non considerati in precedenza. Ciò senza pregiudicare in alcun modo la questione della decorrenza del beneficio in caso di tardiva domanda, e postulando anzi, con tale silenzio, la necessità del completamento, appunto effettuato con la norma impugnata, in piena aderenza con la delega di cui all'art. 37 della legge 1952, comprensiva del coordinamento con i principi generali del diritto e con le particolari norme specifiche in materia, e quindi della facoltà di eliminare le lacune contenute in precedenti disposizioni.
Infine nessun argomento a favore delle tesi della illegittimità potrebbe trarsi dalla nuova e contraria disciplina di cui alla legge del 18 marzo 1968, n.238, e del relativo regolamento, poiché, anzi, con ciò si dimostrerebbe che solo una nuova regolamentazione della materia poteva sancire l'adozione del principio opposto a quello precedente.
Chiede pertanto che la questione sia dichiarata infondata.
La difesa del Guasconi ha depositato nei termini una memoria illustrativa con cui confuta le ragioni svolte nelle deduzioni dell'Avvocatura ed insiste per la dichiarazione di illegittimità della norma impugnata.
Sostanzialmente si osserva nella memoria che l'accreditamento di ufficio dei contributi figurativi per disoccupazione e ricovero in sanatorio di cui al citato art. 4 della legge 4 aprile 1952, n. 218, escluderebbe l'applicabilità, in questi casi, del principio di imputabilità all'avente diritto del ritardo nel farlo valere, dato che si tratterebbe, in ipotesi, di un ritardo ascrivibile all'Istituto previdenziale, e non all'interessato.
Tale principio, d'altra parte, non sarebbe comunque applicabile nella specie perché, secondo la difesa, si finirebbe col confondere l'esercizio di un diritto con il suo contenuto, ivi compresa, nel caso delle prestazioni economiche periodiche in esame, la relativa decorrenza, dovendosi riconoscere che in base al sistema previdenziale, e segnatamente alla espressa disposizione dell'art. 72 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, il diritto alla pensione sarebbe unitariamente collegato al verificarsi dell'evento-rischio oggetto dell'assicurazione sociale, esclusa quindi ogni autonomia del diritto stesso in relazione alla quota della prestazione relativa ai contributi figurativi. La modifica di cui all'art.2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, che introdusse il collegamento della decorrenza della pensione di vecchiaia alla presentazione della domanda, in vista della nuova possibilità attribuita all'interessato di differire il godimento della pensione stessa, apparirebbe giustificata solo in quanto effetto di una espressa disposizione di legge e pertanto, in mancanza di ulteriori specifiche prescrizioni di tal natura, che distinguano dal resto della pensione quella parte che attiene ai contributi figurativi e ne fissino una diversa decorrenza, dovrebbe concludersi che i contributi stessi influiscono sulla misura della pensione con la decorrenza originaria. Onde l'art. 22 impugnato si porrebbe in contrasto con i principi dell'ordinamento giuridico previdenziale ed esorbiterebbe quindi dai limiti della delega.
Considerato in diritto
1. - La questione di costituzionalità é sottoposta alla Corte nei seguenti termini: se sia conforme all'art. 76 della Costituzione l'art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (decreto delegato), nella parte in cui dispone che - qualora, dopo la consegna all'interessato del libretto di pensione (di invalidità), sia fatta istanza dallo stesso, al fine di rivalutazione della pensione, per ottenere l'accredito di contributi cosiddetti figurativi, in relazione a periodo pregresso di interruzione forzata di attività lavorativa (nel caso, per servizio militare obbligatorio) - tale riliquidazione debba avvenire con inizio dell'eventuale aumento dal primo giorno del mese successivo a quello del "tardivo adempimento" anziché dalla data di decorrenza originaria.
La Corte rileva che l'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218 (legge delegante), ha demandato al Presidente della Repubblica di emanare, mediante decreto, disposizioni di attuazione della legge stessa e di coordinamento con le norme sulle assicurazioni sociali, il tutto in conformità dei principi e criteri direttivi, emergenti dal testo.
Poiché il decreto presidenziale sopra citato, di cui fa parte la disposizione impugnata, ha avuto, per suo dichiarato oggetto, l'attuazione ed il coordinamento previsti con la legge del 1952, devesi esaminare se detta disposizione sia o meno conforme al contenuto ed ai limiti segnati dalla legge di delega.
2. - La questione non é fondata.
L'ordinanza di rinvio dà atto, anzitutto, che "non esiste alcuna disposizione di legge precedente al decreto delegato, la quale stabilisca che la ricostituzione della pensione per accreditamento di contributi figurativi debba decorrere dalla data di decorrenza della pensione anziché dal mese successivo a quello della domanda di ricostituzione". Di seguito, tuttavia, l'ordinanza fa richiamo all'art. 56 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito in legge 6 aprile 1936, n. 1115, come disposizione atta a dimostrare che l'accreditamento e la rivalutazione debbono decorrere dalla data del pensionamento.
La Corte (a parte la contraddizione tra il primo ed il secondo dei suindicati richiami, negativo l'uno e positivo l'altro) osserva che occorre considerare, nel quadro generale del sistema assicurativo e con riguardo alla assicurazione contro l'invalidità, la parte afferente ai contributi figurativi, quale risulta dalla legge-delega del 1952 e da quelle precedenti in materia, di cui detta legge costituisce un aggiornato ordinamento.
A comporre quel sistema hanno concorso il decreto legge lgt. 21 aprile 1919, n. 603; il r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827; il r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, sino alla legge citata del 1952.
Da queste norme risulta:
a) che, per ottenere la pensione d'invalidità, con l'utilizzazione delle somme effettivamente versate a titolo di contribuzione obbligatoria, si é imposta l'esigenza che l'interessato ne abbia fatto domanda, condizionando all'adempimento di quest'onere i relativi effetti, con inizio del loro decorso dal primo giorno del mese successivo alla domanda stessa, indipendentemente dalla data di insorgenza della invalidità (articolo 62 r.d.l. n. 1827 del 1935, confermato per implicito dall'art. 38 della legge del 1952);
b) che, sempre con riguardo all'assicurazione contro la invalidità, lo stesso collegamento tra presentazione di domanda, riconoscimento ed attuazione del diritto é stato esteso con criteri paralleli, alla utilizzazione delle contribuzioni figurative nei casi di servizio militare, malattia, gravidanza e puerperio (art. 56 citato r.d.l. n. 1827 del 1935);
c) che, solo per eccezione, l'accredito dei contributi figurativi é stato riservato alla iniziativa di ufficio, nei casi di assicurazione contro la disoccupazione involontaria e la degenza in regime sanatoriale e postsanatoriale (art. 27 r.d.l. n. 636 del 1939 e art. 4 legge n. 218 del 1952). In tal caso (vedi art. 27 del r.d.l. del 1939) "anche quando i contributi non siano stati effettivamente versati ma risultino dovuti, il requisito di contribuzione si intende verificato". Ciò ha la sua giustificazione nel fatto che é lo stesso Istituto ad erogare le indennità di disoccupazione e assistenza sanatoriale e, quindi, é già a conoscenza, senza che occorra la domanda dell'interessato, dell'evento coperto da contribuzione figurativa.
3. - Questa situazione normativa, vigente all'emanazione del decreto delegato, va tenuta presente per giudicare della costituzionalità, nel caso, dell'esercizio della funzione legislativa delegata.
Questa Corte, con sentenza n. 34 del 1960, ha dato atto che la delega contenuta nella legge del 1952 é "quanto mai ampia" e che va intesa nel senso di escludere dal suo ambito quelle norme successive che risultino in assoluta antinomia con la legge di delega.
Tale antinomia non si ravvisa nella norma in esame.
Il parallelismo indicato alla lettera b del numero precedente, comporta che non sia da ritenere difforme dal sistema, che, come la pensione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, così la sua rivalutazione, con relativo aumento (collegata con l'accredito della contribuzione figurativa e richiesta in separato atto, successivamente al verificarsi dell'evento cui detta contribuzione si riferisce), decorra, corrispondentemente, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui tale richiesta sia stata manifestata.
Si mantiene, quindi, nei limiti dell'ampia delega e della prevista attuazione della stessa, l'aver tenuto conto della successione cronologica della domanda, qualora questa risulti distanziata, in misura maggiore o minore, dall'evento.
Data la natura condizionante della domanda, che costituisce, per l'Istituto di previdenza, l'unica fonte d'informazione, rientra nel sistema, che ha preceduto il decreto delegato, l'aver affidato alla volontà d'iniziativa dell'interessato ed alla tempestività della stessa, il far valere il suo diritto. con le conseguenze suindicate: conseguenze che derivano anche, nei riflessi dell'Istituto, da considerazioni di tecnica attuariale e di certezza di rapporti giuridici.
4. - Poiché la proposta questione di legittimità costituzionale é circoscritta nei limiti di eccesso di delega rispetto alla legge del 1952, ne rimangono estranei gli sviluppi legislativi posteriori al decreto delegato del 1957 (legge n. 1338 del 1962 - legge n. 238 del 1968 - d.P.R. n. 488 del 1968 - legge n. 153 del 1969), nella parte in cui si é ritenuto modificare la situazione normativa in materia per mutati criteri, valutati ex novo dal legislatore.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sulle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia e i superstiti), sollevata, con ordinanza 23 giugno 1969 del tribunale di Piacenza, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1971.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria l'11 maggio 1971.