SENTENZA N. 94
ANNO 1971
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 luglio 1966, n. 590, recante provvedimenti a favore della città di Agrigento in conseguenza del movimento franoso verificatosi il 19 luglio 1966), promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 1970 dal pretore di Agrigento nel procedimento penale a carico di Ferlisi Salvatore e Giuseppe, iscritta al n. 175 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 150 del 17 giugno 1970.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1971 il Giudice relatore Paolo Rossi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento penale a carico dei fratelli Ferlisi imputati di varie contravvenzioni per aver iniziato, sprovvisti di licenza, la costruzione di un capannone industriale nella Valle dei Templi di Agrigento, in zona ricadente nel perimetro delimitato dal decreto ministeriale 16 maggio 1968, il pretore di Agrigento ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, in base al quale é stato emanato il predetto decreto ministeriale.
La norma impugnata, dichiarando la Valle dei Templi di Agrigento "zona archeologica d'interesse nazionale", ed attribuendo al Ministro per la pubblica istruzione, di concerto con quello dei lavori pubblici, il compito di determinare, "con proprio decreto, il perimetro della zona, le prescrizioni d'uso, ed i vincoli di inedificabilità", violerebbe la riserva di legge stabilita dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione, per aver demandato alla pubblica Amministrazione, senza prestabilire adeguati criteri direttivi, il potere di delimitare la zona e di determinare i modi di godimento del diritto dominicale, con possibilità di inibire totalmente lo jus aedificandi.
In secondo luogo, prosegue l'ordinanza di remissione, la norma impugnata violerebbe l'art. 14 (lett. n) dello Statuto regionale siciliano - secondo cui rientrano nella competenza legislativa esclusiva della regione la tutela del paesaggio e la conservazione delle antichità, e delle opere artistiche - per aver attribuito al Ministro per la pubblica istruzione le corrispondenti funzioni amministrative, spettanti invece al Presidente della Regione.
Si é costituito in questa sede il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di intervento depositato il 7 luglio 1970, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.
In ordine al primo profilo di illegittimità costituzionale prospettato dal giudice di merito, la difesa dello Stato premette che secondo i principi generali (cfr. artt. 11, 12 e 21 legge 1 giugno 1939, n. 1089), l'interesse storico o artistico, di un immobile o di una intera zona viene di solito riconosciuto e dichiarato mediante un mero provvedimento amministrativo, cui consegue l'assoggettamento del bene allo speciale status stabilito ex lege, con l'ulteriore conseguenza che alla stessa Amministrazione compete l'adozione dei provvedimenti esecutivi richiesti dalla natura del bene stesso; soggiunge quindi l'Avvocatura che la particolarità ravvisabile nella specie - riconoscimento della natura archeologica del bene mediante atto legislativo, e adozione dei provvedimenti conseguenziali con atto amministrativo - non rileva ai fini del profilo di illegittimità costituzionale denunciato.
Comunque passando ad esaminare il complesso dei poteri spettanti, in subiecta materia, alla pubblica Amministrazione, concretantisi nella determinazione del perimetro della Valle dei Templi, delle prescrizioni d'uso e dei vincoli di inedificabilità, la difesa dello Stato osserva che tali attività rientrano istituzionalmente nei compiti del potere esecutivo, costituendo esercizio della discrezionalità tecnica. La stessa Corte costituzionale controllando, sempre in riferimento alla riserva di legge di cui all'art. 42, secondo comma, della Carta, gli analoghi poteri, spettanti ai Comuni ex art. 7 della legge urbanistica, per la ripartizione in zone edificabili o meno del territorio comunale, ha riconosciuto che siffatta discrezionalità, non illimitata, e soggetta a sindacato giurisdizionale, non contrasta con il principio costituzionale invocato.
Per quanto attiene al secondo profilo di illegittimità costituzionale denunciato (pretesa violazione dell'art. 14 dello Statuto), la difesa dello Stato rileva che la questione prospettata é stata già recentemente dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 74 del 1969, né sono stati addotti nuovi argomenti dal pretore di Agrigento, che sembra aver ignorato la predetta decisione.
Considerato in diritto
1. - La Corte costituzionale é chiamata a decidere le seguenti questioni:
a) se l'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, - disponendo che "la Valle dei Templi di Agrigento é dichiarata zona archeologica di interesse nazionale" e che "il Ministro per la pubblica istruzione, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici, determina, con proprio decreto, il perimetro della zona, le prescrizioni d'uso, i vincoli di inedificabilità" - contrasti o meno con la riserva di legge di cui all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, per non aver specificato i criteri cui la pubblica Amministrazione avrebbe dovuto adeguarsi nel dare esecuzione al dettato legislativo;
b) se la norma predetta, provvedendo in siffatta maniera alla tutela del complesso archeologico della Valle dei Templi, non contrasti con l'art. 14 dello Statuto regionale, secondo cui l'Assemblea regionale siciliana ha la legislazione esclusiva in materia di "conservazione delle antichità e delle opere artistiche".
2. - Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la riserva relativa di legge, invocata anche nella specie, consente al legislatore di attribuire alla pubblica Amministrazione il potere di incidere sulla concreta disciplina del godimento degli immobili "qualora, nella legge ordinaria, siano contenuti elementi e criteri idonei a delimitare chiaramente la discrezionalità dell'Amministrazione" (sentenza n. 38 del 1966).
Di tale principio la Corte fece applicazione in relazione agli ampi poteri conferiti ai Comuni dall'art. 7 della legge urbanistica, secondo cui, com'é noto, mediante l'emanazione dei piani regolatori il territorio comunale viene distinto in zone più o meno edificabili, con rilevanti conseguenze per il diritto del proprietario. In tale occasione fu riconosciuto che l'imposizione di vincoli di zona sulle aree altrimenti fabbricabili non costituisce esercizio "di discrezionalità indiscriminata ed incontrollabile", "bensì di discrezionalità tecnica", rimanendo pertanto esclusa la prospettata violazione della riserva relativa di legge.
I medesimi criteri consentono a fortiori di escludere, anche nella fattispecie ora in esame, il vizio di illegittimità costituzionale denunziato.
Invero i poteri attribuiti dalla norma impugnata al Ministro per la pubblica istruzione, concernenti la delimitazione del perimetro della Valle dei Templi, le prescrizioni d'uso dei terreni, ed i vincoli di inedificabilità, involgono apprezzamenti e valutazioni strettamente connessi con discipline tecniche, e sono stati conferiti all'unico evidente fine di salvaguardare l'interesse archeologico nazionale del comprensorio. Sono stati così previsti il divieto di usare particolari mezzi meccanici per il dissodamento del terreno e l'imposizione di limitazioni edificatorie variamente configurate in relazione alla distanza dei terreni dai monumenti archeologici allo scopo di non danneggiarne la prospettiva e la visione d'assieme.
Deve quindi riconoscersi che la circoscritta discrezionalità conferita alla pubblica Amministrazione dalla norma in esame é sufficientemente definita ed ha natura tecnica. Pertanto l'asserita violazione dell'art. 42, secondo comma, della Costituzione, non sussiste
3. - É chiara poi la manifesta infondatezza della seconda questione in esame. Invero questa Corte, con la sentenza n. 74 del 1969, ha già escluso l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, a suo tempo denunciato per asserita violazione dell'art. 14 dello Statuto regionale siciliano, questione ora riproposta - in termini del tutto generici - senza che siano addotti nuovi motivi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 luglio 1966, n. 590, recante provvedimenti a favore della città di Agrigento in conseguenza del movimento franoso verificatosi il 19 luglio 1966), sollevata, con l'ordinanza in epigrafe indicata, in riferimento all'art. 42, secondo comma, della Costituzione;
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, sollevata in riferimento all'art. 14 dello Statuto regionale siciliano e già dichiarata non fondata con sentenza n. 74 del 27 marzo 1969
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1971
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria l'11 maggio 1971.