Sentenza n. 74 del 1971
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SENTENZA N. 74

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, recante semplificazioni al procedimento di espropriazione per le opere interessanti le ferrovie dello Stato, e dell'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della città di Napoli, promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1969 dal tribunale di Locri su istanza del Compartimento delle ferrovie dello Stato di Reggio Calabria, iscritta al n. 207 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 152 del 18 giugno 1969.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 1971 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Con ordinanza 15 aprile 1969 emessa dal tribunale di Locri sull'istanza avanzata dal Compartimento delle ferrovie dello Stato di Reggio Calabria, intesa ad ottenere l'autorizzazione al deposito presso la Cassa depositi e prestiti delle indennità di espropriazione relative ad alcuni terreni, sono state sollevate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, per ritenuto contrasto con gli artt. da 70 a 76 nonché con l'art. 3 della Costituzione, e dell'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, in riferimento all'art. 42 della Costituzione.

Nella propria ordinanza il tribunale si sofferma sugli aspetti preliminari dell'ammissibilità e della rilevanza delle proposte questioni.

Sul primo punto si limita a rilevare, facendo richiamo della sentenza n. 24 del 1958 della Corte costituzionale, che trattasi di questioni ammissibili essendo state sollevate nel corso di un procedimento di volontaria giurisdizione.

Sul secondo punto afferma che una questione di legittimità costituzionale di una norma che stabilisce dati criteri per la determinazione della indennità di espropriazione é certamente rilevante nel caso in cui, seguendosi l'ordinario procedimento di espropriazione previsto dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359, il tribunale sia chiamato ad emettere il decreto di nomina dei periti che devono procedere alla stima dei beni, posto che nel decreto di conferimento dell'incarico il giudice é tenuto ad indicare i criteri di legge in base ai quali l'indennità dovrà essere stabilita.

Il medesimo principio, ad avviso del tribunale, non può non valere anche nel caso del procedimento particolare per le espropriazioni ferroviarie previsto dal r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, nel quale l'intervento dell'autorità giudiziaria non é previsto per la fase della determinazione della indennità ma solo ai fini dell'autorizzazione del deposito dell'indennità stessa, già stabilita dagli ingegneri dell'Amministrazione.

Venendo all'esame delle norme impugnate l'ordinanza sostiene anzitutto che l'art. 2 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, é in contrasto con gli artt. 70 a 76 della Costituzione trattandosi di norma emessa oltre i limiti della delega contenuta nella legge 3 dicembre 1922, n. 1601. Con questa legge erano stati concessi pieni poteri per il riordinamento del sistema tributario e per la riorganizzazione dei pubblici uffici ed istituti, ma non si era inteso autorizzare il Governo a modificare la legge generale sulle espropriazioni non rientrando questa nel concetto di pubblici uffici ed istituti.

Lo stesso art. 2 del r.d. n. 2119 del 1923 sarebbe altresì in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Il principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge risulterebbe vulnerato dal fatto che la legge generale sull'espropriazione garantisce al cittadino espropriato una stima obbiettiva ed imparziale dei beni perché redatta da periti nominati dall'autorità giudiziaria, mentre la legge particolare sulle espropriazioni promosse dalle ferrovie dello Stato non assicura tale garanzia dato che l'art. 2 impugnato demanda la stima agli uffici tecnici della stessa amministrazione ferroviaria.

Per quanto concerne l'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della città di Napoli - applicabile alle espropriazioni disposte dalle ferrovie dello Stato, giusta il disposto dell'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429 - il tribunale afferma che la corretta interpretazione di questa norma é che in difetto di fitti accertati l'indennità sarà fissata esclusivamente sull'imponibile netto delle imposte sui terreni e sui fabbricati. É pertanto evidente che, così intesa, la norma darebbe luogo alla liquidazione di indennità irrisorie e come tali in contrasto con l'art. 42 della Costituzione.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato atto di intervento in cancelleria in data 7 luglio 1969.

Afferma in primo luogo l'Avvocatura che le questioni di legittimità costituzionale proposte sono inammissibili poiché nell'esercizio delle facoltà attribuite dagli artt. 1 e 3 della legge 20 marzo 1968, n. 391, l'autorità giudiziaria é sfornita di qualsiasi potere decisorio.

L'attività svolta dal giudice, sia quando nomina i periti ai sensi dell'art. 32 della legge n. 2359 del 1865, sia quando dispone il pagamento diretto o il deposito dell'indennità accettata o dai periti stessi determinata ai sensi della legge n. 391 del 1968, ha carattere amministrativo e si inserisce in un procedimento che non si compie integralmente alla presenza e sotto la direzione del titolare dell'ufficio giudiziario, bensì dell'organo amministrativo al quale spetta controllare la legittimità del procedimento seguito prima di emanare il decreto definitivo di espropriazione.

Né varrebbe obbiettare che le questioni sollevate nel caso di specie si riferiscono a norme che solo l'autorità giudiziaria é chiamata ad applicare in sede di emanazione dei provvedimenti di cui all'art. 3 della legge n. 391 del 1968, poiché le norme impugnate riguardano in particolare gli organi competenti a determinare l'indennità di espropriazione preventiva o provvisoria ed i criteri applicabili per la determinazione stessa; riguardano cioè una fase del procedimento di espropriazione concernente la stima dei beni. Su qualsiasi illegittimità commessa in questa fase non potrà mai mancare il controllo giurisdizionale; ogni contestazione circa la nomina e capacità dei periti formerà però oggetto di un distinto giudizio, da svolgersi dopo la dichiarazione di espropriazione, davanti al giudice ordinario.

Sostiene inoltre l'Avvocatura che le questioni sollevate sono irrilevanti ai fini della pronuncia che il tribunale di Locri é chiamato ad emettere.

Irrilevante quella riguardante l'art. 2 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, perché la possibilità di esercitare un controllo sulla legittimità del procedimento seguito nella fase relativa alla scelta delle persone ed uffici che dovranno determinare l'indennità é espressamente esclusa dall'art. 35 della legge sull'espropriazione. Poiché la legge stabilisce che ogni questione relativa alla nomina dei periti può esser fatta valere dopo l'emanazione del decreto di esproprio in sede di giudizio di opposizione alla stima e poiché tale questione non può impedire o rallentare il corso del procedimento di espropriazione, é evidente che l'autorità giudiziaria competente a disporre il pagamento diretto dell'indennità provvisoria o ad ordinarne il deposito non é affatto chiamata in detta sede a controllare la regolarità del procedimento seguito.

Irrilevante sarebbe altresì l'altra questione relativa all'articolo 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, che detta particolari criteri per la determinazione dell'indennità di espropriazione. Ogni questione relativa alla individuazione dei criteri applicabili al procedimento di liquidazione dell'indennità potrà essere dibattuta solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo nel giudizio previsto dall'art. 51 della legge sulle espropriazioni che ha natura di impugnazione dell'indennità in concreto liquidata e non del decreto di nomina dei periti che eventualmente contenga l'indicazione dei criteri applicabili.

Venendo all'esame delle questioni proposte la difesa erariale nega anzitutto la sussistenza dell'asserito contrasto tra l'art. 2 del r.d. n. 2119 del 1923 e gli artt. 70 a 76 della Costituzione.

Il contenuto del r.d. impugnato rientra nei limiti della delegazione concessa con la legge 3 dicembre 1922, n. 1601. I poteri conferiti al Governo con questa legge erano estremamente ampi e, come risulta dai lavori parlamentari, concernevano lo studio di tutte le questioni attinenti alla riforma e alla semplificazione dei pubblici uffici, compresi quelli dell'Amministrazione delle ferrovie, allo scopo di sveltirne i servizi procedendo, se necessario, alla revisione e modificazione delle fondamentali leggi amministrative. Le disposizioni del r.d. n. 2119 del 1923, che pongono deroghe speciali ad alcune norme della legge fondamentale del 1865, sono perciò non soltanto formalmente, ma anche sostanzialmente disposizioni di riforma dell'Amministrazione ferroviaria in quanto stabiliscono e determinano le attribuzioni dei suoi organi.

In particolare poi non può disconoscersi che l'impugnato art. 2 abbia lo scopo di semplificare e rendere più agibile una funzione amministrativa: é infatti evidente che eliminandosi la necessità di ricorrere all'autorità giudiziaria per la nomina dei periti risulti notevolmente sveltito il procedimento espropriativo nella sua fase diretta alla determinazione amministrativa della indennità.

Del pari insussistente é per l'Avvocatura l'asserito contrasto tra il citato art. 2 e il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. La norma impugnata appare giustificata dalla necessità di snellire il procedimento di espropriazione eliminando il ricorso all'autorità giudiziaria per la nomina dei periti che dovranno determinare l'indennità preventiva.

Infondata infine per l'Avvocatura é l'ultima censura d'incostituzionalità secondo la quale l'art. 13 della legge sul risanamento della città di Napoli darebbe luogo a una indennità irrisoria e perciò in contrasto con l'art. 42 della Costituzione.

L'interpretazione del giudice a quo che l'indennità debba corrispondere all'imponibile annuale é assolutamente singolare: da essa deriva una norma del tutto ipotetica e diversa da quella che trova costante applicazione nel nostro ordinamento. É allora evidente che simile norma non può essere assoggettata a giudizio di legittimità costituzionale.

La Corte ha comunque già ripetutamente esaminato il contenuto dell'impugnato articolo riconoscendolo conforme alla Costituzione.

Conclude pertanto l'Avvocatura chiedendo che la Corte voglia dichiarare inammissibili o comunque infondate le questioni proposte.  

Considerato in diritto 

1. - L'Avvocatura dello Stato ha in via pregiudiziale eccepito l'inammissibilità delle proposte questioni di legittimità costituzionale per difetto di legittimazione del giudice a promuoverle rilevando che, in sede di emanazione dei provvedimenti previsti dagli artt. 1 e 3 della legge 20 marzo 1968, n. 391, l'autorità giudiziaria svolge attività di carattere amministrativo e, comunque, é sfornita di qualsiasi potere decisorio.

L'eccezione é fondata.

2. - L'ordinanza del tribunale di Locri é stata pronunciata in sede di esame dell'istanza con la quale il Compartimento delle ferrovie dello Stato di Reggio Calabria aveva chiesto l'autorizzazione - ai sensi dell'art. 3 della legge 20 marzo 1968, n. 391 - a depositare, nella Cassa depositi e prestiti, le somme offerte a titolo di indennità per l'espropriazione di alcuni terreni la cui stima era stata redatta, a norma dell'art. 2 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, dagli uffici tecnici della stessa Amministrazione ferroviaria, somme che non erano state accettate dagli espropriandi. Orbene, nella sede considerata, é da escludere che tanto il contenuto dell'attività che il giudice é chiamato a svolgere, quanto il provvedimento formale (decreto) nel quale tale attività trova manifestazione, presentino i caratteri della funzione giurisdizionale. É sufficiente in proposito ricordare che la competenza a ordinare il deposito dell'indennità di espropriazione nella Cassa depositi e prestiti, che la legge n. 391 del 1968 ha ora attribuito all'autorità giudiziaria - come quella di disporre il pagamento diretto dell'indennità, già attribuita alla stessa autorità con la legge 3 aprile 1926, n. 686 - spettavano prima al prefetto e avevano innegabilmente natura amministrativa (artt. 30 e 48 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sull'espropriazione per causa di utilità pubblica).

Nulla induce a ritenere che per effetto di questo mero trasferimento di competenze le attribuzioni di cui trattasi abbiano perduto il loro carattere amministrativo ed assunto natura giurisdizionale.

Nel procedimento espropriativo vi sono momenti diversi che segnano la distinzione di due differenti competenze: amministrativa e giudiziaria. La fase amministrativa si svolge attraverso un procedimento complesso che ha termine con l'emanazione del decreto di espropriazione da parte del prefetto. L'intervento svolto dall'autorità giudiziaria in detta fase per l'esercizio delle competenze sopra ricordate non ha una propria autonomia, né si manifesta con pronunce giurisdizionali, ma rappresenta un aspetto di quel complesso procedimento il cui atto finale é costituito dal decreto di esproprio.

Quando, come nel caso in esame, é chiamato ad ordinare il deposito nella Cassa depositi e prestiti delle indennità determinate dall'Amministrazione e non accettate dagli espropriandi, il giudice deve solo constatare che é stata compilata la stima dei beni e che l'elenco degli espropriandi con l'indicazione delle indennità offerte é stato depositato e reso pubblico nei modi di legge. Nessun controllo o sindacato può egli svolgere in tale sede in ordine alla validità della stima e sui criteri seguiti per la determinazione dell'indennità.

Diversamente si qualificano l'intervento del giudice e la natura dell'attività che questi é chiamato a svolgere dopo l'emanazione del decreto di esproprio allorché - ai sensi dell'art. 51 della legge - gli aventi diritto impugnano i risultati della stima. Con tale impugnativa si instaura un autonomo giudizio che presuppone l'esaurimento della fase amministrativa del procedimento di espropriazione; in questa successiva fase il giudice interviene per esercitare le sue funzioni giurisdizionali e potrà statuire su tutte le eventuali violazioni ed irregolarità del procedimento di stima la cui cognizione gli era prima preclusa.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, recante semplificazioni al procedimento di espropriazione per le opere interessanti le ferrovie dello Stato, e dell'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della città di Napoli, proposta con l'ordinanza indicata in epigrafe dal tribunale di Locri in riferimento agli artt. 70 a 76,3 e 42 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 5 aprile 1971.