Sentenza n. 72 del 1971
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SENTENZA N. 72

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 19, lett. a, del contratto collettivo nazionale 5 gennaio 1939 (costituzione e funzionamento delle mutue per le assicurazioni contro le malattie in favore degli operai dipendenti da aziende industriali, artigiane e cooperative), richiamato dall'art. 1 del d.lg.lgt. 19 aprile 1946, n. 213, promosso con ordinanza emessa il 6 giugno 1969 dal tribunale di Reggio Emilia nel procedimento civile vertente tra Bagni Arnoldo e l'INAM, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 243 del 24 settembre 1969.

Visti gli atti di costituzione di Bagni Arnoldo e dell'INAM, e l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1971 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

uditi gli avvocati Paolo Barile e Franco Agostini, per il Bagni, l'avv. Arturo Carlo Jemolo, per l'INAM, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Bagni Arnoldo, premesso di avere sofferto una malattia conseguente ad un incidente stradale, ha citato in giudizio l'INAM davanti il tribunale di Reggio Emilia, chiedendo, fra l'altro, la declaratoria di illegittimità del provvedimento con cui l'INAM gli aveva chiesto il rimborso dell'acconto di lire 35.000 versatogli sull'indennità di malattia e la condanna dell'Istituto alla corresponsione totale di questa.

L'INAM, che presto al Bagni l'assistenza sanitaria, ha contestato di essere tenuto a tale corresponsione, invocando la norma di cui all'art. 19 del contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939, secondo la quale "non compete l'indennità di malattia, ferme rimanendo le altre assistenze, all'iscritto che abbia contratto malattia per colpa propria..." ed ha chiesto altresì, riconvenzionalmente, la condanna alla restituzione delle sopradette lire 35.000.

Il Bagni, pur riconoscendo di avere cagionato colposamente l'incidente, ha tuttavia eccepito che tale norma: a) é stata abrogata dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione; b) essendo di natura corporativa, deve essere dichiarata illegittima, ai sensi dell'art. 7 delle preleggi, per contrasto con norme imperative di legge; c) deve ritenersi, in ogni caso, costituzionalmente illegittima per contrasto con il ripetuto art. 38, comma secondo, della Costituzione.

Il tribunale, con ordinanza del 6 giugno 1969, premesso che, a suo avviso, le norme del contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 hanno acquistato natura legislativa per essere state espressamente richiamate dall'art. 1 del d.lg.lgt. 19 aprile 1946, n. 213, ha escluso la fondatezza delle altre eccezioni del Bagni, ma ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del detto art. 19 in riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione.

L'ordinanza osserva che l'art. 38, comma secondo, disponendo che "i lavoratori hanno diritto a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso... di malattia" ha stabilito un principio che non pare possa soffrire l'eccezione costituita dal comportamento involontario del lavoratore nella eziologia della malattia. E, secondo il tribunale, l'azione colposa sarebbe azione contro l'intenzione.

Nel giudizio innanzi questa Corte si sono costituiti l'INAM ed il Bagni, ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

La difesa dell'INAM rileva che la questione é inammissibile in quanto i contratti collettivi nazionali c.d. corporativi non hanno forza di legge. Nel merito, poi, osserva che l'art. 38 della Costituzione pone un principio generale che deve avere la sua regolamentazione attraverso atti legislativi o contratti collettivi. Per il contratto oggi impugnato, al lavoratore ammalatosi per propria colpa viene a mancare soltanto quella particolare forma di assistenza, che é l'"indennità", permanendo le cure mediche, ospedaliere, ambulatoriali. E non può dirsi in contrasto col menzionato principio un trattamento differenziato, a seconda che la malattia sia dovuta a forza maggiore, oppure ad un comportamento, sia pure colposo, del lavoratore.

Anche l'Avvocatura generale dello Stato nega che il d.lg.lgt. 19 aprile 1946, n. 213, abbia conferito forza di legge al contratto collettivo in questione, e conclude per la inammissibilità della questione.

Le parti private hanno presentato memorie illustrative nelle quali ribadiscono le argomentazioni svolte negli atti di costituzione.  

Considerato in diritto 

L'art. 19 del contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 (costituzione e funzionamento delle mutue per l'assistenza contro le malattie in favore degli operai dipendenti da aziende industriali, artigiane e cooperative) é stato denunziato - per violazione dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione - nella parte in cui prescrive che, pur rimanendo ferme le altre assistenze, non compete l'indennità di malattia all'iscritto che abbia contratto malattia per colpa propria. Il diritto dei lavoratori a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di malattia, non consentirebbe l'eccezione di cui sopra, costituita da un comportamento involontario del lavoratore nella eziologia della malattia.

La questione é inammissibile.

I contratti collettivi c.d. corporativi non ebbero forza di legge nel sistema in cui sorsero, e tale forza non acquistarono neppure allorquando il d.lg.lgt. 21 novembre 1944, n. 369, dispose che le norme corporative mantenessero la loro originaria efficacia onde evitare che, a seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo, si determinasse un vuoto nella disciplina dei rapporti contrattuali in materia di lavoro (sent. n. 1/1963 e n. 76/1969).

Anche il d.lg.lgt. 19 aprile 1946, n. 213 (modificazioni alle vigenti disposizioni sulla assicurazione di malattia per i lavoratori dell'industria) non ha mutato la natura ed il valore dei suindicati contratti collettivi. Esso dispone infatti che le prestazioni in denaro dell'assicurazione contro le malattie per i lavoratori dell'industria, regolata dai contratti collettivi 3 gennaio 1939, 5 giugno 1940, 1 luglio 1936 e 29 dicembre 1939, nonché i contributi dovuti per l'assicurazione predetta sono stabiliti nella maggiore misura indicata nella tabella allegata al decreto. L'intervento del legislatore in questa materia non aveva quindi il fine di dare una diversa struttura o di conferire nuova forza ai contratti collettivi nazionali, ma si rese necessario in conseguenza del mutamento verificatosi nel potere di acquisto della moneta. Siffatta necessità viene chiarita anche nella relazione ministeriale che fa cenno della nuova situazione salariale e della realtà dei costi che avevano creato una profonda sperequazione fra entrate dell'Istituto nazionale per l'assicurazione di malattia per i lavoratori dell'industria e le corrispondenti voci di uscita.

Orbene, siffatta limitazione dell'ambito della legge alla misura dei contributi e delle prestazioni in denaro; l'avere modificato su questo punto, con unico provvedimento, parecchi contratti; il non avere apportato innovazioni né alla normativa generale né ad alcuna disposizione relativa agli elementi essenziali del contratto; e le sopraccennate ragioni di carattere eccezionale che hanno determinato il legislatore ad intervenire, sono tutte circostanze che dimostrano chiaramente come la legge non ha recepito tutto il contratto collettivo in parola.

Il contratto collettivo denunziato non é dunque atto avente forza di legge, e - come tale - non può essere sottoposto al controllo di legittimità di questa Corte.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, lett. a, del contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 (costituzione e funzionamento delle mutue per l'assicurazione contro le malattie in favore degli operai dipendenti da aziende industriali, artigiane e cooperative) richiamato dall'art. 1 del d.lg.lgt. 19 aprile 1946, n. 213, questione sollevata in riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione dall'ordinanza del tribunale di Reggio Emilia del 6 giugno 1969.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 5 aprile 1971.