SENTENZA N. 59
ANNO 1970
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 4 del R.D.L. 19 agosto 1943, n. 737, recante nuovi provvedimenti in materia di imposte di registro, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 4 giugno 1968 dal tribunale di Caltanissetta nel procedimento civile vertente tra Mangano Cataldo e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 248 del 28 settembre 1968;
2) ordinanza emessa il 25 marzo 1969 dal tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra l'Istituto regionale di credito agrario per l'Emilia-Romagna e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 281 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 200 del 6 agosto 1969.
Visto l'atto di costituzione dell'Amministrazione delle finanze dello Stato;
udito nell'udienza pubblica dell'11 marzo 1970 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per l'Amministrazione finanziaria.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento civile vertente tra l'Amministrazione finanziaria dello Stato e Mangano Cataldo, avente per oggetto opposizione a valutazione del valore di un immobile acquistato al pubblico incanto in una esecuzione promossa dalla Cassa Vittorio Emanuele di Palermo contro Spallina Giovanni in forza di cambiale agraria, il tribunale di Caltanissetta, con ordinanza 4 giugno 1968, ha proposto d'ufficio, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del R.D.L. 19 agosto 1943, n. 737 (in relazione all'art. 50, comma secondo, del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269) con riferimento all'art. 3 della Costituzione.
É sembrato al tribunale che non sia giustificabile, di fronte ad una stessa fattispecie, costituita dal trasferimento di immobile in sede di aggiudicazione al pubblico incanto, la differenza tra l'art. 4 citato, che per le aggiudicazioni seguite a vendite coatte promosse in dipendenza di mutui in danaro, dispone che il valore tassabile debba determinarsi in base al comune procedimento di valutazione fiscale, e l'art. 50, comma secondo, pure citato, che, per le vendite coatte in genere prescrive invece che per quel valore debba assumersi il prezzo stesso di aggiudicazione, e quindi omettendosi ogni procedimento di accertamento di valore.
A tale differenza di trattamento, in fattispecie ritenute sostanzialmente non differenziabili fra loro, é stata dal tribunale ritenuta contrastante con il principio di eguaglianza tutelato dall'art. 3 della Costituzione.
La stessa questione di legittimità costituzionale é stata poi proposta dal tribunale di Bologna, con ordinanza 25 marzo 1969, emessa nel procedimento civile vertente tra l'Istituto regionale di credito agrario per l'Emilia- Romagna e l'Amministrazione finanziaria dello Stato.
Anche per il tribunale di Bologna il diverso trattamento, previsto dall'art. 4 del R.D.L. 19 agosto 1943, n. 737, in deroga all'art. 50, comma secondo, della legge di registro, sembra dar luogo ad una ingiustificata sperequazione fra situazioni sostanzialmente eguali, con conseguente violazione non solo del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, ma anche di quello dell'art. 53 della Costituzione, per il quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva.
Mentre nel primo dei due giudizi avanti questa Corte nessuno é comparso, nel secondo si é costituita l'Amministrazione delle finanze, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale, con deduzioni del 19 maggio 1969, ha chiesto che venga dichiarata infondata la questione di costituzionalità proposta dal tribunale di Bologna.
Secondo l'Avvocatura non vi sarebbe nel caso violazione né dell'art. 3 né dell'art. 53 della Costituzione, in quanto le aggiudicazioni in vendite coatte in genere e in quelle promosse su mutui in danaro, sono fra loro differenziate dai titoli per cui si procede e che non manca peraltro una specifica ragione che legittima la disposizione dell'art. 4 del decreto del 1943; ragione da ravvisarsi nella temuta frode al fisco, che può più facilmente consumarsi nelle vendite su mutui in danaro perché queste possono essere anche simulatamente promosse.
Considerato in diritto
1. - Le due cause, riguardando la stessa questione, possono essere riunite e decise con unica sentenza.
Viene proposto il dubbio che l'art. 4 del R.D.L. 19 agosto 1943, n. 737, allorché prescrive che, nelle vendite coatte promosse in base a mutui in danaro, il valore del bene trasferito debba determinarsi mediante il comune procedimento fiscale di accertamento di valore, violi, secondo il tribunale di Caltanissetta, l'art. 3 e, secondo il tribunale di Bologna, anche l'art. 53 della Costituzione: e ciò per il motivo che quell'articolo si discosta, senza apprezzabili ragioni, dal principio accolto nell'art. 50, comma secondo, del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, il quale dispone invece che, nelle vendite coatte in genere, si debba assumere come valore tassabile lo stesso prezzo di vendita risultante dal verbale di aggiudicazione, e quindi non si debba procedere ad alcun accertamento.
2. - Il dubbio, così formulato, é fondato.
Principio generale in materia di imposte sul trasferimento della ricchezza é quello enunciato nell'art. 30 della legge del registro (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269), secondo il quale é assunto come tassabile il valore venale dei beni in comune commercio da determinarsi in base al procedimento di valutazione previsto dalla stessa legge.
Questa però, nell'art. 50, comma secondo, ha ritenuto di derogare a tale principio generale per quanto concerne i trasferimenti effettuati mediante aggiudicazione ai pubblici incanti, che vengono invece tassati sulla base del prezzo della vendita risultante dal verbale di aggiudicazione.
Avendo pertanto il legislatore, con valutazione discrezionale che é stata ritenuta non costituzionalmente illegittima da questa Corte (sentenza n. 62 del 1965), operato una differenziazione fra le vendite all'incanto e quelle consensuali, per esonerare le prime dal procedimento di accertamento, non può considerarsi legittima la norma dell'art. 4 del decreto legge n. 737 del 1943, che, in deroga alla deroga, ripristina, solo per le vendite all'incanto promosse su mutui in danaro, la regola generale relativa all'accertamento di valore. Tale disposizione, sancita per la prima volta nel nostro ordinamento col D.L. 18 agosto 1942, n. 946, si inquadrava nel sistema della imposta sul plusvalore introdotta durante la guerra al fine di ostacolare i trasferimenti immobiliari. Conservata nel complesso delle norme che hanno sostanzialmente ripristinato la legislazione anteriore, la norma dell'art. 4 citato é rimasta priva di ogni valida giustificazione e non si regge al confronto con quella dell'art. 50 che, nel sistema, contiene una regola valida per tutti i trasferimenti avvenuti mediante aggiudicazione ai pubblici incanti. Una sottodistinzione che, per le vendite coatte promosse in dipendenza di mutui, ripristini il più generale sistema dell'accertamento del valore venale del bene trasferito, non trovando alcuna ragione che la giustifichi, lede il principio costituzionale di eguaglianza, in forza del quale situazioni eguali debbono essere regolate nello stesso modo. Tale principio, espresso in via generale dall'art. 3, ispira anche, in materia attinente ai tributi, l'art. 53 della Costituzione che a buon titolo é stato pertanto anch'esso invocato.
3. - Non può infatti dubitarsi che le vendite coatte in genere e quelle promosse in dipendenza di mutui, per essere assistite dalle stesse garanzie formali e sostanziali, non presentano fra loro alcuna differenza che possa giustificare una diversità di trattamento legislativo relativa all'accertamento dell'imposta sul valore del bene trasferito, con effetti, per altro, nei confronti di un terzo, qual é l'aggiudicatario, il quale non é nemmeno tenuto a conoscere il titolo e la causa per cui l'espropriazione avviene.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del R.D.L. 19 agosto 1943, n. 737, recante nuovi provvedimenti in materia di imposte di registro.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1970.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 28 aprile 1970.