SENTENZA N. 28
ANNO 1970
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della nota marginale annessa all'art. 4 della tariffa allegato A del D.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, concernente nuove norme in materia di imposta di pubblicità, promossi con due ordinanze emesse il 7 febbraio 1968 dalla Corte suprema di cassazione - sezione prima civile - in due procedimenti civili vertenti tra la società di assicurazione Alleanza Securitas Esperia e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritte ai nn. 91 e 92 del registro ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 6 luglio 1968.
Visti gli atti di costituzione della società di assicurazione Alleanza Securitas Esperia e dell'Amministrazione delle finanze dello Stato;
udito nell'udienza pubblica del 14 gennaio 1970 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
uditi gli avvocati Paolo Barile ed Enrico Biamonti, per la società di assicurazione, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Antonino Terranova, per l'Amministrazione finanziaria.
Ritenuto in fatto
La società di assicurazione "Alleanza Securitas Esperia", per assolvere l'obbligo dell'imposta di pubblicità relativa alle tabelle e targhe distribuite ai propri assicurati per gli anni 1958-61, provvedeva al versamento del relativo importo in applicazione dell'art. 4 della tariffa allegato A al D.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, emanato in attuazione della delega concessa al Governo in materia con la legge 27 dicembre 1952, n. 3596, interpretando il combinato disposto di tale norma e dell'ivi richiamato R.D. 20 dicembre 1928, n. 3878, concernente nuovi modelli di bilancio per le società assicuratrici, nel senso che l'importo del tributo, previa denunzia nei modi di legge da parte del contribuente, dovesse liquidarsi percentualmente sui premi di competenza iscritti nella parte attiva dei bilanci della società per gli anni suddetti, relativamente al solo ramo incendi.
L'ufficio del bollo straordinario di Roma rilevava però che, secondo la propria interpretazione della detta norma, l'imposta doveva essere commisurata, invece, ai premi relativi a tutti i rami assicurativi esercitati dalla società, escluso soltanto quello dei trasporti, espressamente esentato.
La società proponeva opposizione all'ingiunzione di pagamento che le era stata conseguentemente notificata da parte dell'ufficio fiscale suddetto, e l'adito tribunale di Roma accoglieva la tesi della opponente con sentenza del 25 novembre 1965.
Avverso la sentenza proponeva appello l'Amministrazione finanziaria, e la società appellata, resistendo al gravame, proponeva a sua volta appello incidentale affermando che, essendo mancata, per disuso, la effettiva distribuzione delle targhe, l'imposta richiesta non sarebbe stata comunque giustificata.
La Corte di appello di Roma riteneva, a sua volta, che, con la disposizione invocata, si era voluto commisurare l'imposta ai premi risultanti in bilancio per tutti i rami della assicurazione contro i danni esercitati dalle società assicuratrici, e con riferimento all'appello incidentale poneva particolarmente in luce che, secondo la nota marginale annessa al citato art. 4 della legge delegata, "l'imposta deve essere corrisposta indipendentemente dall'effettiva distribuzione delle tabelle e targhe". Osservava altresì che con la esposta disciplina si era inteso servirsi, ai fini dell'accertamento, di una base imponibile sicura e facilmente controllabile come quella dei premi iscritti in bilancio, ponendo così in essere una modalità di accertamento e pagamento dell'imposta che svincolava l'Amministrazione finanziaria dalle gravose esigenze di una analitica verifica della effettiva distribuzione ed affissione dei mezzi pubblicitari, ed aggiungeva altresì che, in tal modo, non si erano violati i limiti della delega concessa al Governo con la citata legge n. 3596 del 1952 per l'emanazione di nuove norme tributarie sulla pubblicità, essendo "l'acquisizione dei premi posta pur sempre con riguardo all'attività pubblicitaria effettuata dalle società assicuratrici".
Contro la sentenza della Corte di appello proponeva ricorso per cassazione la società assicuratrice sostenendo, fra l'altro, che dal sistema della legge delega e della stessa legge delegata dovrebbe evincersi che presupposto essenziale dell'imposta é l'attuazione concreta della pubblicità e non la sua mera potenzialità, che, come tale, andrebbe esente da imposizione.
Analogo procedimento di opposizione istituito dalla stessa società avanti al tribunale di Roma relativamente all'imposta di pubblicità concernente l'anno 1957 subiva le stesse vicende, e con due ordinanze del 7 febbraio 1968, di identico contenuto, la Corte di cassazione sollevava questione di legittimità costituzionale della nota marginale sopra ricordata annessa all'art. 4 della legge 24 giugno 1954, n. 342, per presunto eccesso della delega di cui all'art. 5 della legge 27 dicembre 1952, n. 3596, e conseguente violazione dell'art. 76 della Costituzione.
Osserva la Cassazione nelle ordinanze che la questione, da ritenere di indubbia rilevanza ai fini della risoluzione del giudizio, non apparirebbe manifestamente infondata. Invero l'esame analitico del tenore del citato art. 5 della legge il quale, nel disporre la delega, prevede fra l'altro che le nuove norme tengano conto dei progressi tecnici verificatisi nel settore e nelle diverse esigenze dei singoli mezzi con i quali "é attuata" la pubblicità, come pure delle esigenze della espansione commerciale attraverso l'"attività pubblicitaria", assicurando nel contempo la semplicità e la comodità nel pagamento e nell'accertamento dell'imposta, dimostrerebbe chiaramente che presupposto dell'imposizione tributaria é effettivamente l'attuazione concreta della pubblicità. Il che sarebbe altresì confermato dall'art. 1 della legge delegata, che si riferisce alla pubblicità "attuata con qualsiasi mezzo, per qualsiasi fine e con qualsiasi forma", e da numerose altre disposizioni della stessa legge delegata, nelle quali la determinazione delle modalità di pagamento dell'imposta figurerebbe fatta sempre con riferimento alla pubblicità effettivamente attuata. Questo concetto sarebbe in particolare ripetuto anche nell'art. 4 della tariffa che, pur stabilendo che l'imposta é dovuta dalle società di assicurazione per le tabelle e targhe in modo virtuale, parla tuttavia espressamente di tabelle e targhe "distribuite" ed "affisse al pubblico".
Ciò posto, l'obbligazione tributaria per la pubblicità non potrebbe sorgere se non in presenza di un'azione pubblicitaria concretamente spiegata attraverso la materiale distribuzione ed affissione delle targhe e tabelle in esame. Di conseguenza, la nota marginale all'art. 4, più volte menzionata, col disporre testualmente invece che l'imposta deve essere corrisposta indipendentemente dalla effettiva distribuzione delle tabelle e targhe, finirebbe col prescindere dal presupposto cui sarebbe collegata l'obbligazione tributaria, ed esorbiterebbe così dai limiti della delega.
Le ordinanze, notificate il 19 aprile 1968 e comunicate ai Presidenti dei due rami del Parlamento, sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 170 del 6 luglio 1968.
Avanti alla Corte costituzionale si é costituita la società Securitas in persona del direttore generale e legale rappresentante Celso Atzeri, rappresentata e difesa dagli avvocati Enrico Biamonti e prof. Paolo Barile, i quali hanno depositato, per entrambi i giudizi, uniche deduzioni il 25 luglio 1968.
La difesa fa proprie le argomentazioni contenute nelle ordinanze di rinvio, precisando che, in virtù della norma impugnata, presupposto della imposizione tributaria diverrebbe la mera percezione dei premi iscritti nel regolamentare modulo di bilancio. L'imposizione non riguarderebbe più così una imposta sulla pubblicità, ma concreterebbe una nuova tassazione dei premi di assicurazione, commisurata alla entità degli stessi.
In aggiunta, la difesa prospetta altresì ulteriori profili di illegittimità della norma impugnata, che verrebbe ad essere in contrasto anche con gli artt. 3 e 53 della Costituzione perché, prescindendo dalla effettiva attuazione della pubblicità violerebbe sia il principio di eguaglianza che quello secondo cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, nonché con gli artt. 23 e 24 della Costituzione perché renderebbe indeterminato il presupposto di fatto dell'imposizione, con conseguente violazione della riserva di legge in materia tributaria, e renderebbe impossibile esercitare il diritto di difesa in mancanza della possibilità di provare il difetto di un cosiffatto presupposto.
Conclude pertanto chiedendo dichiararsi l'illegittimità costituzionale delle norme impugnate.
Si é altresì costituita l'amministrazione finanziaria dello Stato, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato, in entrambi i giudizi, identiche deduzioni, l'8 maggio 1968.
L'Avvocatura ritiene di poter affermare anzitutto che nel corso del giudizio principale si sarebbe discusso soltanto della questione relativa alla legittimità della estensione della base imponibile ai premi riscossi per rami diversi dall'incendio, onde la Corte dovrebbe preliminarmente accertare se la questione così come sollevata sia effettivamente rilevante ai fini della decisione del giudizio principale.
Nel merito obbietta che il sistema predisposto dal legislatore con la legge di delega risulterebbe ben diverso da quello supposto nell'ordinanza di rinvio. Infatti, prosegue l'Avvocatura, nella norma delegante si menziona espressamente, tra i fini che devono essere perseguiti dal Governo, la predisposizione di sistemi per assicurare la semplicità e la comodità nel pagamento e nell'accertamento dell'imposta. E la legge delegata, considerando le tabelle e targhe in esame come strumenti idonei ad esercitare l'attività di pubblicità, avrebbe previsto, nel caso, il pagamento dell'imposta in modo virtuale appunto in attuazione dei fini prescritti dalla norma delegante. Con ciò non si immuterebbe il presupposto della imposta, dovendo intendersi per pubblicità attuata, secondo l'Avvocatura, la "forma propria che il legislatore considera per porre in essere la pubblicità" e non già la pubblicità già prodotta. In questo secondo caso, infatti, occorrebbe un tanto gravoso quanto inefficace sistema di accertamento per l'individuazione delle tabelle e targhe realmente affisse, sistema che finirebbe col contrastare coi suddetti fini semplificatori delineati dal legislatore delegante. Opportunamente quindi il legislatore delegato avrebbe assunto come elemento generatore della obbligazione tributaria la semplice predisposizione del sistema pubblicitario, indipendentemente dalla materiale concretizzazione ed avrebbe, come ha in realtà fatto con la norma impugnata, disposto che il modo virtuale consegua ad una denuncia fatta dallo stesso contribuente cioè ad un autoaccertamento. Le espressioni "distribuite" ed "affisse" contenute nell'art. 4 della tariffa, con riferimento alle tabelle e targhe in esame, pertanto, non avrebbero riferimento ad una situazione già attuata, ma solo alla idoneità delle forme considerate per il raggiungimento delle finalità contemplate per l'imposizione tributaria.
Questo sistema, del resto, sarebbe previsto dalla legge anche in riferimento agli avvisi é manifesti di qualunque genere, in ordine ai quali, all'art. 1 della tariffa allegato A, é previsto anche il modo di pagamento virtuale, sulla base della dichiarazione presentata dal contribuente, "prima" dell'inizio della pubblicità.
Rispondendo alla linea interpretativa sopra chiarita, la norma impugnata non potrebbe considerarsi al di fuori dei limiti della delega, e la questione sarebbe pertanto infondata.
La società di assicurazioni Alleanza Securitas Esperia ha depositato nei termini una memoria illustrativa, con cui, dopo aver ampiamente richiamato i precedenti della norma impugnata e lo svolgimento della controversia, contesta anzitutto l'eccezione di irrilevanza sollevata dall'Avvocatura, osservando che il giudizio principale in effetti investiva sia la circostanza dell'affissione delle tabelle e targhe per il ramo incendio, sia l'estensione dell'imposta medesima ai rami diversi dall'incendio, ed aggiungendo che, comunque, la rilevanza non potrebbe essere messa in dubbio, in quanto l'ingiunzione fiscale di cui al giudizio principale richiedeva il pagamento dell'imposta sia per il ramo incendi sia per tutti gli altri rami, ad eccezione di quello dei trasporti.
Nel merito insiste nell'affermare che, secondo la formula della legge di delega, presupposto della imposizione tributaria sarebbe l'attuazione concreta della pubblicità e non la mera potenzialità della stessa, e contesta, in particolare, la tesi dell'Avvocatura, secondo cui la norma impugnata rappresenterebbe una particolare modalità di pagamento dell'imposta, rispondente ai requisiti di semplicità e comodità di cui al primo comma dell'art. 5 della legge di delegazione. Osserva al riguardo la difesa della parte privata che, ciò ammettendo, si finirebbe pur sempre con il prescindere dal presupposto della pubblicità già realizzata, che sarebbe invece richiesto dalla delega legislativa. Né potrebbe comunque rinvenirsi nella legge di delega alcun elemento che giustifichi una facoltà della amministrazione di avvalersi di una presunzione assoluta ai fini fiscali circa l'utilizzazione delle tabelle e targhe, in quanto semplicemente predisposte dalla società.
Infine, anche se, in effetti, il rapporto di imposta si ricollega, nella specie, agli elementi contenuti nella denunzia del contribuente da effettuare prima della distribuzione delle tabelle e targhe, ciò non potrebbe giovare alla tesi avversaria in quanto questo sistema partirebbe anch'esso dal presupposto che sia legittimo imporre un autoaccertamento dell'imposta prescindendo dalla effettività della pubblicità e non potrebbe quindi eludere la questione di legittimità sollevata a tale riguardo.
Insiste pertanto nelle già prese conclusioni.
Anche l'Avvocatura dello Stato ha depositato tempestivamente una memoria illustrativa con cui, sviluppando le tesi già sostenute, osserva in sostanza che la legge delegata in materia di imposta di pubblicità, con lo stabilire che la liquidazione ed il pagamento dell'imposta medesima sono ricollegate alla denunzia, e traggono cioè fondamento da una attività che il contribuente intende porre in essere, riproduce anche per l'imposta di pubblicità una situazione giuridica normale nell'imposta di bollo, cioè la corresponsione del tributo in modo virtuale.
Logica conseguenza di tale sistema sarebbe dunque la prescrizione impugnata, secondo cui l'imposta deve essere corrisposta indipendentemente dalla effettiva distribuzione delle targhe e tabelle, le quali, oltretutto, possono essere apposte oltre che sugli immobili, anche "sulle cose assicurate", il che ne renderebbe assai disagevole il controllo, e sommamente opportuno il sistema di virtualità, sia pure più accentuata, predisposto dalla norma impugnata. La effettiva distribuzione resterebbe un fatto successivo al legittimo sorgere dell'obbligazione tributaria, esclusivamente collegato alla denunzia del contribuente. E con ciò si rientrerebbe nei limiti della delega, secondo quanto già ampiamente sostenuto dalla stessa Avvocatura nella prima difesa.
L'Avvocatura poi, passa a contestare l'ammissibilità dei profili di illegittimità costituzionale prospettati nella difesa della parte privata oltre quelli contenuti nell'ordinanza di rinvio, e ne afferma comunque l'infondatezza, affermando in sostanza che sarebbe stato puntualmente applicato il principio della capacità contributiva, data la commisurazione della imposta ai premi di competenza, proporzionali al volume degli affari gestiti dalla società, e che inoltre fuor di luogo sarebbe il richiamo all'art. 23 della Costituzione, essendo il tributo imposto per legge, ed all'art. 24 della Costituzione, sussistendo la possibilità per il contribuente di adire il giudice per le questioni relative.
Considerato in diritto
1. - Le suindicate ordinanze di rinvio della Corte suprema di cassazione sono identiche, nella motivazione e nelle conclusioni: sicché é evidente l'opportunità che i relativi procedimenti siano riuniti, per dar luogo ad unica decisione.
2. - Va, anzitutto, precisato l'ambito della proposta questione di legittimità costituzionale, in relazione al contenuto delle ordinanze.
Il dubbio di costituzionalità verte sulla legittimità dell'art. 4 tariffa allegato A, con nota marginale, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1954, n. 342, sulla imposta di pubblicità esplicata dalle società di assicurazione, in quanto, col disporre che "l'imposta dev'essere corrisposta indipendentemente dalla effettiva distribuzione delle tabelle e targhe" avrebbe deviato, con violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, dai principi e criteri direttivi posti dall'art. 5 della legge delega 27 dicembre 1952, n. 3596, di cui il predetto decreto presidenziale é derivazione.
Così delimitata la questione, va escluso che il suo esame possa estendersi anche ai profili adombrati nelle deduzioni della parte privata in relazione agli artt. 3, 23, 24 e 53 della Costituzione: poiché tali profili, poggiando su motivi diversi é più vasti di quelli dell'eccesso di delega, unicamente dedotti nelle ordinanze, non possono che essere qui disattesi, in conformità a costante giurisprudenza (da ultimo, sentenza n. 39 del 1969
).
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI