SENTENZA N. 134
ANNO 1969
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, n. 3, della legge regionale siciliana 9 marzo 1959, n. 3, riprodotto nell'art. 5, n. 3, del testo unico regionale 20 agosto 1960, n. 3, sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali della Regione siciliana, promosso con ordinanza emessa il 22 luglio 1967 dal tribunale di Siracusa sul ricorso di Cortese Antonino ed altri contro Giuliano Antonino ed altri in materia di contenzioso elettorale, iscritta al n. 227 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 307 del 9 dicembre 1967 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 48 del 28 ottobre 1967.
Visto l'atto di costituzione di Giuliano Antonino;
udita nell'udienza pubblica del 18 giugno 1969 la relazione del Giudice Vezio Crisafulli;
udito l'avv. Armando Corpaci, per il Giuliano.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 22 luglio 1967 nel corso di un procedimento promosso su ricorso di Cortese Antonino ed altri contro Giuliano Antonino ed altri in materia di contenzioso elettorale, il tribunale di Siracusa ha sollevato - accogliendo una eccezione di parte - questione di legittimità costituzionale relativamente alla dispozione di cui all'art. 5, n. 3, della legge regionale siciliana 9 marzo 1959, n 3 riprodotto nell'art. 5, n. 3, del testo unico regionale 20 agosto 1960, n. 3, per contrasto con l'art. 13 del decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, contenente lo Statuto della Regione siciliana.
Sotto il profilo della non manifesta infondatezza il giudice a quo osserva che la disposizione impugnata, nel testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, ove si legge la formulazione "... istituti dipendenti, sovvenzionati "o" sottoposti a vigilanza del comune stesso", sarebbe difforme da quella approvata del 26 febbraio 1959, ove, come si evince dal contenuto della nota al riguardo trasmessa al tribunale dal vicesegretario generale dell'assemblea in data 7 luglio 1967, la formulazione accolta nel processo verbale e nel relativo resoconto stenografico suona: "... istituti dipendenti, sovvenzionati "e" sottoposti a vigilanza del comune stesso". L'accennato contrasto evidenzierebbe, pertanto, secondo l'ordinanza, un vizio formale nell'iter di formazione della legge, per violazione dell'art. 13 dello Statuto.
Sotto il profilo della rilevanza il giudice a quo motiva che la questione in esame é tale da influire sulla decisione del procedimento pendente, avendo questo per oggetto la ineleggibilità del resistente a consigliere comunale, in quanto componente del consiglio di amministrazione di istituti che potrebbero rientrare nella normativa in contestazione.
L'ordinanza risulta ritualmente notificata e comunicata, nonché pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 307 del 9 dicembre 1967 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 48 del 28 ottobre 1967.
2. - Si é costituito innanzi a questa Corte il sig. Giuliano Antonino con deduzioni depositate in data 20 dicembre 1967, chiedendo una declaratoria di illegittimità costituzionale della norma denunciata, sia in base agli argomenti già fatti propri dall'ordinanza di rinvio, sia richiamandosi alle precedenti sentenze n. 57 del 1957 e n. 9 del 1959 di questa Corte, relativamente alla possibilità di controllo sull'attività interna delle assemblee legislative al fine di accertare la rispondenza tra i testi normativi promulgati e quelli effettivamente votati ed approvati. Aggiunge la difesa della parte che nella specie sono da considerare violati anche gli artt. 121 e 127 della Costituzione, secondo i quali la potestà legislativa delle regioni é esercitata dai consigli regionali, e conclude ponendo in evidenza che nel caso in esame sotto nessun profilo potrebbe trovarsi giustificazione in un intervento coordinatore del Presidente dell'assemblea, che può ritenersi ammissibile solo in quanto non alteri la sostanza del testo originariamente votato.
Con successive deduzioni depositate il 6 marzo ed il 10 aprile 1969 la difesa del Giuliano riprende e sviluppa ulteriormente gli argomenti già svolti.
Alla pubblica udienza la difesa del Giuliano ha insistito nelle sue conclusioni.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Siracusa si accentra sulla difformità tra il testo dell'art. 5, n. 3, della legge regionale siciliana 9 marzo 1959, n. 3, così come promulgato dal Presidente della Regione e pubblicato in Gazzetta, e il testo che, stando alle risultanze del resoconto stenografico, sarebbe stato in realtà approvato dall'Assemblea regionale, nella seduta pomeridiana n. CDLXXXIV del 21 febbraio 1959. La disposizione in oggetto, relativa alle cause di ineleggibilità a consigliere comunale, si riferisce - nel testo promulgato e pubblicato - a "coloro che ricevono uno stipendio o salario dal comune o da enti o istituti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del comune stesso" nonché ai "loro amministratori"; si rileva che tale formulazione trae origine da un emendamento, presentato da cinque deputati regionali a norma dell'art. 102, terzo comma, del regolamento interno dell'Assemblea regionale siciliana ed approvato senza discussione, il quale peraltro, nel resoconto medesimo, é riprodotto - per la parte che qui interessa - con la diversa dizione: "... dipendenti sovvenzionati e sottoposti a vigilanza del comune".
Secondo l'assunto, il testo promulgato non corrisponderebbe pertanto a quello approvato (per la sostituzione della particella "o" alla "e" dopo la parola "sovvenzionati") con conseguente violazione dell'art. 13 dello Statuto della Regione siciliana.
É da osservare preliminarmente che, come rammentato nella motivazione dell'ordinanza e come risulta dagli atti di causa, in seguito a richiesta del tribunale, il vice Segretario generale dell'Assemblea regionale, in una comunicazione scritta diretta allo stesso tribunale, aveva precisato che l'emendamento approvato recava originariamente la dizione "dipendenti sovvenzionati o sottoposti a vigilanza". Successivamente questa Corte ha provveduto ad acquisire dal Segretario generale dell'Assemblea copia fotostatica dell'emendamento (dove effettivamente la formula adoperata risulta con la particella "o") come pure del messaggio con il quale il Presidente della Regione, per la promulgazione di sua competenza, il testo della legge approvata in una redazione perfettamente conforme a quella risultante poi dalla promulgazione. Lo stesso Segretario generale confermava la rispondenza del resoconto stenografico al processo verbale della seduta assembleare: ciò che può ritenersi sufficiente ai fini dell'attuale giudizio.
2. - La questione non é fondata. Per accertare la regolarità del procedimento di formazione delle leggi ed in particolare, come si rende necessario nel caso presente, la conformità del testo promulgato rispetto a quello approvato, questa Corte può e deve valersi di tutti gli elementi utili per ricostruire la realtà di quanto avvenuto nel corso del procedimento, e in primo luogo, perciò, delle varie pubblicazioni (parzialmente e lacunosamente disciplinate nei regolamenti assembleari) destinate a dare pubblica notizia dei lavori legislativi, interpretandone secondo i comuni canoni logici il significato e l'esatta portata. Processi verbali, resoconti sommari e stenografici, messaggi dei presidenti delle assemblee legislative, sono altrettanti mezzi di prova, particolarmente autorevoli, a nessuno dei quali però é riconosciuta efficacia privilegiata. Giacché, se così fosse, la garanzia del rispetto delle norme costituzionali sarebbe concretamente rimessa all'organo attestante una "verità legale" incontrovertibile, anziché al giudice della costituzionalità delle leggi.
Né rileva in contrario la provenienza di tali atti, o di alcuni tra essi, da pubblici ufficiali, quali sono i Presidenti delle Camere e delle Assemblee regionali, essendo risaputo che non tutti gli atti formati da pubblici ufficiali sono atti pubblici facenti fede fino a querela di falso.
Più particolarmente, d'altronde, e ferme restando le considerazioni sopra esposte, il messaggio presidenziale, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (sent. 3 marzo 1959, n. 9
), é istituzionalmente rivolto ad attivare l'organo cui spetta porre in essere la fase successiva del procedimento legislativo (sia esso la seconda Camera, come nel Parlamento nazionale dopo la prima approvazione, sia il Presidente competente a promulgare, come nel caso delle leggi regionali e delle leggi statali dopo intervenuta la seconda approvazione): l'efficacia delle attestazioni in detto messaggio contenute, é, dunque, circoscritta - al più - all'ambito dei rapporti tra gli organi concorrenti a vario titolo al procedimento predetto.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI