SENTENZA N. 120
ANNO 1969
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana l'11 giugno 1969, recante "provvedimenti per l'intervento nel settore agricolo alimentare", promosso dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con ricorso notificato il l9 giugno 1969, depositato in cancelleria il 23 successivo ed iscritto al n. 5 del Registro ricorsi 1969.
Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
udita nell'udienza pubblica del 30 giugno 1969 la relazione del Giudice Ercole Rocchetti;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e gli avvocati Salvatore Orlando Cascio ed Enzo Silvestri, per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato il 19 giugno 1969,il Commissario dello Stato presso la Regione siciliana ha impugnato la legge approvata dall'Assemblea regionale nella seduta dell'11 giugno 1969, recante "Provvedimenti per l'intervento nel settore agricolo alimentare", chiedendo che ne sia dichiarata la illegittimità costituzionale.
La legge impugnata autorizza l'Ente siciliano di promozione industriale (E.S.P.I.), presso il quale costituisce un fondo di lire 2 miliardi e 600 milioni, a reintegrare alla S.A.C.O.S. le perdite subite nell'acquisto di notevoli quantitativi di agrumi effettuato anteriormente alla entrata in vigore della legge stessa, per sostenere il mercato agrumicolo. Nella legge si precisa che tali perdite vanno reintegrate limitatamente al prodotto conferito alla S.A.C.O.S. in misura non superiore, per ogni produttore, a 50 tonnellate.
Il Commissario dello Stato rileva che, a prescindere da qualsiasi apprezzamento di merito sulla compatibilità del provvedimento impugnato con il disposto dell'art. 92 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, la legge in esame concreta una palese violazione degli artt. 92 e 93 del Trattato stesso in quanto la Regione avrebbe dovuto rispettare l'obbligo di comunicare, nei modi di legge, alla Commissione C.E.E. il progetto legislativo di aiuti finanziari a sostegno del settore agrumicolo.
Pertanto, la intervenuta approvazione della legge da parte della Assemblea regionale senza dubbio configura, ad avviso del Commissario dello Stato, una violazione della procedura prevista dall'art. 93, paragrafo terzo, del Trattato di Roma: e tale violazione si risolve in motivo di illegittimità costituzionale della legge stessa, secondo i princìpi stabiliti in una fattispecie analoga (sentenza n. 49 del 1963) della Corte costituzionale.
Con atto depositato in cancelleria il 27 giugno 1969, si é costituita in giudizio l'Avvocatura generale dello Stato, in difesa del Commissario dello Stato deducendo che la legge impugnata é costituzionalmente illegittima perché contrasta con l'art. 1 dello Statuto della Regione siciliana; difatti, sebbene non sia espressamente previsto per la Sicilia il limite del rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, il fatto che la Regione siciliana sia inquadrata "entro la unità politica dello Stato italiano" indica che tale limite é implicitamente operante anche nei confronti di quella Regione. Pertanto, secondo l'Avvocatura, gli obblighi internazionali assunti dallo Stato nel Trattato di Roma riguardano sia lo Stato stesso sia le Regioni, rispetto alle quali, stante la struttura unitaria della Repubblica Italiana, non potrebbe mai essere invocata la c.d. "clausola federale" di cui, per altro, non v'é traccia nel Trattato istitutivo delle Comunità Europee.
Il limite del rispetto degli obblighi internazionali dello Stato può essere strutturato, secondo l'Avvocatura, in duplice direzione: non solo come limite nell'esercizio della competenza regionale esclusiva, nel senso che la Regione é obbligata alla osservanza degli obblighi derivanti dal Trattato di Roma; ma anche e soprattutto come preclusione della possibilità di esercizio della legislazione regionale esclusiva, in materie che abbiano formato oggetto di un trattato internazionale.
Sotto il primo profilo il provvedimento legislativo impugnato sarebbe affetto da illegittimità costituzionale per la violazione dell'iter procedurale prescritto dal Trattato di Roma; sotto il secondo profilo, nel presupposto che l'esecuzione dei trattati internazionali é di esclusiva competenza del legislatore statuale, la illegittimità costituzionale deriverebbe dalla incompetenza assoluta della Regione ad emanare norme che sarebbero di produzione esclusiva dello Stato.
La Regione siciliana, costituitasi in giudizio con atto del 28 giugno 1969, ha chiesto che il ricorso sia rigettato, allegando la insussistenza della dedotta violazione degli artt. 92 e 93, paragrafo terzo, del Trattato di Roma.
Per quanto attiene all'art. 92, la difesa della Regione rileva che, nella specie, non ricorrono i presupposti per l'applicabilità del primo comma, sia perché l'intervento predisposto dalla Regione é stato di entità irrisoria in rapporto al volume degli scambi internazionali, sia perché "un aiuto con danaro pubblico può incidere sugli scambi internazionali e può falsare la concorrenza soltanto se si riferisce a una futura attività economica", mentre la legge impugnata, come ammette lo stesso Commissario dello Stato, ha indennizzato in parte la S.A.C.O.S. esclusivamente per le perdite che questa aveva subìto in passato.
Tuttavia, anche se volesse ritenersi che l'intervento della Regione sia in contrasto con il primo comma del citato art. 92, il provvedimento in esame, secondo la difesa della Regione, rientrerebbe nelle deroghe di cui all'art. 92, comma secondo (aiuti a carattere sociale) e di cui all'art. 92, comma terzo, lettere A e C (aiuti destinati a favorire il tenore di vita anormalmente basso e aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività).
Neppure sussiste, secondo la difesa della Regione, la violazione dell'art. 93, comma terzo, in quanto l'onere delle comunicazioni alla Commissione della C.E.E. é escluso, non solo per quei progetti che non hanno lo scopo di istituire aiuti ai sensi del citato art. 92, ma anche per i progetti di aiuti, consentiti dall'art. 2 del Regolamento C.E.E. n. 159/66 - che disciplina l'organizzazione dei mercati per il settore ortofrutticolo - ai sensi dell'art. 94 del Trattato di Roma.
Nella discussione orale i difensori delle parti hanno illustrato le proprie tesi difensive e insistito nelle già prese conclusioni.
Considerato in diritto
Il Commissario dello Stato ha impugnato la legge dell'Assemblea regionale siciliana di cui in atti per un vizio di carattere procedurale, e cioè per la mancata preventiva notificazione del relativo progetto alla Comunità economica europea, cui, ai sensi dell'art. 93 paragrafo terzo del Trattato di Roma, il progetto stesso avrebbe dovuto essere comunicato, perché disponeva "aiuti" diretti a sostenere il prezzo del mercato degli agrumi.
L'impugnazione del Commissario dello Stato é fondata.
Le norme del trattato istitutivo della Comunità economica europea (reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957, n. 1203), al fine di assicurare libertà di circolazione dei beni e parità di accesso ai mercati agli Stati membri, impongono a ciascuno di essi obblighi ed oneri che, in parte derivano dalle norme stesse del Trattato, ed in parte dalle norme emanate dalle istituzioni comunitarie sotto forma di "regolamento", "obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile" in ciascuno dei detti Stati (art. 189, comma secondo, del Trattato).
Non può esser dubbio, e non é contestato dalla Regione, che tali obblighi ed oneri, derivanti dalle disposizioni del Trattato e dai regolamenti comunitari, vincolino anche l'esercizio dell'attività legislativa delle Regioni a statuto speciale. Le ragioni, attinenti alla posizione sovrana dello Stato nei confronti delle Regioni, fruenti di autonomia "entro l'unità politica dello Stato italiano" (art. 1 Statuto speciale per la Sicilia) il quale é "uno e indivisibile" (art. 5 Costituzione) ed é fornito di personalità internazionale, sono state ampiamente svolte dalla Corte nella sentenza n. 49 del 1963.
Tra gli obblighi nascenti dal Trattato vi é appunto quello dell'art. 93, paragrafo terzo, di cui si é detto, e che impone agli Stati membri di comunicare "i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti". Tali aiuti comprendono tutti gli interventi che la mano pubblica può effettuare per modificare la formazione dei prezzi in regime di concorrenza: regime che il Trattato intende sostanzialmente tutelare, pur non disconoscendo la possibilità di legittimare tali interventi nell'interesse sociale, ma a condizione di parità di tutti gli Stati membri, e quindi ordinariamente sotto il controllo e con l'autorizzazione degli organi comunitari.
Non é qui il caso di esaminare quali e quante specie di tali "aiuti" il Trattato contempli come compatibili direttamente o a seguito di autorizzazione, bastando, per quanto attiene alla risoluzione del problema proposto in causa, rilevare che gli aiuti consistenti in "interventi sul mercato" nel campo dei prodotti ortofrutticoli sono considerati tra quelli compatibili solo mediante autorizzazione degli organi della Comunità, perché minutamente disciplinati dai due "regolamenti" numeri 23 del 1965 e 159 del 1966 e segnatamente da questo ultimo che dedica alla materia l'intero titolo secondo.
Ed a riprova della incidenza di quelle disposizioni nella materia e nel caso in esame, sta la circostanza che lo Stato italiano, per intervenire con acquisti di arance a mezzo dell'A.I.M.A., nel febbraio di quest'anno in Sicilia, e cioè nello stesso periodo in cui ha spiegato i suoi interventi anche la Regione, ha dovuto chiedere ed ottenere l'autorizzazione della Comunità economica europea, che ha espresso il consenso e dettato le condizioni nei due regolamenti, del Consiglio n. 324/69 e della Commissione n. 332/69.
Oppone la difesa della Regione che tale procedura lo Stato ha seguito ed ha dovuto seguire perché ha chiesto ed ottenuto, a sostegno della operazione, l'intervento finanziario dello speciale fondo della Comunità economica europea, mentre la Regione, che ha agito con fondi propri o di suoi organismi, e non chiede rimborsi, non sarebbe tenuta al rispetto di quelle procedure. Ma tale giustificazione non può essere accolta, perché la struttura del Trattato, volto ad assicurare libertà e parità di accesso e di condizioni a tutti gli Stati membri sui mercati nazionali di ciascuno, non consente discriminazioni nelle operazioni di sostegno dei prezzi che, siano effettuati o no con l'apporto finanziario degli organi comunitari, rappresentano sempre attività dirette a modificare le condizioni di concorrenza e soggetti perciò al vaglio di merito della loro opportunità, ai fini della possibile autorizzazione.
Egualmente infondato é poi da ritenersi l'altro rilievo della Regione, che intenderebbe sottrarre la legge impugnata alle censure di illegittimità sotto il profilo che essa provvederebbe soltanto a reintegrare le perdite subite dagli organismi regionali E.S.P.I. e S.A.C.O.S., che hanno poi effettuato l'intervento di mercato per incarico della stessa Regione, conferito loro in forma amministrativa.
É ovvio che non può accettarsi, né ha rilievo ai fini della valutazione delle condizioni di legittimità della legge regionale, la tesi secondo la quale, una volta comunque effettuato l'intervento, gli oneri di esso, facenti carico agli organismi incaricati di compierlo, devono essere rifusi dalla Regione che ha conferito l'incarico e che, in ogni caso, intenda addossarseli.
É ovvio invece che, se la Regione non poteva intervenire, o non poteva farlo senza autorizzazione di altri organi, nel caso quelli comunitari, nulla rileva che, precorrendo i tempi e trascurando adempimenti, essa sia già intervenuta, perché il fatto compiuto non può servire, sul piano del diritto, a legittimare il suo operato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTTTUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta dell'11 giugno 1969 recante "provvedimenti per l'intervento nel settore agricolo alimentare".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1969.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria l'8 luglio 1969.