SENTENZA N. 80
ANNO 1969
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CRIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
AVV. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale siciliana 28 aprile 1951, n. 41, riguardante la proroga del contratto di esercizio della miniera Cozzo Disi, promosso con ordinanza emessa il 30 giugno 1967 dal tribunale di Palermo nel procedimento civile vertente tra Castelli Caterina ed altri e la società "Condomini Cozzo Disi", iscritta al n. 209 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 del 28 ottobre 1967 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 43 del 30 settembre 1967.
Visti gli atti di costituzione di Castelli Caterina ed altri e della società "Condomini Cozzo Disi";
udita nell'udienza pubblica del 26 febbraio 1969 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi gli avvocati Luigi Maniscalco Basile, per la società "Condomini Cozzo Disi", e Damiano Alaimo, per Castelli ed altri.
Ritenuto in fatto
1. - I signori Caterina Castelli ed altri, con atto 12 aprile 1966, citarono davanti al tribunale di Palermo la società in nome collettivo "Condomini Cozzo Disi", e, premesso di avere dato in gabella, con atto pubblico 26 luglio 1918, le loro quote condominiali della concessione mineraria Cozzo Disi alla società convenuta, costituita da tutti gli altri condomini che vi avevano conferito in uso le rispettive quote, ne chiesero la condanna al pagamento degli estagli relativi agli anni 1964 e 1965.
Si costituì in giudizio, quale procuratrice speciale della convenuta, la società per azioni SO.CHI.MI.SI., e chiese il rigetto della domanda, deducendo che, con atto 27 ottobre 1957, era stata costituita fra tutti i condomini, compresi quelli rimasti estranei alla società in nome collettivo, la società per azioni Concessione miniera Cozzo Disi. Nell'art. 5 dell'atto costitutivo si era pattuito che questa fino al 31 dicembre 1972 non avrebbe avuto il godimento della concessione, perché il contratto di esercizio fra i concessionari e la società Condomini Cozzo Disi era stato prorogato a tale data dalla legge regionale 28 aprile 1951, n. 41; ma di tale patto la società convenuta deduceva la nullità, perché in contrasto con la legislazione mineraria nazionale e regionale, che vieta il contratto di esercizio minerario. Nella comparsa conclusionale la difesa della società denunciava l'illegittimità costituzionale della citata legge regionale, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, e il tribunale, facendo propria la questione di costituzionalità, la rimetteva a questa Corte, con ordinanza 30 giugno 1967, regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 del 28 ottobre 1967.
Nell'ordinanza si osserva che la questione é rilevante ai fini della decisione, perché la decisione di illegittimità costituzionale della legge impugnata travolgerebbe il decreto dell'Assessore regionale per l'industria e il commercio 8 novembre 1951, che, in base a tale legge, aveva prorogato il contratto di esercizio minerario, e perché dalla pronuncia di incostituzionalità deriverebbe la nullità dell'accordo intervenuto tra le parti, nel proporre all'Assessore l'istanza per ottenere la proroga, e dell'art. 5 dell'atto costitutivo della società per azioni.
Il tribunale ritiene inoltre la questione non manifestamente infondata. Premesso che essa é prospettata sotto un profilo diverso da quello con cui fu proposta nel giudizio deciso con la sentenza 24 aprile 1951-1 ottobre 1952 dell'Alta Corte di giustizia per la Sicilia, l'ordinanza osserva che sembrerebbe violato, dalla legge impugnata, l'art. 3 della Costituzione, perché la proroga, generalmente vietata, é stata consentita solo per il rapporto relativo alla miniera Cozzo Disi, mentre la legge deve provvedere per tutti i casi oggettivamente eguali. Né vale, a escludere il trattamento preferenziale e a giustificare la discriminazione, l'argomento che la legge subordinava la proroga all'impegno degli esercenti di eseguire, nel termine di due anni, un impianto di flottazione, perché analogo impegno il legislatore, se non si fosse ispirato a considerazioni soggettive, avrebbe potuto richiedere agli esercenti di altre miniere, per consentire loro la prosecuzione del rapporto.
Si é costituita nel presente giudizio la società in nome collettivo Condomini Cozzo Disi, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Maniscalco Basile e Carlo Fornario, con deduzioni depositate il 6 settembre 1967. In esse si chiede che la sollevata questione di legittimità costituzionale sia dichiarata fondata, perché la legge denunciata é certamente una "legge differenziata", che deroga alla generale disciplina della materia, riferendosi ad un singolo contratto, senza che ricorresse alcuna diversità obiettiva di situazione, e senza una giustificazione razionale della diversità di trattamento.
Si sono anche costituiti i signori Caterina Castelli ed altri, rappresentati e difesi dall'avv. Carmelo Rizzo, con deduzioni depositate il 24 ottobre 1967. In esse si eccepisce preliminarmente l'inammissibilità della questione, perché implicitamente decisa con la ricordata sentenza dell'Alta Corte. Nel merito, si sostiene l'infondatezza di essa, richiamandosi ai lavori preparatori della legge, da cui risulta che il Governo regionale aveva presentato un disegno di legge che consentiva la proroga dei contratti di esercizio minerario, per conseguire l'ammortamento dei nuovi impianti minerari, diretti ad accrescere la resa del minerale e a realizzare una radicale trasformazione dell'industria zolfifera in Sicilia, mentre l'imminente scadenza di quei contratti bloccava l'iniziativa privata.
La Commissione legislativa, essendosi constatato, dopo studi ed accertamenti eseguiti dall'Assessore, che l'unica azienda mineraria che potesse giovarsi della proroga, avendo in corso la radicale trasformazione degli impianti, era la collettiva Condomini Cozzo Disi, ritenne necessario e urgente modificare il testo governativo del disegno di legge, limitandolo a quest'ultima. Con ciò non volle emanare una norma differenziata e privilegiata nell'interesse della Cozzo Disi, ma volle principalmente conseguire una finalità di pubblico interesse.
Ne é prova il fatto che nessuna delle altre aziende minerarie si é lagnata di essere stata esclusa dalla facoltà di proroga.
In memoria 13 febbraio 1969 la difesa della società Condomini Cozzo Disi ha resistito all'eccezione di inammissibilità, richiamandosi all'ordinanza, e osservando che nel giudizio davanti all'Alta Corte non fu rilevata la sperequazione posta in essere tra il trattamento riservato ai concessionari della Cozzo Disi e quello previsto per gli altri titolari di concessione mineraria.
Agli argomenti esposti nelle deduzioni si aggiunge che per la legittimità costituzionale della norma differenziata occorre la inesistenza, nella norma generale, di istituti che consentano di fronteggiare la particolarità della situazione. Nella specie sarebbe stato sufficiente dichiarare decaduti i concessionari, che non disponevano della capacità tecnica ed economica necessari alla coltivazione, e concedere la miniera alla società Condomini Cozzo Disi, che avrebbe potuto proseguire i nuovi impianti. Ma la legge impugnata ha voluto evitare che, con una proroga indifferenziata, fossero prorogati altri contratti di esercizio minerario, e ha attribuito una posizione di privilegio non alla società, costretta a sobbarcarsi al pagamento del canone, ma a quei soggetti che, pur godendo di un bene pubblico, avevano rifiutato di gestirlo.
Anche la difesa dei signori Castelli ed altri ha presentato memoria, in data 12 febbraio 1969, in cui si deduce una nuova eccezione di inammissibilità dell'impugnazione, perché diretta contro una norma di legge che ha esaurito la sua efficacia con l'emanazione del decreto assessoriale che ha autorizzato la proroga del contratto. Si sostiene quindi la incensurabilità dell'apprezzamento di merito compiuto dal legislatore, nel ritenere che la società Condomini Cozzo Disi si trovava in condizioni obiettivamente diverse dagli altri esercenti di miniere.
Nella discussione orale i difensori delle parti hanno ribadito i rispettivi argomenti.
Considerato in diritto
1. - L'eccezione con la quale si assume che la questione sarebbe stata già decisa con la sentenza dell'Alta Corte per la Regione siciliana 1 ottobre 1952, n. 40, non ha fondamento. In quella sentenza l'Alta Corte ritenne che la legge in esame non fosse costituzionalmente illegittima, in quanto non avrebbe esorbitato dai limiti della potestà legislativa esclusiva, attribuita alla Regione dall'art. 14, lett. d e h, dello Statuto speciale. Nell'attuale giudizio la questione viene invece proposta con riferimento all'art. 3 della Costituzione, ed in termini che trascendono la considerazione dei limiti della competenza legislativa regionale.
Non deriva, pertanto, dalla precedente sentenza alcuna preclusione alla proponibilità della presente questione.
Egualmente infondata é l'eccezione di inammissibilità sotto il riflesso che la legge impugnata avrebbe esaurito i suoi effetti.
Poiché tale legge prevede la proroga di un contratto fino al 31 dicembre 1972, gli effetti di essa non si sono consumati con l'emanazione del decreto dell'Assessore regionale, che ha autorizzata la proroga, ma durano finché il contratto, prorogato in base ad essa, spiega la sua efficacia.
2. - Nell'esame del merito della questione va premesso che, per la legislazione sulle miniere, é vietato il contratto con cui il concessionario cede ad altri la gestione della miniera (c.d. contratto di esercizio minerario). Tuttavia con successive leggi, e da ultimo col decreto legislativo 2 marzo 1947, n. 216, fu concessa una proroga dei contratti in vigore, fino al 31 dicembre 1956.
La legge regionale impugnata autorizza l'Assessore per l'industria e il commercio "a prorogare fino al 31 dicembre 1972 il contratto di esercizio fra i concessionari della miniera di zolfo Cozzo Disi Madonna e la società Condomini Cozzo Disi", già prorogato ai sensi del predetto decreto legislativo. Con tale legge, quindi, la eccezionale e temporanea deroga alla norma generale del divieto del contratto di esercizio viene ulteriormente protratta nei riguardi di un singolo contratto e delle parti di esso.
La legge si presenta pertanto come "legge del caso singolo", in quanto ha per oggetto la proroga di un rapporto giuridico in atto.
Di fronte alla "singolarità" di essa si pone la questione della sua legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Come questa Corte ha già ritenuto, il principio di eguaglianza, affermato come fondamentale in tale articolo, richiede che la legge singolare corrisponda a una obiettiva diversità della situazione considerata, rispetto a situazioni omogenee, la quale giustifichi razionalmente la disciplina differenziata per questa adottata. Occorre perciò che la ratio della legge si esaurisca nella fattispecie da essa disciplinata, e non si estenda a situazioni, concrete o ipotizzabili, le quali, pur presentando elementi comuni con essa, se ne diversifichino in modo da non rendere giustificabile l'applicazione ad esse della normativa disposta per il caso singolo. Ove queste condizioni non esistano, vale a dire ove la ratio della legge sia tale da coprire situazioni omogenee rispetto a quella singolarmente considerata, si avrà violazione del principio di eguaglianza, perché si determineranno ingiustificate condizioni di vantaggio o di svantaggio per i soggetti della situazione e del rapporto regolato dalla legge, in relazione ai soggetti della serie delle situazioni o dei rapporti che ne sono stati esclusi.
In questi limiti, é nella discrezionalità del legislatore ordinario stabilire l'ambito della disciplina normativa da adottare, ma rientra nel giudizio di costituzionalità accertare che i detti limiti siano stati rispettati; e precisamente, accertare se non vi é contrasto tra la ratio della legge e la sua limitazione a un caso concreto, non giustificata da una obiettiva diversità di esso rispetto ad altri casi a cui quella disciplina legislativa potrebbe estendersi.
3. - Nella specie, gli elementi per individuare la ragione che aveva indotto il legislatore regionale a prevedere la proroga dei contratti di esercizio minerario (proroga che, con la legge impugnata, fu limitata al contratto riguardante la miniera Cozzo Dosi) vengono offerti dall'esame dell'iter formativo della legge stessa. Assumono rilevanza in proposito i lavori preparatori, a cui si richiamano le difese delle parti.
Da essi risulta che il Governo regionale aveva presentato all'Assemblea (Atti dell'Assemblea 1950, Documenti, n. 507) un disegno di legge col quale si stabiliva (art. 1) che potevano essere ulteriormente prorogati, su istanza degli interessati, i contratti di esercizio delle miniere di zolfo della Sicilia, nel caso in cui gli esercenti, fruendo di finanziamenti E.R.P., si impegnassero ad eseguire, entro due anni dall'entrata in vigore della legge, nuovi impianti meccanici, diretti ad accrescere notevolmente la resa del minerale o ad ottenere comunque una radicale trasformazione dell'industria mineraria, e sempreché non fosse possibile conseguire l'ammortamento della spesa occorrente per tali impianti entro il 31 dicembre 1956 (data di scadenza della precedente proroga). La proroga era prevista per il periodo di tempo necessario per conseguire l'ammortamento della spesa e comunque per non oltre 15 anni dalla data degli impianti. Per ottenere la proroga si richiedeva la istanza degli interessati, corredata dei progetti, dei preventivi di spesa e del piano di ammortamento, da presentarsi all'Assessore per l'industria e il commercio, il quale poteva autorizzarla, previo parere motivato dell'ingegnere capo del distretto di Caltanissetta e sentito il Consiglio regionale delle miniere (art. 2).
Si afferma nella relazione, che accompagnava il disegno di legge, che questo era stato preceduto "da uno studio della situazione" dal quale era risultato che la realizzazione dei moderni sistemi richiedeva l'impiego di notevoli capitali, per il cui ammortamento occorreva un adeguato periodo di tempo, e che lo scadere dei contratti di esercizio al 31 dicembre 1956 poteva costituire un ostacolo alla realizzazione, "da parte di esercenti", di iniziative dirette ad attuare i programmi di trasformazione dell'industria zolfifera. Si rileva anche dalla relazione che il Consiglio regionale delle miniere, nel dare parere favorevole al provvedimento di proroga, aveva prospettato che, in ogni caso, si sarebbero dovute dettare "severe garanzie". Si segnalava infine l'urgenza del provvedimento, per non pregiudicare l'acquisto, attraverso il piano E.R.P., di moderne attrezzature.
Da tutto ciò emerge che il provvedimento legislativo si giustificava con le "nuove esigenze dello sviluppo dell'industria zolfifera (Rel. cit.); che era stato compiuto uno studio della situazione in cui venivano a trovarsi "gli esercenti" delle miniere per la prossima scadenza dei contratti; e che la proroga era prevista per tutti gli esercenti che l'avessero chiesta, dimostrando di essere nelle condizioni di poterne usufruire e di concorrere, anche con l'aiuto del piano E.R.P., allo sviluppo dell'industria zolfifera.
Se non che il disegno di legge governativo fu sostituito, dalla Commissione legislativa industria e commercio, con altro disegno di legge, divenuto poi la legge 28 aprile 1951, n. 41, con cui si limitava la possibilità della proroga esclusivamente al contratto relativo alla miniera Cozzo Disi. E mentre nel disegno di legge governativo era previsto che la durata della proroga sarebbe stata stabilita col decreto dell'Assessore, in relazione a ciascuna impresa e in considerazione del tempo necessario pér l'ammortamento della spesa dei nuovi impianti, nel nuovo disegno di legge si poneva come termine della proroga il 31 dicembre 1972, vale a dire la data che le parti avevano convenuto come termine per il godimento della concessione attribuito alla società in nome collettivo. Si sopprimeva, inoltre, il parere del Consiglio regionale delle miniere.
Nella relazione della Commissione si legge che questa, "avendo approfondito l'esame della situazione durante più riunioni e dopo esplicite dichiarazioni dell'Assessore", si era resa conto che la disposizione riguardante la proroga si sarebbe potuta applicare soltanto alla Cozzo Disi; ma si soggiunge che la Commissione stessa "non volendo lasciare una maglia aperta a tutti gli esercenti, la cui situazione si intende risolvere con la legge generale" di modifica della legge mineraria del 1927, e riconoscendo "l'interesse particolare e generale" a realizzare subito l'impianto di "flottazione" deciso dalla Cozzo Disi, aveva deliberato "di modificare il progetto di legge governativo in un progetto di legge particolare per la detta miniera".
Ritiene la Corte che sia evidente il contrasto fra il carattere di legge singolare, in tal modo attribuito alla legge approvata dalla Commissione, e la ragione che poteva giustificare la proroga, a cui si era ispirato il disegno di legge governativo, nel prevederla per tutti gli esercenti che avessero dimostrato di potersene avvantaggiare.
Che esistesse una pluralità di esercenti si rileva dalla dichiarata intenzione della Commissione di non lasciare una "maglia aperta a tutti gli esercenti". É chiaro quindi che l'approfondimento della situazione, che la Commissione asserisce aver compiuto, non aveva modificato, su questo punto, il risultato degli studi che avevano preceduto il disegno di legge governativo e che aveva portato alla proposta di una legge di carattere generale. E se era stato accertato che la Cozzo Disi aveva deciso l'impianto di flottazione, la stessa Commissione ammetteva, sia pure contraddicendosi, che altri esercenti avrebbero potuto chiedere la proroga, ai quali però intendeva non estenderla, riconoscendo che anche le loro situazioni meritavano di essere risolte per legge.
É vero che, a questo proposito, si faceva riferimento a un progetto in corso, di modifica della legge del 1927, ma si affermava che l'approvazione, emanazione e applicazione di esso avrebbero potuto "incontrare ancora difficoltà" e comunque sarebbe passato "ancora un certo tempo". Il che dimostra che, se ragioni di urgenza esistevano per gli esercenti della Cozzo Disi, esse esistevano egualmente per altri esercenti.
Escludendo questi ultimi dalla possibilità di usufruire del beneficio della proroga, la legge ha dato luogo a un trattamento differenziato di una singola situazione, rispetto ad altre per le quali era egualmente valida la ragione che giustificava la previsione della proroga. Conseguentemente si ponevano i titolari di questa situazione in una posizione di svantaggio, anche per quanto riguardava la possibilità di ottenere aiuti finanziari, lesiva del principio di eguaglianza.
Non é da escludere che, una volta emanata una legge non singolare, si sarebbe potuto accertare in fatto che solo la Cozzo Disi era in condizioni di usufruire della proroga, ma ciò sarebbe avvenuto in seguito a una eguale valutazione, con le garanzie proprie dei procedimenti amministrativi, delle istanze e delle situazioni degli altri interessati.
Né la discriminazione fatta dalla legge trovava giustificazione nell'interesse generale, giacché le esigenze dello sviluppo dell'industria zolfifera avrebbero richiesto che tutti gli esercenti, titolari di contratti scaduti nel 1956 fossero posti in condizione di poter chiedere la proroga, e di poter fruire di finanziamenti per nuovi impianti. Non risulta che quelle esigenze si esaurissero con l'impianto di flottazione deciso dalla Cozzo Disi, anche se non può dubitarsi dell'importanza di tale impianto per l'economia regionale, mentre su di esse potevano incidere le riconosciute difficoltà in cui si sarebbero trovati altri esercenti, con lo scadere dei contratti.
L'affermazione che la legge non diede luogo a rimostranze non vale a negare che, una volta riconosciuta l'opportunità di derogare temporaneamente alla regola che vieta il contratto di esercizio minerario, la deroga andava disposta per tutti coloro che avessero dimostrato di poterne usufruire e di aver bisogno della proroga, per poter concorrere alla trasformazione dell'industria zolfifera della Regione.
Si deve pertanto riconoscere che, col provvedere, nella legge impugnata, a una situazione singola, che risulta non obiettivamente diversa da altre situazioni per cui varrebbe la medesima ratio ispiratrice della legge stessa, si é fatto un uso illegittimo dello strumento legislativo, con violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Va pertanto dichiarata la illegittimità costituzionale di essa. Spetta al giudice ordinario pronunciare sulla validità, ai sensi della vigente legislazione, del patto, contenuto nell'atto costitutivo della soc. per az. Concessione Miniera Cozzo Disi, con cui si prevedeva il godimento della concessione fino al 1972, da parte della società in nome collettivo Condomini Cozzo Disi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale della legge della Regione siciliana 28 aprile 1951, n. 41, contenente "Proroga del contratto di esercizio della miniera Cozzo Disi".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 1969.
Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Nicola REALE
Depositata in cancelleria il 14 aprile 1969.