Sentenza n. 49 del 1969
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SENTENZA N. 49

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, recante "Nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'i.g.e. e del bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani", promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 novembre 1966 dalla commissione provinciale delle imposte di Milano sul ricorso di Angeli Benito contro l'Ufficio del registro di Milano, iscritta al n. 106 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 dell'8 luglio 1967;

2) ordinanza emessa il 16 giugno 1967 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra le Società immobiliari Mesapa, Sacisa e Dorica S.p.A. e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 194 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 del 28 ottobre 1967.

Visti gli atti di costituzione delle Società immobiliari Mesapa, Sacisa e Dorica S.p.A. e dell'Amministrazione finanziaria dello Stato e di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 12 febbraio 1969 la relazione del Giudice Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l'Amministrazione delle finanze.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 9 novembre 1966 nel procedimento concernente il ricorso proposto da Angeli Benito contro l'Ufficio del registro di Milano, quella commissione provinciale delle imposte ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, recante "Nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'i.g.e. e del bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani". La questione é stata sollevata in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

La commissione osserva nell'ordinanza che, secondo le norme impugnate, i detti contratti di locazione sono assoggettati alla "imposta proporzionale di registro" in ragione del 6 per cento della rendita catastale, per quelli censiti, e del 4 per cento dell'ammontare del prezzo e dei corrispettivi pattuiti, per quelli non censiti, precisandosi che tali aliquote "sono comprensive" dell'imposta generale sull'entrata di cui all'art. 3, lett. a, del D.L. 9 gennaio 1940, n. 2, e successive modificazioni.

Poiché al secondo comma dell'art. 1 della legge impugnata, dove si parla di immobili non censiti, si stabilisce che l'imposta é dovuta secondo la durata pattuita dalla locazione, ed eguale criterio dovrebbe evincersi, per quanto riguarda gli immobili censiti, dal capoverso dell'art. 2 della legge in esame, secondo cui per i contratti di locazione pluriennali l'imposta di registro é liquidata annualmente in relazione al valore della rendita catastale, la Commissione deduce la sussistenza di una sperequazione tributaria fra le locazioni in discorso e quelle concernenti gli altri beni, cioè i mobili e i fondi rustici. Infatti, mentre per gli immobili urbani sia il tributo di registro che quello sull'entrata sarebbero dovuti, con le aliquote sopra indicate, anche se i prezzi e corrispettivi non vengono effettivamente riscossi, in vista appunto della insensibilità della imposta alle vicende del contratto registrato, per le locazioni degli altri beni soltanto il tributo di registro sarebbe dovuto sul cumulo dei prezzi e dei corrispettivi previsti per tutta la durata della locazione, e l'i.g.e. invece sarebbe dovuta solo nel caso che i prezzi e i corrispettivi pattuiti vengano effettivamente pagati.

Tale differente trattamento sarebbe anche confermato dalla mancanza di disposizioni che esonerino dall'i.g.e. i corrispettivi delle locazioni di immobili urbani, per cui le aliquote previste dalle norme impugnate non potrebbero non intendersi come aliquote complesse riguardanti i due distinti ed autonomi tributi di registro e sull'entrata.

In tale situazione la commissione ha ravvisato la probabile violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione nonché del principio della capacità contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione ed ha pertanto disposto la trasmissione degli atti alla Corte per l'ulteriore corso.

L'ordinanza, notificata il 24 febbraio 1967 e comunicata come per legge, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ulliciale n. 170 dell'8 luglio 1967.

Avanti alla Corte costituzionale si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le deduzioni difensive il 26 aprile 1967.

L'Avvocatura osserva che la legge impugnata sarebbe stata emanata allo scopo di evitare, mediante la condensazione in una imposta unica, le molteplici evasioni all'i.g.e. che si verificavano in materia, ed anche per semplificare i servizi di riscossione delle due imposte di registro e sull'entrata. Dovrebbe d'altra parte escludersi la lamentata violazione del principio di eguaglianza, poiché la fattispecie contemplata dalla legge presenterebbe tutte le caratteristiche atte a giustificare un trattamento differenziato rispetto alle locazioni dei beni mobili e dei fondi rustici. Evidente, infatti, sarebbe la differente situazione dei beni mobili, per la loro stessa natura e per la minima rilevanza tributaria, mentre per quanto riguarda l'esclusione dei fondi rustici del detto regime tributario, essa sarebbe ampiamente giustificata dalle esigenze di tutela della redditività agricola, tenuta presente dal legislatore nel disporre l'esclusione stessa.

Quanto alla pretesa violazione dell'art. 53, l'Avvocatura osserva poi che per capacità contributiva si deve intendere l'idoneità soggettiva alla obbligazione di imposta, rivelata dal presupposto al quale la prestazione tributaria é collegata. E tale criterio sarebbe stato rispettato dalla norma impugnata, in quanto l'imposta unica in esame, anche se di fatto comprende l'i.g.e., dovrebbe considerarsi come imposta di registro, e come tale collegata ad un indice di capacità contributiva posto in essere dal semplice fatto della presentazione alla registrazione del contratto di locazione. Comunque non rimarrebbe senza causa neppure l'imposizione relativa all'entrata, poiché il contratto farebbe logicamente presumere l'entrata in denaro o altri mezzi di pagamento, di cui parla appunto l'art. 1 della legge istitutiva dell'i.g.e.

E se tale presunzione non trovasse per avventura conferma nella realtà, per la risoluzione del contratto, per la morosità o l'inadempimento della parte, si tratterebbe pur sempre di ipotesi che troverebbero nell'ordinamento giuridico e nelle sanzioni che questo prevede "la possibilità del loro superamento".

D'altra parte, a norma dell'ultimo comma dell'art. 2 impugnato, che prevede, per i contratti pluriennali, il pagamento dell'imposta anno per anno, in deroga all'art. 54 della legge di registro, che dispone invece il versamento anticipato per tutta la prevista durata della locazione, si sarebbe posto in essere, secondo l'Avvocatura, un sistema tendente a far coincidere i termini della presunzione con la realtà economica effettiva, dovendosi ritenere che, se il contratto di locazione pluriennale viene, per qualsiasi causa, a caducarsi, il contribuente potrà essere esonerato dal pagamento dell'imposta per gli anni successivi.

E ciò anche a prescindere dalla considerazione che nel campo dell'i.g.e. sarebbe ammesso e non di rado adottato il sistema forfettario o quello di abbonamento, che svincolerebbero l'imposizione dal movimento effettivo del denaro.

Conclude pertanto chiedendo dichiararsi infondate le proposte questioni.

Con ordinanza emessa il 16 giugno 1967 nel procedimento civile vertente fra le Società immobiliari "Mesapa", "Sacisa" e "Dorica S.p.A." e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, il tribunale di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle citate norme della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, in relazione al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

Premesso in fatto che, nel giudizio principale, l'Amministrazione finanziaria pretende il pagamento delle imposte per l'intera durata del contratto novennale di locazione stipulato con la Società incremento turistico (S.I.T.) dalle dette Società immobiliari, risoltosi peraltro (dopo neppure un anno) per morosità, il tribunale osserva che, differentemente da quanto sostenuto anche in quella sede dalla Amministrazione finanziaria, secondo cui la imposta prevista dalle norme impugnate sarebbe una nuova ed unica imposta di registro, dovrebbe invece ritenersi che il legislatore non abbia inteso abolire l'imposta sull'entrata relativamente ai contratti in esame. E ciò perché, a parte il titolo della legge in cui si parla di imposte di registro, di bollo e sull'entrata", l'espressione letterale del terzo comma dell'art. 1 della legge stessa, affermando che le nuove aliquote dell'imposta di registro ivi stabilite "sono comprensive" dell'imposta generale sull'entrata, chiarirebbe che l'imposta sull'entrata sarebbe non soppressa ma "racchiusa" ovvero "contenuta" nelle nuove aliquote.

Il che sarebbe confermato dalla misura delle nuove aliquote stesse, che rapportate a quella dello 0,55 per cento precedentemente in vigore per l'imposta di registro, a mente dell'art. 44 allegato A della tariffa della legge di registro con l'addizionale stabilita dal regio decreto legge 30 novembre 1937, n. 2145; e a quella del 3,30 per cento pure precedentemente in vigore per l'imposta sull'entrata a mente dell'art. 3, lett. a, della legge 19 giugno 1940, n. 762 e dell'art. 2 della legge 31 ottobre 1961, n. 1196, risulterebbe appunto comprensive, in massima parte, dell'imposta sull'entrata.

D'altra parte, si aggiunge nell'ordinanza, poiché il fatto giuridico che determina il sorgere dell'obbligazione tributaria per la parte relativa all'imposta sull'entrata é l'effettiva percezione di un corrispettivo da parte del locatore, la riscossione da parte del fisco dell'imposta di cui alla legge in esame, per la parte relativa all'imposta sull'entrata, non sarebbe giustificata nel caso di risoluzione anticipata di un contratto pluriennale per tutte le annate successive a quelle dello scioglimento e fino alla scadenza, in difetto della base imponibile, data la mancanza di effettiva entrata. Con ciò, mentre non vi sarebbe nulla da eccepire in ordine alla riscossione, nei casi anzidetti, della parte afferente all'imposta di registro, che colpisce l'atto e non il rapporto che ne consegue, secondo il tribunale si verrebbe invece a creare una disparità di trattamento tra i contribuenti in particolare sottoposti in tal modo al pagamento dell'imposta sull'entrata, in difetto del presupposto dell'imposizione, e tutti gli altri in generale che, invece, vi sono assoggettati solo per avere effettivamente conseguito l'entrata colpita. Questa disparità darebbe luogo ad un diverso trattamento di eguali situazioni giuridiche, non giustificato da condizioni particolari, e violerebbe pertanto il principio di eguaglianza, così come costantemente interpretato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.

L'ordinanza, notificata il 19 luglio 1967 e comunicata come per legge é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 271 del 28 ottobre 1967.

Avanti alla Corte costituzionale si sono costituite le Società "Mesapa", "Sacisa" e "Dorica" in persona del presidente pro tempore rappresentate e difese dagli avvocati Franco Fiore, Giuseppe e Luigi Montesano, che il 16 novembre 1967, hanno depositato le deduzioni difensive con cui fanno proprie le argomentazioni contenute nell'ordinanza di rinvio.

Si sono altresì costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura generale dello Stato che ha depositato le proprie deduzioni il 15 novembre 1967.

L'Avvocatura ribadisce e sviluppa l'assunto già esposto secondo cui il tributo di cui alle norme impugnate sarebbe da considerarsi come una imposta unica di registro, che avrebbe, con una aliquota unica condensata, sostituito la precedente complessa duplice imposizione, attraverso nuove e peculiari modalità di liquidazione e di riscossione, le quali si dovrebbero inserire, al posto dell'art. 54, in tutto il precedente sistema della legge di registro del 1923. Varrebbe pertanto anche nella specie, coordinato con il disposto dell'art. 1, il principio fondamentale della insensibilità dell'obbligazione tributaria di registro alle vicende del negozio, di cui all'art. 12 della legge relativa.

Sarebbero quindi inconferenti i rilievi contenuti nell'ordinanza di rinvio circa l'imposta sull'entrata, in quanto, appunto, il tributo de quo si collegherebbe all'indice di capacità contributiva costituito dalla stipula del contratto presentato alla registrazione. La doglianza circa la pretesa sperequazione tra chi é assoggettato all'i.g.e. per avere conseguito un'entrata e chi invece sarebbe tenuto a corrispondere l'imposta nonostante la mancanza del presupposto sarebbe conseguentemente infondata, venendo nella specie in considerazione solo il presupposto dell'imposta di registro, cioé la mera stipulazione del contratto, che costituirebbe d'altra parte la fonte necessaria e sufficiente per il sorgere dell'obbligazione tributaria.

Anche qui pertanto l'Avvocatura conclude chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione.

La difesa delle Società Mesapa, Sacisa e Dorica ha tempestivamente depositato una memoria illustrativa con cui, in vista della peculiare struttura del tributo stabilito con le norme impugnate, insiste anzitutto nell'interpretare le medesime come derogative alla disciplina dettata con la legge organica di registro, nel senso che, per i contratti pluriennali, non si dovrebbe far luogo al pagamento annuale dell'imposta nel caso di anticipata risoluzione.

La diversa interpretazione accolta invece dal tribunale renderebbe innegabile il lamentato contrasto con la Costituzione, per i motivi esposti nell'ordinanza di rinvio, cui la difesa stessa si richiama, tornando a prospettare le ragioni per cui non potrebbe ritenersi che, per effetto dell'adozione di una aliquota unica condensata, l'imposta sull'entrata abbia mutato natura o sia stata soppressa, e possano quindi nella specie rendersi applicabili le norme relative all'imposta di registro. Comunque, anche a volere ammettere ciò, non potrebbe negarsi che in tal modo si sarebbe in sostanza conglobata nell'imposta di registro un'altra imposta avente diversa struttura, e si sarebbero estesi a quest'ultima principi e norme in contraddizione con la sua natura, il che porrebbe nei confronti della stessa imposta così unificata il prospettato dubbio di legittimità costituzionale.

Sussisterebbe quindi la denunciata sperequazione tributaria che, tra l'altro, nel caso della stipulazione di un nuovo contratto di locazione in sostituzione di quello anticipatamente risolto, si concreterebbe nella percezione da parte dello Stato, per lo stesso bene e per lo stesso periodo di tempo, di un duplice tributo relativo ad un'entrata inesistente e ad un entrata concretamente verificatasi.

Anche l'Avvocatura ha depositato nei termini una memoria illustrativa unica per entrambi i giudizi, con cui ribadisce e svolge le tesi già prospettate, insistendo in particolare sulla qualifica di imposta unica di registro che dovrebbe riconoscersi al tributo in esame, ed all'uopo si richiama ai lavori preparatori, che fornirebbero argomenti a sostegno di tale assunto.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze di cui in epigrafe aventi per oggetto la stessa questione, possono riunirsi per la decisione con unica sentenza.

2. - La prima ordinanza é stata emessa in data 9 novembre 1966 dalla commissione provinciale delle imposte di Milano. Ma la questione da essa proposta deve essere dichiarata inammissibile per difetto di natura giurisdizionale dell'organo proponente, come, per identica situazione, già ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 10 del 10 febbraio 1969.

3. - Con l'ordinanza del tribunale di Milano vengono impugnati gli artt. 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, per violazione dell'art. 3 della Costituzione. Si assume che la fissazione di un'aliquota unica, comprensiva, sia dell'imposta proporzionale di registro, sia dell'imposta generale sull'entrata, verrebbe a dar luogo, per i contratti di locazione di durata pluriennale e nell'ipotesi di loro interruzione prima della scadenza pattizia, all'onere del pagamento dell'imposta sull'entrata, senza che si verifichi la percezione di un corrispettivo. Ciò creerebbe una disparità di trattamento tra chi é assoggettato all'i.g.e. per avere conseguito effettivamente una entrata e chi é tenuto a corrisponderla, nonostante la mancanza del presupposto dell'imposizione.

La questione, così sollevata in ordine al sistema cui é informata la citata legge del 1962, esige che siano anzitutto accertati la natura ed il contenuto dell'imposizione fiscale derivante dall'art. 1.

Dai lavori preparatori risulta che, anche al fine di porre rimedio alle frequenti evasioni fiscali, compiute dagli obbligati al pagamento dell'imposta entrata sui corrispettivi percepiti in dipendenza delle locazioni di beni immobili, si é ritenuto di concentrare in unica imposta con unica aliquota, sia l'imposta di registro che quella sull'entrata.

Dalla disposta concentrazione, si é, poi, inteso far derivare l'effetto di un tributo avente in definitiva la peculiarità di un'imposta di registro, da corrispondere per effetto della sola esistenza dell'atto, prescindendo dal tener conto del conseguimento o meno dei suoi effetti economici. L'Avvocatura di Stato sostiene questo assunto.

La Corte non ritiene, tuttavia, che sia esatto pretendere di assegnare alla legge, in via di interpretazione, la funzione creativa di una nuova imposta, nella quale i connotati dell'imposta sull'entrata vengano ad annullarsi.

Ciò produrrebbe la singolare e contraddittoria conseguenza che, pur costituendo l'imposta sull'entrata una componente della nuova imposta (ed anzi la componente, in percentuale, di maggior peso economico) quest'ultima verrebbe poi a cancellare causa ed effetti dell'altra. Qualunque sia stata l'intenzione finalistica e sottostante del legislatore, la legge in esame é da riconoscere univoca nella sua formulazione, in quanto l'aliquota globale é dichiarata "comprensiva" (non sostitutiva) dell'imposta sull'entrata (art. 1) e, nel preambolo, l'indicazione dell'oggetto della legge é riferito anche alla "applicazione" dell'imposta sull'entrata. Questa imposta, nonostante l'accostamento all'imposta di registro al fine di unificazione del tributo da pagare, mantiene pur sempre la sua individualità distintiva.

4. - A questa premessa, cui dà luogo l'interpretazione dell'art. 1 della legge, non corrisponde poi, per altro verso, la restante struttura della legge.

Dalla riduzione ad unità del tributo dovuto per due diverse imposte (registro ed entrata) si é fatta derivare la conseguenza dell'assorbimento dei caratteri dell'una in quelli dell'altra, regolando tutto il rapporto tributario in base al criterio della insensibilità a mutazioni sopravvenute nello svolgimento del rapporto negoziale, in conformità alla natura dell'imposta di registro, ma in difformità con la diversa natura dell'imposta sull'entrata.

Di conseguenza, per i contratti di locazione di immobili, l'imposta sull'entrata dei canoni, dopo essere stata, con l'art. 1, accomunata negli effetti all'imposta di registro agganciandola alla rendita catastale per gli immobili censiti o ai corrispettivi pattuiti per gli immobili non censiti, é stata egualmente accomunata, con l'art. 2, negli stessi effetti, anche per quanto riguarda le locazioni pluriennali.

Per quest'ultima categoria di contratti si é disposta la liquidazione annuale sempre in relazione o alla rendita catastale o ai corrispettivi pattuiti, e, con riferimento alla "data di inizio dell'annata locatizia stabilita nel contratto".

Risulta (anche per le chiare indicazioni contenute nei lavori preparatori della legge) che si é voluto con questo sistema "agevolare il pagamento dell'imposta sia al contribuente sia all'ufficio", dando luogo ad una speciale forma di rateazione, con esclusione di ogni carattere di autonomia ai periodici versamenti ed assegnando alla "liquidazione annuale" di cui al secondo comma dell'art. 2 il significato di calcolo del dovuto, se posto in relazione al valore (eventualmente mutevole di anno in anno) della rendita catastale.

Ma l'applicazione di questo sistema conduce alla conseguenza che, per l'identico tributo relativo all'imposta sulla entrata, una particolare categoria di contribuenti venga ad essere sottoposta a diverso e più oneroso trattamento, in confronto alla categoria generale, senza alcun motivo che ne giustifichi la razionalità ed, anzi, con l'anomala conseguenza di dar luogo alla nascita di un'obbligazione tributaria di durata anche virtuale, senza il concreto verificarsi delle condizioni ipotizzate dalla legge per la relativa imposizione.

La questione di costituzionalità é stata posta dall'ordinanza di rinvio sia per quanto riguarda l'art. 1 della legge sia per quanto riguarda l'art. 2, in relazione all'art. 3 della Costituzione.

Dell'art. 1 e della sua interpretazione si é già detto.

L'eccezione di illegittimità costituzionale, sollevata espressamente in relazione ai contratti di locazione di durata pluriennale, va concentrata sul capoverso dell'art. 2 che, appunto, ne prevede il regolamento tributario, nel modo anomalo che si é detto.

I motivi suesposti valgono per il riconoscimento di una illegittimità parziale della norma, in quanto essa consente di imporre annualmente, fino alla scadenza pattizia, il pagamento dell'imposta generale sull'entrata, anche quando il contratto di locazione sia stato risoluto durante il corso dell'anno precedente

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, contenente nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro e dell'imposta generale sull'entrata ai contratti di locazione dei beni immobili urbani, nella parte in cui consente, per i contratti di locazione di durata pluriennale, la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 marzo 1969.

Aldo SANDULLI  -  Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria il 26 marzo 1969.