SENTENZA N. 134
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITLZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 65 dell'ordinamento giudiziario approvato con R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, promosso con ordinanza emessa il 30 gennaio 1967 dal pretore di Milano nel procedimento penale a carico di Genovesi Luigi, iscritta al n. 89 del registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 157 del 24 giugno 1967.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 6 novembre 1968 la relazione del Giudice Michele Fragali;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il pretore di Milano, con ordinanza 30 gennaio 1967, in un procedimento penale contro Genovesi Luigi, proponeva il controllo di legittimità costituzionale dell'art. 65 dell'ordinamento giudiziario approvato con R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 134 della Costituzione.
Rilevava che il decreto di citazione che aveva portato al dibattimento era nullo, ai sensi dell'art. 412 del Codice di procedura penale, per incertezza assoluta sui fatti che avevano determinato l'imputazione sulla quale doveva pronunciarsi. Che peraltro la Corte di cassazione, adottando un'interpretazione dalla quale egli non poteva prescindere, aveva ripetutamente escluso la nullità predetta quando, come nel caso in esame, nel decreto di citazione si fosse contenuto un sommario richiamo all'azione che aveva cagionato l'evento e l'indicazione della norma violata. Non poteva escludersi il contrasto tra tale interpretazione e l'art. 24 della Costituzione; ma la Corte di cassazione ha sempre rivendicato la validità e la preminenza della propria interpretazione, che trova riscontro e conforto nell'art. 65 dell'ordinamento giudiziario, per il quale la Corte di cassazione é organo supremo della giustizia ed ha il compito di assicurare la esatta osservanza della legge, l'uniforme sua interpretazione e l'unità del diritto oggettivo nazionale. Tale enunciazione contrasta con l'art. 101 della Costituzione, nella misura in cui si attribuisse ai concetti di supremazia e di unitarietà di giudizio il significato letterale e la portata che é loro proprio, e con l'art. 134 della Costituzione, nel caso in cui, dalla rivendicata preminenza di interpretazione scaturissero effetti "di conformità costituzionale". La conformità di una norma della Costituzione deve essere accertata indipendentemente dall'esame dei mezzi previsti per assicurarne la osservanza e pertanto, prosegue il pretore, l'incertezza sulla costituzionalità della norma denunciata non può essere eliminata dalla constatazione che, mancando in concreto alla Corte di cassazione i mezzi per assicurare l'attuazione del precetto, la norma si risolverebbe in un mero enunciato di principio.
L'ordinanza é stata notificata alla parte in causa il 16 gennaio 1967 e al Presidente dei Consiglio dei Ministri il 24 febbraio 1967. É stata comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato il 4 marzo 1967. É stata pubblicata stilla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 24 giugno 1967, n. 157.
2. - Nel giudizio così proposto non si é costituito l'imputato. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri mediante atto depositato il 27 aprile 1967.
In tale atto si é rilevato che la questione proposta é priva di rilevanza perché, se avesse ritenuto nullo il decreto di citazione, il pretore avrebbe potuto provvedere in conseguenza nell'esercizio della funzione giurisdizionale attribuita a ciascun giudice, senza vincoli di subordinazione gerarchica rispetto ad altri. Nulla inoltre vietava al pretore di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 412 del Codice di procedura penale ove avesse ritenuto che urtava contro l'art. 24 della Costituzione l'interpretazione adottata dalla Corte di cassazione.
Comunque il Presidente del Consiglio osserva che esiste nell'ordinamento un problema di giustizia, intesa come esatta applicazione del diritto astratto al caso concreto, di cui é corollario l'esigenza di garantire, nei limiti del possibile, una certa concordanza tra i giudizi nell'interpretazione del diritto oggettivo. Tale esigenza s'impone ai giudici all'interno dell'ordinamento giudiziario e comporta una reductium ad unum grazie alla Corte di cassazione, nella quale convergono, in ultima istanza, le impugnazioni per motivi di diritto degli atti degli altri uffici giudiziari.
Tuttavia, prosegue il Presidente del Consiglio dei Ministri, salvo rispetto ai giudici di rinvio, l'interpretazione della Corte di cassazione non é vincolante per gli altri giudici, e la stessa unitarietà di detta interpretazione va intesa con una certa elasticità: nulla vieta che la Corte di cassazione o altri giudici si orientino difformemente dalla soluzione che la prima ha indicato in precedenza. L'aspirazione all'uniformità del diritto e la posizione di supremazia della Corte di cassazione non si é risolta perciò in un sistema che evita automaticamente una varietà d'interpretazioni della stessa norma e ripensamenti, né si é tradotta in un vincolo di gerarchica subordinazione del giudice di merito a quello di legittimità, tanto che la norma denunciata ha una portata più logico-sistematica che strettamente giuridica. La norma trova ragione nella previsione dell'unicità dell'istituto, e la funzione regolatrice di una sola Corte adempie al precetto costituzionale di assicurare eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Non ha senso supporre, come fa il pretore, che un'interpretazione correttiva cui pervenisse questa Corte possa vincolare il giudice della legittimità; essa nemmeno potrebbe imporre alla Corte di cassazione di promuovere essa stessa il controllo di legittimità costituzionale dell'art. 412 del Codice di procedura penale, e per converso non impedirebbe a qualsiasi giudice di riproporre il problema, così che la norma abbia la sorte resa necessaria dalle sue eventualmente aberranti applicazioni.
3. - Alla pubblica udienza del 6 novembre 1968 la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri ha confermato le proprie tesi e conclusioni.
Considerato in diritto
1. - Come si rileva dall'esposizione che precede, il pretore, pur ritenendo che l'art. 412 del Codice di procedura penale, così come vive nell'interpretazione ad esso data dalla Cassazione, sarebbe, in parte qua, in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, ha giudicato inutile sottoporre l'esame di legittimità a questa Corte per il riflesso che, di fronte alle sentenze interpretative di rigetto di quest'ultima, la Corte di cassazione "ha ripetutamente rivendicato la validità e la preminenza della propria interpretazione". Il pretore ha ritenuto invece di denunciare l'illegittimità dell'art. 65 dell'ordinamento giudiziario nella parte in cui attribuisce alla Corte di cassazione una funzione di massima coordinatrice ed unificatrice della giurisprudenza; funzione che, secondo il suo avviso, starebbe alla base dell'atteggiamento della Cassazione, e che egli non può ignorare "fino a quando la questione non sarà risolta, in caso di conflitto tra sentenze interpretative della Corte costituzionale e sentenze della Corte di cassazione".
Questo modo di argomentare si basa su congetture. Suppone che la Corte di cassazione non muterebbe la propria giurisprudenza sull'art. 412 del Codice di procedura penale neanche se le si opponessero argomenti invincibili, prima da parte del pretore, poi da parte di questa Corte; dà per scontato che questa Corte, ove fosse denunciata l'illegittimità costituzionale del predetto articolo, lo intenderebbe in modo opposto al senso attribuitogli dalla Cassazione e pronuncerebbe una sentenza interpretativa di rigetto.
Ora, da un lato, non può essere avallata la supposizione che un organo giurisdizionale, anche quando gli vengano sottoposti validi argomenti in senso contrario, tenga fermo un suo precedente punto di vista solo per non distaccarsi dai precedenti. Da un altro lato deve categoricamente negarsi che le semplici ipotesi e le previsioni sul comportamento del giudice dell'eventuale gravame, che si immagina prevenuto contro ogni interpretazione della legge diversa da quella tradizionale, siano idonee a rendere rilevante una questione di legittimità costituzionale. L'esame di rilevanza di tale questione va compiuto con esclusivo riferimento alla disposizione sospettata, così come la interpreta e la intende, nel suo libero convincimento, il giudice chiamato ad applicarla; né questo ultimo può indulgere a quegli indirizzi di giurisprudenza che siano superabili con la prospettazione di argomenti di giudizio sorretti da valide basi.
L'ordinanza di rimessione ammette che la questione con essa sollevata acquisterebbe regionevolezza, come si esprime, nel solo caso di "conflitto" fra una sentenza correttiva di questa Corte e una sentenza della Cassazione. Orbene, a parte l'errore di qualificare come conflitto il dissenso che avesse a verificarsi tra i due organi, e a parte l'altro errore di ritenere che la Corte costituzionale non disponga che del mezzo del l'interpretazione correttiva per decidere una questione, anche sotto tal profilo l'ordinanza si fonda su una mera ipotesi; l'ipotesi che l'interpretazione dell'art. 412 del Codice di procedura penale non risultasse uniforme nelle sentenze di questa Corte e della Corte di cassazione. Ma si é già statuito che una disposizione legislativa é denunciabile in via eventuale ed ipotetica solo nel caso che, in conseguenza della dichiarazione della sua illegittimità, sarebbe da applicare altra disposizione rispetto alla quale si verrebbe a configurare, e per gli stessi motivi, un analogo vizio di legittimità costituzionale (sent. 5 giugno 1962, n. 53).
2. L'illegittimità del predetto art. 65 dell'ordinamento giudiziario viene poi prospettata come esistente solo "nella misura in cui si attribuisca ai concetti di supremazia e di unitarietà di giudizio il significato letterale e la portata che é loro propria".
Così ragionando, il pretore si é astenuto dal verificare il significato che alla disposizione predetta si é soliti attribuire ed ha condizionato la rilevanza della questione all'interpretazione che della disposizione stessa avrebbe dato la Corte; ma ciò si risolve nel dare adito ad una questione d'interpretazione fine a se stessa. Invece é stato chiarito nella sentenza 29 giugno 1956, n. 21, che il processo di costituzionalità non é proponibile al solo scopo di precisare il significato di norme ambigue; e nelle sentenze 5 luglio 1956, n. 19, 24 febbraio 1964, n. 13, e 26 febbraio 1964, n. 21, si é precisato che oggetto di quel processo può essere l'interpretazione di una disposizione legislativa, unicamente se sia mezzo al fine del controllo di legittimità della disposizione stessa.
3. Per ogni verso deve dunque ravvisarsi, nell'ordinanza del pretore, la mancanza dei requisiti prescritti per una idonea introduzione del processo costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 65 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, proposta dal pretore di Milano con ordinanza 30 gennaio 1967, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 134 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1968.
Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1968