Sentenza n. 21 del 1956

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SENTENZA N. 21

ANNO 1956

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

sui ricorsi proposti dalla Regione autonoma della Sardegna, in persona del Presidente della Giunta regionale, previe le deliberazioni della Giunta regionale in data 24 gennaio, 3 e 15 febbraio 1956, rappresentata e difesa dagli avv. Egidio Tosato, Achille Donato Giannini e Pietro Gasparri, per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni:

1) legge 22 dicembre 1951, n. 1379 (Istituzione di una imposta unica sui giuochi di abilità e sui concorsi pronostici disciplinati dal D.L. 14 aprile 1948, n. 496) - Registro ricorsi 1956, n. 15;

2) legge 2 luglio 1952, n. 703, art. 2, ultimo comma (Disposizioni in materia di finanza locale) - Registro ricorsi 1956, n. 16;

3) legge 27 dicembre 1952, n. 3596 e D.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 (Nuove norme sulla imposta di pubblicità) - Registro ricorsi 1956, n. 17;

4) art. 26 della legge 6 agosto 1954, n. 603 (Istituzione di una imposta sulle Società e modificazioni in materia di imposte indirette sugli affari) - Registro ricorsi 1956, n. 18;

5) legge 31 luglio 1954, n. 608 (Abolizione della imposta sulle rendite degli Enti di mano morta) - Registro ricorsi 1956, n. 19:

Vista la costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri, avvenuta con il deposito delle deduzioni in cancelleria il 9 e il 12 marzo 1956;

Udita all'udienza pubblica del 13 giugno 1956 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

Uditi gli avv. Achille Donato Giannini, Egidio Tosato e Pietro Gasparri per la Regione autonoma della Sardegna e il sostituto avvocato generale dello Stato Luigi Tavassi La Greca:

 

Ritenuto in fatto

 

 

Con deliberazioni in data 24 gennaio, 3 e 15 febbraio 1956 la Giunta regionale sarda decideva di impugnare davanti alla Corte costituzionale, fra gli altri, i provvedimenti legislativi della Repubblica indicati in epigrafe, tutti diretti a disciplinare materia tributaria.

In esecuzione delle deliberazioni ricordate venivano notificati cinque ricorsi, tutti in data 20 febbraio 1956, tutti depositati in cancelleria il 28 successivo ed annotati nel registro dei ricorsi sotto i nn. 15, 16, 17, 18 e 19. In tutti i procedimenti relativi si costituiva il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, depositando le proprie deduzioni il 9 marzo 1956 in risposta ai ricorsi registrati ai nn. 16, 18 e 19 e il 12 marzo in risposta ai ricorsi nn. 15 e 17, e concludendo, in tutti, per la deliberazione di inammissibilità, o quanto meno per il rigetto del ricorso della Regione.

Le conclusioni delle parti erano ribadite nelle memorie di replica, depositate nei termini stabiliti, e nella discussione orale. Nel corso di questa, il patrocinio della Regione ricorrente formulava un'istanza subordinata, nella ipotesi che la Corte costituzionale non si ritenesse competente a risolvere la questione sulla ripartizione fra lo Stato e la Regione dei proventi di alcune imposte in discussione, e sosteneva che in tal caso i principi generali del sistema processuale avrebbero imposto la sospensione necessaria del giudizio (arg. ex art. 295 Cod. proc. civ.) fino a che la controversia pregiudiziale insorta non fosse stata decisa dal giudice competente. Replicava l'Avvocatura generale dello Stato, contestando che vi siano giudici competenti a giudicare una simile questione, da risolvere invece sul terreno amministrativo e politico.

Gli elementi comuni a tutte, le cinque cause consistono nella materia più o meno affine, che forma oggetto delle disposizioni legislative denunciate, e nella identità delle norme dello Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) che la Regione assume essere state violate dallo Stato, il quale avrebbe con ciò invaso la sfera di competenza legislativa ad essa attribuita. Vengono richiamate a questo proposito le norme contenute nell'art. 8 e nell'art. 54, 4 comma, dello Statuto speciale; l'art. 8, il quale determina le fonti delle entrate della Regione, attribuendo a questa una quota (di regola del 90%) del gettito di diverse imposte erariali riscosse nel territorio della Regione, ed é contenuto nel titolo III dello Statuto; l'art. 54, che al 4 comma stabilisce: "Le disposizioni del titolo III del presente Statuto possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione".

Si lamenta dalla ricorrente che i provvedimenti legislativi denunciati abbiano soppresso o sostituito o diversamente regolato imposte, rispetto alle quali l'art. 8 citato attribuiva alla Regione una quota sul rispettivo gettito, privando in tal modo la Regione stessa di una parte delle entrate ad essa assicurate dallo Statuto; si osserva poi che su tali modificazioni del contenuto dell'art. 8 non é stata in alcun caso "sentita la Regione". Questo punto di fatto non risulta contestato.

Si oppone da parte dell'Avvocatura dello Stato che l'art. 8 non attribuisce alla Regione una competenza legislativa se non per eventuali tributi propri, non già nei confronti di quelli di spettanza dello Stato, che ne é il solo soggetto attivo di imposizione; che il 4 comma dell'art. 54 riguarda solo le leggi che tendono a modificare direttamente le norme dello Statuto e che "possano essere rese necessarie da esigenze di carattere regionale"; che, d'altronde, nella omissione del previsto parere (non vincolante) della Regione non può ravvisarsi una invasione della sfera della sua competenza; che, di conseguenza, i ricorsi proposti non sono ammissibili, ai sensi della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, perché non riguardano leggi o atti aventi forza di legge che invadano la sfera di competenza della Regione ricorrente.

I due ricorsi annotati nel registro ricorsi ai nn. 15 e 17 sono qualificati dalla ricorrente stessa come meramente eventuali, nel senso che essi sarebbero condizionati ad una interpretazione delle norme denunciate, tale da sottrarre alla Regione una parte dei cespiti ad essa assegnati con l'art. 8 dello Statuto, mentre se si accogliesse una interpretazione più favorevole alla Regione delle stesse norme, che le attribuisse un'eguale quota sul gettito della nuova imposizione sostituita a quella precedente, la Regione non avrebbe motivo di dolersi ed il ricorso proposto verrebbe a "perdere ogni ragion d'essere".

L'Avvocatura dello Stato ha decisamente contestato tanto la esattezza della interpretazione più favorevole alla Regione quanto la competenza della Corte costituzionale a dare essa interpretazione alle norme stesse, mentre la ricorrente ha replicato che la precisazione del significato e degli effetti delle norme ha nella specie carattere di questione pregiudiziale, o incidentale, che é necessario risolvere per decidere sull'accoglimento o la reiezione dei ricorsi e che quindi, per i principi generali, rientra nella competenza del giudice della causa principale o, al più, può determinare la sospensione del giudizio principale fino a che essa non sia stata risolta dall'autorità giudiziaria competente.

Nei riguardi delle singole cause é da rilevare che:

1) Il ricorso registrato col n. 15 é stato proposto contro la legge 22 dicembre 1951, n. 1379, che ha istituito un'imposta unica sui giuochi di abilità e sui concorsi pronostici; ed é motivato con la considerazione che l'art. 5 di detta legge dispone che "l'imposta unica é sostitutiva... di ogni imposta sugli affari... relativa alla organizzazione e all'esercizio dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici, di ogni imposta diretta sui redditi derivanti dalle attività di cui sopra, nonché di qualunque altro tributo diretto o indiretto, a favore dello Stato e degli enti minori connessi con le attività medesime... nonché della imposta di ricchezza mobile e dell'imposta complementare afferenti i premi corrisposti ai vincitori". E uno dei due ricorsi definiti meramente eventuali, di cui si é detto.

2) Il ricorso n. 16 concerne l'art. 2, ultimo comma della legge 2 luglio 1952, n. 703, contenente disposizioni in materia di finanza locale. Il comma denunciato dispone: "per le carni consumate in Comuni diversi da quelli di macellazione, l'imposta generale sull'entrata si riscuote nel Comune di consumo". L'Avvocatura dello Stato fa presente che nessun danno può derivare dalla innovazione alla Regione, anche rispetto alle carni macellate in Sardegna e consumate nella penisola, perché su questa entrata erariale spetta ad essa una quota variabile, annualmente stabilita d'accordo fra lo Stato e la Regione, così che difetterebbe anche l'interesse di questa alla proposizione e all'accoglimento del ricorso.

3) Con il ricorso n. 17 si denunciano la legge 27 dicembre 1952, n. 3596, ed il D.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 (rispettivamente, una legge di delegazione ed il decreto legislativo conseguente), contenente nuove norme sull'imposta di pubblicità. Con queste norme si é istituita una nuova imposizione su tutte le forme di pubblicità, abrogando (art. 30 D.P.R.) le disposizioni, ai sensi delle quali alcune forme di pubblicità erano soggette alla imposta di bollo. Anche questo ricorso é definito dalla ricorrente come meramente eventuale, e cioè privo di ragion d'essere ove fosse riconosciuta l'attribuzione alla Regione dei nove decimi del gettito della nuova imposta. Ma l'Avvocatura dello Stato non condivide questa interpretazione e sostiene trattarsi di un tributo autonomo, nettamente diverso, segnatamente per l'oggetto imponibile, mentre contesta - anche qui - la competenza della Corte costituzionale a stabilire eventuali analogie fra vecchi e nuovi tributi. La Regione replica ancora che si tratta di una questione pregiudiziale, da risolvere in via incidentale.

4) Il ricorso n. 18 investe l'art. 26 della legge 6 agosto 1954, n. 603, che abolisce l'imposta di negoziazione e l'imposta sul capitale delle società straniere, perché dette imposte rientravano fra quelle per le quali spettano alla Regione i nove decimi del gettito complessivo (art. 8 dello Statuto) e la Regione non é stata sentita.

5) Infine, col ricorso n. 19, viene impugnata la legge 31 luglio 1954, n. 608, che ha abolito l'imposta sulle rendite degli enti di manomorta, perché i nove decimi del gettito di questa imposta erano attribuiti dall'art. 8 dello Statuto alla Regione e questa non é stata sentita preventivamente.

 

Considerato in diritto

 

 

Poiché, come si é detto, la decisione delle cause promosse dalla Regione sarda dipende dalla soluzione di questioni in gran parte identiche, la Corte ritiene opportuno che tale decisione abbia luogo con unica sentenza.

Il quesito che si pone come preliminare, per l'esame di tutte le altre questioni tanto processuali quanto di merito, concerne la natura e l'oggetto e di conseguenza i limiti del diritto, di cui la Regione si afferma titolare, ai proventi derivanti dal gettito delle imposte riscosse nel territorio di essa.

In base alle norme contenute nell'art. 119, 20 comma, della Costituzione della Repubblica e nell'art. 8 dello Statuto speciale per la Sardegna la Corte ritiene che la Regione abbia un vero e proprio diritto costituzionalmente garantito a disporre dei mezzi finanziari occorrenti per le spese necessarie ad adempiere le sue normali funzioni. Per la soddisfazione in concreto di tale diritto sono previste dalle norme costituzionali due vie: quella dei tributi propri, rispetto ai quali la Regione é soggetto di imposizione, e quella della partecipazione della Regione a quote dei tributi erariali.

Riguardo alla seconda, che forma oggetto dei ricorsi in esame, l'art. 8 dello Statuto dispone che alla Regione sarda spettano i nove decimi del gettito delle imposte elencate, nonché, "una quota dell'imposta generale sull'entrata di competenza dello Stato, riscossa nella Regione, da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d'accordo fra lo Stato e la Regione, in relazione alle spese necessarie ad adempire le funzioni normali della Regione". Dai lavori preparatori risulta che l'Assemblea costituente esaminò attentamente il problema del finanziamento della Regione, considerò anche l'eventualità di una riforma generale dell'ordinamento tributario dello Stato e le sue possibili ripercussioni sulla finanza regionale, e che lo scopo della disposizione riferita fu essenzialmente quello di togliere al sistema una eccessiva rigidità: la variabilità della quota sul gettito della I.G.E. funziona da volano, in quanto essa é destinata ad aumentare ove diminuisca il gettito complessivo delle altre entrate regionali e a diminuire nel caso inverso (Atti dell'Assemblea costituente, vol. XI, pag. 4122, 28, 29 gennaio 1948).

Le conseguenze che si debbono trarre sul piano giuridico da tali premesse importano il riconoscimento di un diritto costituzionalmente protetto della Regione alla titolarità della quota stabilita nell'art. 8 dello Statuto sul gettito delle imposte erariali ed alla conservazione del sistema della determinazione paritetica della quota annuale sul gettito della I.G.E.: una modificazione alle norme relative a questi punti, che fosse disposta con legge ordinaria dello Stato senza il preventivo parere della Regione, sarebbe da ritenere costituzionalmente illegittima e costituirebbe invasione nella sfera della competenza, se pur meramente consultiva, della Regione, in quanto importerebbe revisione del titolo III dello Statuto ai termini del 4 comma dell'art. 54 dello Statuto stesso.

Non ritiene invece la Corte che ricorra l'ipotesi prevista da questa norma ogni qual volta lo Stato, con provvedimento legislativo di portata generale, proceda a modificare il proprio ordinamento tributario, anche se taluna delle modificazioni introdotte, avendo quale effetto la sostituzione od eventualmente la soppressione dell'una o dell'altra imposta, possa per avventura determinare ripercussioni sui proventi relativi a ciascuna, spettanti alla Regione.

Non può essere questo il significato da attribuire alla norma dell'art. 54, 4 comma, perché non é concepibile che si sia voluto subordinare ad un parere preventivo della Regione ancorché non vincolante, l'adozione di qualunque provvedimento legislativo dello Stato capace di provocare ripercussioni dirette o indirette sulle finanze regionali; non é possibile accogliere un principio di questa portata, anche perché sarebbe difficile trovare un provvedimento, su qualunque materia, rispetto al quale si possa escludere a priori la eventualità di effetti indiretti sul gettito dell'una o dell'altra imposta.

D'altra parte, fino a tanto che sia conservata la norma contenuta nell'art. 8 dello Statuto, sopra riportata, le esigenze della finanza regionale risultano sufficientemente garantite, nei limiti del sistema adottato dalla Costituente, dalla determinazione paritetica annuale della quota sul gettito della I.G.E.

Le norme impugnate con i ricorsi registrati ai nn. 16, 18 e 19 non sono pertanto in contrasto con le norme costituzionali e non possono conseguentemente essere dichiarate illegittime. Si potrebbe, anzi, dubitare della proponibilità e della ammissibilità dei ricorsi stessi, in considerazione del fatto che l'esame compiuto ha condotto ad escludere la sussistenza di un diritto della Regione alla conservazione delle imposte sostituite o soppresse e, con questa, la esistenza di un diritto di azione per far valere il primo. Poiché, però, non sarebbe stato possibile pervenire a tale conclusione senza esprimere un giudizio sul merito, e nella specie diritto sostanziale e diritto processuale non possono non coincidere, la Corte ritiene di dover dichiarare infondati i ricorsi stessi.

In quanto agli altri due ricorsi, registrati ai nn. 15 e 17 definiti: "meramente eventuali" dalla Regione ricorrente, si può invece senza perplessità dichiararli improponibili, considerato che con essi si pretenderebbe ottenere dalla Corte una specie di applicazione concreta delle norme, tradotta in comandi rivolti alla amministrazione finanziaria dello Stato: risultato questo, che non é sicuramente conseguibile a mezzo di una sentenza della Corte costituzionale. La stessa difesa della Regione ha creduto opportuno prospettare una tesi subordinata, dedotta dall'art. 295 Cod. prov. civ. secondo la quale la Corte dovrebbe sospendere il proprio giudizio fino a quando il giudice competente non abbia deciso sul punto controverso. Ma, indipendentemente da ogni indagine diretta a determinare se e quale possa essere l'organo giurisdizionale competente a giudicare, e dai dubbi sulla applicabilità della norma sulla sospensione necessaria ai giudizi di legittimità costituzionale, le considerazioni esposte sopra sono sufficienti a chiarire che la soluzione della questione accennata non costituisce un antecedente logico necessario per la decisione principale, perché, in qualunque modo venga risolta la questione, la domanda rimane improponibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Pronunciando con unica sentenza sui giudizi riuniti relativi ai ricorsi proposti dalla Regione autonoma della Sardegna indicati in epigrafe ed iscritti nel Registro dei ricorsi 1956 ai nn. 15, 16, 17, 18 e 19;

Dichiara improponibili i ricorsi registrati ai nn. 15 e 17, concernenti rispettivamente la legge 22 dicembre 1951, n. 1379 e la legge 27 dicembre 1952, n. 3596, e il D.P.R. 24 giugno 1954, n. 342;

Respinge i ricorsi registrati ai nn. 16, 18 e 19, concernenti rispettivamente l'art. 2, ultimo comma, della legge 2 luglio 1952, n. 703, l'art 26 della legge 6 agosto 1954, n. 603 e la legge 31 luglio 1954, n. 608.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 giugno 1956.

 

Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI – Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI.

 

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1956.