SENTENZA N. 115
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 304 del Codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 1 febbraio 1967 dal Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Santella Guerrino, iscritta al n. 28 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 77 del 25 marzo 1967.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione di Giuntini Ugo, parte civile nel procedimento a quo;
udita nell'udienza pubblica del 9 ottobre 1968 la relazione del Giudice Enzo Capalozza;
uditi l'avv. Ettore Di Segni, per il Giuntini, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - In data 10 marzo 1966, il signor Guerrino Santella mentre percorreva, in Roma, alla guida di un'autovettura la via G. Bresadola in direzione della via Prenestina, giunto all'altezza dell'omonimo largo G. Bresadola, investiva il minore Stefano Giuntini, il quale, a seguito delle subite lesioni, decedeva il giorno 12 successivo.
Dell'incidente, segnalato l'11 marzo alla pretura unificata di Roma e più dettagliatamente il 14 marzo alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, veniva a quest'ultima inoltrato rapporto il 23 dello stesso mese, con i rilievi fotoplanimetrici, le sommarie informazioni testimoniali e i referti medici.
Frattanto, sin dal 15 marzo, il Procuratore della Repubblica "ritenuta l'assoluta urgenza di accertare immediatamente, previa ispezione esterna ed esame autoptico, l'epoca e le cause della morte, senza darne avviso ai difensori, trattandosi di accertamenti indilazionabili per il loro buon esito", nominava un perito, il quale, dopo aver proceduto alla descrizione ed identificazione di cadavere e all'autopsia, si riservava di rispondere ai quesiti formulatigli con separata relazione scritta.
Il successivo giorno 22 marzo, lo stesso Procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 128 del Codice di procedura penale, nominava all'imputato un difensore d'ufficio, al quale erano notificati, con avvisi trasmessi rispettivamente in data 23 e 24 marzo, il decreto di nomina e il deposito del verbale necroscopico.
Il 15 giugno, veniva depositata la relazione peritale sull'epoca e le cause della morte, sui mezzi con i quali era stata determinata e sul rapporto causale fra l'investimento e decesso. Il difensore aveva notizia del deposito della perizia come risulta dalla sua firma apposta il 22 giugno al verbale di deposito.
Si procedeva, quindi, il 4 luglio, all'interrogatorio dell'imputato che nominava il difensore di fiducia; e del verbale veniva dato avviso ad esso difensore in data 7 luglio 1966.
Esauritasi l'istruzione con il rito sommario, alla pubblica udienza dibattimentale del 1 febbraio 1967 dinanzi al Tribunale di Roma, il difensore dell'imputato chiedeva la rimessione degli atti al Pubblico Ministero, assumendo "che nel deposito della perizia in sede istruttoria" sono stati violati i diritti della difesa e "l'imputato non é stato notiziato di nessun atto notificato".
Si opponevano il difensore di parte civile ed il Pubblico Ministero, deducendo che l'imputazione era stata ricavata dagli elementi offerti dalla perizia e che, pertanto, all'atto del deposito di essa, il prevenuto non aveva ancora assunta la veste di imputato.
Con ordinanza del 1 febbraio 1967, pronunziata nella stessa udienza, il Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 del Codice di procedura penale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, osservando, quanto al giudizio di non manifesta infondatezza, che sebbene il diritto alla difesa, sancito dalla norma costituzionale, si estrinsechi anche nella facoltà di nomina del difensore di fiducia da parte dell'imputato, il sistema risultante dalla norma denunziata, che prevede la nomina del difensore nel primo atto in cui é presente l'imputato, e dall'art. 78 del Codice di procedura penale, sull'assunzione della qualità di imputato, rende, tuttavia, possibile "disporre atti peritali e in genere assumere prove ancor prima di aver avuto la presenza dell'imputato e perciò quando lo stesso non é stato ancora invitato a nominare un suo difensore di fiducia e, nel caso in cui ignori l'esistenza di un procedimento penale a suo carico, non sia stato comunque in grado di nominarlo".
L'ordinanza, ritualmente notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 25 marzo 1967.
2. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituito il signor Ugo Giuntini, parte civile nel procedimento a quo, con deduzioni depositate il 14 aprile 1967, ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato in pari data.
Non si é costituito il Santella Guerrino.
3. - La difesa del Giuntini assume che il diritto alla difesa sorge solo nel momento in cui si acquista la qualità di imputato, e che, comunque, nel caso di specie, il difensore nominato d'ufficio in data 22 marzo, dopo il tempestivo avviso della sua nomina, ben avrebbe potuto esercitare tutti quei diritti consentitigli dalla legge in favore dell'imputato.
4. - Anche l'Avvocatura dello Stato chiede che la questione sia dichiarata infondata, osservando che, nel vigente sistema, il diritto di nominare un difensore sorge a favore dell'imputato non appena egli assume tale veste, ai sensi dell'art. 78 Codice di procedura penale. Aggiunge che soltanto nel caso in cui l'inquisito non abbia proceduto a tale nomina, né vi provveda successivamente dinanzi al giudice, questo ultimo, ai sensi dell'art. 304 del Codice di procedura penale (ovvero del successivo art. 390 nell'ipotesi di istruzione sommaria), nomina il difensore d'ufficio; a tale nomina si fa, poi, luogo, in applicazione degli artt. 170 e 173 del Codice di procedura penale, pure nel caso in cui l'imputato, privo di difensore, non compaia dinanzi al giudice e renda in tal modo inattuabile l'invito di nominarsi un difensore di fiducia.
Ciò premesso, l'Avvocatura deduce che non si verte in tema di legittimità costituzionale nella ipotesi, prospettata dal Tribunale, di una violazione del diritto di difesa per avere il giudice, anteriormente al primo atto in cui é presente l'imputato (art. 304 del Codice di procedura penale), l'astratta possibilità di disporre atti peritali o di assumere prove in genere. Per quanto concerne, infatti, il compimento di atti peritali, osserva che l'art. 304 bis del Codice di procedura penale (applicabile, per la sentenza n. 52 del 1965, di questa Corte, anche nel rito sommario) prevede che il difensore ha diritto di assistervi, il che postula logicamente che egli sia stato, comunque, anteriormente nominato: l'eventuale violazione della norma da parte del giudice é, pertanto, una questione di fatto, irrilevante sul piano della costituzionalità.
Anche per quanto concerne l'assunzione di prove da parte del giudice, prima dell'atto di nomina del difensore ai sensi della norma denunziata, afferma che é una questione di mero fatto che l'imputato non sia ancora assistito da difensore, e che, in ogni caso, l'assunzione di prove da parte del giudice anteriormente al suddetto atto di nomina, non concreta una compressione o limitazione del diritto di difesa dell'imputato, avendo il giudice il potere-dovere di raccogliere elementi di prova.
Precisa al riguardo che, per gli artt. 304 bis e 304 ter, senza la previa nomina del difensore ai sensi della disposizione denunziata, il giudice, a pena di nullità, non può assumere prove consistenti in esperimenti giudiziari, in perquisizioni domiciliari e in ricognizioni. Le prove assunte non potranno, pertanto, consistere che in semplici atti istruttori di carattere preliminare, ma per esse non si richiede la nomina del difensore, non essendone prevista la presenza.
Conclude l'Avvocatura che l'ordinanza di rimessione, piuttosto che denunziare una norma per illegittimità costituzionale, tende ad ottenere una sostanziale modifica del vigente sistema processuale, nel senso che l'intervento della difesa debba attivamente esplicarsi, a pena di nullità, in ogni atto del procedimento istruttorio, con carattere preliminare rispetto ad ogni altro; ed osserva che siffatta riforma verrebbe a turbare il necessario equilibrio fra le esigenze della difesa sociale e quelle della difesa individuale.
5. - Alla pubblica udienza del 9 ottobre 1968 le parti hanno insistito nelle loro rispettive tesi e conclusioni.
Considerato in diritto
É stata denunciata a questa Corte la norma contenuta nell'art. 304 del Codice di procedura penale, che attiene alla nomina del difensore dell'imputato nell'istruzione formale e nella quale si dispone che il giudice, "nel primo atto del procedimento in cui é presente l'imputato", lo inviti a scegliersi un difensore, o glielo nomini d'ufficio, qualora egli non lo abbia scelto. Tale norma sarebbe in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in quanto, mentre la garanzia costituzionale del diritto di difesa si estrinseca anche nella nomina del difensore di fiducia da parte di chi, ai sensi dell'art. 78 del Codice di procedura penale, assume la qualità di imputato, l'art. 304 consente che si acquisiscano prove prima che l'imputato sia stato invitato a nominare un difensore di fiducia e prima che, ignorando l'esistenza di un procedimento penale a suo carico, sia comunque in grado di provvedervi.
La questione, sebbene sia stata sollevata in relazione ad assunte irregolarità nel deposito di una perizia, disposta - come risulta dagli atti - in via d'urgenza, non é stata tuttavia estesa all'art. 304 ter del Codice di procedura penale che, per il rito dell'istruzione formale, applicabile ai sensi del successivo art. 392, primo comma, al rito sommario, dà facoltà al giudice, nei casi di assoluta urgenza, di procedere ad alcuno degli atti ai quali il difensore ha diritto di assistere, pur senza dargliene notizia e prima che si sia avuta la presenza dell'imputato.
Occorre aggiungere che, nel caso dell'istruttoria sommaria - e tale é quello in occasione del quale é stato suscitato il presente giudizio - trova applicazione l'art. 390 del Codice di procedura penale.
Mentre l'art. 304 dispone che il giudice, nel primo atto del procedimento in cui é presente l'imputato, lo inviti a scegliersi un difensore, o, in mancanza, glielo nomini d'ufficio, l'art. 390 anticipa questa nomina anche ad un momento anteriore, se necessario. E ciò a prescindere dalla constatazione che già l'art. 128 del Codice di procedura penale, statuendo che "quando l'imputato deve essere assistito o rappresentato dal difensore e non lo ha nominato o ne rimane privo, la nomina (...) é fatta d'ufficio, secondo i casi, dal giudice istruttore, dal pubblico ministero, dal presidente o dal pretore (...)", presuppone la necessità dell'interrogatorio, o, quanto meno, di un ordine o mandato rimasto senza effetto al fine di permettere all'imputato di nominare il difensore di fiducia, se ne sia privo.
Col che, qualora debbano compiersi atti cui il difensore abbia diritto di assistere (pur se non vi sia diritto al preavviso), é nel momento in cui tali atti vengono disposti che la necessità si presenta e, cioè, é in questo momento che il difensore deve essere nominato (art. 390 del Codice di procedura penale). Ne consegue che, entro i limiti in cui l'ordinanza di rimessione ha denunziato la norma, non si pone una questione di legittimità costituzionale, ma, se mai, di normale osservanza del diritto di difesa nel quadro dell'art. 185, n. 3, del Codice di procedura penale.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunziata, che regola la nomina del difensore dell'imputato nell'istruzione formale, non potrebbe avere alcuna influenza nel giudizio de quo, la cui istruttoria si é svolta - ripetesi - con il rito sommario.
La questione risulta, pertanto, manifestamente irrilevante e deve essere dichiarata inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile, perché irrilevante, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 del Codice di procedura penale, proposta, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con l'ordinanza del 1 febbraio 1967 del tribunale di Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1968.
Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE
Depositata in cancelleria il 28 novembre 1968.