Sentenza n. 30 del 1968
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SENTENZA N. 30

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, contenente norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1966 dal Tribunale di Tempio Pausania nel procedimento civile vertente tra le Società Gilpa e Sugherificio italiano, il Comune di Olbia e la Regione autonoma della Sardegna, iscritta al n. 132 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 10 settembre 1966.

Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma della Sardegna;

udita nell'udienza pubblica del 28 febbraio 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per la Regione sarda.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento civile vertente davanti al Tribunale di Tempio Pausania tra la Società anonima immobiliare Gilpa e la Societàa.r.l. Sugherificio italiano ed il Comune di Olbia e Regione autonoma della Sardegna, fu già rimessa a questa Corte, con precedente ordinanza di quel Tribunale, la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalle attrici in riferimento all'art. 25 della Costituzione, dell'art. 55 delle Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, che estende all'Amministrazione regionale le funzioni dell'Avvocatura dello Stato.

La Corte ritenne la questione infondata, con sentenza n. 119 del 1963. Avendo le parti riassunto il giudizio davanti al Tribunale, il Collegio ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 55, in riferimento all'art. 56 dello Statuto speciale e all'art. 70 della Costituzione.

Si assume nell'ordinanza che il procedimento di formazione della legge previsto dall'art. 56 dello Statuto configura una particolare forma di delegazione legislativa, e che nell'articolo impugnato deve ravvisarsi un eccesso dal potere legislativo delegato, in quanto il suo contenuto non trova riferimento specifico nelle norme o istituti contemplati dello Statuto e limita l'autonomia della Regione. Conseguentemente si sarebbe anche violato l'art. 70 della Costituzione, perché l'organo amministrativo delegato avrebbe esercitato una funzione attribuita alle Camere.

L'ordinanza é stata notificata e comunicata a norma di legge.

Con deduzioni 17 giugno 1966 si é costituita in giudizio la Regione autonoma della Sardegna, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato. Si contestano dalla Regione le affermazioni dell'ordinanza, sia quanto alla natura delle norme di attuazione, dai cui limiti non avrebbe esorbitato la disposizione impugnata, sia quanto all'asserita violazione dell'autonomia regionale. Le norme contenute nel citato art. 55 corrisponderebbero invece alla finalità di attuazione dello Statuto, in quanto completano l'ordinamento organico della Regione, senza incidere sui suoi poteri dispositivi dei rapporti sostanziali e senza limitare la tutela degli interessi regionali nel caso di conflitto con gli interessi dello Stato.

Gli argomenti della Regione sono stati sviluppati in successiva memoria e nella trattazione orale della causa.

 

Considerato in diritto

 

Con la questione di legittimità costituzionale sollevata d'ufficio dal Tribunale di Tempio Pausania si pone in dubbio che le norme dell'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, che estendono all'Amministrazione regionale sarda le funzioni dell'Avvocatura dello Stato, possano considerarsi di attuazione dello Statuto, in quanto non troverebbero un riferimento specifico nelle norme o istituti da questo contemplati, e inoltre limiterebbero l'autonomia della Regione. Esse pertanto avrebbero travalicato i confini del potere legislativo delegato con l'art. 56 dello Statuto e sarebbero conseguentemente in contrasto con l'art. 70 della Costituzione.

La questione non é fondata.

Questa Corte ha avuto già occasione di rilevare in numerose decisioni come gli articoli degli Statuti regionali che prevedono l'emanazione di norme di attuazione contengono una speciale attribuzione di potestà legislativa, da esercitare con le forme e il procedimento in essi stabiliti.

Si é inoltre precisato che tale attribuzione di potestà legislativa non ha per oggetto l'emanazione di norme di mera esecuzione dello Statuto. Con essa, infatti, non si voleva che fossero stabilite semplicemente, come in un regolamento, quelle disposizioni più dettagliate che occorrono per l'applicazione di una legge (sentenza n. 20 del 1956), ma si voleva fossero emanate - per riferirci qui soltanto alle disposizioni di attuazione di contenuto organizzativo - norme legislative corrispondenti alla necessità di assicurare un collegamento tra le attività e i servizi trasferiti alla Regione e quelli che rimangono allo Stato; di evitare duplicazioni di attività e di uffici; in sintesi, di dar vita, nell'ambito delle ben definite autonomie regionali, a una organizzazione dei pubblici uffici e delle pubbliche funzioni che si armonizzi con l'organizzazione dello Stato, nell'unità dell'ordinamento amministrativo generale (sentenza n. 14 del 1962).

Nel quadro di questo coordinamento tra l'organizzazione amministrativa dello Stato e quella della Regione rientra la estensione a quest'ultima delle funzioni dell'Avvocatura dello Stato. In sostanza, con tale estensione si é messo a disposizione della Regione l'attività tecnica di un organo istituzionalmente destinato alla rappresentanza e difesa anche delle amministrazioni pubbliche non statali, quando ne sia autorizzato da disposizioni di legge o di regolamento o di altro provvedimento approvato con decreto del Capo dello Stato (art. 43 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611).

Né le norme impugnate oltrepassano i limiti delle materie disciplinate dallo Statuto, in quanto con esse si prevede un mezzo di attuazione della tutela di diritti e di interessi già appartenenti allo Stato, e dallo Statuto attribuiti alla Regione.

Del pari senza fondamento é l'asserita violazione dell'autonomia regionale.

Più che la norma costituzionale, la contraddizione non avrebbe consentito che il patrocinio degli interessi regionali fosse affidato all'Avvocatura nei casi di contrasto di interessi tra la Regione e lo Stato. Ma l'art. 55 esplicitamente stabilisce che le sue disposizioni non si applicano nei giudizi in cui sono parti l'Amministrazione dello Stato e le Amministrazioni regionali, salvo il caso di litisconsorzio attivo, e dispone inoltre che, nel caso di litisconsorzio passivo, la Regione può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura solo quando non vi sia conflitto di interessi tra Stato e Regione.

In tal modo é salvaguardata l'autonomia della Regione, mentre alla sua discrezionalità é affidata la valutazione dell'esistenza di un contrasto di interessi, nell'esercizio della facoltà di avvalersi dell'Avvocatura nei litisconsorzi passivi con lo Stato.

Né va taciuto che l'art. 5 del citato testo unico consente alla Regione di affidare la propria difesa agli avvocati del libero foro, anche fuori delle ipotesi di conflitto.

D'altra parte, com'é stato rilevato dalla difesa della Regione, l'attività consultiva e contenziosa dell'Avvocatura dello Stato non limita i poteri dispositivi della Regione sui rapporti sostanziali.

La lunga e incontrastata attuazione che hanno avuto le norme impugnate dimostra del resto che la stessa Regione non ha mai visto in esse una lesione della propria autonomia, e ciò é confermato dal comportamento della Regione nel presente giudizio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, contenente norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, proposta con l'ordinanza citata in epigrafe, in riferimento all'art. 56 dello Statuto sardo e all'art. 70 della Costituzione.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1968.

 

Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI

 

 

 

 

Depositata in cancelleria il 20 aprile 1968.