SENTENZA N. 82
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 574, primo comma, del Codice penale, promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1966 dal pretore di Cavalese nel procedimento penale a carico di Fischer Bronwen, iscritta al n. 16 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213 del 27 agosto 1966.
Udita nella camera di consiglio del 1 giugno 1967 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento penale contro Fischer Bronwen, imputata del reato di cui all'art. 574, primo comma, del Codice penale, per aver sottratto al coniuge Dellantonio Ennio i figli minori Heidi e Giannina, il pretore di Cavalese, con ordinanza dell'11 maggio 1966, ha sollevato di ufficio questione di legittimità costituzionale della suddetta disposizione in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione.
La Corte, con sentenza n. 9 del 1964, aveva dichiarato costituzionalmente illegittima la norma ora nuovamente impugnata, nella parte in cui questa riconosceva al solo genitore esercente la patria potestà il diritto di querela per il reato di sottrazioni di minore. In tale occasione la Corte rilevò che la qualità di soggetto passivo del reato in questione, con il conseguente diritto a proporre la querela, deve intendersi attribuita anche al genitore non esercente la patria potestà, importando quel reato una offesa che non si limita a colpire l'interesse inerente all'esercizio della patria potestà, ma investe l'intero istituto familiare.
Secondo il pretore di Cavalese, la suddetta pronuncia si sarebbe invece riferita esclusivamente alla disciplina del diritto di querela senza risalire anche alla soggettività passiva del reato previsto dalla norma, e questa, sotto tale ultimo aspetto, continuerebbe ad essere in contrasto con i principi costituzionali dell'eguaglianza e della parità morale e giuridica dei coniugi. Si assume poi, nell'ordinanza, che "l'art. 574, escludendo che il marito possa commettere il delitto in esame se sottrae alla moglie i figli minori, crea nei suoi confronti una situazione di privilegio rispetto all'altro coniuge che, se commette la stessa azione ai danni del marito, incorrerà inevitabilmente nella sanzione penale prevista dalla citata norma".
L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 213 del 27 agosto 1966. Non vi é stata costituzione di parti.
Considerato in diritto
La presente questione può decidersi unicamente col raffronto fra l'oggetto del giudizio a quo e l'oggetto della questione stessa. I quali, lungi dall'essere interdipendenti ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge n. 87 del 1953, risultano del tutto estranei l'uno all'altro.
Nel processo penale da cui proviene l'ordinanza di rimessione due erano le imputazioni: violazione degli obblighi di assistenza familiare per essersi l'imputata sottratta agli obblighi inerenti alla qualità di coniuge (art. 570 del Codice penale); sottrazione di minori al genitore esercente la patria potestà (art. 574).
La prima non riguarda la questione, e la stessa ordinanza informa che fu disposta dal pretore la separazione dei giudizi ai sensi dell'art. 414 del Codice di procedura penale. Ma nemmeno la seconda imputazione ha alcuna attinenza con la questione.
Premesso il richiamo dei principi di cui agli artt. 3 e 29 della Costituzione, si assume nell'ordinanza che "l'art. 574 del Codice penale, escludendo che il marito possa commettere il delitto in esame se sottrae alla moglie i figli minori, crea nei suoi confronti una situazione di privilegio rispetto all'altro coniuge". La questione é dunque sollevata in relazione non già alla sottrazione dei figli minori da parte della moglie, oggetto del giudizio a quo, ma ad una ipotetica sottrazione da parte del marito: questione che, qualunque possa esserne la soluzione, non avrebbe influenza alcuna sulla decisione del giudizio a quo. Trattasi di un caso assolutamente evidente di non rilevanza della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione sollevata con ordinanza dell'11 maggio 1966 del pretore di Cavalese, sulla legittimità costituzionale dell'art. 574 del Codice penale, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 3 luglio 1967.