SENTENZA N. 59
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 7, quarto comma, del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436 (disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli), promossi con due ordinanze emesse il 24 ed il 25 gennaio 1966 dal Pretore di Catania nei procedimenti civili vertenti rispettivamente tra la società Sicula Rapida e la società Servilio Zarattini e tra Pepi Marianna e Pantano Gaetano, iscritte ai nn. 26 e 27 del Registro ordinanze 1966 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 64 del 12 marzo 1966 e n. 76 del 26 marzo 1966.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione della società Zarattini;
udita nell'udienza pubblica del 15 marzo 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;
uditi l'avv. Giuseppe Cusimano, per la società Zarattini, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - La società Sicula Rapida su ricorso della società Servilio Zarattini, che le aveva venduto un autocarro, si vedeva sequestrare, per mancato pagamento di alcune rate del prezzo d'acquisto, l'automezzo a norma dell'art. 7 del R.D. L. 15 marzo 1927, n. 436. Perciò faceva opposizione presso il Pretore di Catania e denunciava l'incostituzionalità di tale norma che vieta al giudice di sospendere l'esecuzione del decreto di vendita forzata se l'opponente non provveda al pagamento delle somme dovute. Il Pretore accoglieva la denuncia ed il 24 gennaio 1966 emanava un'ordinanza di rinvio a questa Corte, ordinanza ritualmente pubblicata e notificata.
Secondo il Pretore, l'art. 7, quarto comma, della legge ricordata ha introdotto nei rapporti fra alienante ed acquirente d'automezzi il c.d. principio del solve et repete: ciò urterebbe con l'art. 3 della Costituzione poiché la norma impugnata si traduce in una situazione di favore di chi ha mezzi per versare la somma dovuta in confronto a chi non li possiede pur avendo ragioni da opporre al creditore (il decreto di sequestro tra l'altro produce decadenza del beneficio delle rate); compromesso é inoltre il diritto di difesa dell'acquirente sia perché questi sarebbe scoraggiato, dopo il versamento del prezzo, ad affrontare le spese del giudizio, sia perché, se le affronta, il creditore potrebbe frattanto divenire insolvente: perfino la legge cambiaria consente al giudice di sospendere l'esecuzione anche se talvolta dietro cauzione.
2. - La società venditrice si é costituita con atto depositato il 14 aprile 1966 nel quale respinge tanto l'una che l'altra censura: non c'é violazione dell'art. 3 poiché la legge - dinanzi alla illiquidità del debitore che, per giunta, acquistando il veicolo, aveva accettato o voluto l'iscrizione del privilegio su di esso - non poteva distinguere fra ricco e povero: la differenza di situazione fra chi può e chi non può pagare le rate scadute deriva, non dalla norma impugnata, ma dallo stato di fatto; né si potrebbe dire violato l'art. 24: la norma denunciata non pone ostacoli all'esercizio del diritto di difesa ma assoggetta il compratore, divenuto proprietario d'un bene non ancora pagato, alle conseguenze d'un impegno che ha assunto liberamente; né vi é analogia col solve et repete, dato che l'acquirente, se non versa quelle rate, perderà l'autoveicolo ma non si vedrà preclusa l'azione diretta a far valere i propri diritti.
3. - Il Presidente del Consiglio é intervenuto con atto della Avvocatura dello Stato depositato il 31 marzo 1966. Inesso, oltre che prospettare e sviluppare gli argomenti della società venditrice, si precisa che la norma impugnata sancisce la decadenza dal beneficio della rateizzazione, solo se l'acquirente diminuisce le garanzie poste a favore della controparte (non perciò in ogni caso, come afferma invece il Pretore di Catania); che la possibilità d'un'insolvenza del venditore dinanzi alla ripetizione di indebito eventualmente proposta dall'acquirente non compromette il diritto di difesa (di fatto ogni azione giudiziaria é soggetta al rischio di insolvenza del convenuto); che altrettanto deve dirsi dello scoraggiamento, a cui andrebbe incontro il compratore per aver dovuto pagare le rate scadute: questione psicologica, non giuridica; che comunque l'acquirente non può lamentarsi se il pagamento lo mette in condizione identica a quella di chi abbia acquistato per contanti ed agisca per i vizi della cosa acquistata.
4. - Nel corso di analogo giudizio, promosso dalla signora Marianna Pepi contro il sig. Gaetano Pantano, il Pretore di Catania emetteva il 25 gennaio 1966 una analoga ordinanza proponendo la stessa questione di legittimità costituzionale. Il Presidente del Consiglio interveniva con atto depositato il 31 marzo 1966, il cui contenuto é eguale a quello dell'atto d'intervento relativo all'altra causa.
Considerato in diritto
1. - Le due cause, avendo ad oggetto la stessa questione, possono essere decise con un unico giudizio.
2. - L'ordinanza di rinvio avanza sospetti di incostituzionalità sull'art. 7 del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, per il quale il compratore di un autoveicolo, che si oppone al sequestro dell'automezzo, non evita la vendita forzata se prima non paga al venditore precedente le somme dovute per l'acquisto: la norma favorirebbe quei debitori che sono in grado di pagare immediatamente l'intero prezzo e perciò violerebbe l'art. 3 della Costituzione; inoltre, a somiglianza di quanto accadeva per il c.d. solve et repete, renderebbe illusorio il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione).
Né l'una né l'altra censura appare fondata.
Non la prima poiché trascura il fatto che l'opponente ha acquistato la macchina, normalmente ne ha usato, é debitore del prezzo ed é sottoposto a privilegio su di essa in virtù d'un atto scritto e registrato (artt. 2, 6, 12, lett. g, 14 R.D.L. citato): tutto ciò, quale che sia la natura del procedimento aperto dal venditore insoddisfatto, legittima la singolare rapidità degli atti processuali di sequestro e vendita forzata dell'autoveicolo; e l'onere del pagamento preventivo tende proprio ad escludere che l'opposizione sia un pretesto per ritardare il versamento del prezzo del bene acquistato: somma che, del resto, quando il compratore non abbia a sua volta alienato l'autoveicolo, si riduce all'ammontare delle rate scadute: art. 7, primo comma. E se chi ha indipendenza economica può adempiere con minori sacrifici, questo non é segno di una legislazione di favore, ma, piuttosto che effetto del particolare comando legislativo, é una conseguenza fatale della situazione di debito. Benché dopo il decreto di sequestro non vi sia ancora l'accertamento definitivo dell'obbligo o meglio delle sue dimensioni, tuttavia l'atto scritto, la registrazione del privilegio e la presenza del veicolo sono indici di fondatezza della pretesa avanzata dal venditore procedente; perciò, pur non potendosi escludere una responsabilità del venditore per vizi occulti o altra simile, non é irragionevole né ingiusta una legge che, esigendo il pagamento preventivo, non distingue fra abbienti e non abbienti (v. sentenza 1963 n. 56 della Corte costituzionale): a costoro, del resto, non si chiede altro che una prestazione a cui si erano visibilmente impegnati.
3. - Infondata é anche la seconda censura poiché non distingue gli effetti tipici dell'opposizione dalla sospensione del procedimento esecutivo: questa di regola non é conseguenza necessaria di quella (artt. 623 e segg. e 648 del Codice di procedura civile, art. 64 della legge cambiaria). Anche nel procedimento speciale introdotto dalla legge impugnata l'opposizione compie il suo corso, nel quale l'opponente può far valere le proprie ragioni, indipendentemente dalla sospensione degli atti esecutivi: come dire che all'accertamento di quelle ragioni si procede benché l'opponente non abbia pagato le somme dovute e perfino se si é opposto dopo la scadenza del termine previsto nel terzo comma dell'art. 7. Sotto questo aspetto dunque, non occorrendo il pagamento preventivo, non vi é alcun ostacolo all'esercizio del diritto di difesa (v. anche sentenza 1962 n. 40 della Corte costituzionale).
Il mancato pagamento impedisce solo la sospensione del processo esecutivo; ma anche nell'esecuzione ordinaria o nel processo cambiario il mancato versamento della cauzione, frequentemente imposta dal giudice, impedisce la sospensione del processo: il che prova come subordinarla alla prestazione di garanzie pecuniarie risponda a un'esigenza diffusa nel nostro ordinamento. Innegabilmente il diritto di difesa deve potersi esercitare anche nella fase esecutiva ("in ogni stato e grado del giudizio"); ma ciò non significa che il procedimento esecutivo debba arrestarsi dinanzi a una qualunque opposizione: se esso é giunto ai suoi ultimi episodi, attribuire alla nuda richiesta del debitore la virtù di impedirne la conclusione più rapida contrasterebbe ai fini di giustizia. Quando il procedente é forte di titoli o di documenti d'immediata efficacia probatoria anche a lui può essere dovuta una qualche garanzia, se si vogliono sospendere gli atti esecutivi: nel procedimento su autoveicoli funge da garanzia il preventivo pagamento delle rate pregresse, che é anche un freno ad opposizioni avventate di chi ha una posizione processuale decisamente compromessa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del quarto comma dell'articolo 7 del R. D. L. 15 marzo 1927, n. 436 (recante norme sulla "disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli"), proposta, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con le ordinanze del Pretore di Catania citate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 5 maggio 1967.