Sentenza n. 40 del 1962
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SENTENZA N. 40

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 624 del Codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 2 maggio 1961 dal giudice dell'esecuzione presso il Tribunale di Rovigo nel procedimento di esecuzione immobiliare ad istanza di Sartorelli Regina e del curatore del fallimento Bulgarelli - Pitteo Giovanni contro Sartini Ines, vedova Bulgarelli - Pitteo, iscritta al n. 76 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 148 del 17 giugno 1961.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 21 marzo 1962 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con ricorso urgente dell'11 gennaio 1961, la signora Ines Sartini, vedova Bulgarelli - Pitteo, contro la quale era in corso un procedimento di esecuzione immobiliare sul diritto di usufrutto ad essa spettante sui beni di proprietà del figliuolo Giovanni Bulgarelli - Pitteo fallito - premesso che era stato reperito il testamento olografo del signor Alfredo Bulgarelli - Pitteo, in virtù del quale essa ricorrente diventava proprietaria dei beni oggetto della vendita all'asta fissata per il medesimo giorno 11 gennaio 1961, chiese la sospensione della esecuzione perché si procedesse in suo favore a una revisione delle quote nei confronti del fallimento, che era stato autorizzato il 5 maggio 1960 a vendere insieme con l'usufrutto i diritti tutti spettantigli sui beni Bulgarelli - Pitteo.

il giudice dell'esecuzione accolse la richiesta, sospese il giudizio, imponendo una cauzione di lire 500.000 e rimise le parti innanzi a sé per la istruzione della causa di opposizione. Senonché , non essendo stata versata la cauzione nei termini, all'udienza del 1 febbraio 1961, il giudice dispose la revoca della sospensione. La signora Sartini, il medesimo giorno, sollevò la questione di legittimità costituzionale dell'art. 624 del Cod. proc. civ. nella parte in cui prevede la facoltà del giudice di imporre una cauzione.

Il giudice dell'esecuzione non considerò manifestamente infondata la proposta questione, ritenendo che l'imposizione di una cauzione per la sospensione del processo esecutivo realizzi una situazione "affatto analoga" a quella regolata dall'art. 98 del Cod. proc. civ., la cui illegittimità é stata dichiarata con sentenza 23 novembre 1960, n. 67, di questa Corte, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. E, infatti, l'istituto della cauzione per le spese dovrebbe essere inquadrato nella categoria delle cauzioni giudiziarie per le caratteristiche, che esso possiede in comune con queste, del generico pericolo in mora e della strumentalità, una strumentalità non attuale ma ipotetica, diretta ad assicurare l'efficacia di un provvedimento principale, nel caso codesto provvedimento abbia un determinato contenuto. Vero é, prosegue l'ordinanza, che la Corte distinse in quella sentenza dalla cauzione altri istituti processuali che prevedono l'adempimento di oneri anche di natura patrimoniale, quale presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale, ma la distinzione sarebbe stata fondata dalla Corte o sul fatto che quegli istituti sono posti in funzione di particolari interessi pubblici o sul fatto che presuppongono - un provvedimento giurisdizionale o amministrativo, titolo sufficiente per l'imposizione di una cauzione, anche se suscettibile di impugnazione o di riforma; o perché l'imposizione dell'onere deriva da categorie e presupposti oggettivi, e non da condizioni soggettive, personali o sociali, che l'art. 3 della Costituzione esclude possano giustificare una disparità di trattamento.

Nel caso di specie, ad avviso del giudice di Rovigo, nessuno di codesti motivi potrebbe essere invocato. Sarebbe evidente, viceversa, che la signora Sartini intende tutelare un proprio diritto senza che esista alcun provvedimento dell'autorità che possa far ritenere vano l'esercizio del diritto stesso, del quale, invece, costituirebbe ostacolo, di natura soggettiva e personale, l'imposizione della cauzione.

Il giudice ha ritenuto la questione rilevante per la definizione del giudizio ed ha, in conseguenza, con ordinanza 2 maggio 1961, sospeso il provvedimento e trasmesso gli atti a questa Corte.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e comunicata ed é stata pubblicata, per disposizione del Presidente della Corte costituzionale, sulla Gazzetta Ufficiale n. 148 del 17 giugno 1961.

Davanti alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura generale dello Stato. Non vi é stata costituzione di parte privata.

2. - Nelle deduzioni depositate in cancelleria l'8 giugno 1961, l'Avvocatura generale dello Stato sostiene che, tra la cauzione prevista dall'art. 624 del Cod. proc. civ. e la cosiddetta cautio pro expensis, le differenze prevarrebbero sulle analogie. La Corte costituzionale avrebbe fondato la sua decisione principalmente sulla considerazione che l'imposizione della cauzione e la conseguente estinzione del processo nel caso che la cauzione non fosse prestata, avrebbe potuto provocare conseguenze di eccezionale gravità rispetto all'esercizio dei diritti che l'art. 24 della Costituzione dichiara inviolabili. Viceversa, la cauzione prevista dall'art. 624 del Cod. proc. civ. non avrebbe alcuna influenza sull'esercizio del diritto che l'opponente vuol far valere, stante che la mancata prestazione della cauzione esaurirebbe i suoi effetti nell'ambito del provvedimento di sospensione "che é un mero incidente del processo esecutivo". L'istituto troverebbe la sua giustificazione nella sua stessa natura giuridica che é di una cautela imposta quale condizione per ottenere la sospensione, che é essa stessa un provvedimento di carattere cautelare. Aggiunge poi l'Avvocatura dello Stato, per sottolineare e chiarire la differenza tra i due istituti, che l'onere processuale previsto dall'art. 624 é imposto per ottenere la sospensione di un procedimento in atto che trova la sua base in un titolo esecutivo e addirittura, come nel caso di specie, quando già il giudice dell'esecuzione ha emesso un provvedimento che dispone la vendita.

Nessuna violazione ci sarebbe, dunque, dei principi contenuti nell'art. 24 della Costituzione, ma la questione sarebbe del pari infondata in relazione al Principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Carta costituzionale. La norma contenuta nell'art. 624 del Cod. proc. civ. non condiziona la sospensione del processo, in via generale e preventiva, con riferimento alle condizioni patrimoniali di colui che promuove l'istanza: l'eventuale disparità in cui potrà trovarsi in concreto il povero rispetto al ricco sarebbe una semplice conseguenza di fatto, che non ha alcuna rilevanza per la legittimità costituzionale della norma. L'Avvocatura conclude ricordando che gli oneri processuali sarebbero stabiliti dalla legge a necessaria tutela dell'interesse della controparte, in applicazione di un generalissimo principio, secondo il quale la libertà di ciascuno deve trovare un suo limite inderogabile nell'altrui sfera di libertà.

3. - L'Avvocatura dello Stato ha depositato in data 7 marzo scorso una breve memoria, nella quale riassume gli argomenti esposti nell'atto di intervento, insistendo perché la proposta questione di costituzionalità sia dichiarata non fondata. Le stesse conclusioni ha ribadito all'udienza del 21 marzo 1962.  

Considerato in diritto 

1. - Occorre in primo luogo tener fermo che la questione di legittimità sottoposta all'esame della Corte non sorge già da un generico contrasto della norma impugnata con l'art. 24 della Costituzione, considerato nel suo insieme come posto a garanzia dell'inviolabile diritto alla difesa, preso anch'esso con significazione indeterminata e generica, ma specificamente col primo comma di questo stesso articolo, secondo il quale "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi".

Posta in questi termini, che coincidono sostanzialmente con quelli enunziati dall'ordinanza, la questione non é fondata.

Tutto il ragionamento col quale il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Rovigo ha motivato il suo giudizio di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 624 del Cod. proc. civ. poggia sul presupposto che tanto la cauzione dell'art. 98 del Cod. proc. civ. (la cosiddetta cautio pro expensis), quanto quella prevista dall'art. 624 del medesimo Codice rientrano nella categoria delle cauzioni giudiziarie e più generalmente dei provvedimenti cautelari, contrassegnata da particolari connotati, quali sono stati delineati da un'autorevole dottrina alla quale, nella forma ricevuta di recente, l'ordinanza si rifà puntualmente. La conseguenza sarebbe questa: che l'illegittimità della cautio pro expensis dichiarata dalla sentenza di questa Corte 23 novembre 1960, n. 67, dovrebbe comportare necessariamente l'illegittimità delle altre figure ricomprese sotto quella categoria e segnatamente della cauzione che il giudice dell'esecuzione può imporre a colui - debitore o terzo - che si oppone all'esecuzione già iniziata e ne chiede la sospensione.

Ritiene la Corte che, a prescindere dal giudizio sulla validità di quella categoria, che non é necessario appurare in questa sede, ciascuna cauzione giudiziaria, sorgendo in una fase e in un momento determinato del processo, svolgendo in questo una funzione determinata, producendo determinati effetti, deve essere esaminata, ai fini del giudizio della sua legittimità costituzionale, nella sua individuale concretezza: il fatto che sia stata ricondotta, ai fini di una sistemazione dottrinale, sotto un'unica categoria, insieme con un'altra, della quale la Corte ha dichiarato la illegittimità , non comporta che anche di essa si debba pronunciare lo stesso giudizio.

Ora, come ha sottolineato la difesa del Presidente del Consiglio, le differenze che intercorrono tra la cautio pro expensis e questa del primo comma, ultima parte, dell'art. 624, sono sostanziali ai fini dell'esame della conformità col precetto contenuto nell'art. 24 della Costituzione. Si tratta, infatti, di una cauzione collegata con la esecuzione e in un momento in cui questa é già iniziata; di una cauzione che presenta un accentuato carattere pubblicistico, diretta com'é a tutelare l'efficacia della funzione giurisdizionale o, com'é stato detto, l'imperium iudicis; e soprattutto di una cauzione che, qualora non sia prestata dall'opponente, non ha come sua conseguenza l'estinzione del processo, ma soltanto quella di far cessare la sospensione dell'esecuzione, di togliere, cioè , efficacia, mediante la revoca, a un altro provvedimento cautelare, quello della sospensione col quale la cauzione imposta all'opponente si pone nello strettissimo rapporto di una cautela di fronte a un'altra cautela o, come si dice, di controcautela. Il giudizio di opposizione che, secondo la prevalente dottrina, é da qualificare come un giudizio di cognizione ordinaria, autonomo formalmente rispetto alla procedura esecutiva in corso, continua comunque il suo iter, mentre all'opponente resta in ultima istanza il rimedio della sospensione necessaria ope iudicis, totale o parziale, prevista dall'art. 512 del Cod. proc. civile.

Da tutto ciò é agevole dedurre che in questo caso non si può affermare, come inclina a ritenere l'ordinanza di rimessione, che non sia dato al cittadino di far valere in giudizio il proprio diritto. Vero é che l'ordinanza si dà carico del fatto che la Corte nella citata sentenza n. 67 del 1960 enunciò alcuni criteri (tutela di interessi pubblici; esistenza di un provvedimento giurisdizionale; riferimento a categorie o presupposti oggettivi), che a suo avviso potevano indurre una differenza, ai fini della legittimità costituzionale, tra la cautio pro expensis e altre misure che impongono oneri all'una o all'altra parte di un giudizio per la valida costituzione del rapporto processuale. Ma erroneamente ritiene che quei criteri non possano essere invocati per la cauzione dell'art. 624 del Cod. proc. civile: essendo vero proprio l'opposto, come risulta da quanto si é finora esposto.

2. - L'esame della conformità della norma impugnata con l'art. 3 della Costituzione potrebbe apparire superfluo, dopo la dimostrazione che si é data dell'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 624 del Cod. proc. civ. in relazione all'art. 24, primo comma, della Costituzione. É evidente, infatti, che in tanto può sorgere un contrasto della norma impugnata col precetto costituzionale dell'art. 3, in quanto sia stato previamente accertato che quella norma affievolisca o annulli affatto il diritto del cittadino di far valere in giudizio le proprie pretese; una volta, viceversa, che non sorgano dubbi sull'esercizio di questo diritto (sia pure nei modi che la legge prescrive), non sorge il problema se l'affievolimento o il diniego di quel diritto stesso siano conseguenza della considerazione di condizioni personali o sociali che l'art. 3 vieta al legislatore di porre a fondamento di trattamenti differenziati.

Tuttavia, poiché l'ordinanza e soprattutto la difesa della Presidenza del Consiglio hanno tenute distinte le due questioni, non rilevando il nesso che in questo caso tra esse necessariamente intercorre, occorrerà precisare che nemmeno il principio di eguaglianza é violato dalla controcautela regolata dall'art. 624 del Cod. proc. civile. A differenza, infatti, dell'art. 98 del Cod. proc. civ., la norma dell'art. 624 ora impugnata non prevede che la cauzione possa essere imposta "quando vi é fondato timore che l'eventuale condanna possa restare ineseguita", ma, viceversa, l'imposizione della controcautela dovrà fondarsi sui gravi motivi dei quali il medesimo art. 624 fa parola e che attengono alla situazione obiettiva del processo e alla valutazione delle ragioni delle parti. Si vuol dire, cioè , che non vengono punto in considerazione come previsione generale ed astratta, giustificatrice della potestà concessa al giudice, le condizioni personali di colui al quale la cauzione viene imposta. Se codeste condizioni possono spiegare efficacia in questo o in quel caso, si tratterà di un'efficacia non riconducibile alla norma, ma alla particolare situazione di fatto alla quale essa si applica: la qual cosa avviene, del resto, tutte le volte che si debba realizzare in concreto la norma astratta.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione, sollevata con ordinanza 2 maggio 1961 del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Rovigo, sulla legittimità costituzionale dell'art. 624 del Cod. proc. civile, in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1962.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 26 aprile 1962.