SENTENZA N. 32
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17 del R.D.L. 8 settembre 1932, n. 1390, convertito in legge 30 marzo 1933, n. 361, che approva il piano regolatore di massima di alcune zone della città di Genova, e del R.D. 27 febbraio 1936, n. 501, che modifica l'art. 14 delle norme di attuazione, promosso con ordinanza emessa il 30 giugno 1964 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Procacci Giovanni, la Soc. p.a. Immobiliare San Benedetto e il Comune di Genova, iscritta al n. 159 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 238 del 26 settembre 1964.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione di Procacci Giovanni, della Società Immobiliare San Benedetto e del Comune di Genova;
udita nell'udienza pubblica del 2 febbraio 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi l'avv. Dario Rossi, per il Procacci, gli avvocati Vincenzo D'Audino e Carlo Podestà, per la Società San Benedetto, l'avv. Ugo Grasso, per il Comune di Genova, e il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Il Prefetto della Provincia di Genova, con decreto 28 gennaio 1959, premesso che il Consiglio comunale di quella città aveva stabilito di procedere, per conto della S.p.a. Immobiliare San Benedetto, all'espropriazione degli immobili necessari per il completamento di uno scomparto fabbricabile in conformità al piano regolatore particolareggiato della Zona B (variante approvata con D.P.R. 19 gennaio 1957), espropriava in favore della detta Società alcuni immobili, tra cui dei locali e un appartamento di proprietà del sig. Giovanni Procacci.
Quest'ultimo, con citazione notificata il 12 marzo 1959, proponeva opposizione alla stima dei detti immobili, e con successiva citazione, notificata il 17 febbraio 1960, impugnava il decreto prefettizio come inefficace per carenza del potere di esproprio. Deduceva in proposito che con l'art. 17 del D.L. 8 settembre 1932, n. 1390 (convertito in legge 30 marzo 1933, n. 361), contenente l'approvazione del piano regolatore di massima di alcune zone della città di Genova, era stata conferita al Governo una delega generica a modificare parzialmente detto piano regolatore generale, e che in base a tale delega era stato emanato il R.D. 27 febbraio 1936, n. 501, che autorizzava il sindaco a disporre arretramento e suddivisione di aree fabbricabili nei comparti del piano particolareggiato della Zona B. Sopravvenuta la nuova Costituzione, il detto art. 17 e il R.D. 27 febbraio 1936 sarebbero divenuti incostituzionali, per contrasto con gli artt. 76 e 77 di essa. Da ciò sarebbe derivata l'inefficacia del D.P.R. 19 gennaio 1957, in base al quale era stato emesso il decreto prefettizio 28 gennaio 1959.
Nei due giudizi, successivamente riuniti, si costituivano la Società Immobiliare San Benedetto e il Comune di Genova, opponendosi alla ammissibilità dell'eccezione di illegittimità costituzionale e, subordinatamente, contrastandola nel merito.
Il Tribunale di Genova, riteneva la questione non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio, e, con ordinanza 30 giugno 1964, rimetteva la questione a questa Corte.
In seguito alle regolari notifiche dell'ordinanza, si sono costituiti nel presente giudizio il Sig. Giovanni Procacci, rappresentato e difeso dagli avvocati Dario Rossi e Corrado Vocino, con atto 24 agosto 1964; la Società San Benedetto, rappresentata e difesa degli avvocati Carlo Podestà e Vincenzo D'Audino, con atto 27 agosto 1964; il Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avvocati Ugo Grasso e Lorenzo Romanelli, con atto 1 ottobre 1964. É inoltre intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 15 ottobre 1964.
Il sig. Procacci riafferma nelle sue deduzioni che l'art. 17 della legge n. 361 del 1933 contiene una delega legislativa caducata, perché non conforme all'art. 76 della Costituzione, non avendo per oggetto una materia chiaramente definita, e che di tale delega il Governo fece uso nell'emanare il R.D. 1936, n. 501, il quale non può essere considerato atto amministrativo, mentre come atto con valore di legge delegata é costituzionalmente illegittimo.
La Società Immobiliare San Benedetto ha eccepito l'inammissibilità, o quanto meno l'infondatezza, della questione, sostenendo che l'art. 17 del D.L. 8 settembre 1932, n. 1390, non contiene alcuna delega legislativa, ma soltanto il riconoscimento all'Autorità governativa del potere amministrativo di emanare con decreto le parziali modificazioni che si fossero ravvisate necessarie nel corso dell'attuazione del piano regolatore e delle sue norme di esecuzione. I provvedimenti di approvazione del piano particolareggiato della zona e delle successive varianti hanno pertanto natura amministrativa e sfuggono al sindacato di legittimità costituzionale della Corte. Si osserva, quindi, che nella specie é priva di rilevanza ogni questione connessa col R.D. 27 febbraio 1936, n. 501: punto sul quale l'ordinanza di rinvio non contiene motivazione alcuna.
Un'eccezione di irrilevanza della questione di legittimità costituzionale é sollevata anche dalla difesa del Comune di Genova, in relazione all'art. 17, sotto il riflesso che la controversia non aveva per oggetto modifiche del piano regolatore di massima e delle sue norme di esecuzione previste dall'art. 17, ma aveva per oggetto modifiche del piano particolareggiato di esecuzione relativo alla zona orientale del Bisagno: piano particolareggiato non contemplato dall'art. 17, ma dall'art. 3 del D.L. 8 settembre 1932, di cui nell'ordinanza non é menzione alcuna.
In subordine, la difesa del Comune di Genova sostiene l'infondatezza della questione, in quanto il riconoscimento al Governo della facoltà di modificare il piano regolatore e le norme generali e prescrizioni tecniche di esecuzione non comporta alcuna delega di funzione legislativa.
Per l'infondatezza della questione ha inoltre concluso l'atto di intervento del Presidente del Consiglio, fermandosi sopra tutto sull'inapplicabilità delle norme degli artt. 76 e 77 della Costituzione al D.L. 8 settembre 1932.
In successive memorie e nella discussione orale le difese delle parti hanno sviluppato i rispettivi argomenti.
Considerato in diritto
1. - La difesa della Società Immobiliare San Benedetto e quella del Comune di Genova hanno sollevato preliminarmente un'eccezione di irrilevanza della proposta questione, in quanto la norma dell'art. 17 del R.D.L. 8 settembre 1932, n. 1390 (convertito in legge 30 marzo 1933, n. 361), di cui si assume l'illegittimità costituzionale, sarebbe estranea alla controversia, sorta non per effetto di modificazioni apportate al piano regolatore di massima ai sensi del detto articolo, ma per effetto di variazioni apportate, ai sensi dell'art. 3 dello stesso decreto, al piano particolareggiato della Zona B di Genova.
L'eccezione non può essere accolta.
L'ordinanza di rimessione a questa Corte ha scorto un rapporto di connessione fra il citato art. 17 ed il R.D. 27 febbraio 1936, n. 501, il quale, in virtù della delega legislativa contenuta, a giudizio del Tribunale, nel detto art. 17, avrebbe sostituito l'art. 14 del regolamento annesso al decreto 8 settembre 1932: tale sostituzione avrebbe consentito la variante approvata con D.P.R. 19 gennaio 1957, in base al quale fu emanato il decreto prefettizio di esproprio, impugnato nel giudizio di merito.
L'affermazione dell'esistenza di queste connessioni, contenuta nell'ordinanza, costituisce una sufficiente motivazione del giudizio di rilevanza, su cui la Corte può esercitare il suo sindacato solo nei limiti più volte chiariti.
Attiene, invece, al merito della sollevata questione di legittimità costituzionale stabilire se l'art. 17 del R.D.L. 8 settembre 1932 contenga effettivamente una delega legislativa, per giudicare, in caso affermativo, sulla costituzionalità di essa, nei limiti in cui, secondo la giurisprudenza di questa Corte, é ammissibile tale giudizio in relazione a deleghe legislative anteriori alla Costituzione vigente.
2. - In proposito é da osservare che, nel nostro ordinamento, la formazione dei piani regolatori e la dichiarazione di pubblica utilità connessa alla loro approvazione costituisce una tipica manifestazione di potestà amministrativa. I detti piani infatti, come questa Corte ha già avuto occasione di rilevare (sentenza n. 11 del 1961), sono volti a soddisfare necessità pubbliche concrete, la cui realizzazione é istituzionalmente affidata alla cura di organi amministrativi. Nell'attribuire a questi ultimi la competenza a compiere gli atti relativi, apposite norme hanno regolato il procedimento di formazione e di approvazione dei piani, a garanzia sia del pubblico interesse che degli interessi e dei diritti privati (artt. 87 e segg. della legge 25 giugno 1865 sull'espropriazione per pubblica utilità; legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150).
Da ciò consegue che, nei casi in cui il piano regolatore di massima sia stato approvato con atto legislativo (come avvenne frequentemente prima dell'entrata in vigore della legge urbanistica del 1942, che diede alla materia una più ampia disciplina), la norma con la quale si prevede che organi amministrativi dispongano le varianti allo stesso piano, rese necessarie o opportune dalla sua attuazione, non può essere considerata come una norma operativa di un trasferimento di competenza dagli organi del potere legislativo a quelli del potere amministrativo, né come una norma attributiva a questi ultimi del temporaneo esercizio del potere legislativo, come é proprio delle leggi di delega. In essa va invece riconosciuta una norma con la quale, nello stesso momento in cui, per particolari ragioni, si faceva ricorso all'atto legislativo, si confermava la potestà degli organi amministrativi e di governo nella materia, e si prevedeva l'esercizio di questa potestà come mezzo (e come il mezzo più adatto) per adeguare il piano di massima alle esigenze pratiche della sua esecuzione e del suo sviluppo.
In questo senso, il decreto-legge 8 settembre 1932, n. 1390 (convertito in legge 30 marzo 1933, n. 361), mentre approvava e dichiarava di pubblica utilità il piano regolatore di massima di alcune zone del centro della città di Genova, rimetteva al potere esecutivo la formazione dei piani particolareggiati (art. 3) e l'approvazione delle modificazioni del piano di massima e delle norme di esecuzione che si fossero rese necessarie nel corso della sua attuazione (art. 17), sempre col rispetto delle norme di cui agli artt. 87 e segg. della legge 25 giugno 1865. Il che significa che, soddisfatte le ragioni che avevano consigliato per il piano di massima il ricorso all'atto legislativo, si riconosceva la normale competenza del Comune e del Governo in materia e si prevedeva l'uso di essa per l'attuazione e per le variazioni del piano stesso.
Nell'impugnato art. 17 non si può pertanto ravvisare una delega legislativa, né può riconoscersi natura di legge delegata nei successivi atti emanati in base ad esso. In particolare tale natura non si può riconoscere nel regio decreto 27 febbraio 1936, n. 501, il quale, anche formalmente, fu emanato col procedimento amministrativo di cui all'art. 87 della legge del 1865, come risulta dal testo di esso (proposta del Comune; pubblicazione; esame e rigetto delle opposizioni; motivazione sulle ragioni concrete del provvedimento; pareri della Sovrintendenza alle belle arti, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, del Consiglio di Stato).
In mancanza, nella specie, di una delegazione legislativa e di una conseguente legge delegata, la proposta questione di legittimità costituzionale non ha fondamento.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del R D.L. 8 settembre 1932, n. 1390, convertito in legge 30 marzo 1933, n. 361, che approva il piano regolatore di massima di alcune zone della città di Genova, e del R D. 27 febbraio 1936, n. 501, che modifica l'art. 14 delle norme di attuazione, proposta dal Tribunale di Genova con l'ordinanza del 30 giugno 1964, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1966.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 28 aprile 1966.