Sentenza n. 7 del 1966
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SENTENZA N. 7

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 62 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, contenente il T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, promosso con ordinanza emessa il 16 ottobre 1964 dal Pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Robertini Ada Maria, iscritta al n. 17 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 85 del 3 aprile 1965.

Udita nella camera di consiglio del 28 ottobre 1965 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento penale a carico della signora Ada Maria Robertini il Pretore di Torino, accogliendo un'eccezione sollevata dalla difesa dell'imputata, ha sospeso il giudizio ed ha rimesso gli atti a questa Corte per la decisione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 62 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, in riferimento agli artt. 4 e 35 della Costituzione.

Nell'ordinanza di rimessione il Pretore osserva che la norma impugnata, in quanto dispone la iscrizione dei portieri e dei custodi in appositi registri e subordina questa alla valutazione del tutto discrezionale di alcuni requisiti genericamente previsti dalla legge, conferisce all'autorità di pubblica sicurezza un potere di autorizzazione che, anche in considerazione della ratio ispiratrice della disposizione (resa ancor più manifesta dalle ulteriori specificazioni contenute nell'art. 113 del regolamento approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635), non appare conforme ai principi sui quali si fonda il vigente regime democratico. Più in particolare il Pretore rileva che, anche a prescindere dai criteri di discriminazione politica enunciati nella norma regolamentare, si pone il problema della compatibilità del potere discrezionale conferito all'autorità di pubblica sicurezza con la libertà del lavoro e con il diritto al lavoro e, quindi, con gli artt. 4 e 35 della Costituzione.

2. - L'ordinanza, emessa nella udienza del 16 ottobre 1964, é stata ritualmente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri (atto 29 gennaio 1965), comunicata ai Presidenti delle due Camere e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 85 del 3 aprile 1965.

Nel presente giudizio nessuna delle parti si é costituita. La causa, pertanto, a norma dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, viene decisa in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'art. 62 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, contenente il T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, dispone che i portieri di case di abitazione e di albergo, i custodi di magazzini, stabilimenti di qualsiasi specie, uffici e simili devono ottenere, quando non rivestano la qualità di guardia giurata, l'iscrizione in apposito registro presso l'autorità di pubblica sicurezza, iscrizione che va rinnovata ogni anno e che deve essere rifiutata o revocata "a chi non risulta di buona condotta o é sfornito della carta di identità"; stabilisce, inoltre, sanzioni penali a carico dei contravventori.

Esattamente il Pretore di Torino afferma che tale norma conferisce all'autorità di pubblica sicurezza un potere di autorizzazione, ma non é fondata la questione di legittimità costituzionale che da tale premessa egli ritiene di dover ricavare.

E difatti, se é vero che dal primo comma dell'art. 4 della Costituzione discende che il diritto al lavoro si configura quale fondamentale diritto di libertà della persona umana (cfr. sentenze n. 45 e n. 61 del 1965), e che lo Stato, anche in ottemperanza al disposto del primo comma dell'art. 35 della Costituzione, non può porre norme che tale libertà direttamente o indirettamente escludano, da ciò non discende che il legislatore ordinario non possa dettar disposizioni che specifichino limiti e condizioni inerenti all'esercizio del diritto o che attribuiscano all'autorità amministrativa poteri di controllo (cfr. sentenza n. 24 del 1965), né deriva che siano costituzionalmente illegittime norme le quali, a tutela di interessi generali, conferiscano un potere di autorizzazione (cfr. da ultimo, con specifico riferimento all'art. 4 della Costituzione, sentenza n. 61 del 1965), purché l'esercizio di questo sia affidato ad una valutazione discrezionale i cui limiti siano precisati dalla stessa norma attributiva del potere o ricavabili dal sistema generale nel quale essa si inserisce.

2. - Nel caso in esame la Corte ritiene che la norma impugnata conferisce all'autorità di pubblica sicurezza un potere discrezionale che non appare né ingiustificato né illimitato.

É sufficiente osservare, sul primo punto, che il servizio di portierato o di custodia, in quanto implica un dovere di sorveglianza al fine della prevenzione di reati contro persone o cose, da adempiere anche in relazione all'interesse di soggetti estranei al rapporto di lavoro, presenta peculiarità tali da giustificare un preventivo vaglio delle qualità personali di chi aspira ad esercitarlo, attraverso l'accertamento dell'inesistenza di precedenti che, obbiettivamente valutati, possano escludere la capacità di soddisfare quell'interesse generale in vista del quale legittimamente la norma conferisce il potere di autorizzazione.

Quanto al contenuto di tale potere, é da escludere che la norma impugnata attribuisca all'autorità di pubblica sicurezza una discrezionalità che, perché illimitata, sia suscettibile di trasformarsi in incontrollabile arbitrio. Non giova, in proposito, richiamare il carattere autoritario del regime vigendo il quale la norma venne emanata, ne é rilevante il collegamento che il giudice a quo opera fra l'art. 113 del regolamento (R.D. 6 maggio 1940, n. 635) e l'impugnato art. 62 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773. Ed invero é da ribadire (cfr. sentenza n. 9 del 1965) che la legittimità di una norma non va valutata alla stregua del fine in vista del quale fu posta, non dovendosi escludere che, sopravvivendo in un regime costituzionale fondato sulla libertà, essa acquisti un significato obbiettivo diverso da quello originario e conforme ai principi democratici: con la conseguenza che saranno da ritenere illegittimi sia il regolamento di esecuzione che con la norma, interpretata nell'ambito del nuovo sistema, risultasse in contrasto, sia l'attività amministrativa che ad esso si conformasse.

Ciò premesso, é da rilevare che l'art. 62 si limita a condizionare il rilascio ed il rinnovo dell'autorizzazione, oltre che al possesso della carta di identità, al requisito della "buona condotta". É in proposito anzitutto da escludere che nella valutazione di questa l'autorità possa operare sulla base di non consentite discriminazioni, e ciò perché nel sistema vigente il rispetto incondizionato delle libertà politiche, sindacali e religiose costituisce in ogni caso il limite invalicabile della discrezionalità amministrativa (cfr. sentenza n. 38 del 1961); in secondo luogo é da osservare che nella specie, trattandosi di autorizzazione, e potendo questa per di più incidere sul diritto al lavoro garantito dalla Costituzione, le condizioni stabilite dalla legge non sono suscettibili di interpretazione estensiva e l'atto di diniego deve essere motivato (cfr. sentenza n. 12 del 1965); infine é da ritenere che l'autorità di pubblica sicurezza debba valutare la buona condotta del richiedente con esclusivo riferimento al descritto fine per il quale il potere le viene attribuito e sulla base di fatti certi e tali da escludere l'idoneità del soggetto all'esercizio di funzioni di custodia. L'insieme di tali limiti e l'obbligo della motivazione del provvedimento - necessario a rendere possibile il controllo giurisdizionale (art. 113 della Costituzione) che di quei limiti assicura il rispetto - escludono che il potere di autorizzazione previsto e disciplinato dall'art. 62 abbia una latitudine tale da renderlo non compatibile con gli artt. 4 e 35 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 62 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, contenente il "T.U. delle leggi di pubblica sicurezza", in riferimento agli artt. 4 e 35 della Costituzione, sollevata con ordinanza 16 ottobre 1964 del Pretore di Torino.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe  BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO 

 

Depositata in cancelleria il 8 febbraio 1966.