SENTENZA N. 56
ANNO 1965
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 55 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 per gli operai addetti alle industrie edilizie, recepito nel D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 18 maggio 1962 dal Tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Bizzarro Cesare e Mascoli Giuseppe, iscritta al n. 33 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 67 del 14 marzo 1964;
2) ordinanza emessa il 27 dicembre 1963 dalla Corte di appello di Napoli - Sezione Magistratura del lavoro - nel procedimento civile vertente tra Milo Antonio e Izzo Gennaro, iscritta al n. 35 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 73 del 21 marzo 1964;
3) ordinanza emessa il 21 gennaio 1964 dalla Corte di appello di Napoli - Sezione Magistratura del lavoro - nel procedimento civile vertente tra Civita Arturo e Di Caterino Raffaele, iscritta al n. 51 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 108 del 2 maggio 1964.
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Civita Arturo;
udita nell'udienza pubblica del 17 marzo 1965 la relazione del Giudice Costantino Mortati;
udito l'avv. Bruno Mazzarelli, per Civita Arturo.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza del 18 maggio 1962 il Tribunale di Napoli, nel corso di un giudizio civile promosso da Bizzarro Cesare, lavoratore addetto ad impresa di costruzioni edilizie, contro Mascoli Giuseppe rappresentante di detta impresa, onde ottenere il riconoscimento dei crediti di lavoro da lui vantati, ha ritenuto non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla difesa dell'attore, nei confronti dell'art. 55 del contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai addetti alle industrie edilizie del 24 luglio 1959, fornito di efficacia giuridica normativa erga omnes in virtù dell'articolo unico del D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, che sancisce l'improcedibilità delle domande giudiziali concernenti controversie in materia di rapporti di lavoro, ove sulle domande stesse non fosse stato previamente esperito il tentativo di conciliazione. Il Tribunale ha osservato che tale obbligo, se fatto valere fuori dell'ambito degli iscritti alle associazioni stipulanti i contratti collettivi, può essere sospettato di incostituzionalità sotto un duplice profilo, della violazione dell'art. 76 della Costituzione perché eccedente la delega concessa al Governo dall'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741, ed altresì dell'art. 24 della Costituzione perché, costringendo i lavoratori non iscritti alle associazioni ad esperire presso le medesime un tentativo di conciliazione, viene a violare il diritto alla difesa giudiziale garantito dall'articolo predetto.
Ritenuta la questione rilevante per l'esito del giudizio, ordinava la sospensione di questo e disponeva l'invio degli atti a questa Corte.
L'ordinanza, notificata e comunicata a termini di legge veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 1964, n. 67. Nessuna delle parti si costituiva nel giudizio così promosso.
2. - Nel corso di altro giudizio, in materia di crediti per prestazioni di lavoro, vertente avanti la Corte di appello di Napoli, Sezione Magistratura del lavoro, fra Milo Antonio e Izzo Gennaro, la Corte stessa con ordinanza 27 dicembre 1963, sollevava di ufficio la questione della legittimità costituzionale del citato art. 55 del contratto collettivo nazionale del 1959, (la cui soluzione era ritenuta rilevante per la decisione della causa), sotto l'aspetto della violazione dell'art. 76 della Costituzione per eccesso di delega incorso dall'articolo unico del detto D.P.R. n. 1032 del 1960 per avere conferito efficacia vincolante generale ad un obbligo, come quello del previo esperimento del tentativo di conciliazione, né direttamente né indirettamente attinente alla garanzia dei minimi inderogabili di trattamento economico e normativo, che la legge di delega n. 741 del 1959 ha voluto conferire ai lavoratori addetti all'edilizia.
A sostegno della eccezione sollevata l'ordinanza fa richiamo a quanto statuito dalla Corte con la sentenza 129 del 1963, sostenendo che le stesse ragioni da questa fatte valere per dichiarare la incostituzionalità del citato D.P.R. n. 1032 del 1960, nella parte in cui rendeva obbligatoria l'iscrizione alle Casse edili imposta dall'art. 62 del contratto collettivo possono venire allegate per giungere alla stessa soluzione in confronto all'altra parte, relativa all'art. 55 stesso del contratto collettivo. Aggiunge la Corte che nulla in contrario potrebbe desumersi dall’altra sentenza n. 107 del 1962, non essendo da ritenere che con essa si sia inteso deferire al giudice ordinario l'accertamento dell'esorbitanza da parte dell'organo investito dell'esercizio di delega legislativa dai poteri da questa attribuiti, essendo esami di tale natura devoluti esclusivamente alla Corte costituzionale, in virtù degli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge ordinaria n. 87 del 1953.
L'ordinanza notificata e comunicata come di rito veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 1964, n. 73. Anche in questo giudizio nessuna delle parti si costituiva avanti alla Corte.
3. - La stessa Corte d'appello di Napoli, in altra causa di analogo contenuto, fra Civita Arturo e Di Caterino Raffaele, con ordinanza del 21 gennaio 1964 sollevava questione di legittimità costituzionale del citato art. 55 del contratto collettivo negli stessi termini e con la stessa motivazione di cui alla precedente del 27 dicembre, prima riferita.
L'ordinanza debitamente notificata e comunicata era pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 maggio 1964, n. 108.
Si é costituito avanti alla Corte il sig. ing. Arturo Civita, rappresentato e difeso dall'avv. Bruno Mazzarelli, con deduzioni depositate il 5 maggio 1964.
In esse si richiama la sentenza di questa Corte n. 107 del 1962, per fare osservare come questa, avendo preso in esame la stessa questione oggi sollevata, allora proposta dal Pretore di San Cipriano Picentino, della costituzionalità della disposta estensione erga omnes dell'art. 55 del contratto collettivo ebbe a decidere che spettasse al giudice ordinario stabilire la sussistenza dell'allegata esorbitanza delle clausole contrattuali rispetto alla delega concessa al Governo di conferire loro efficacia generale, dichiarando la questione stessa inammissibile.
Aggiunge che la successiva sentenza 129 del 1963 non può considerarsi contrastante con la precedente, essendosi limitata ad escludere l'efficacia erga omnes delle clausole strumentali le quali sanciscono diritti e doveri non fra datori di lavoro e lavoratori, ma fra le associazioni sindacali, come avveniva nel caso dell'obbligatorietà della iscrizione alle Casse edili, che faceva venir meno la immediatezza del rapporto fra datori di lavoro e lavoratori.
Conclude chiedendo che venga dichiarata non fondata la sollevata questione di illegittimità costituzionale.
Lo stesso avv. Mazzarelli ha depositato una memoria in data 8 marzo 1965 e pertanto fuori termine.
Nella discussione orale il predetto legale ha svolto i motivi esposti nelle deduzioni.
Considerato in diritto
1. - Le tre cause, avendo ad oggetto una stessa questione, vanno riunite e decise con unica sentenza.
2. - La questione sollevata con le ordinanze del Tribunale e della Corte di appello di Napoli di eccesso di delega del D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, nella parte in cui impone anche ai non iscritti alle associazioni sindacali l'esperimento della conciliazione prima di poter proporre azione giudiziaria in ordine a controversie insorte in applicazione dei contratti collettivi di lavoro, si deve ritenere fondata.
Esattamente le ordinanze della Corte di appello di Napoli mettono in rilievo l'analogia che é dato rilevare fra le ragioni assunte dalla sentenza n. 129 del 1963 a fondamento della pronuncia di illegittimità costituzionale dell'art. 62 dello stesso contratto collettivo ora denunciato, e quelle invocabili per negare l'estensibilità erga omnes dell'art. 55. Nell'un caso e nell'altro infatti si é in presenza di clausole le quali, mentre non si palesano strettamente necessarie a garantire il trattamento minimo voluto assicurare ai lavoratori (che costituisce il fine voluto conseguire dalla legge n. 741 del 1959 nel disporre l'estensione erga omnes dei contratti collettivi post-corporativi, ed insieme il limite del potere dell'organo delegato), non hanno poi ad oggetto la disciplina dei rapporti intercorrenti fra le parti dei contratti individuali di lavoro, ma si riferiscono invece a diritti e doveri esercitabili attraverso l'interposizione delle associazioni sindacali di diritto privato. Il tentativo di conciliazione ad esse affidato richiede, per potersi effettuare, la sottoposizione dei singoli a vincoli di subordinazione nei confronti delle medesime e di queste nei confronti dei primi: vincoli che (a prescindere dalla loro incidenza sul principio della libertà sindacale) non possono considerarsi pertinenti a quella parte della contrattazione collettiva cui si é riferito l'art. 1 della citata legge n. 741.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
previa riunione dei tre giudizi,
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo unico del D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, per la parte con cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 55 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 per gli operai addetti all'industria edilizia e affini, che dispone l'esperimento obbligatorio di conciliazione, per violazione dell'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741, in relazione all'art. 76 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1965.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO.
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 1965.