Sentenza n. 4 del 1965
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SENTENZA N. 4

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 158 del R. D. 4 febbraio 1915, n. 148, dell'art. 22 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, e dell'art. 10 del D.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, promossi con le seguenti ordinanze:

1) 18 dicembre 1963, emessa dal Pretore di San Cipriano Picentino nel procedimento penale a carico di Fortunato Scipione, iscritta al n. 14 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 54 del 29 febbraio 1964;

2) 14 gennaio 1964, emessa dal Pretore di Moncalieri nel procedimento penale a carico di Dotta Carlo, iscritta al n. 16 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 54 del 29 febbraio 1964;

3) 15 marzo 1964, emessa dal Pretore di Serramanna nel procedimento penale a carico di Spiga Simone, iscritta al n. 68 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 126 del 23 maggio 1964.

Udita nella camera di consiglio del 22 ottobre 1964 la relazione del Giudice Michele Fragali.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - I Pretori di San Cipriano Picentino, Moncalieri e Serramanna, con ordinanze rispettivamente del 18 dicembre 1963, 14 gennaio 1964 e 15 marzo 1964, hanno proposto a questa Corte questione di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 158 del R. D. 4 febbraio 1915, n. 148, contenente il testo unico della legge comunale e provinciale. Il Pretore di Moncalieri e quello di Serramanna hanno pure denunciato l'illegittimità dell'art. 22 del T. U. della stessa legge approvato con R. D. 3 marzo 1934, n. 383, modificato dalla legge 27 giugno 1942, n. 851, e della legge 9 giugno 1947, n. 530; il Pretore di Moncalieri ha infine impugnato l'art. 10 del D.P.R. 5 aprile 1951, n. 203.

Le norme denunciate stabiliscono che, senza autorizzazione del Capo dello Stato, accordata previo parere del Consiglio di Stato, non può procedersi per fatto commesso dal prefetto e dal sindaco; e nell'ordinanza del Pretore di San Cipriano Picentino si fa riferimento agli artt. 28 e 3 della Costituzione, in quella del Pretore di Moncalieri soltanto all'art. 28, e nell'altra del Pretore di Serramanna agli artt. 3, 28, 104 e 112.

2. - L'ordinanza del Pretore di San Cipriano Picentino rileva che l'istituto della garanzia amministrativa, regolato dalle norme denunciate, appare in contrasto con il principio della eguale e diretta responsabilità dei pubblici funzionari sancito dall'art. 28 della Costituzione. Non sembra decisivo opporre che questa norma riporta tale responsabilità alle leggi civili, penali ed amministrative, perché il rinvio non consente alla legge una assoluta libertà di regolamentazione del principio costituzionale. Il carattere incondizionato della responsabilità é determinato dall'avverbio "direttamente" contenuto nel suddetto art. 28, e l'unico presupposto della stessa può essere soltanto l'esistenza di un illecito; la garanzia amministrativa interrompe il nesso di conseguenzialità fra illecito e sanzioni, sulla base di considerazioni attinenti esclusivamente alla qualità del soggetto attivo del reato. Ne deriva anche la violazione del principio di eguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione, sia nel rapporto tra la responsabilità incondizionata di tutti i cittadini e la più favorevole posizione dei sindaci e prefetti, sia nel rapporto tra questa posizione e la responsabilità di altri titolari di pubbliche funzioni, con conseguente ingiustificata disparità di trattamento. La esistenza di ipotesi di autorizzazione a procedere, nella Costituzione e in leggi costituzionali, non legittima le norme impugnate, perché le ipotesi predette concretano forme di tutela della piena autonomia di organi costituzionali.

A sua volta, il Pretore di Moncalieri si limita a ricordare la sentenza di questa Corte 18 giugno 1963, n. 94, che dichiarò illegittimo l'art. 16 del Codice di procedura penale, ove si prevedeva l'autorizzazione a procedere per i reati commessi in servizio di polizia.

Infine il Pretore di Serramanna, ripetuto che le disposizioni denunciate violano il principio della diretta responsabilità dei funzionari, osserva che tale effetto non é escluso dal carattere processuale del particolare presupposto, e che, per quanto la norma possa essere stata dettata, non per stabilire un privilegio, ma a tutela della funzione, non resta impedito che essa incida sulla eguaglianza dei soggetti nei confronti del principio di responsabilità per gli atti commessi in violazione dei diritti, tenuto conto che la funzione é sufficientemente tutelata dalle esimenti di carattere sostanziale contenute nell'art. 51 del Codice penale. Secondo il Pretore di Serramanna, l'eccezione al principio di eguaglianza non trova fondamento in un'effettiva diversità di situazioni oggettive e soggettive; le altre ipotesi di autorizzazione a procedere previste dalla Costituzione e da leggi costituzionali sono di indole eccezionale; le norme sulla garanzia amministrativa infine contrastano con il principio della indipendenza della Magistratura da ogni altro potere e con l'obbligo del P. M. di promuovere l'azione penale, perché condizionano questo dovere alla valutazione di organi estranei al potere giudiziario.

3. - Le ordinanze suddette sono state notificate come appresso: quella del Pretore di San Cipriano Picentino all'imputato il 7 gennaio 1964, al P. M. e al Presidente del Consiglio dei Ministri rispettivamente il 2 e il 18 dello stesso gennaio; quella del Pretore di Moncalieri all'imputato il 24 gennaio 1964, al P. M. e al Presidente del Consiglio dei Ministri rispettivamente il 22 e il 21 dello stesso gennaio; quella del Pretore di Serramanna all'imputato e al P. M. il 20 marzo 1964, al Presidente del Consiglio dei Ministri il 23 dello stesso marzo.

Le ordinanze sono state rispettivamente comunicate ai Presidenti delle Camere il 31 dicembre 1963, il 18 gennaio 1964 e il 16 marzo 1964 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54 del 29 febbraio 1964 le prime due, e n. 126 del 23 maggio 1964 la terza.

Innanzi alla Corte non v'é stata costituzione di parti; il Presidente del Consiglio dei Ministri non é intervenuto.

 

Considerato in diritto

 

1. - I tre giudizi possono riunirsi, vertendo tutti sulla legittimità costituzionale delle norme che accordano ai prefetti, a chi ne fa le veci e ai sindaci la c.d. garanzia amministrativa.

2. - La Corte é convinta che tali norme non si confanno con il precetto contenuto nell'art. 28 della Costituzione: corroborano questo suo giudizio gli stessi argomenti esposti nella sentenza del 6 giugno 1963, n. 94, a proposito dell'analoga garanzia che l'art. 16 del Codice di procedura penale aveva previsto per i reati commessi in servizio di polizia.

Come altra volta si é avvertito (sentenza 23 gennaio 1962, n. 1), é in contrasto con il precetto fondamentale contenuto nell'art. 28 della Costituzione la legge che, della responsabilità quivi regolata, adottasse una disciplina tale da comportarne una esclusione più o meno manifesta. Ora, il subordinare ad una autorizzazione amministrativa l'attuazione di quella responsabilità é renderne possibile l'esonero discrezionale, perché discrezionalmente deve in tal caso esserne consentito l'esperimento; il che segnatamente non é permesso prescrivere in materia penale, essendo eccezionalmente dettati, e da norme costituzionali, i casi di deroga al principio dell'obbligatorietà dell'azione del P. M.. Né viene meno la detta discrezionalità ove, come nel caso del prefetto e del sindaco, la legge ordinaria disponga che l'autorizzazione deve essere accordata previo parere del Consiglio di Stato: questo organo supremo, nell'esprimere il suo avviso, non esplica una attività vincolata. Ed ove si osservi che, quando non si ritenesse di seguire tale avviso, deve essere sentito il Consiglio dei Ministri, s'intende meglio come il procedimento di autorizzazione risulti inquadrato in un sistema suscettibile di provocare la insindacabile liberazione da quella responsabilità. Ciò a parte il fatto che le norme predette, nella sostanza, attribuiscono all'autorità amministrativa il potere di sottrarre a quella giurisdizionale, mediante il diniego dell'autorizzazione, il giudizio sulla responsabilità del funzionario o del dipendente e quindi ex art. 28, secondo comma, della Costituzione, anche sulla sua responsabilità; un giudizio cioè al quale la stessa Amministrazione é interessata e che, per il suo oggetto e per la sua natura, implica esercizio di giurisdizione, quindi di funzione del tutto estranea alla sfera amministrativa (artt. 102 e 103 della Costituzione).

Non é rilevante obiettare che la c.d. garanzia amministrativa intende tutelare la funzione del prefetto, di chi ne fa le veci e del sindaco contro azioni inconsulte la cui proposizione ne lederebbe il prestigio, e che vuole essere un mezzo per permettere di valutare il comportamento di quei funzionari nel rispetto delle attribuzioni di ciascuno e della discrezionalità che doveva eventualmente esercitarsi. Spetta all'autorità giurisdizionale riconoscere la temerarietà o la pretestuosità di singole azioni; e peraltro un sistema, come quello in vigore, in cui l'osservanza del limite della competenza e della discrezionalità amministrativa é assicurata, a seconda delle ipotesi, dalle norme concernenti il regolamento delle attribuzioni e dalle altre che, nel Codice di procedura civile (art. 295) e in quello di procedura penale (art. 20), governano la sospensione del processo in relazione all'insorgere di pregiudiziali amministrative, il preordinamento di una ulteriore garanzia a favore del prefetto, di chi ne fa le veci e del sindaco, posto in confronto al principio di parità proclamato nell'art. 3 della Costituzione, appare irrazionalmente distintivo, atteso che altri funzionari amministrativi svolgono compiti non meno elevati e importanti di quelli spettanti al prefetto e al sindaco, ugualmente implicativi di estesi poteri discrezionali.

Deve perciò pronunziarsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 158 della legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148, e dell'art. 22 del T.U. della stessa legge, approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383.

Essi debbono dichiararsi illegittimi anche in quanto dispongono che il prefetto, chi ne fa le veci e il sindaco non possono essere chiamati a rendere conto dell'esercizio delle loro funzioni fuorché dalla superiore autorità governativa: la disposizione, mentre contiene la premessa di quella che prevede l'autorizzazione amministrativa, può avere valore a sé stante, in quanto si risolve anche essa nel negare all'autorità giurisdizionale ogni attribuzione in merito alla responsabilità di quei due funzionari.

3. - Le ordinanze dei Pretori di Moncalieri e di Serramanna denunciano anche l'art. 8 del T.U. 4 febbraio 1915, n. 148.

Ma non é il caso di dichiararne l'illegittimità costituzionale, perché esso é stato assorbito nell'art. 22 del T.U. 3 marzo 1934, n. 383, e perciò deve intendersi riferito a questo il richiamo contenuto nell'art. 158 del T.U. del 1915.

Il Pretore di Moncalieri fa richiamo altresì alle modificazioni apportate al T.U. del 1934 con le leggi 27 giugno 1942, n. 851, e 9 giugno 1947, n. 530, nonché con l'art. 10 del D.P.R. 5 aprile 1951, n. 203. Tali modifiche, però, o non riguardano le norme concernenti la garanzia amministrativa (legge 27 giugno 1942, n. 851), o rinviano genericamente al T.U. 4 febbraio 1915, n. 148 (legge 9 giugno 1947, n. 530; D.P.R. 5 aprile 1951, n. 203): perciò non possono essere oggetto di pronunzia da parte di questa Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

decidendo con unica sentenza nei giudizi di legittimità costituzionale proposti con le ordinanze indicate in epigrafe,

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 158 del T.U. della legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148, e dell'art. 22 del T.U. della stessa legge approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 febbraio 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 1965.