SENTENZA N. 96
ANNO 1964
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIU SEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5, lett. g, della legge 30 aprile 1962, n. 283, promossi con due ordinanze emesse il 28 febbraio 1964 dal Pretore di Torriglia nei procedimenti penali a carico di Clavarino Luigi e di Barbagelata Dario e Biggi Giuseppe, iscritte ai nn. 58 e 59 del Registro ordinanze 1964 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 126 del 23 maggio 1964.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 5 novembre 1964 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento penale davanti al Pretore di Torriglia a carico di Clavarino Luigi, la difesa dell'imputato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, lett. g, della legge 30 aprile 1962, n. 283, che fa divieto di impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari con aggiunta di additivi chimici che non siano autorizzati con decreto, sottoposto a revisione annuale, dal Ministro della sanità, divieto penalmente sanzionato ai sensi del successivo art. 6, modificato dall'art. 4 della legge 26 febbraio 1963, n. 441.
La difesa dell'imputato ha osservato che, in base alla disposizione impugnata, si avrebbe un reato configurato non da una legge, ma da un decreto del Ministro della sanità.
Il Pretore ha ritenuto la questione non manifestamente infondata e, con ordinanza del 28 febbraio 1964, ha sospeso il giudizio rimettendo gli atti alla Corte costituzionale.
Una identica ordinanza in pari data é stata emessa dallo stesso Pretore nel procedimento penale a carico di Barbagelata Dario e Biggi Giuseppe.
Le due ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, n. 126 del 23 maggio 1964.
Con atti di intervento depositati il 5 giugno 1964, si é costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, assistito dall'Avvocatura generale dello Stato. Questa ha escluso che la norma impugnata possa dirsi in contrasto con il principio di legalità. L'atto amministrativo contenente gli elenchi delle sostanze di cui é vietato l'impiego non é parte del precetto penale, ma soltanto un presupposto perché funzioni il divieto contenuto nella legge, la quale é essa stessa a stabilire nella sua integrità l'obbligo penalmente sanzionato.
L'Avvocatura si richiama a tal proposito a precedenti pronunce di questa Corte.
Considerato in diritto
Le due ordinanze del Pretore di Torriglia riguardano lo stesso oggetto e le questioni sollevate possono essere decise con unica sentenza.
Non ha fondamento l'affermazione secondo la quale la norma che prevede il reato di cui all'art. 5 della legge 20 aprile 1962, n. 283, sarebbe costituita in parte dalla legge e in parte da un atto amministrativo.
La Corte ha avuto occasione, in più sentenze, di occuparsi di questioni identiche, e di statuire quale sia, in ordine al contenuto del precetto penale, la funzione di taluni atti amministrativi ai quali la legge penale fa talvolta riferimento. Da ultimo, con la sentenza n. 36 del 1964, ha dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041, ritenendo che gli elenchi delle sostanze ad azione stupefacente, contenuti nei decreti del Ministro della sanità, siano da considerare determinazioni specifiche dell'Autorità amministrativa, non costituenti elemento intrinseco del precetto penale.
Non diversa soluzione deve avere la questione relativa alla norma che richiama l'elenco degli additivi chimici vietati, contenuto nel decreto del Ministro della sanità.
Un tale elenco non concorre a costituire il precetto penale, ma é soltanto un presupposto della sua applicazione. Il precetto é integralmente costituito dall'art. 5 della legge, mercé la imposizione del divieto di far uso degli additivi chimici che sono via via indicati nei decreti del Ministro della sanità. Non sussiste pertanto alcuna violazione del principio della riserva di legge.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara infondata la questione sollevata dal Pretore di Torriglia con le due ordinanze del 28 febbraio 1964, sulla legittimità costituzionale dell'art. 5, lett. g, della legge 30 aprile 1962, n. 283, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 1964.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO.
Depositata in Cancelleria il 26 novembre 1964.