SENTENZA N. 63
ANNO 1963
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 190, promossi con due ordinanze emesse il 28 febbraio 1962, dal Pretore di Vittorio Veneto nei procedimenti penali a carico di Botteon Antonio e Buffon Leonardo, iscritte ai nn. 60 e 61 del Registro ordinanze 1962 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Repubblica n. 110 del 28 aprile 1962.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 6 marzo 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso d'un procedimento penale a carico del sig. Leonardo Buffon, il Pretore di Vittorio Veneto emetteva il 28 febbraio 1962 un'ordinanza sollevando questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 190, in riferimento agli artt. 24 e 102 della Costituzione.
L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 110 del 28 aprile 1962.
In virtù delle norme denunciate, quando in seguito ad accerta mento di polizia risulta che una sostanza d'uso agrario non risponde ai requisiti prescritti, l'interessato può impugnare presso l'autorità giudiziaria i risultati dell'analisi; ma l'autorità giudiziaria, per la revisione dell'analisi, non può che servirsi di alcuni istituti specializzati che sono indicati nella legge.
Secondo l'ordinanza di rinvio, l'accertamento compiuto da uno di questi istituti sarebbe vincolante per il giudice, che non potrebbe rivederlo nel merito, non essendogli consentita neanche la nomina d'un consulente tecnico: cosicché, siccome il giudice non potrebbe trarre il suo convincimento da altre fonti che da quella legislativamente imposta, ne sarebbero compromessi il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) e la stessa funzione giurisdizionale (art. 102 della Costituzione).
2. - La Presidenza del Consiglio dei Ministri, a mezzo della Avvocatura generale dello Stato, é intervenuta nel giudizio presso questa Corte con un atto depositato il 7 aprile 1962.
L'Avvocatura dello Stato nega che il giudice sia vincolato allo accertamento emesso dal perito a cui egli abbia affidato la revisione dell'analisi. Di vincolato ci sarebbe soltanto la scelta di tale perito, che non può essere se non uno degli istituti indicati nella legge; ma la maggiore o minore larghezza della scelta, a detta dell'Avvocatura dello Stato, non é motivo di incostituzionalità: tanto più che la legge consente al giudice di scegliere in molti casi fra diversi istituti e non esclude che egli possa far ripetere l'analisi da uno degli altri istituti indicati nella legge. Infatti, é vero che l'accertamento compiuto in sede di revisione é detto definitivo nell'art. 2, ultimo comma, della legge impugnata; ma ciò significherebbe soltanto che non é dato procedere ad altra revisione in via amministrativa, mentre il giudice da parte sua può valutare anche nel merito i risultati di quell'accertamento: dimodoché non si vedrebbe come sia compromessa la funzione giurisdizionale (art. 102 della Costituzione).
Quanto all'imputato, il suo diritto di difesa non é colpito dalle norme impugnate poiché (a differenza di quanto accadeva, in altro campo, con le norme dichiarate illegittime dalla sentenza n. 70 del 1961 della Corte costituzionale) la legge non impedisce il contraddittorio né la nomina d'un consulente di parte.
Il Pretore di Vittorio Veneto, nel corso d'un procedimento penale a carico di Antonio Botteon, ha emesso in pari data un'altra ordinanza nella quale solleva la stessa questione di legittimità costituzionale.
3. - Nella discussione orale l'Avvocatura dello Stato ha ribadito e svolto le sue tesi.
Considerato in diritto
1. - Le due cause, avendo ad oggetto la stessa questione di legittimità costituzionale, devono essere decise con un'unica sentenza.
2. - Si é fatta questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 190, perché essi limiterebbero la scelta del perito da parte del giudice e perché il giudice sarebbe vincolato all'accertamento compiuto dal perito: il che comprometterebbe il diritto di difesa e la funzione giurisdizionale (artt. 24 e 102 della Costituzione).
La questione é infondata.
In virtù delle norme denunciate, la revisione dell'analisi già compiuta in via amministrativa su una sostanza d'uso agrario non può essere fatta se non da uno degli istituti indicati nella legge: evidentemente tale limitazione nella scelta del perito é stata voluta dal legislatore affinché l'accertamento, in materia così delicata e per molta parte non opinabile, sia opera di istituti specializzati che diano in sé garanzia per la serietà dell'indagine e per l'attrezzatura tecnica necessaria al compimento degli esami.
Proprio per questa scarsa opinabilità della materia, raramente il giudice si discosta dai risultati dell'accertamento, soprattutto nei casi in cui quello compiuto in via amministrativa e quello fatto in sede di revisione coincidano l'uno con l'altro; ma ciò non toglie che egli possa discostarsene, dato che i suoi poteri di valutazione e di decisione non trovano ostacolo nelle disposizioni impugnate: in virtù di queste norme l'accertamento, eseguito dagli istituti specializzati in sede di revisione, é definitivo perché non può essere più ripetuto e non perché ad esso l'autorità giudiziaria debba necessariamente attenersi emettendo senz'altro decreto penale.
Che tali norme, del resto, debbano così interpretarsi ha deciso più volte la Cassazione: e a siffatta interpretazione si dà forza e conferma quando, com'é ovvio, si osservi che esse hanno modificato la legge, da cui é disciplinata l'intera materia (R.D.L. n. 2033 del 1925), proprio per dare una migliore tutela all'imputato.
Il giudice, prima di decidere, può servirsi di tutti i mezzi di valutazione che l'ordinamento gli offre, non ultimo quello che gli viene dagli elementi di carattere tecnico apportati nel giudizio dalla difesa dell'imputato; la quale, a sua volta, si esplica senza incontrare altri limiti che quelli derivanti dalle regole del processo penale.
Tutto ciò porta ad escludere che le disposizioni impugnate compromettano la funzione giurisdizionale e il diritto di difesa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione, proposta con le ordinanze del 28 febbraio 1962 del Pretore di Vittorio Veneto in riferimento agli artt. 24 e 102 della Costituzione, sulla legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 190, concernente la repressione delle frodi relative a sostanze di uso agrario e a prodotti agrari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1963.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.
Depositata in cancelleria il 10 maggio 1963.