Sentenza n. 78 del 1961

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SENTENZA N. 78

 

ANNO 1961

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE 

 

composta dai signori giudici:

 

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

 

Prof. Gaspare AMBROSINI

 

Dott. Mario COSATTI

 

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

 

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

 

Prof. Nicola JAEGER

 

Prof. Giovanni CASSANDRO

 

Dott. Antonio MANCA

 

Prof. Aldo SANDULLI

 

Prof. Giuseppe BRANCA

 

Prof. Michele FRAGALI

 

Prof. Costantino MORTATI

 

Prof. Giuseppe CHIARELLI

 

ha pronunciato la seguente  

 

SENTENZA 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 18 dicembre 1952, n. 3308, promosso con ordinanza emessa il 1 dicembre 1960 dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici per la Basilicata nel procedimento civile tra il Comune di Garaguso e Turati Silvio, Ottolini Lucia, la Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania, D'Eufemia Vito e Magnante Rocco, iscritta al n. 4 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44 del 18 febbraio 1961.

 

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

 

udita nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1961 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

 

uditi l'avv. Guido Pomarici, per il Comune di Garaguso, l'avv. Guido Astuti, per Turati Silvio e Ottolini Lucia, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l'Ente di riforma.  

 

Ritenuto in fatto 

 

1. - Il Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici per la Basilicata ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 18 dicembre 1952, n. 3308, che ha espropriato ai danni dei signori Silvio Turati e Lucia Ottolini ha. 81. 54. 43 di terreno, sito in località Gualania, nel Comune di Garaguso.

 

Risulta dalla diffusa esposizione contenuta nell'ordinanza di rimessione che sin dal secolo scorso si é discusso sulla natura demaniale dei terreni poi espropriati, e che, prima ancora che la controversia venisse rimessa per competenza al Commissario regionale per gli usi civici di Potenza, si erano avute pronunzie in vario senso del Commissario per gli usi civici di Bari (decreto 12 marzo 1928 e sentenza 23 aprile - 18 maggio 1940) e della Corte di appello di Roma, Sezione usi civici (sentenza 2 - 16 febbraio 1942).

 

Ora il Commissario regionale per gli usi civici della Basilicata ha ritenuto, sulla base di nuovi documenti e di nuove perizie, che "la zona Gualania scorporata dall'Ente riforma in base alla legge delegata del 18 dicembre 1952, n. 3308, ha natura demaniale". Soggiunge, tuttavia, di non poter pronunziare tale declaratoria, né ammettere il conseguente ordine di reintegra in favore del Comune di Garaguso per la presenza del ricordato decreto delegato di espropriazione, emesso "sul contrario presupposto che la predetta zona scorporata costituisca un bene allodiale dei coniugi Turati - Ottolini o al più un bene ex - feudale, ma non demaniale, dacché i beni di questa natura sono sottratti allo scorporo dalla legge 21 ottobre 1950, n. 841".

 

Di qui la necessità di sospendere il giudizio e rinviare gli atti alla Corte perché si pronunci sulla legittimità costituzionale del decreto delegato. Il che appunto il Commissario regionale ha fatto, con ordinanza 1 dicembre 1960, ritualmente pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 44 del 18 febbraio 1961.

 

2. - Nel presente giudizio si é costituito il Comune di Garaguso, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Pomarici, mediante deposito delle deduzioni in data 10 marzo 1961. Ritiene la difesa del Comune la manifesta illegittimità del decreto di espropriazione, stante che la zona espropriata non sarebbe stata mai di proprietà dei signori Turati Ottolini, che l'avrebbero usurpata ai danni del demanio comunale. Né a questa dichiarazione di illegittimità si può opporre il fatto che manchi una pronunzia, la quale accerti, con efficacia di giudicato, la natura demaniale della zona contestata, o il fatto che i beni fossero intestati nel catasto ai signori Turati - Ottolini, stante che una decisione di questa Corte avrebbe affermato che la dichiarazione di illegittimità costituzionale può aversi anche in pendenza del procedimento davanti al giudice ordinario e che devono ritenersi illegittimi i decreti di espropriazione che colpiscono fondi rustici intestati nel catasto a persone diverse dall'effettivo proprietario, data la differenza tra l'espropriazione della riforma fondiaria e l'istituto del l'espropriazione per pubblica utilità.

 

3. - Nel giudizio si sono costituiti i coniugi Turati Ottolini, rappresentati e difesi dall'avv. Guido Astuti, mediante il deposito delle deduzioni in data 18 marzo 1961. La tesi fondamentale é questa: che il meccanismo che regola le questioni di legittimità costituzionale sarebbe tale da devolvere alla giurisdizione e competenza della Corte "questioni anche di merito altrimenti soggette alla normale cognizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria o speciale".

 

Nel caso di specie l'indagine sull'asserita qualità demaniale dei terreni espropriati, il cui accertamento determinerebbe l'inespropriabilità dei beni e, quindi, il travalicamento dei confini della delegazione, deve essere sottratta al potere giudiziario e riservata alla competenza istituzionale della Corte "unico organo costituzionalmente investito del sindacato di legittimità delle leggi ordinarie o delegate". L'affermazione che si legge nell'ordinanza di rinvio, che la zona Gualania ha natura demaniale, esprimerebbe soltanto un apprezzamento circa la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, non "una declaratoria sul merito della questione", tale da predeterminare o condizionare il giudizio della Corte, che dovrebbe essere indipendente da qualsiasi apprezzamento del giudice a quo intorno all'oggetto o al presupposto della questione di legittimità. La difesa procede, poi, a riassumere le eccezioni di merito proposte già davanti al Commissario per gli usi civici, dalle quali risulterebbe chiaramente mancata la prova dell'esistenza e della consistenza del preteso demanio da parte del Comune di Garaguso, prova che, giusta la legislazione e la giurisprudenza, dovrebbe essere fornita, appunto, dal Comune rivendicante, e che non può cavarsi nemmeno dalle relazioni dei tre consulenti di ufficio, che dovrebbero ritenersi "lacunose", contraddittorie, prive di giustificazione testuale nei documenti prodotti in causa".

 

Subordinatamente la difesa sostiene che, nel caso la Corte riconoscesse la demanialità del fondo, poiché i signori Turati Ottolini furon sin dall'inizio proposti per la legittimazione del loro possesso, tale diritto competerebbe loro a norma delle leggi vigenti con efficacia ex tunc e, quindi, anteriore al 15 novembre 1949, con la conseguenza che la condizione giuridica di enfiteuti o coloni perpetui miglioratari, che verrebbe da essi così conseguita, comporterebbe la piena legittimità dell'espropriazione a norma dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841.

 

Infine, e in ogni caso, non si potrebbe non tener conto delle radicali migliorie apportate al fondo segnatamente dagli attuali proprietari espropriati, ai quali, pertanto, spetterebbe, in estrema ipotesi, un incontestabile diritto di credito verso il Comune rivendicante "nella loro qualità di possessori di buona fede, acquirenti in base a titolo legittimo, e altrimenti idoneo al trasferimento della proprietà".

 

4. - É intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso come per legge dall'Avvocatura generale dello Stato. L'atto di intervento é stato depositato il 30 gennaio 1961.

 

I motivi secondo i quali il decreto di espropriazione deve essere considerato perfettamente legittimo sono ad avviso dell'Avvocatura i seguenti:

 

1) si é qui di fronte a un acquisto a titolo originario, non derivativo: anche, dunque, se il titolo sul quale si fonda il diritto dell'espropriato fosse annullato con efficacia retroattiva, tale evento sopravvenuto sarebbe irrilevante ai fini dell'espropriazione;

 

2) alla data del 15 novembre 1949, legittimati passivi all'espropriazione non potevano essere se non i coniugi Turati Ottolini, ancora proprietari dei beni, stante che nessun atto giuridicamente rilevante aveva dichiarato che i beni fossero di proprietà del Comune di Garaguso e stante che nessuna "zona di franchigia" - dice testualmente l'Avvocatura -, é consentita dalle leggi di riforma "propter rem litigiosam";

 

3) non si potrebbe introdurre nel sistema delle leggi di riforma quella che l'Avvocatura chiama la fenomenologia privatistica dell'acquisto a non domino, la quale ammetterebbe la possibilità di un sopravvenuto eccesso di delega, laddove la legittimità dell'esercizio del potere da parte dello Stato, per di più in forma di legge, potrebbe "essere valutato soltanto nella situazione di diritto esistente all'atto di consumazione del potere medesimo";

 

4) nel caso di specie si versa in materia di usi civici dove, come si sa, tra l'accertamento della usurpazione del demanio comunale e l'estromissione dell'occupatore abusivo, si può inserire un terzo elemento, la legittimità dell'occupazione, che implicherebbe la trasformazione del demanio in allodio. Non sarebbe perciò possibile asserire che alla data del 15 novembre 1949 fosse proprietario e legittimato allo scorporo il Comune di Garaguso;

 

5) una esatta interpretazione dell'art. 9 della legge 12 maggio 1950, n. 230, porterebbe a trasferire i diritti controversi di uso civico e quelli sui demani universali nella zona dei diritti dei terzi da farsi valere sull'indennità di espropriazione.

 

Infine, l'Avvocatura crede di poter trarre argomento a favore della sua tesi da una precedente decisione di questa Corte (sentenza 25 maggio 1957, n. 67).

 

5. - Si é costituita in giudizio anche la Sezione speciale di riforma fondiaria dell'Ente Puglie e Lucania, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, la quale, nelle deduzioni depositate il 30 gennaio 1961, si rifà alle considerazioni che sorreggono l'atto di intervento del Presidente del Consiglio, aggiungendo:

 

1) il Comune di Garaguso non ha sollevato questione di legittimità costituzionale del decreto di esproprio che, secondo il medesimo Comune, potrebbe sorgere solo dopo il giudicato, che accertasse demanio universale i terreni espropriati ai coniugi Turati - Ottolini. Allo stato, cioè, si richiederebbe soltanto la dichiarazione di demanialità dei beni rivendicati. Se ne dovrebbe concludere che mancherebbe la rilevanza della questione, non essendo il decreto di espropriazione di ostacolo alla richiesta dichiarazione di demanialità e ai fini dell'attribuzione dell'indennità;

 

2) nel merito, difetterebbero nel modo più assoluto gli elementi perché si possa parlare di demanio universale.

 

6. - Tanto i signori Turati - Ottolini quanto il Comune di Garaguso hanno depositato memorie, rispettivamente il 21 e 24 novembre di quest'anno, nelle quali ribadiscono le rispettive tesi difensive.

 

Anche l'Avvocatura dello Stato ha depositato il 22 novembre scorso una memoria nella quale richiama l'attenzione della Corte su una circostanza che definisce "di notevole rilievo". Sarebbe pacifico che il Commissario per gli usi civici esercita una funzione giurisdizionale soltanto nell'accertare l'esistenza e la consistenza dell'uso civico o del demanio e un'attività amministrativa di carattere discrezionale, che consiste nell'ordinare la reintegra o nell'ammettere la legittimazione. Il decreto di esproprio non vieterebbe la dichiarazione di demanialità, ma soltanto l'emanazione dell'ordine di reintegra. Sennonché a questo punto si sarebbe fuori dell'ipotesi di un giudizio penale, civile e amministrativo per la cui decisione occorra stabilire la legittimità di un atto avente forza di legge. In altri termini, la questione di legittimità costituzionale sarebbe irrilevante ai fini di una pronuncia di accertamento, inammissibile ai fini dell'ordine di reintegra. Infine, l'Avvocatura ribadisce che non c'é materia per una controversia di legittimità costituzionale perché il principio dell'art. 9 della cosiddetta legge Sila per il quale "pretium tenet locum rei" varrebbe non soltanto per gli usi civici gravanti su terre di proprietà privata, ma anche per il demanio comunale o universale.

 

7. - All'udienza del 6 dicembre 1961 le difese delle parti costituite in giudizio hanno svolto le rispettive tesi e argomentazioni difensive, insistendo nelle già prese conclusioni.

 

Considerato in diritto 

 

1. - L'Avvocatura generale ha sollevato due eccezioni pregiudiziali, l'una di rilevanza, l'altra di inammissibilità della proposta questione di legittimità costituzionale: ma soltanto la prima in maniera formale. Comunque, né l'una né l'altra sono fondate.

 

Quanto alla prima, la Corte può richiamarsi ai suoi costanti precedenti, giusta i quali la competenza a giudicare della rilevanza di una questione di costituzionalità é del giudice a quo e ad essa altro non spetta se non controllare che il giudizio sia stato formulato e motivato. Ora non può dubitarsi che questi requisiti si riscontrino nell'ordinanza del Commissario per la liquidazione degli usi civici della Basilicata e che, pertanto, l'eccezione dell'Avvocatura debba essere respinta. Tuttavia, si può aggiungere a maggior chiarimento - anche perché la difesa dell'Avvocatura si fonda quasi affatto su questo punto -, che non é esatto ritenere che la domanda di dichiarazione della qualità demaniale del terreno contestato, la sola proposta dal Comune di Garaguso, escluda la rilevanza della questione di costituzionalità del decreto impugnato. Il giudice a quo, infatti, ha ritenuto di non poter procedere a questa dichiarazione di fronte a una dichiarazione opposta contenuta, sia pure implicitamente, in un atto di espropriazione dei terreni contestati, avente forma di legge: il che é sufficiente per fondare la rilevanza della questione di legittimità costituzionale. Né vale ad escluderla l'altro rilievo dell'Avvocatura, secondo il quale il diritto del Comune si sarebbe dovuto e si dovrebbe esercitare sull'indennità di espropriazione ai sensi dello art. 9 della legge 12 maggio 1950, n. 230, per la ragione che non può riportarsi tra "i diritti dei terzi, compresi i diritti di uso civico", dei quali parla la norma contenuta in quell'articolo, il diritto di proprietà del Comune sul demanio universale. Occorre appena notare che così si confonderebbero due istituti diversi quali sono quello degli usi civici esercitati sulla proprietà privata (alla quale fa riferimento la norma invocata), e la piena proprietà pubblica del Comune sui beni del proprio demanio.

 

2. - Anche l'eccezione di inammissibilità va respinta. Non é esatto sostenere, come sostiene l'Avvocatura, che il procedimento di reintegra sia sempre un procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento amministrativo e che, pertanto, non ci si troverebbe, nel caso in esame, nel "corso di un giudizio" durante il quale possa sollevarsi, giusta le norme in vigore, una questione di legittimità costituzionale (art. 1 legge cost. 9 febbraio 194S, n. l, e art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87). La legge 16 giugno 1927, n. 1766, non lascia dubbi, viceversa, che tutte le volte che, come in questo caso, si discuta sull'esistenza e la consistenza di un demanio comunale, il Commissario liquidatore degli usi civici eserciti una funzione giurisdizionale, e che davanti ad esso perciò si svolga un procedimento giurisdizionale, che si conclude con un provvedimento giurisdizionale. La stessa giurisprudenza della Cassazione, richiamata dall'Avvocatura contro questa tesi, viceversa, la conferma, dato che essa muove dal presupposto che si versi in un procedimento di reintegra nel quale non sia contestata la "qualitas soli".

 

3. - La difesa dei signori Turati - Ottolini sostiene che la Corte costituzionale, svincolata come sarebbe dai presupposti per ragione dei quali il giudice a quo solleva la questione di legittimità costituzionale, debba procedere direttamente nel caso in esame ad accertare l'esistenza e la consistenza del demanio preteso dal Comune di Garaguso.

 

La tesi non può essere accolta. I presupposti della questione di legittimità costituzionale che il giudice a quo ha accertato (in questo caso la esistenza e la consistenza del demanio universale), attengono a quel giudizio di rilevanza che é di competenza del giudice a quo: anzi s'identificano con questo giudizio stesso (ord. n. 77 del 1957; sent. nn. 57 del 1959 e 44 del 1960). La Corte non potrebbe sostituire la sua competenza a quella, nel caso, del Commissario per la liquidazione degli usi civici della Basilicata, né potrebbe rinviare gli atti al giudice perché si formi sul punto controverso la cosa giudicata senza violare la norma contenuta nel secondo comma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, giusta la quale le sole condizioni che il giudice ordinario deve osservare per rimettere alla Corte una questione di costituzionalità, sono che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione e che essa non sembri al giudice manifestamente infondata. Le singolarità che l'osservanza di queste norme inducono nel caso nel quale oggetto del giudizio di costituzionalità sia una legge - provvedimento, non possono comportare la disapplicazione delle norme ricordate o l'alterazione del sistema che esse costituiscono. La difesa dei signori Turati - Ottolini si lamenta a torto che questa ormai consolidata giurisprudenza della Corte precluda alle parti il diritto di proseguire nel giudizio a quo a discutere della fondatezza dei presupposti della questione di legittimità costituzionale o, che é lo stesso, della sua rilevanza: é vero esattamente il contrario, tanto che non é da escludere che, nei gradi successivi di giudizio una diversa pronunzia sulla rilevanza comporti, come sua conseguenza, l'inefficacia della sentenza della Corte: come é fatto del resto, palese dalla formula "in quanto...", costantemente adoperata dalla Corte per le sentenze dichiarative dell'illegittimità costituzionale dei decreti di espropriazione.

 

Ora, la rilevanza della proposta questione é ampiamente dimostrata nell'ordinanza del Commissario per gli usi civici anche sotto il profilo della natura dei beni espropriati, e la Corte deve muovere da questo punto per il suo giudizio sulla legittimità del decreto impugnato. E non é da dubitare che il legislatore delegato, qualora espropri terreni demaniali, violi la norma contenuta nell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, che consente di sottoporre all'espropriazione "la proprietà terriera privata", e con ciò travalichi i confini assegnatigli dalla legge di delegazione.  

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE 

 

respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dall'Avvocatura dello Stato;

 

dichiara l'illegittimità costituzionale del D. P. R. 18 dicembre 1952, n. 3308, in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, in quanto ha incluso nell'espropriazione terreni di qualità demaniale.  

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1961.

 

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1961.