Sentenza n. 71 del 1961
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SENTENZA N. 71

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 37 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1960 dal Tribunale di Udine nel procedimento civile vertente tra Del Zotto Livia e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 80 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 254 del 15 ottobre 1960.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 22 novembre 1961 la relazione del Giudice Francesco Pantaleo Gabrieli;

uditi l'avv. Guido Nardone, per l'I.N.P.S., e il sostituto avvocato generale dello Stato Valente Simi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Ritenuto in fatto 

Nel procedimento civile tra Del Zotto Livia e l'I.N.P.S., il Tribunale di Udine ha pronunciato ordinanza in data 23 giugno 1960, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinché decida se non sia da ritenersi illegittimo l'art. 37 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (legge delegata), in relazione sia ai criteri direttivi cui si informa la legge 4 aprile 1952, n. 218, e ai limiti della delega contenuta nell'art. 37 di essa, sia agli artt. 70 e 76 della Costituzione.

L'ordinanza é stata ritualmente notificata (21 luglio 1960), comunicata (racc. nn. 3707 e 3705 del 15 luglio 1960) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 15 ottobre 1960.

Nell'ordinanza si premette che Del Zotto Livia, in seguito alla morte del marito Puppi Arturo, avvenuta il 13 dicembre 1954 nel Canadà, chiede che le sia riconosciuto il diritto alla pensione per i superstiti previsto dall'art. 13 sub art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti.

L'Istituto convenuto contesta la fondatezza della domanda, eccependo che nella specie manca uno dei requisiti prescritti dal cennato articolo, cioè il versamento nel quinquennio precedente la morte dell'assicurato di almeno n. 52 contributi settimanali.

L'attrice riconosce che in tale periodo figurano versati soltanto n. 3 contributi settimanali, ma invoca l'art. 37 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, il quale esclude dal computo del ripetuto quinquennio i "periodi di lavoro subordinato all'estero che non siano protetti agli effetti delle assicurazioni interessate in base a convenzioni od accordi internazionali". Di conseguenza, non esistendo convenzioni od accordi siffatti tra l'Italia ed il Canadà, deve considerarsi "neutro", ai fini assicurativi, il periodo di lavoro prestato dal marito nel Canadà - e cioè dal 1950, epoca dell'espatrio, alla data della morte - e deve, altresì, ritenersi sussistente il requisito contributivo con riferimento al quinquennio antecedente all'espatrio, durante il quale sono stati versati oltre 52 contributi settimanali.

L'Istituto obietta che l'art. 37 del decreto n. 818, entrato in vigore il 2 ottobre 1957, trova applicazione soltanto per le situazioni sorte dopo tale data, non potendo avere effetto retroattivo.

Tutto ciò premesso, nell'ordinanza si rileva che il contrasto fra le opposte tesi non può essere risolto senza che sia stata preventivamente accertata la legittimità costituzionale dell'art. 37, lett. b, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, il quale, creando condizioni nuove ai fini della concessione delle pensioni per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, mediante la cosiddetta "neutralizzazione" di periodi determinati, non sembra in armonia con i criteri fissati nella legge 4 aprile 1952, n. 218, ove non si fa cenno della neutralizzazione; e pare che superi i limiti della delega conferita al Governo con l'art. 37 della legge medesima, in quanto al Governo fu demandata solamente la potestà di emanare, "in conformità dei principi e dei criteri direttivi cui si informa la presente legge, disposizioni transitorie e di attuazione, nonché norme intese (tra l'altro) a coordinare le vigenti norme sulle assicurazioni sociali con quelle della presente legge".

E si rileva, infine, che la neutralizzazione del periodo in contestazione non sembra possa inquadrarsi nelle disposizioni delegate al Governo, salvo che la situazione che ne é alla base (impossibilità della contribuzione) non possa ritenersi già implicitamente prevista dalla legge, n. 218 del 1952 e dalle disposizioni legislative precedenti in materia, le quali prevedono periodi di contribuzione figurativa per particolari casi, ma nulla dispongono per l'ipotesi contemplata dall'art. 37, lett. b, del decreto presidenziale n. 818 del 1957.

Pertanto, il Tribunale di Udine ha sollevato di ufficio la questione di legittimità costituzionale della su menzionata norma e ha rimesso gli atti a questa Corte per la decisione, sospendendo di giudicare nel merito.

Sia la Del Zotto che l'I.N.P.S. si sono ritualmente costituiti in giudizio mediante deposito di deduzioni in cancelleria (16 agosto - 2 novembre 1960). E intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura generale dello Stato (11 agosto 1960).

La Del Zotto osserva che l'art. 37 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, in relazione alle varie norme che in materia di previdenza sociale subordinano le prestazioni all'esistenza di determinati requisiti contributivi nel quinquennio antecedente la domanda di concessione, stabilisce che restano esclusi dal computo di tale quinquennio taluni periodi, e cioè quelli previsti dall'art. 56 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, nonché quelli di assenza facoltativa dal lavoro dopo i parti, di lavoro subordinato all'estero, che non siano protetti agli effetti delle assicurazioni interessate in base ad accordi internazionali, di servizio militare eccedente l'obbligo di leva, nonché quelli di malattia che superino i 12 mesi.

Conseguentemente, osserva che l'articolo in questione non può ritenersi contenga una disposizione transitoria o di attuazione, sebbene una norma di coordinamento tra le norme vigenti sulle assicurazioni sociali e quelle contenute nella legge di delegazione.

Si tratta, pertanto, - afferma la Del Zotto - di accertare se questa norma é stata emanata in conformità dei principi e dei criteri direttivi cui é informata la legge di delega 4 aprile 1952, n. 218: il che significa accertare, se in questa legge sia fissato il principio che la temporanea impossibilità della contribuzione in favore di un assicurato non può compromettere la sua posizione assicurativa sino a ledere il suo diritto all'assistenza sociale sancito nell'art. 38 della Costituzione. Siffatto principio, ad avviso della Del Zotto, già affermato nell'art. 56 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, é esplicitamente ribadito dalla legge di delegazione, all'art. 4, lì dove si considerano come periodi di contribuzione (contribuzione fittizia) ai fini del diritto alla pensione, quelli durante i quali gli interessati non hanno potuto materialmente versare o farsi versare i contributi assicurativi, cioè i periodi di disoccupazione e di degenza in sanatorio.

L'Avvocatura generale dello Stato - premesso che il Tribunale non ha motivato sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale da esso sollevata ex officio - sostiene che il principio della "neutralizzazione" altro non é che la dichiarazione degli effetti di situazioni obiettive che incidono sul rapporto assicurativo, provocandone la sospensione con l'esonero dal versamento dei contributi. Si tratterebbe, in sostanza, della declaratoria, nel campo assicurativo, di un principio generale del Codice civile, particolarmente aderente al disposto dell'art. 38 della Costituzione e agli orientamenti della previdenza sociale.

Le ipotesi considerate dall'art. 37 sono tutte attinenti al concetto che quando la sospensione del rapporto assicurativo é determinata da situazioni obiettive, restano integri i diritti già maturati dal lavoratore nel momento in cui il rapporto é rimasto sospeso. In tal senso il disposto della norma può ritenersi implicito già nella precedente disciplina, nonché nella prassi interpretativa dell'Istituto, il quale aveva confermato il concetto essenziale della "neutralizzazione" riferendola anche ad ipotesi non espressamente considerate dal ripetuto art. 37, quali i periodi di permanenza in territorio sottratto alla sovranità italiana per effetto del trattato di pace (circolare I.N.P.S. 3 ottobre 1957, n. 311).

La norma dell'art. 37 é in perfetta aderenza coi principi costituzionali della assicurazione sociale, la quale non sopporta decadenze o estinzioni di precedenti diritti già maturati. E l'aver dichiarato espressamente un principio insito nella legislazione precedente, talvolta univoca in tal senso (art. 74, comma secondo, R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827) risponde alla volontà generale del legislatore e all'orientamento della legge delegante, informata ad una necessaria tutela conservativa dei diritti del lavoratore.

L'I.N.P.S. osserva, preliminarmente, che la decisione del Tribunale di Udine viola il principio secondo il quale il giudizio incidentale di incostituzionalità non può essere proposto, se non quando sia accertata la necessità di applicare la norma della cui incostituzionalità si dubita, Necessità, nella specie, da escludere in virtù del principio della irretroattività della legge.

Nel merito, rileva che la norma censurata non travalica i limiti della delega contenuta nell'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218.

Ed all'uopo pone in evidenza che la legislazione previdenziale, nel suo evolversi, ha inteso di attuare il fine di assicurare il lavoratore, in quanto tale, dai rischi fondamentali - vecchiaia, invalidità, malattia, morte - preoccupandosi non soltanto di estendere al maggior numero di soggetti la tutela previdenziale, ma anche di assicurarne la maggiore possibile continuità. Il che si rivela, da un lato, con il passaggio dal sistema dell'assicurazione volontaria (T.U. 30 maggio 1907, n. 376) a quello dell'assicurazione obbligatoria (D.L.L. 21 aprile 1919, n. 603, trasfuso nel R.D. 30 dicembre 1923, n. 3184) e, dall'altro, con le disposizioni dettate per includere nell'ambito della tutela assicurativa le situazioni di impossibilità, per il lavoratore, di prestare la sua opera con diritto all'assicurazione. Tali disposizioni, cioè l'art. 6 del menzionato decreto n. 3184, l'art. 56 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, l'art. 4 della legge 4 aprile 1952, n. 218, si avvalgono, in sostanza, del sistema della cosiddetta contribuzione fittizia, in quanto, per i periodi in esse preveduti, si suppone versato un contributo in realtà non corrisposto.

Per effetto della guerra, poi, é venuto a modificarsi l'atteggiamento dello Stato nei confronti della emigrazione ed é cresciuto il numero dei lavoratori emigrati all'estero, anche soltanto in via temporanea. Quest'ultimo fenomeno ha portato la necessità e l'interesse dello Stato, anzi degli Stati che si ispirano al principio della libera circolazione del lavoro, di stipulare convenzioni (esempio: gli accordi dell'11 dicembre 1952 e dell'11 dicembre 1953 per il Consiglio di Europa) che rendono tra loro intercomunicanti i sistemi di previdenza nazionale, sulla base del principio della reciprocità di trattamento e della utilizzazione oltre i limiti nazionali dei periodi di lavoro compiuti nei territori degli Stati convenzionati.

D'altra parte, alla tutela dei lavoratori italiani che si recavano fuori del territorio del Regno, lo Stato italiano aveva già rivolto la sua attenzione, anche quando l'emigrazione era ostacolata o impedita, come si desume dall'art. 31 della legge 26 ottobre 1919, n. 1996, e, più specificamente, dalla delega di poteri contenuta nell'art. 2 della legge 13 dicembre 1928, n. 2900, "per regolare le condizioni degli assicurati obbligatori che espatriano per ragioni di lavoro".

Ciò posto, l'I.N.P.S. sottolinea che se lo Stato, proprio negli anni successivi al 1948, in connessione con lo sviluppo della sua politica di alleggerimento della pressione demografica, poneva in opera validi strumenti per estendere, oltre i propri confini, la tutela previdenziale del lavoro nazionale e l'assistenza in patria ai familiari dei lavoratori emigrati (D.L.C.P.S. 23 agosto 1946, n. 201), non si può far rimprovero al legislatore delegato del decreto n. 818 se, con la norma in esame, ha ritenuto di dover non tanto estendere quella medesima tutela ai lavoratori che sono emigrati in paesi nei quali quegli strumenti non si applicano, quanto impedire che, per effetto dell'espatrio, divenissero inefficaci le aspettative di tutela che il lavoratore aveva già acquisito con il suo lavoro svolto nell'ambito dell'ordinamento previdenziale italiano.

A tal fine il legislatore non poteva dettare altra disciplina che quella contenuta nell'art. 37, lett. b, non potendo essere utilizzato né l'istituto della prosecuzione volontaria, che avrebbe importato evidenti difficoltà giuridiche e pratiche, né quello della contribuzione figurativa, nella sua originaria configurazione, che si sarebbe tradotto in un peso per i lavoratori che partecipano agli oneri della mutualità nazionale. Né il principio della permanenza dei benefici acquisiti, ove il rapporto di tutela previdenziale soffra una interruzione necessitata, é eccezionale nel sistema vigente. Ciò risulta dall'art. 2 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1750, che consente all'agente delle ferrovie, tranvie, autolinee, di sospendere il versamento del contributo conservando il diritto a pensione, dopo raggiunto il ventesimo anno di contribuzione; dalla analoga disposizione dell'art. 24 del R.D.L. 20 ottobre 1939, n. 1863, per gli addetti alla riscossione delle imposte di consumo; dagli artt. 29, ultimo comma, e 32 della legge 2 aprile 1958, n. 377, per i dipendenti delle esattorie; dall'art. 12, secondo comma, della legge 4 dicembre 1956, n. 1450, per i dipendenti dell'azienda telefonica.

La difesa della Del Zotto ha depositato fuori termine (10 novembre 1961) una memoria.

Nell'udienza del 22 novembre 1961 le parti hanno illustrato le precedenti deduzioni insistendo nelle rispettive conclusioni.  

Considerato in diritto 

1. - L'I.N.P.S. ha eccepito che l'ordinanza del Tribunale di Udine viola il principio secondo il quale il giudizio incidentale di costituzionalità non può essere proposto se non quando sia accertata la necessità di applicare la norma della cui costituzionalità si dubita; necessità, nella specie, da escludere in quanto la norma dell'art. 37, lett. b, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, impugnata, non sarebbe retroattiva; che, pertanto, la Corte deve preliminarmente stabilire se l'accertamento, da parte del giudice di merito, della applicabilità della surriferita disposizione, debba precedere o meno la decisione relativa alla sospensione del giudizio e alla remissione degli atti a questa Corte. Anche l'Avvocatura dello Stato lamenta che il Tribunale di Udine non ha motivato sulla rilevanza.

L'eccezione va disattesa. Invero, il Tribunale nel contrasto tra la tesi dell'attrice che chiedeva la pensione superstiti in virtù dell'art. 37, lett. b, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, e la tesi dell'I.N.P.S., secondo la quale la norma invocata non é applicabile, riteneva non potersi tale contrasto risolvere senza che fosse preventivamente accertata la legittimità costituzionale della surriportata norma; la quale, creando nuove condizioni per la concessione della pensione, non sembrava in armonia con i criteri fissati dalla legge 4 aprile 1952, n. 218. E soggiungeva che l'ipotesi del computo, ai fini della pensione, dei periodi di lavoro subordinato all'estero non protetti da convenzioni internazionali (art. 37, lett. b, D.P.R. n. 818) non potesse ritenersi implicitamente contemplata dalla legge del 1952 e dalle leggi precedenti, le quali prevedono casi particolari di contribuzione figurativa, ma nulla dispongono per il caso in esame. In tale modo il Tribunale, con motivazione sufficiente, ha compiuto un adeguato accertamento sulla rilevanza.

2. - Nel merito, devesi dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata ex officio dal Tribunale di Udine.

Secondo l'art. 37, lett. b, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, i periodi di lavoro subordinato all'estero, non protetti agli effetti delle assicurazioni interessate in base a convenzioni od accordi internazionali, sono esclusi dal computo del quinquennio ai fini dell'accertamento dei requisiti contributivi per il diritto alla pensione superstiti.

É questa una norma di coordinamento che, formando oggetto specifico di delega legislativa (art. 37, primo comma, legge 4 aprile 1952, n. 218), può comprendere, come più volte ha affermato questa Corte, la possibilità di eliminare eventuali lacune o discordanze nel particolare settore cui la legge si riferisce. (Corte costituzionale sentenza n. 24 del 18 aprile 1959 ecc.).

3. - L'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, dà al Governo il potere di emanare norme in conformità dei principi e criteri direttivi in detta legge contenuti, nonché norme intese a coordinare le vigenti disposizioni sulle assicurazioni sociali con quelle della stessa legge delegante.

Giova a tal punto ricordare, che dal succedersi delle leggi nel campo della previdenza sociale affiorano direttive sempre più favorevoli al lavoratore, soprattutto al fine di garantire il diritto alla pensione (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3184, art. 30; R.D. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 71; legge 1928, n. 2900; R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 56, convertito nella legge 6 giugno 1936, n. 1155; R.D.L. 14 giugno 1939, n. 636, art. 9, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, ecc.).

Inoltre, dal sistema previdenziale si desume che il legislatore ha voluto estendere la tutela assicurativa al maggior numero di lavoratori, rendendola sempre più efficace sia attuando il principio della continuità del rapporto assicurativo e della conservazione dei corrispondenti diritti quesiti (passaggio dal sistema di assicurazione volontaria al sistema di assicurazione obbligatoria: T.U. 30 maggio 1907, n. 376; D.L.L. 21 aprile 1919, n. 603; R.D. 30 dicembre 1923, n. 3184); sia col fare rientrare nell'ambito della tutela situazioni d'impossibilità obiettiva da parte del lavoratore di versare i prescritti contributi o di prestare la sua opera (servizio militare - puerperio - disoccupazione - malattia ecc.). Ed il principio della conservazione della tutela previdenziale é stato attuato, tra l'altro, con la neutralizzazione dei periodi prescritti per conseguire determinati benefici inerenti al rapporto assicurativo (R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, artt. 56, 74, secondo comma; legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 4 ecc.).

4. - Ciò posto la disposizione dell'art. 37, lett. b, traduce in formula legislativa il principio che quando situazioni obiettive determinano la sospensione del rapporto assicurativo, i diritti acquisiti dal lavoratore rimangono quali erano al momento della sospensione, senza l'obbligo di versare i contributi durante il periodo della sospensione stessa (neutralizzazione del periodo), realizzandosi così la conservazione dei relativi diritti, indipendentemente dalle vicende del rapporto di lavoro, che può sospendersi o interrompersi.

Ora non v'ha dubbio che la legge 4 aprile 1952, n. 218, nel riordinare le pensioni dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità la vecchiaia e i superstiti non solo si é informata all'orientamento seguito dalla richiamata legislazione, ma ha accentuato il favore per il lavoratore, rendendo, con particolari disposizioni, più efficiente il principio della conservazione delle posizioni assicurative (artt. 4, 5 ecc.).

5. - D'altra parte, lo stesso Istituto della previdenza sociale ha largamente utilizzato gli stessi principi per casi che il succitato art. 37, lett. b, non prevede espressamente, ma che ben si possono ricondurre nel quadro del vigente sistema previdenziale. Come più vicina alla ipotesi in esame é da considerare quella che prevede i periodi durante i quali il lavoratore ha prestato la sua opera in territorio sottratto, per effetto dei trattati di pace, alla sovranità italiana; periodi da non computarsi ai fini del quinquennio, pur non essendo stati corrisposti i contributi assicurativi (circolare n. 517 O.dg 1948, richiamata al n. 42, lett. m, della circolare I.N.P.S. n. 1111 C. e V/134 del 3 ottobre 1957).

6. - É bene, inoltre, fare presente, che la tutela del lavoratore che espatria fu dal legislatore considerata fin dal 1919 con la legge 26 ottobre 1919, n. 1996, per la Cassa di previdenza marinara (art. 31), con la legge 13 dicembre 1928, n. 2900, che delegava il potere di regolare le condizioni degli assicurati obbligatori che espatriano per ragioni di lavoro (art. 2) e con D.L.C.P.S. del 23 agosto 1946, n. 201.

Successivamente, l'intensificarsi della emigrazione nel periodo post - bellico ed il principio della libera circolazione delle forze del lavoro suggerivano agli Stati la necessità di stipulare accordi destinati a rendere intercomunicanti i vari sistemi di previdenza, utilizzando oltre i limiti nazionali i periodi di lavoro compiuti nel territorio dei singoli Stati.

Alla tutela del lavoratore all'estero non protetto da detti accordi ha provveduto l'art. 37, lett. b.

Pertanto, la disposizione dell'art. 37, lett. b, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, non contiene eccesso di delega.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

rigetta la pregiudiziale dedotta dall'I.N.P.S. e dall'Avvocatura dello Stato;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata di ufficio dal Tribunale di Udine con la ordinanza 23 aprile 1960, riguardante l'art. 37, lett. b, D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, circa i periodi di lavoro subordinato all'estero non protetti da accordi internazionali, in relazione all'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, e in riferimento all'art. 76 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1961.