Sentenza n. 60 del 1959
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SENTENZA N. 60

ANNO 1959

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, quarto comma, del decreto del Presidente della Giunta regionale sarda 29 luglio 1957, n. 37, promosso con ordinanza emessa il 9 gennaio 1958 dal Pretore di Olbia nel procedimento penale a carico di Antonetti Elviro, iscritta al n. 1 del Registro ordinanze 1958 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 10 marzo 1958 e nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna n. 8 del 28 febbraio 1958.

Udita la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 1959.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con verbale del 7 ottobre 1957 agenti del Nucleo di polizia venatoria di Sassari denunziarono Antonetti Elviro per infrazione all'art. 11, quarto comma, del decreto del Presidente della Giunta regionale sarda 29 luglio 1957, n. 37, che, disciplinando, fra l'altro, l'esportazione dal territorio della Regione "della selvaggina morta e comunque confezionata", pone il divieto di "introdurre negli spazi destinati ai servizi dei porti marittimi o aerei un numero di capi della predetta selvaggina maggiore di quello di cui é consentita l'esportazione".

Con detto verbale gli agenti riferirono che l'Antonetti, il 1 ottobre precedente, si era introdotto, per imbarcarsi sulla motonave in partenza per Civitavecchia, negli spazi destinati ai servizi marittimi del porto di Olbia, con due pernici morte, in più del numero consentito dal citato decreto del Presidente della Giunta regionale sarda.

Il Pretore di Olbia, con ordinanza pronunciata d'ufficio il 9 gennaio 1958, osservò, innanzi tutto, che la detta disposizione dell'art. 11, ispirata dalla volontà di apprestare un rimedio alla non prevista punibilità del tentativo di esportazione illegale di selvaggina, é però un precetto sprovvisto di sanzione, non potendosi questa desumere dal T. U. 5 giugno 1939, n. 1016, sulla caccia, né dall'art. 650 Cod. pen., e mancando nel decreto stesso qual siasi menzione di una sanzione specifica al riguardo. Perciò, sempre secondo l'ordinanza, la punibilità del fatto contravvenzionale non avrebbe potuto in ogni caso pretendersi.

2. - Ritenne, tuttavia, il Pretore di dover sottoporre alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale della ripetuta disposizione dell'art. 1l in questione, in base alle seguenti considerazioni:

1) Anche ammesso che fosse prevista una sanzione penale nel decreto in esame, essa sarebbe stata disposta fuori dei poteri legislativi attribuiti alla Regione, che non comprendono la materia penale, riservata allo Stato.

2) La disposizione in questione, comunque, oltrepasserebbe i limiti entro cui é ammessa la potestà legislativa regionale che, secondo l'ordinanza, "deve ispirarsi alle leggi fondamentali dello Stato". Infatti l'art. 41 del T. U. delle leggi sulla caccia contemplerebbe soltanto il divieto di esportazione dalla Sardegna della pernice sarda e non pure la proibizione di qualunque altro fatto o atto apparentemente inteso all'esportazione, come quello in esame. E ciò, sempre a tenore dell'ordinanza, anche se l'art. 3 dello Statuto sardo, nel fissare i limiti della potestà legislativa esclusiva della Regione, stabilisce che essa deve esplicarsi "in armonia con i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato" e non delle leggi dello Stato.

A rafforzare tale conclusione varrebbe la considerazione che, se la ratio ispiratrice dell'art. 41 é la protezione del patrimonio faunistico regionale, con essa sarebbe incompatibile il divieto di introdurre selvaggina negli spazi destinati ai servizi marittimi o aerei, che potrebbe colpire anche atti non diretti all'esportazione (ad es. casuale introduzione negli spazi suddetti del portatore di selvaggina, non diretto alla partenza).

3) Sempre in relazione alla asserita necessità, per la Regione, di uniformare l'esercizio del proprio potere normativo alla osservanza dei principi della legislazione statale, l'ordinanza pone poi in dubbio: a) che la Regione sarda potesse estendere il divieto di esportazione alla selvaggina morta e comunque confezionata (primo comma dell'art. 11), mentre l'art. 41 del T. U. delle leggi sulla caccia contempla simile divieto solo per la pernice sarda; b) ché potesse la Regione sarda limitare la generica facoltà di esportazione dalla Regione ai soli cacciatori muniti di porto d'arma (così come appunto dispone il secondo comma dell'art. 11 del citato decreto del Presidente della Giunta regionale), mentre il menzionato art. 41 non prevede alcuna discriminazione circa le categorie per le persone cui é consentita, entro certi limiti, l'esportazione; c) che la Regione potesse vietare, come ha fatto col terzo comma del ripetuto art. 11, di portare a bordo di natanti, aeromobili o altri mezzi di trasporto diretti fuori della Sardegna pernici e lepri in più del numero consentito, quando nel T. U. delle leggi sulla caccia nessun divieto del genere é previsto.

3. - L'ordinanza é stata comunicata il 6 gennaio 1958 al Presidente del Consiglio regionale sardo e notificata all'imputato l'8 febbraio 1958, ed é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 1 marzo 1958.

Non vi é stata costituzione di parti davanti alla Corte costituzionale, e perciò la causa é stata trattata in camera di Consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Non sembra che il Pretore di Olbia, nel definire a questa Corte il giudizio sulla questione di legittimità costituzionale, si sia posto il quesito se, data la natura della norma in controversia, contenuta in un decreto del Presidente della Giunta regionale, quella questione fosse o meno proponibile. Qualora, infatti, un tal quesito si fosse posto, egli certamente l'avrebbe risoluto nel senso della improponibilità, potendo, come noto, essere rimesse alla Corte costituzionale soltanto le questioni di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge (art. 134 Costituzione e art. 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1).

Natura di legge o di atto avente forza di legge indubbiamente non ha il decreto del Presidente della Giunta regionale sarda del 29 luglio 1957, n. 37, contenente il "calendario venatorio per l'annata 1957-1958", nel quale é inserito l'art. 11, il cui comma quarto ha dato luogo alla questione sollevata.

2. - Prima che entrasse in vigore la legge regionale 30 marzo 1957, n. 30, recante "disposizioni relative all'esercizio della caccia", - testo che fu pubblicato, con modifiche, oltre due anni dopo, solo il 6 giugno 1959, perché pendeva il giudizio circa la sua legittimità costituzionale davanti a questa Corte, deciso con Sentenza del 3 marzo 1959, n. 11 - vigeva in Sardegna, in materia di caccia, il T. U. 5 giugno 1930, 1016. Difatti, pur avendo la Regione, in materia, competenza legislativa esclusiva (lett. i dell'art. 3 dello Statuto speciale), fino a quando non fosse stato diversamente disposto con legge speciale, doveva applicarsi la legge dello Stato (art. 57 dello Statuto). É da notare ancora che il fatto contravvenzionale che, nel giudizio seguitone, diede poi luogo alla rilevata questione di legittimità costituzionale, fu commesso il 1 ottobre 1957, e cioè quando la legge regionale Sulla caccia non ancora era stata pubblicata e quindi non era entrata in vigore. Ora l'art. 13 del T. U., che perciò nel caso si applicava, dispone:

"I Presidenti delle Giunte provinciali propongono, entro il 15 luglio di ogni anno, al Ministero dell'agricoltura e delle foreste, il calendario venatorio delle rispettive province. Il Ministro per l'agricoltura e per le foreste, opportunamente coordinate le proposte delle province, forma il calendario venatorio da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale" Per la Regione sarda, alla competenza del Ministro per l'agricoltura veniva sostituita quella dell'Amministrazione regionale, in virtù dell'art. 6 delle norme di attuazione di cui al D. P. R. 19 maggio 1950, n. 327, che stabiliva che le attribuzioni del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, nel territorio della Regione, erano esercitate dall'Amministrazione regionale ai Sensi dell'art. 6 dello Statuto speciale. Quest'articolo, com'é noto, attribuisce alla Regione l'esercizio delle funzioni amministrative nelle materie nelle quali la medesima ha potestà legislativa. Risulta perciò chiaro che, in base a queste disposizioni, il Presidente della Giunta regionale, col suo decreto 29 luglio 1957, n. 37, contenente il calendario venatorio, intese emanare, come difatti emanò, un provvedimento di carattere amministrativo.

3. - Se, dunque, il decreto in questione non ha natura di legge o di atto avente forza di legge, si deve dichiarare la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale deferita al giudizio di questa Corte.

Eppertanto, visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma primo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione proposta dal Pretore di Olbia con ordinanza del 9 gennaio 1958 sulla legittimità Costituzionale dell'art. 1l, quarto comma, del decreto del Presidente della Giunta regionale sarda 29 luglio 1957, n. 37.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1959.

Gaetano AZZARITI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI  - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.

 

Depositata in cancelleria il 1 dicembre 1959.