SENTENZA N. 81
ANNO 1958
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 27 marzo 1954, n. 68, promosso con ordinanza emessa il 9 luglio 1957 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette di Napoli su ricorso di Cenzato Giuseppe, iscritta al n. 88 del Registro ordinanze 1957 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 296 del 30 novembre 1957.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 3 dicembre 1958 la relazione del Giudice Ernesto Battaglini;
udito il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l'amministrazione finanziaria.
Ritenuto in fatto
Ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio, Cenzato Giuseppe denunciava, nel termine fissato dal T.U. approvato con D.L.C.P.S. 11 ottobre 1947, n. 1131, all'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Napoli, un patrimonio di L. 12.489.974, quale imponibile nei suoi riguardi alla data del 28 marzo 1947.
L'Amministrazione finanziaria procedeva alla rettifica di tale denuncia e all'accertamento di un imponibile di L. 149.905.500, facendo eseguire la notificazione della rettifica stessa in data 20 dicembre 1955.
Contro tale rettifica proponeva ricorso il Cenzato alla Commissione distrettuale delle imposte dirette di Napoli e, all'udienza del 9 luglio 1957, deduceva la illegittimità costituzionale della legge 27 marzo 1954, n. 68, in base alla quale l'Amministrazione finanziaria aveva proceduto alla rettifica, chiedendo che in conseguenza gli atti venissero trasmessi alla Corte costituzionale.
La Commissione suddetta accoglieva l'istanza dell'interessato in una elaborata ordinanza, in cui i motivi di illegittimità costituzionale della legge denunciata venivano indicati negli artt. 2 e 23 della Costituzione, nonché nell'articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale.
L'ordinanza veniva regolarmente notificata in data 1 e 4 ottobre al ricorrente Cenzato Giuseppe, all'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Napoli, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ne veniva data comunicazione alla Presidenza della Camera e del Senato.
L'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio, interveniva in giudizio il 24 ottobre 1957 e, in data 4 dicembre 1957, si costituiva nell'interesse della Amministrazione finanziaria.
Considerato in diritto
È superfluo indugiarsi preliminarmente sulla questione relativa al carattere di organi giurisdizionali delle Commissioni tributarie, nel novero delle quali va compresa la Commissione che ha emesso l'ordinanza di rinvio, giacché tale carattere é stato riconosciuto con costanti precedenti pronunzie di questa Corte (da ultimo sent. 41 del 1 marzo 1957), in conformità, del resto, alla giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione.
Non ha neppure rilevanza la mancata specificazione, nella ordinanza di rinvio, delle disposizioni della legge impugnata, di cui viene denunciata la illegittimità costituzionale, poiché non può sorgere incertezza che si intende impugnare le norme contenute negli artt. 1 e 5 riguardanti la proroga dei termini di rettifica, tenendo presente la intitolazione della legge e il carattere del tutto accessorio e secondario degli altri tre articoli.
Venendo all'esame dei singoli motivi dedotti nella ordinanza a conforto della pretesa illegittimità costituzionale della legge di cui trattasi, deve essere anzitutto escluso ogni fondamento alla dedotta violazione dell'art. 2 della Costituzione, il quale concerne la enunciazione dei diritti inviolabili e fondamentali dell'uomo, come fu detto da questa Corte nella sentenza n. 11 del 19 giugno 1956, senza alcun riferimento né diretto né indiretto alla materia tributaria.
Del pari destituito di ogni attendibilità é il riferimento all'art. 23 della Costituzione, il quale stabilisce che qualsiasi prestazione personale o patrimoniale non può essere imposta se non in base alla legge.
Ora, nel caso in esame, tanto l'imposta, quanto i provvedimenti di proroga sono stati tutti adottati con legge.
Resta da prendere in esame il terzo motivo con cui viene denunziata la violazione del principio della irretroattività delle leggi in generale e, in specie, delle leggi finanziarie, per quanto riguarda il termine entro cui l'amministrazione finanziaria ha il potere di procedere a rettifiche o di colmare le lacune delle denunce degli interessati.
Deve essere a questo proposito considerato che, mentre le leggi con cui si statuiva una proroga al termine fissato per l'accertamento suppletivo da parte della finanza vennero sempre emanate prima della scadenza del termine stesso, la legge impugnata venne emanata quando il termine dell'ultima proroga (fissato con legge 22 novembre 1952, n. 1847, al 31 dicembre 1953) era già scaduto; e la legge impugnata, con l'art. 5, nel fissare al 31 dicembre 1955 il nuovo termine, riconosce espressamente che la legge ha vigore dal 1 gennaio 1954, stabilendo così una saldatura retroattiva alla serie delle proroghe.
Ma questo rilievo, che viene proposto in relazione all'art. 11 delle disposizioni della legge in generale, non ha fondamento in una corrispondente disposizione della Costituzione, la quale, all'art. 25 pone il divieto della retroattività limitatamente alla legge penale. Il che, come questa Corte ha avuto già modo di affermare (sent. n. 118 del 2 luglio 1957
), non esclude che, per le leggi finanziarie, la retroattività possa determinare un contrasto con altri precetti della Costituzione.