Sentenza n. 31 del 1957
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SENTENZA N. 31

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA,

ha pronunziato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 16 della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, promosso con l'ordinanza 24 aprile 1956 del Tribunale di Bari nel procedimento penale a carico di Palasciano Italino e di Scionti Renato, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 146 del 9 giugno 1956 ed iscritta al n. 193 del Reg. Ord. 1956.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 5 dicembre 1956 la relazione del Giudice Antonio Manca;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Dario Foligno.

 

Ritenuto in fatto

 

Palasciano Italino e Scionti Renato furono denunziati all'autorità giudiziaria per il reato preveduto dall'art. 16, in relazione all'art. 5, della legge sulla stampa dell'8 febbraio 1948, n. 47.

Lo Scionti, come direttore, e il Palasciano, come condirettore responsabile, furono incolpati di avere pubblicato, in Bari, il periodico "La Voce", senza la registrazione prescritta dall'art. 5 della legge sulla stampa.

Nell'udienza del 24 aprile 1956 davanti al Tribunale di Bari, presente il Palasciano ed assente lo Scionti, la difesa degli imputati sollevò la questione di illegittimità costituzionale degli artt. 5 e 16 della ricordata legge sulla stampa, con riferimento all'art. 21, secondo comma, della Costituzione.

Il Tribunale, con ordinanza del 24 aprile 1956, ritenne la questione di costituzionalità rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata; e, pertanto, sospendendo il giudizio, dispose la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Osservò il Tribunale che l'art. 5 della legge sulla stampa non esige, é vero, alcuna autorizzazione, nel significato tecnico giuridico di controllo preventivo di merito da parte della pubblica amministrazione; ma che tuttavia l'obbligo degli adempimenti, richiesto ai fini della registrazione, non esclude la possibilità che, di fatto, derivi una limitazione al diritto soggettivo di manifestare pubblicamente il pensiero con lo scritto, per il periodo di tempo necessario all'espletamento della formalità della registrazione.

L'ordinanza del Tribunale di Bari é stata notificata all'imputato assente Scionti Renato il 3 maggio 1956, al Presidente del Consiglio dei Ministri il 5 maggio 1956 e comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento. L'ordinanza é stata altresì pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 9 giugno 1956.

Davanti a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 25 maggio 1956. Non si sono costituiti gli imputati.

L'Avvocatura osserva, in via preliminare, che, nei giudizi di legittimità costituzionale, quando con un accertamento di carattere formale é da escludere, come nel caso, l'esistenza o la configurabilità di un contrasto fra la norma ordinaria e la norma costituzionale, si possa dichiarare l'inammissibilità del ricorso.

Sostiene nel merito l'infondatezza della questione sollevata con l'ordinanza del Tribunale di Bari.

Nella memoria, depositata il 22 novembre 1956, l'Avvocatura dello Stato precisa che l'obbligo della registrazione non rappresenta una deroga alla disposizione dell'art. 21 secondo comma della Costituzione, trattandosi di una formalità richiesta dall'interesse generale e che non implica alcuna discrezionalità.

Contesta, d'altra parte, che il lasso di tempo, che eventualmente possa verificarsi per l'adempimento della formalità della registrazione, possa costituire limitazione, almeno temporanea, alla libera manifestazione del pensiero.

Sostiene al riguardo che la libertà di stampa é una delle forme in cui si manifesta la libertà di pensiero; che peraltro la libertà di stampa ammette limitazioni in relazione al mezzo con cui viene esercitata; che, essendosi ormai riconosciuta (con sentenza n. 3 della Corte costituzionale in data 28 giugno 1956) la legittimità dell'istituto del direttore responsabile, non può non ammettersi, nell'interesse generale, un controllo circa l'esistenza in concreto di questo organo, anche in relazione alla norma dettata dall'art. 21, terzo comma, per l'indicazione dei responsabili.

 

Considerato in diritto

 

L'Avvocatura dello Stato deduce preliminarmente, come si é già accennato, l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale ed osserva che l'art. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, sulla stampa, non prescrive alcuna autorizzazione, in senso tecnico, ma soltanto determinati adempimenti per la registrazione del giornale o del periodico. Ritiene quindi che un contrasto fra la norma ordinaria e quella contenuta nell'art. 21, secondo comma, della Costituzione sia da escludere in base al confronto fra le due norme; e che manchi perciò il presupposto per l'esame, nel merito, della questione sollevata dal Tribunale di Bari.

É da obiettare peraltro che, per risolvere tale questione, é necessario, interpretando la disposizione dell'art. 5, stabilire se, data la natura giuridica della registrazione, sussista, o meno, incompatibilità fra lo stesso art. 5 e la norma costituzionale. E poiché si tratta di indagine che attiene al contenuto della legge ordinaria, é chiaro che l'eccezione di inammissibilità, nel senso prospettato dall'Avvocatura, non può essere accolta.

Nel merito la Corte osserva che l'art. 21 della Costituzione, nel primo comma, riconosce, in linea generale, a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Nel secondo comma, per quanto riguarda in particolare la stampa, stabilisce che non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Cioè a quei provvedimenti preventivi che, rimessi al potere discrezionale dell'autorità amministrativa, potrebbero eventualmente impedire la pubblicazione degli scritti destinati al pubblico, come appunto i giornali e i periodici, ai quali si riferiscono le disposizioni contenute nell'art. 5 della legge sulla stampa sopra citata.

L'articolo dispone, nel primo comma, che nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi. Nel secondo comma, fra i documenti necessari per ottenere la registrazione (art. 5, nn. 1, 2, 3 e 4), richiede una dichiarazione, con le firme autenticate, del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile, dalla quale risultino il nome e il domicilio di essi e della persona che esercita l'impresa giornalistica, se questa é diversa dal proprietario, nonché il titolo e la natura della pubblicazione. Stabilisce, nel penultimo comma, che il Presidente del Tribunale, o un giudice da lui delegato, verificata la regolarità dei documenti presentati, ordina, entro quindici giorni, l'iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla cancelleria.

Da queste disposizioni si desume che la registrazione é disposta in seguito all'accertamento della rispondenza tra una situazione di fatto e le norme legislative. Ma non vi é margine di discrezionalità per l'organo competente ad emettere il provvedimento, poiché, come si é ricordato, l'autorità giudiziaria verificata la regolarità dei documenti, ordina l'iscrizione. Si tratta perciò di un provvedimento di natura giuridica sostanzialmente diversa dall'autorizzazione amministrativa di carattere discrezionale, alla quale, ai sensi dell'art. 21, secondo comma, della Costituzione, non può essere subordinata la stampa.

É altresì da tener presente che la competenza a ordinare la registrazione non é devoluta ad un organo della pubblica amministrazione, bensì al Presidente del Tribunale; cioè all'autorità giudiziaria, cui la Costituzione affida la tutela dei diritti di libertà dei cittadini, come risulta dagli artt. 13, 14, 15 e dallo stesso art. 21, terzo comma.

Inoltre sostanziale differenza, quanto alla finalità, si riscontra fra le disposizioni della legge ordinaria e la norma costituzionale. Questa é diretta a rimuovere ogni ostacolo preventivo alla libertà di manifestazione del pensiero, l'altra ad identificare preventivamente i responsabili dei reati commessi a mezzo della stampa ed a reprimere gli abusi della stampa clandestina, come si desume anche dall'art. 16 della stessa legge, contenente le sanzioni per la violazione degli obblighi imposti dall'art. 5.

Tutto ciò chiarisce che le disposizioni contenute negli artt. 5 e 16 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, emanata dallo stesso legislatore costituente, non sono incompatibili con l'art. 21, secondo comma, della Costituzione. Se ne ha conferma del resto nel terzo comma dello stesso art. 21, che ammette il sequestro, per atto motivato dell'autorità giudiziaria, sia nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, sia nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescrive per l'indicazione dei responsabili; vale a dire nel caso di violazione delle norme dell'art. 5.

Né ha alcun fondamento il rilievo, che si legge nell'ordinanza del Tribunale di Bari, circa una eventuale limitazione di fatto, che potrebbe derivare alla libertà di stampa, per il periodo di tempo necessario all'espletamento della formalità della registrazione. Escluso, infatti, che questa si sostanzi in un provvedimento emanato discrezionalmente da una autorità amministrativa, l'eventuale ritardo, oltre i quindici giorni indicati nel penultimo comma dell'art. 5, riguarda, se mai, il funzionamento dell'ufficio giudiziario; e non può far sorgere alcuna questione di legittimità costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinta l'eccezione di inammissibilità dedotta dall'Avvocatura dello Stato;

dichiara non fondata la questione sollevata, con ordinanza 24 aprile 1956 del Tribunale di Bari, sulla legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 5 e 16 della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, in riferimento alle norme dell'articolo 21 secondo comma della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 1957.

 

Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO  Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA

 

Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.