MESSAGGIO
ALLE CAMERE DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN MATERIA DI PLURALISMO E IMPARZIALITA' DELL'INFORMAZIONE
Palazzo
del Quirinale, 23 luglio 2002
Onorevoli Parlamentari,
la garanzia del pluralismo e
dell'imparzialità dell'informazione costituisce strumento essenziale per la
realizzazione di una democrazia compiuta; si tratta di una necessità avvertita
dalle forze politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile.
Il principio fondamentale
del pluralismo, sancito dalla Costituzione e dalle norme dell'Unione Europea, è
accolto in leggi dello Stato e sviluppato in importanti sentenze della Corte
Costituzionale.
Il tema investe l'intero
sistema delle comunicazioni, dalla stampa quotidiana e periodica alla
radiotelediffusione e richiede un'attenta riflessione sugli apparati di
comunicazione anche alla luce delle più recenti innovazioni tecnologiche e
della conseguente diffusione del sistema digitale. Il mondo appare sempre più
un insieme di mezzi e di reti interconnesse, che abbracciano l'editoria
giornalistica, la radiotelevisione, le telecomunicazioni.
Per quanto riguarda il
settore della stampa, la legge 5 agosto 1981, n. 416, fissa limiti precisi alle
concentrazioni e detta norme puntuali per la loro eliminazione ove esse vengano
a costituirsi. Secondo i dati forniti dal Presidente della Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni nella sua Relazione annuale sull'attività svolta,
presentata il 12 luglio scorso, i limiti posti dalla legge alle concentrazioni
in materia di stampa risultano rispettati.
Per quanto concerne
l'emittenza televisiva, dopo la sentenza n. 826 del
1988, nella quale la Corte Costituzionale affermava che il pluralismo "non
potrebbe in ogni caso considerarsi realizzato dal concorso tra un polo pubblico
e un polo privato", il Parlamento approvò la legge 6 agosto 1990, n.
223, per disciplinare il sistema radiotelevisivo pubblico e privato. Si tratta
della prima legge organica che, nel suo articolo 1, dopo aver affermato il
preminente interesse generale della diffusione di programmi radiofonici e
televisivi, definisce i principi fondamentali del sistema: "il
pluralismo, l'obiettività, la completezza e l'imparzialità dell'informazione,
l'apertura alle diverse opinioni, tendenze politiche, sociali, culturali e
religiose, nel rispetto della libertà e dei diritti garantiti dalla
Costituzione".
La successiva legge 31
luglio 1997, n. 249, ha istituito l'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni e ha dettato norme con le quali ha precorso, con lungimiranza, il
tema della cosiddetta "convergenza multimediale", tra
telecomunicazioni e radiotelevisione, attribuendo all'Autorità indipendente
competenza su entrambi i settori.
Dato essenziale della
normativa in vigore è il divieto di posizioni dominanti, considerate di per sé
ostacoli oggettivi all'effettivo esplicarsi del pluralismo.
La giurisprudenza
costituzionale, sviluppatasi nell'arco di un quarto di secolo, ha trovato la
sua sintesi nella sentenza
n. 420 del 1994, nella quale la Corte ha richiamato il vincolo, imposto
dalla Costituzione al legislatore, di assicurare il pluralismo delle voci,
espressione della libera manifestazione del pensiero, e di garantire, in tal
modo, il fondamentale diritto del cittadino all'informazione.
Questi principi hanno avuto
conferma nell'aprile scorso nella sentenza n. 155 del
2002 della stessa Corte che, richiamando i punti essenziali delle
precedenti decisioni, ha ribadito l'imperativo costituzionale, secondo cui il
diritto di informazione garantito dall'art. 21 della Costituzione deve essere "qualificato
e caratterizzato, tra l'altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere
conoscenze e notizie - così da porre il cittadino in condizione di compiere le
proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e
politici differenti - sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati
forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità
dell'attività di informazione erogata".
Tale sentenza è
particolarmente significativa là dove pone in rilievo che la sola presenza
dell'emittenza privata (cosiddetto pluralismo "esterno") non è
sufficiente a garantire la completezza e l'obiettività della comunicazione
politica, ove non concorrano ulteriori misure "sostanzialmente ispirate
al principio della parità di accesso delle forze politiche"
(cosiddetto pluralismo "interno").
I principi e i valori del
pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione nel settore delle
comunicazioni elettroniche sono stati richiamati e hanno trovato sistemazione
organica in quattro recenti Direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio
dell'Unione Europea, che dovranno essere recepite dai Paesi membri entro il
luglio del 2003. Il contenuto di queste Direttive è in sintonia con la Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione Europea che, nel secondo comma
dell'articolo 11, sancisce espressamente il rispetto del pluralismo e la
libertà dei media.
Nelle premesse di tali
Direttive sono indicate le finalità di una politica comune europea in materia
di informazione. Viene, in particolare, definito il concetto di libertà di
espressione, precisando che questa "comprende la libertà di opinione e
la libertà di trasmettere informazioni e idee, nonché la libertà dei mezzi di
comunicazione di massa e il loro pluralismo".
In particolare, nella
Direttiva denominata "Direttiva quadro": - viene specificato
che "la politica audiovisiva e la regolamentazione dei contenuti
perseguono obiettivi di interesse generale, quali la libertà di espressione, il
pluralismo dei mezzi di informazione, l'imparzialità, la diversità culturale e
linguistica, l'inclusione sociale, la protezione dei consumatori e la tutela
dei minori"; - si fa obbligo agli Stati membri di "garantire
l'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione in modo da
assicurare l'imparzialità delle loro decisioni"; - è riservato grande
spazio all'assetto del mercato e all'esigenza di assicurare un regime
concorrenziale.
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Nel volgere di pochi anni
anche l'Italia disporrà delle nuove possibilità che l'evoluzione della
tecnologia mette a disposizione dell'emittenza radiotelevisiva. Questo sviluppo
produrrà un allargamento delle occasioni di mercato e rappresenterà un freno
alla costituzione o al rafforzamento di posizioni dominanti, pur nella
necessaria considerazione delle dimensioni richieste dalle esigenze della
competizione nell'ambito del più ampio mercato europeo e mondiale.
La legge 30 marzo 2001, n.
66, prevede, in proposito, che "le trasmissioni televisive dei
programmi e dei servizi multimediali su frequenze terrestri devono essere
irradiate esclusivamente in tecnica digitale entro l'anno 2006".
E, tuttavia, il pluralismo e
l'imparzialità dell'informazione non potranno essere conseguenza automatica del
progresso tecnologico. Saranno, quindi, necessarie nuove politiche pubbliche
per guidare questo imponente processo di trasformazione. E' questo un problema
comune a tutti i paesi europei, oggetto di vivaci dibattiti e di proposte
innovative.
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* *
Onorevoli Parlamentari,
la prospettiva della nuova
realtà tecnologica, il quadro normativo offerto dalle recenti Direttive comunitarie
e le chiare indicazioni della Corte Costituzionale richiedono l'emanazione di
una legge di sistema, intesa a regolare l'intera materia delle comunicazioni,
delle radiotelediffusioni, dell'editoria di giornali e periodici e dei rapporti
tra questi mezzi.
Nel redigere tale legge
occorrerà tenere presente, per quanto riguarda la radiotelevisione, il ruolo
centrale del servizio pubblico. Il trattato di Amsterdam, che vincola tutti i
paesi dell'Unione Europea, muove dal presupposto "che il sistema di
radiodiffusione pubblica negli Stati membri è direttamente collegato alle
esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza
di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione".
Nell'atteso testo normativo
dovrà trovare coerente sistemazione la disciplina della tutela dei minori,
troppo spesso non tenuta nella dovuta considerazione nelle programmazioni delle
emittenti televisive.
E' fondamentale, inoltre,
che la nuova legge sia conforme al Titolo V della Costituzione, che all'articolo
117 ha assegnato alle Regioni un preciso ruolo nella comunicazione,
considerando questa materia ricompresa nella legislazione concorrente insieme a
quella della promozione e dell'organizzazione di attività culturali, che ne
costituisce un logico corollario. Secondo la riforma costituzionale, spetta
allo Stato di determinare i principi fondamentali in dette materie, mentre alle
Regioni è conferito il compito di sviluppare una legislazione che valorizzi il
criterio dell'articolazione territoriale della comunicazione come espressione
delle identità e delle culture locali.
Nella definizione di tali
principi fondamentali, lo Stato svolge la sua essenziale funzione di
salvaguardia dell'unità della Nazione e della identità culturale italiana. Essi
costituiscono la più valida cornice, entro la quale trova esplicazione il
pluralismo culturale, ricchezza inestimabile del nostro Paese, sorgente di
libera formazione della pubblica opinione.
La cultura - questo è mio
convincimento profondo - è il fulcro della nostra identità nazionale; identità
che ha le sue radici nella formazione della lingua italiana e che, negli ultimi
due secoli, si è sviluppata in una continuità di ideali e di valori dal
Risorgimento alla Resistenza, alla Costituzione repubblicana.
Nel preparare la nuova
legge, va considerato che il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione,
così come lo spazio da riservare nei mezzi di comunicazione alla dialettica
delle opinioni, sono fattori indispensabili di bilanciamento dei diritti della
maggioranza e dell'opposizione: questo tanto più in un sistema come quello
italiano, passato dopo mezzo secolo di rappresentanza proporzionale alla scelta
maggioritaria.
Quando si parla di "statuto"
delle opposizioni e delle minoranze in un sistema maggioritario, le soluzioni
più efficaci vanno ricercate anzitutto nel quadro di un adeguato assetto della
comunicazione, che consenta l'equilibrio dei flussi di informazione e di
opinione.
Anche a tal fine, la
vigilanza del Parlamento, in coordinamento con l'Autorità di garanzia, potrebbe
estendersi all'intero circuito mediatico, pubblico e privato, allo scopo di
rendere uniforme ed omogeneo il principio della "par condicio".
Parametri di ogni riforma
devono, in ogni caso, essere i concetti di pluralismo e di imparzialità, diretti
alla formazione di una opinione pubblica critica e consapevole, in grado di
esercitare responsabilmente i diritti della cittadinanza democratica.
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Riassumo le considerazioni
fin qui svolte, dalle quali emergono alcuni obiettivi essenziali: - specificazione
normativa - tenendo conto delle variazioni introdotte dalle innovazioni
tecnologiche in continua evoluzione - dei principi contenuti nella legislazione
vigente e nella giurisprudenza della Corte Costituzionale; - attuazione delle
Direttive comunitarie che l'Italia dovrà recepire entro il luglio del 2003; -
definizione di un quadro normativo per l'attivazione della competenza
concorrente delle Regioni nel settore delle comunicazioni, secondo quanto
previsto dall'articolo 117 del nuovo Titolo V della Costituzione; -
perseguimento dello scopo fondamentale di meglio garantire, attraverso il
pluralismo e l'imparzialità dell'informazione, i diritti fondamentali
dell'opposizione e delle minoranze.
Onorevoli Parlamentari,
ho voluto sottoporre ai
rappresentanti eletti della Nazione queste riflessioni, perché avverto che sta
a noi tutti provvedere per il presente e, al tempo stesso, guardare al futuro,
prefigurando e preparando con lungimiranza un sistema di valori e di regole che
salvaguardi e sostenga la vita e l'azione delle nuove generazioni.
Lo sviluppo delle tecnologie
dell'informazione e delle reti di comunicazione è qualcosa di più di un
avanzamento tecnico: configura un salto di qualità; muta il contesto nel quale
si esplica la vita culturale e politica dei popoli; apre straordinarie
possibilità di conoscenza, di nuovi servizi, di partecipazione, di crescita
individuale e collettiva.
Dobbiamo vivere questo
momento di transizione con consapevolezza e fiducia. Un processo di innovazione
affidato alle forze della società, promosso e accompagnato dall'azione pubblica
in una appropriata cornice normativa, è la base per una nuova stagione di
sviluppo morale e materiale della Nazione.
E' questa una sfida che
coinvolge tutte le istituzioni: saper tradurre l'innovazione in una grande
opportunità di formazione per i cittadini.
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Non c'è
democrazia senza pluralismo e imparzialità dell'informazione: sono fiducioso
che l'azione del Parlamento saprà convergere verso la realizzazione piena di
questo principio.