Corte di Giustizia delle Comunità europee (Prima
Sezione), 18 gennaio 2007
C-229/05 P, Osman Ocalan e a. – Consiglio dell’Unione europea e a.
Nel procedimento C‑229/05 P,
avente ad oggetto un ricorso di impugnazione ai sensi dell’art. 56 dello
Statuto della Corte di giustizia, proposto il 9 maggio 2005,
Osman Ocalan,
per conto
Serif Vanly,
per conto del Kurdistan National Congress (KNK),
rapresentati dal sig. M. Muller,
QC,
dai
sigg. E. Grieves e P. Moser, barristers,
e
dalla sig.ra J.G. Peirce,
solicitor,
ricorrenti,
procedimento in cui le altre parti sono:
Consiglio dell’Unione
europea,
rappresentato dalla sig.ra E. Finnegan e dal
sig. M. Bishop,
in qualità di agenti,
convenuto in primo grado
Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord,
rappresentato dalla sig.ra R. Caudwell,
in qualità di agente,
con
domicilio eletto in Lussemburgo,
Commissione delle Comunità
europee,
intervenienti in primo
grado,
composta dal sig. P. Jann, presidente di
sezione, dai sigg. K. Lenaerts, E. Juhász, J.N. Cunha Rodrigues (relatore) e
M. Ilešič, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14
settembre 2006,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27
settembre 2006,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il loro ricorso di impugnazione, il sig. Osman Ocalan, per conto del Kurdistan Workers’
Party (PKK) (Partito dei lavoratori del Kurdistan), e il sig. Serif Vanly, per conto del
Kurdistan National Congress (KNK) (Congresso nazionale
del Kurdistan), chiedono l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di primo
grado delle Comunità europee 15 febbraio 2005, causa T‑229/02, PKK e
KNK/Consiglio (Racc. pag. II‑539; in prosieguo: l’«ordinanza
impugnata»), con la quale è stato dichiarato irricevibile il loro ricorso per
l’annullamento delle decisioni del Consiglio 2 maggio 2002, 2002/334/CE, che
attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo
a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate
a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2001/927/CE
(GU L 116, pag. 33) e 17 giugno 2002, 2002/460/CE, che attua
l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a
misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a
combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2002/334/CE
(GU L 160, pag. 26).
Contesto normativo
2 L’art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma
il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), rubricato «Diritto ad un processo
equo», così prevede:
«1 Ogni
persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole,
davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine
della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere
civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. La
sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può
essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo
nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale
in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la
tutela della vita privata delle parti nel processo, nella misura giudicata
strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la
pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.
(…)».
3 L’art. 13 della CEDU, rubricato «Diritto
ad un ricorso effettivo», dispone quanto segue:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà
riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un
ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione
sia stata commessa da persone agenti nell’esercizio delle loro funzioni
ufficiali».
4 L’art. 34 della CEDU, rubricato «Ricorsi
individuali», è del seguente tenore:
«
Diritto comunitario
5 Il 27 dicembre 2001, ritenendo che fosse necessaria
un’azione della Comunità al fine di attuare la risoluzione n. 1373 (2001)
del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il Consiglio dell’Unione
europea ha adottato le posizioni comuni 2001/930/PESC, relativa alla lotta al
terrorismo (GU L 344, pag. 90) e 2001/931/PESC, relativa
all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo
(GU L 344, pag. 93).
6 L’art. 1 della posizione comune 2001/931 così
prevede:
«1.
La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni
dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato,
coinvolti in atti terroristici.
(…)
4. L’elenco
è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui
risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle
persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di
azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la
partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri
e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell’elenco possono
essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso
sanzioni.
Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo,
per “autorità competente” s’intende un’autorità giudiziaria o, se le autorità
giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo,
un’equivalente autorità competente nel settore.
5. Il
Consiglio si adopera affinché nell’elenco, in allegato, delle persone fisiche e
giuridiche, dei gruppi o delle entità siano inseriti dettagli sufficienti a
consentire l’effettiva identificazione di esseri umani, persone giuridiche, entità
o organismi, in modo da discolpare più agevolmente coloro che hanno un nome
identico o simile.
6. I
nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati
regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro
mantenimento nell’elenco sia giustificato».
7 L’art. 2 della posizione comune 2001/931
dispone quanto segue:
«
8 Il 27 dicembre 2001 il Consiglio ha adottato il
regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro
determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo
(GU L 344, pag. 70).
9 Ai sensi dell’art. 2 di tale regolamento:
«1. Fatte
salve le disposizioni degli articoli 5 e 6:
a) tutti
i capitali, le altre attività finanziarie e le risorse economiche di cui una
persona fisica o giuridica, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al
paragrafo 3 detenga la proprietà o il possesso sono congelati;
b) è
vietato mettere, direttamente o indirettamente, a disposizione delle persone
fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di cui al
paragrafo 3, capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche.
2. Fatti
salvi gli articoli 5 e 6, è vietata la prestazione di servizi finanziari destinati
alle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di
cui al paragrafo 3.
3. Il
Consiglio, deliberando all’unanimità, elabora, riesamina e modifica l’elenco di
persone, gruppi o entità ai quali si applica il presente regolamento in
conformità delle disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafi 4, 5 e 6 della
posizione comune 2001/931/PESC. Tale elenco include:
i) persone
che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla
loro esecuzione o che la facilitano;
ii) persone giuridiche,
gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che
partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;
iii) persone
giuridiche, gruppi o entità di proprietà o sotto il controllo di una o più
delle persone fisiche o giuridiche, dei gruppi e delle entità di cui ai punti
i) e ii);
iv) persone fisiche o
giuridiche, gruppi o entità che agiscano per conto o su incarico di una o più
persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità di cui ai punti i) e ii)».
Fatti all’origine
della controversa
10 L’ordinanza impugnata contiene le affermazioni
seguenti:
«1 Risulta
dal fascicolo che il [PKK] è sorto nel 1978 e ha intrapreso una lotta armata
contro il governo turco per il riconoscimento del diritto dei curdi
all’autodeterminazione. Secondo la testimonianza scritta del sig. [Osman] Ocalan, nel luglio 1999 il PKK avrebbe dichiarato un
cessate il fuoco unilaterale, con riserva del diritto all’autodifesa. Secondo
la stessa testimonianza, nell’aprile 2002, per riflettere questo nuovo
orientamento, il congresso del PKK avrebbe deciso che “tutte le attività
esercitate sotto il nome di ‘PKK’ sarebbero cessate il 4 aprile 2002 e tutte le attività condotte in nome del PKK sarebbero state
considerate illegittime” (allegato 2 del ricorso, punto 16). Un nuovo
gruppo, il Kongreya AzadÓ š
Demokrasiya Kurdistan (Congresso per la democrazia e
la libertà del Kurdistan – KADEK), è stato costituito al fine di raggiungere in
maniera democratica obiettivi politici in nome della minoranza curda. Il
sig. [Abdullah] Ocalan è stato nominato presidente del KADEK.
2 Il
[KNK] è una federazione che raggruppa una trentina di organizzazioni. Il KNK ha
l’obiettivo di “rafforzare l’unità e la cooperazione dei curdi in tutte le
parti del Kurdistan e di sostenere la loro battaglia alla luce degli interessi
superiori della nazione curda” (art. 7, lett. A, della carta
costitutiva del KNK). Secondo la testimonianza scritta del sig. [Serif] Vanly, presidente del KNK,
il dirigente onorario del PKK è stato tra coloro che hanno favorito la
creazione del KNK. Il PKK era membro del KNK e i singoli membri del PKK
finanziavano in parte il KNK».
11 Il 2 maggio 2002 il Consiglio ha adottato la
decisione 2002/334/CE. Tale decisione ha incluso il PKK nell’elenco previsto
dall’art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo:
l’«elenco controverso»).
12 Con atto introduttivo iscritto a ruolo con il numero
T‑206/02, il KNK ha proposto un ricorso di annullamento contro la
decisione 2002/334. Il Tribunale ha dichiarato tale ricorso irricevibile con
ordinanza 15 febbraio 2005. Tale ordinanza non è stata impugnata.
13 Il 17 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la
decisione 2002/460. Tale decisione ha mantenuto il PKK nell’elenco controverso.
Successivamente tale elenco è stato regolarmente aggiornato con varie decisioni
del Consiglio.
Procedimento dinanzi al Tribunale
14 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria
del Tribunale il 31 luglio 2002, il PKK, rappresentato dal sig. Osman Ocalan, e il KNK, rappresentato dal sig. Serif Vanly, hanno proposto
un ricorso per l’annullamento delle decisioni 2002/334 e 2002/460. Tale ricorso
è stato iscritto a ruolo con il numero T‑229/02.
15 Detto ricorso era accompagnato da una procura, in nome
del PKK, il cui testo è il seguente:
«Con
la presente, il sottoscritto Osman Ocalan, già membro
e in nome dell’organizzazione precedentemente nota come PKK, delega
Mark Muller, avvocato in
10-11 Gray’s Inn Square
Edward Grieves, avvocato
in 10-11 Gray’s Inn Square
Gareth Pierce, associato dello studio legale Birnberg
Pierce
a
predisporre e presentare un ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado delle
Comunità europee per l’annullamento della decisione 2002/334 e del regolamento
n. 2580/2001, nonché ad intraprendere ogni altra attività necessaria a tal
fine, ivi compresa la delega dell’intera materia ad un altro soggetto, la
richiesta di misure cautelari e la proposizione di un ricorso di impugnazione eventualmente
necessario dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee».
16 Con atto depositato il 27 novembre 2002, il
Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità
ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del
Tribunale. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e
17 Pronunciandosi su tale eccezione di irricevibilità, il Tribunale ha dichiarato il ricorso
irricevibile con l’ordinanza impugnata.
L’ordinanza impugnata
18 Per quanto riguarda il ricorso proposto dal
sig. Osman Ocalan per conto del PKK, il
Tribunale lo ha dichiarato irricevibile con la motivazione seguente:
«27 Occorre,
anzitutto, constatare che il PKK dev’essere
considerato come direttamente e individualmente interessato dalle decisioni
[2002/334 e 2002/460], dal momento che è nominato in esse.
28 Si
deve in seguito precisare che le norme che disciplinano la ricevibilità di un
ricorso di annullamento proposto da una persona che figura sull’elenco
controverso – cioè l’elenco delle persone, gruppi ed entità cui si applicano
misure restrittive destinate a combattere il terrorismo – devono essere
interpretate in base alle circostanze del caso di specie. Infatti, con
riferimento in particolare a tali gruppi o entità, può verificarsi che questi
ultimi non siano legalmente esistenti, o non fossero in grado di rispettare le
norme di diritto normalmente applicabili alle persone giuridiche. Pertanto un
formalismo eccessivo porterebbe a negare, in determinati casi, ogni possibilità
di proporre un ricorso di annullamento anche quando tali gruppi ed entità siano
stati oggetto di misure restrittive comunitarie.
(…)
32 In
conformità ai principi esposti al precedente punto 28, il sig. [Osman] Ocalan, persona fisica, ha il diritto di dimostrare,
con ogni mezzo di prova, che egli agisce validamente in nome della persona
giuridica, il PKK, di cui sostiene di essere il rappresentante. Tuttavia, tali
prove devono almeno dimostrare che il PKK aveva realmente l’intenzione di
proporre il presente ricorso e che esso non è stato strumentalizzato da un
terzo, anche nel caso in cui quest’ultimo fosse uno dei suoi membri.
33 Occorre
altresì precisare che non spetta al Tribunale pronunciarsi, nell’ambito del
presente esame della ricevibilità del ricorso, sull’effettiva esistenza del
PKK. Nell’ambito di tale esame si tratta soltanto di stabilire se il
sig. [Osman] Ocalan abbia la capacità di
presentare un ricorso per conto del PKK.
34 In
primo luogo, si deve notare che il ricorso è formalmente presentato dal
sig. [Osman] Ocalan per conto («on behalf») del PKK.
35 In
secondo luogo, si deve constatare che i ricorrenti affermano con decisione che
il PKK è stato sciolto nell’aprile 2002. Inoltre, secondo la testimonianza del
sig. [Osman] Ocalan presentata in allegato al
ricorso, il congresso del PKK che ha pronunciato il suo scioglimento avrebbe
contemporaneamente rilasciato la dichiarazione secondo la quale «tutte le
attività condotte in nome del PKK saranno [ormai] considerate illegittime».
36 In
terzo luogo, si deve constatare che negli scritti dei ricorrenti il sig. [Osman] Ocalan è sempre menzionato soltanto quale
rappresentante del PKK. In particolare, non si asserisce mai che egli potrebbe
avere un qualunque interesse individuale all’annullamento delle decisioni
[2002/334 e 2002/460].
37 Lungi
dal dimostrare la legittimazione giuridica del sig. [Osman]
Ocalan a rappresentare il PKK, i ricorrenti affermano al contrario che
quest’ultimo non esiste più. Orbene, è impossibile ammettere che una persona
giuridica estinta possa, in quanto tale, validamente designare un
rappresentante.
38 L’impossibilità
di ammettere che il sig. [Osman] Ocalan
rappresenti validamente il PKK viene inoltre avallata dalla sua stessa
testimonianza, secondo la quale qualsiasi azione in nome del PKK sarebbe
illegittima dopo l’aprile 2002. Secondo tale testimonianza, l’azione che il
sig. [Osman] Ocalan afferma di condurre in nome
del PKK sarebbe stata dichiarata illegittima dal suo stesso mandante.
39 Pertanto,
i ricorrenti pongono il Tribunale di fronte alla paradossale situazione in cui
la persona fisica che si presume rappresenti una persona giuridica non solo non
può dimostrare di rappresentarla validamente, ma, inoltre, espone le ragioni
per le quali essa non può rappresentarla.
40 Quanto
all’argomento dei ricorrenti fondato sull’inesistenza di altri mezzi di
ricorso, esso non può portare a ritenere ammissibile il ricorso di chiunque
intenda difendere gli interessi di un terzo.
41 Il
Tribunale deve pertanto constatare che il sig. [Osman]
Ocalan ha, di sua propria iniziativa, proposto un ricorso per conto del PKK.
Pertanto, il ricorso presentato dal sig. [Osman]
Ocalan per conto del PKK è irricevibile».
19 Per quanto riguarda il ricorso proposto dal
sig. Serif Vanly per
conto del KNK, il Tribunale lo ha dichiarato irricevibile per i motivi
seguenti:
«43 (…)
il KNK ha già impugnato la decisione 2002/334 nel suo ricorso registrato con il
numero T‑206/02. Pertanto, data l’identità di oggetto, di causa e di
parti, il presente ricorso, nella parte in cui il KNK impugna la decisione
2002/334, è irricevibile a causa dell’eccezione di litispendenza.
(…)
45 Riguardo al ricorso proposto dal KNK contro la decisione
2002/460, da una giurisprudenza costante risulta che un’associazione costituita
per promuovere gli interessi collettivi di una categoria di soggetti non può
considerarsi individualmente interessata, ai sensi dell’art. 230, quarto
comma, CE, da un atto che incida sugli interessi generali di tale categoria e,
di conseguenza, non è legittimata a presentare un ricorso di annullamento
quando non possano esserlo a titolo individuale i suoi membri (sentenza della
Corte 14 dicembre 1962, cause riunite da 19/62 a 22/62, Fédération
nationale de la boucherie
en gros et du commerce en gros des viandes e a./Consiglio, Racc. pag. 915, in
particolare pag. 932, e sentenza del Tribunale 21 marzo 2001, causa T‑69/96,
Hamburger Hafen- und Lagerhaus
e a./Commissione, Racc. pag. II‑1037, punto 49).
46 Nel
caso di specie si deve constatare che, secondo l’art. 7, lett. A,
della carta costitutiva del KNK, quest’ultimo ha lo scopo di rafforzare l’unità
e la cooperazione dei curdi in tutte le parti del Kurdistan e di sostenere la
loro battaglia alla luce dei superiori interessi della nazione curda. Il KNK dev’essere quindi considerato come un’associazione
costituita per promuovere gli interessi collettivi di una categoria di
soggetti.
47 Tale
conclusione è altresì dimostrata
dall’argomento dei ricorrenti secondo il quale l’iscrizione del PKK
[sull’elenco] ha “effetti demoralizzanti” sulla capacità del KNK di perseguire
tale finalità. Ai sensi della giurisprudenza precedentemente ricordata, esso
non può essere interessato a tal titolo in modo individuale.
48 Occorre
in seguito verificare se il KNK può far valere il fatto che uno o più dei suoi
membri siano legittimati a presentare un ricorso di annullamento della
decisione [2002/460].
49 Con
riferimento al PKK, si deve constatare che i ricorrenti, nell’asserire che
quest’ultimo non esiste più, riconoscono quanto meno che il PKK non è più
membro del KNK. Al riguardo non si può ammettere che la passata appartenenza di
una persona ad un’associazione consenta a quest’ultima di avvalersi
dell’eventuale azione di questa persona. Infatti, accettare un tale
ragionamento equivarrebbe ad offrire ad un’associazione una sorta di
legittimazione ad agire perpetua, e ciò nonostante tale associazione non possa
più sostenere di rappresentare gli interessi del suo ex membro.
50 Riguardo al KADEK, i ricorrenti invocano il fatto, in
sostanza, che esso, membro potenziale del KNK, sarebbe leso dalla decisione
2002/460 al punto di non poter aderire a quest’ultimo. Anche supponendo
che il KADEK fosse stato legittimato ad impugnare la decisione 2002/460 alla
data di proposizione del presente ricorso, ciò che appare possibile, in
particolare se esso poteva essere considerato come il successore di diritto e/o di fatto del PKK, il KNK non può far valere l’appartenenza
del KADEK alla sua organizzazione, in quanto esso non ne fa parte.
51 I
ricorrenti sostengono infine che il KNK nonché i suoi membri in generale sono
individualmente interessati per il motivo che le loro attività sarebbero
limitate dal timore di vedere congelati i loro capitali in caso di
collaborazione con un organismo inserito nell’elenco controverso. Si deve
ricordare al riguardo che il divieto stabilito dalla decisione [2002/460] di
porre fondi a disposizione del PKK ha una portata generale in quanto esso
s’indirizza a tutti i soggetti di diritto della Comunità europea. La decisione
[2002/460] si applica così a situazioni oggettivamente determinate e comporta
effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo
generale e astratto (v., in tal senso, sentenza della Corte 6 ottobre 1982,
causa 307/81, Alusuisse Italia/Consiglio e
Commissione, Racc. pag. 3463, punto 9).
52 Si
deve ricordare che una persona fisica o giuridica può asserire di essere
individualmente interessata da un atto di portata generale soltanto qualora
quest’ultimo la riguardi a motivo di determinate qualità personali ovvero di
circostanze atte a distinguerla dalla generalità (sentenze della Corte 15
luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione,
Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e del Tribunale 27
aprile 1995, causa T‑12/93, CCE de Vittel
e a./Commissione, Racc. pag. II‑1247, punto 36).
Orbene, il KNK e i suoi membri sono vincolati al rispetto del divieto imposto
dalla decisione [2002/460] riguardo al PKK al pari di tutte le altre persone
nella Comunità. Il fatto che, a causa delle loro opinioni politiche, il KNK e i
suoi membri siano portati a risentire più di altri degli effetti di tale
divieto non è tale da distinguerli rispetto a qualsiasi altra persona nella
Comunità. Infatti, la circostanza che un atto di portata generale possa avere
effetti concreti diversi per i vari soggetti di diritto ai quali si applica non
porta a distinguere questi ultimi dalla generalità degli interessati, dato che
l’applicazione di tale atto si svolge in forza di una situazione determinata
oggettivamente (v. sentenza del Tribunale 22 febbraio 2000, causa T‑138/98,
ACAV e a./Consiglio, Racc. pag. II‑341, punto 66, e
la giurisprudenza citata).
(…)
56 Poiché
il KNK non può far valere la circostanza che uno dei suoi membri è legittimato
a presentare un ricorso di annullamento contro la decisione [2002/460], si deve
concludere che esso non è individualmente interessato da quest’ultima.
57 Di
conseguenza, il ricorso, in quanto presentato dal KNK contro la decisione
2002/460, è irricevibile».
Procedimento dinanzi
alla Corte e conclusioni delle parti
20 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria
della Corte il 9 maggio 2005, il sig. Osman
Ocalan, per conto del PKK, e il sig. Serif Vanly, per conto del KNK, hanno proposto un ricorso contro
l’ordinanza impugnata. Essi chiedono alla Corte di annullare tale ordinanza e
di dichiarare ricevibile il ricorso proposto dal sig. Osman
Ocalan per conto del PKK e dal sig. Serif Vanly per conto del KNK, condannando il Consiglio alle
spese del procedimento sulla ricevibilità.
21 In allegato al ricorso di impugnazione i ricorrenti
hanno depositato una dichiarazione di data 9 maggio 2005 del sig. Mark Muller, uno degli avvocati che li rappresentano nel
presente procedimento, il cui tenore è il seguente:
«1. Con
la presente, io sottoscritto Mark Muller confermo di
rappresentare Abdullah Ocalan in un procedimento pendente dinanzi alla Corte
europea dei diritti dell’uomo.
2. Nel
corso di tale procedimento ho visitato regolarmente il sig. [Abdullah]
Ocalan nel carcere dell’isola di Imrali in Turchia.
Confermo che, prima di introdurre il presente ricorso dinanzi al Tribunale di primo
grado, il sig. [Abdullah] Ocalan mi ha incaricato di contestare la messa
al bando del PKK in Europa. Ho inoltre avuto l’occasione di incontrare in
Europa altri autorevoli rappresentanti del PKK e dell’organizzazione che si
ritiene sia succeduta ad esso, il KADEK. Ancora una volta sono stato incaricato
di avviare il presente procedimento.
3. Al fine di
rispettare il regolamento di procedura del Tribunale ho chiesto il rilascio di
una procura da parte del sig. Osman Ocalan, che
era all’epoca un autorevole esponente sia dell’organizzazione precedentemente
nota come PKK che del KADEK.
4. Se
il Tribunale avesse chiesto chiarimenti su tale punto avrei immediatamente
preso provvedimenti per ottenere tutte le prove necessarie per confermare le
affermazioni precedenti. Non ho ritenuto ciò necessario dal momento che il
Tribunale aveva accettato il mandato depositato e aveva notificato il ricorso
alla parte convenuta».
22 Il Consiglio chiede alla Corte di dichiarare
irricevibile il ricorso dei due ricorrenti o, in via subordinata, di
respingerlo in quanto infondato, eventualmente rimettendo la causa al
Tribunale, nonché di condannare i ricorrenti alle spese.
23
Sull’impugnazione
Sulla ricevibilità del ricorso proposto dal
sig. Osman Ocalan per conto del PKK
24 Il sig. Osman Ocalan,
agente per conto del PKK (in prosieguo: il «primo ricorrente»), espone sette
motivi a sostegno della sua impugnazione. È necessario esaminare innanzitutto
il quarto motivo.
Sul quarto motivo
– Argomenti
delle parti
25 Con il quarto motivo il primo ricorrente sostiene
che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova da esso presentati circa lo
scioglimento del PKK. Una lettura attenta della dichiarazione del sig. Osman Ocalan presentata al Tribunale non consentirebbe di
concludere che il PKK è stato sciolto ad ogni effetto, ivi compresa la sua
legittimazione per contestare la sua messa al bando. Al contrario, il
sig. Osman Ocalan farebbe in tale sede costante
riferimento alla persistenza del PKK e alla creazione, da parte di questo, di
un’organizzazione collegata, il KADEK. Il Tribunale avrebbe pertanto male
interpretato gli elementi di prova relativi allo scioglimento del PKK e alla
sua esistenza.
26 Il Consiglio sostiene, in via principale, che il
quarto motivo è irricevibile dal momento che, da un lato, esso consiste in una
ripetizione di quanto sostenuto in primo grado e, dall’altro, esso riguarda un
accertamento di fatto del Tribunale, vale a dire la circostanza che il PKK non
poteva avere validamente indicato il sig. Osman
Ocalan come suo rappresentante ai fini del procedimento di primo grado.
27 In via subordinata, il Consiglio sostiene che il
motivo è manifestamente infondato.
28 In primo luogo, il Tribunale avrebbe esplicitamente
affermato, al punto 33 dell’ordinanza impugnata, che non gli spettava
pronunciarsi sulla realtà dell’esistenza del PKK. Il problema a cui il
Tribunale ha dato risposta negativa sarebbe stato semplicemente quello di
determinare se il sig. Osman Ocalan potesse
proporre un ricorso per conto del PKK.
29 Sarebbero i ricorrenti stessi ad aver dichiarato che
il PKK era stato ufficialmente sciolto. Il punto 16 della dichiarazione
del sig. Osman Ocalan allegata al ricorso di
primo grado indicherebbe chiaramente che tutte le attività svolte in nome del
PKK dovrebbero ritenersi illegittime a partire dal 4 aprile 2002.
30 Le affermazioni del primo ricorrente sarebbero
inoltre sotto vari aspetti confuse. Ad esempio, al punto 25 del ricorso di
impugnazione si afferma che il sig. Osman Ocalan
ha presentato il ricorso per conto di un’organizzazione che continua ad
esistere e che era, fino a tale momento, denominata PKK. Tale dichiarazione
farebbe intendere che il ricorso è in effetti proposto
per conto di un’altra organizzazione, non indicata, che non è più il PKK
stesso. Tuttavia, il ricorso non indicherebbe di quale organizzazione si
potrebbe trattare.
31 Infine, il Tribunale avrebbe compiuto un esame
minuzioso degli argomenti presentati dai ricorrenti. Il Consiglio ritiene che
la conclusione a cui è pervenuto il Tribunale ai punti 37-41 dell’ordinanza
impugnata, secondo la quale il PKK non poteva validamente indicare un
rappresentante, sia giustificata alla luce degli
elementi di prova a sua disposizione, e sostiene che il primo ricorrente non ha
fatto valere, nell’ambito del presente ricorso di impugnazione, alcun nuovo
argomento in grado di mettere in dubbio tale conclusione.
– Giudizio
della Corte
32 Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorso di
impugnazione è irricevibile se, senza nemmeno contenere un argomento
specificamente finalizzato a individuare l’errore di diritto che
caratterizzerebbe la decisione impugnata, si limita a ripetere o a riprodurre
testualmente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Per
contro, se un ricorrente contesta l’interpretazione o l’applicazione del
diritto comunitario effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in
primo grado possono essere sollevati di nuovo nel corso del procedimento di
impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse basare l’impugnazione su
motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, tale procedimento
sarebbe privato di una parte del suo significato (v., in tal senso, sentenza 22
giugno 2006, causa C‑25/05 P, Storck/UAMI,
Racc. pag. I‑5719, punti 47 e 48, e giurisprudenza ivi citata).
33 Il quarto motivo rileva che il Tribunale ha errato
affermando che il sig. Osman Ocalan aveva
sostenuto l’incapacità del PKK di presentare un ricorso. Tale motivo contiene
una critica specifica dell’ordinanza impugnata. Esso riguarda inoltre
un’affermazione compiuta dal Tribunale nell’ordinanza stessa, cosicché esso non
avrebbe potuto essere proposto in primo grado.
34 Deve pertanto essere respinto, in quanto infondato,
l’argomento del Consiglio mirante al rigetto del quarto motivo per il fatto che
lo stesso rappresenterebbe una ripetizione di tesi sostenute in primo grado.
35 Quanto all’argomento del Consiglio secondo il quale
il quarto motivo è irricevibile poiché riguarda un accertamento di fatto del
Tribunale, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte,
censure relative all’accertamento dei fatti e alla loro valutazione nella
decisione impugnata sono ricevibili, in fase di impugnazione, qualora il
ricorrente sostenga che il Tribunale ha accertato fatti la cui inesattezza
materiale risulta da documenti del fascicolo o che ha snaturato gli elementi di
prova ad esso sottoposti (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 2002, causa C‑82/01 P,
Aéroports de Paris/Commissione,
Racc. pag. I‑9297, punto 56). Orbene, tale è la situazione
nel presente caso.
36 Il motivo è di conseguenza ricevibile.
37 Quanto al fondamento del motivo, si deve verificare
se il Tribunale abbia snaturato taluni elementi di prova. Come ha indicato
l’avvocato generale al paragrafo 42 delle sue conclusioni, tale snaturamento
sussiste quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di
prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta (v., in tal senso,
sentenza 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General
Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173,
punto 54).
38 Sulla base di tale criterio, si deve osservare che
gli elementi di prova presentati al Tribunale relativamente all’esistenza del
PKK comprendono la dichiarazione del sig. Osman
Ocalan allegata all’atto introduttivo di primo grado, la procura che lo stesso ha
rilasciato agli avvocati per rappresentare il primo ricorrente, le posizioni
del Consiglio e la dichiarazione del sig. Serif Vanly, a sua volta allegata al citato atto introduttivo.
39 Per quanto riguarda, in primo luogo, la
dichiarazione del sig. Osman Ocalan, egli
sostiene, al punto 1, che «il PKK era e rimane un’organizzazione politica
di importanza centrale per il popolo curdo».
40 Al punto 11 della medesima dichiarazione, il
sig. Osman Ocalan afferma quanto segue:
«Nel
luglio 1999 il PKK ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale. Lo scopo di
tale atto era quello di avanzare verso una soluzione democratica e pacifica
della questione dei diritti dei curdi. Il PKK ha dichiarato la cessazione, fino
a nuovo ordine, di ogni attività di guerriglia».
41 I punti 15‑19 della medesima dichiarazione
sono del seguente tenore:
«15. [L’ottavo congresso del PKK, che si è tenuto nei giorni 4-10
aprile 2002] ha dichiarato che “PKK” è il nome simbolico del movimento “Apoista” [“Apo” è un termine
utilizzato per indicare Abdullah Ocalan] nel periodo della presa di coscienza
nazionale e della resistenza dei curdi. Tale congresso ha altresì dichiarato
che il PKK simboleggiava lo spirito nazionale, la coscienza e
l’identità curde.
16. Il
congresso ha deciso che, per adeguarsi alle grandi trasformazioni del PKK,
tutte le attività svolte nel nome del “PKK” dovevano cessare il 4 aprile 2002,
e che tutte le attività svolte in nome del PKK sarebbero state considerate
illegittime.
17. Il
congresso ha deciso di portare avanti gli sviluppi che erano stati intrapresi
in modo organizzato dopo il cessate il fuoco [del 1999] e in seguito agli
eventi del settimo congresso [il “progetto per la pace”, contenente la
posizione del PKK approvata nel settimo congresso del 10 gennaio 2000, è
allegato alla presente dichiarazione].
18. È
stata adottata una nuova costituzione, che ha modificato la struttura e
l’organizzazione del PKK e indicato la strategia del movimento Apoista. Un organismo di coordinamento doveva accogliere al
suo interno le diverse organizzazioni da creare nelle varie parti del Kurdistan
e nei paesi adiacenti. È stato di conseguenza deciso di fondare il [KADEK].
19. È
stato eletto un nuovo comitato di gestione, e il sig. Abdullah Ocalan è
stato eletto presidente del KADEK».
42 Più che dichiarare lo scioglimento del PKK, tale
testo sembra affermare che il PKK ha progressivamente abbandonato i mezzi di
azione violenti a favore di mezzi differenti. Il sig. Osman
Ocalan sostiene in particolare che il PKK ha dichiarato un cessate il fuoco
unilaterale nel luglio
43 Risulta del resto dai punti 18 e 19 della
dichiarazione del sig. Osman Ocalan che la
struttura e l’organizzazione del PKK sono state semplicemente modificate, e che
il PKK ha continuato ad esistere con il nome di KADEK, sempre presieduto dal
sig. Abdullah Ocalan.
44 Allo stesso modo, il verbo «rimane», utilizzato al
punto 1 di tale dichiarazione, indica che il PKK continua ad esistere.
45 In ogni caso, in nessun punto della sua
dichiarazione il sig. Osman Ocalan indica esplicitamente
che l’ottavo congresso del PKK ha dichiarato lo scioglimento dello stesso.
46 Pertanto, leggendo tale dichiarazione nel suo
insieme non si può legittimamente interpretarla nel senso che essa affermi il
completo scioglimento del PKK.
47 Per quanto poi riguarda la procura rilasciata agli
avvocati per rappresentare il primo ricorrente, il sig. Osman Ocalan vi precisa che egli agisce «in nome
dell’organizzazione precedentemente nota come PKK» («on behalf
of the organisation formerly known as the PKK»). Orbene, tale indicazione si riferisce
soltanto ad un cambiamento di nome e non allo scioglimento del PKK.
48 Per quanto riguarda, in terzo luogo, le posizioni
del Consiglio, risulta che, a partire dal 2 aprile 2004, le decisioni che hanno
successivamente sostituito le decisioni 2002/334 e 2002/460 indicano il PKK
come «Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) (anche noto come KADEK; anche
noto come KONGRA-GEL)» [v., in particolare, decisione del Consiglio 2 aprile
2004, 2004/306/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE)
n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate
persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la
decisione 2003/902/CE; GU L 99, pag. 28]. Ne consegue che il
Consiglio ritiene il PKK ancora esistente, sebbene con altri nomi.
49 Per quanto riguarda infine la dichiarazione del
sig. Serif Vanly,
presidente del KNK, allegata all’atto introduttivo di primo grado, se è vero
che egli richiama lo scioglimento del PKK, ciò avviene tuttavia nell’ambito del
passaggio seguente:
«Dopo
la creazione del KNK, il PKK è stato un’organizzazione componente di esso. Il
PKK ha guidato la creazione del KNK, e in seguito è stato una forza motrice
centrale al suo interno, con scopi e obiettivi allineati a quelli del KNK. Il
PKK non è più un membro ufficiale del KNK dopo il suo scioglimento nell’aprile
2002. Tuttavia l’organizzazione nata dal PKK, il KADEK, chiede di aderire al
KNK. Presidente onorario del KNK rimane il sig. Abdullah Ocalan».
50 Tale
passo non impone di concludere
che il PKK abbia cessato definitivamente di esistere nell’aprile 2002. Infatti,
letto nella sua interezza, tale testo suggerisce piuttosto che il PKK abbia in
un certo modo continuato ad esistere in seguito, in forma riorganizzata e con
un altro nome. La dichiarazione del sig. Serif Vanly non contraddice dunque gli altri elementi di prova
che sono stati esaminati.
51 Ne consegue che l’affermazione che «secondo la
testimonianza del sig. [Osman] Ocalan presentata
in allegato al ricorso, il congresso del PKK (…) ha pronunciato il suo
scioglimento», contenuta al punto 35 dell’ordinanza impugnata, è inesatta
e contrastante con il contenuto della dichiarazione del sig. Osman Ocalan a cui la stessa fa riferimento.
52 Allo stesso modo, l’affermazione, al punto 37
dell’ordinanza impugnata, che «lungi dal dimostrare la legittimazione giuridica
del sig. [Osman] Ocalan a rappresentare il PKK,
i ricorrenti affermano al contrario che quest’ultimo non esiste più» contrasta
con gli elementi di prova di cui il Tribunale disponeva.
53 Gli accertamenti di fatto contenuti nei punti 35 e
37 dell’ordinanza impugnata sono dunque inesatti, e costituiscono uno
snaturamento degli elementi di prova a disposizione del Tribunale. Ne consegue
che il quarto motivo è fondato.
54 L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata
nella parte in cui ha dichiarato irricevibile il ricorso dal primo ricorrente,
senza che sia necessario esaminare gli altri motivi fatti valere da
quest’ultimo.
Sulla ricevibilità del ricorso proposto dal
sig. Serif Vanly per
conto del KNK
55 Il sig. Serif Vanly, agente per conto del KNK (in prosieguo: il «secondo
ricorrente»), sviluppa due motivi a sostegno della sua impugnazione (ottavo e
nono motivo).
Sull’ottavo motivo
– Argomenti
delle parti
56 Con l’ottavo motivo il secondo ricorrente ricorda
che, nell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha dichiarato il ricorso
irricevibile in quanto proposto dal KNK, dal momento che quest’ultimo non era
direttamente interessato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, dalla
decisione 2002/460. Il secondo ricorrente ritiene tale criterio troppo
restrittivo in materia di diritti fondamentali garantiti sulla base della CEDU.
Esso sostiene che la ricevibilità, in tale contesto, deve essere considerata in
modo più ampio, conformemente ai criteri di ricevibilità fissati dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo, in modo da non impedire l’accesso ad un mezzo di
ricorso effettivo.
57 Il secondo ricorrente ritiene che, qualora
58 Il Consiglio rileva che il secondo ricorrente non
cerca di dimostrare che il Tribunale ha fatto un’erronea applicazione delle
disposizioni del Trattato CE, come interpretate dalla giurisprudenza
comunitaria, dichiarando che il KNK non era individualmente interessato dalla
decisione 2002/460. In realtà, il secondo ricorrente chiederebbe alla Corte di ignorare
le disposizioni dell’art. 230, quarto comma, CE, come interpretate dalla
giurisprudenza comunitaria, per utilizzare, al loro posto, le disposizioni
sulla legittimazione ad agire previste dalla CEDU.
59 Nella parte in cui il citato motivo riguarda la
conclusione del Tribunale che il secondo ricorrente non era individualmente
interessato dalla decisione, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, il
Consiglio ritiene che il secondo ricorrente non abbia fatto valere nuovi
argomenti nel ricorso di impugnazione e che pertanto tale parte del ricorso
stesso sia irricevibile. In via subordinata, il Consiglio sostiene che detta
parte del ricorso di impugnazione è infondata dal momento che il Tribunale ha
correttamente applicato una giurisprudenza costante.
60 Nella parte in cui il motivo in esame sviluppa un
argomento ricavato dalla CEDU, il Consiglio ritiene che lo stesso sia
irricevibile in fase di impugnazione, dal momento che non è stato oggetto di
contraddittorio tra le parti in primo grado, ed il Tribunale non si è
pronunciato sul punto. In via subordinata il Consiglio sostiene che l’argomento
è infondato, dal momento che l’Unione europea e
– Giudizio
della Corte
61 Per quanto riguarda la ricevibilità del presente
motivo, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 118 del regolamento di
procedura della Corte, l’art. 42, n. 2, del medesimo regolamento, che
vieta in linea di principio la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, si
applica al procedimento dinanzi alla Corte avente ad oggetto un ricorso contro
una pronuncia del Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza
della Corte è quindi limitata all’esame della valutazione compiuta dal
Tribunale relativamente ai motivi discussi dinanzi ad esso (v. sentenza 29
aprile 2004, cause riunite C‑199/01 P e C‑200/01 P, IPK‑München/Commissione, Racc. pag. I‑4627,
punto 52).
62 In primo grado, nell’ambito della sua eccezione di irricevibilità, il Consiglio ha fatto valere un motivo in
cui ha sostenuto che il secondo ricorrente non soddisfaceva le condizioni
stabilite dall’art. 230, quarto comma, CE. Nelle sue
osservazioni relative a tale eccezione di irricevibilità,
il secondo ricorrente ha risposto che tale disposizione doveva essere
interpretata in modo da ritenere che egli soddisfacesse tali condizioni. A tale
proposito il secondo ricorrente ha sostenuto, tra l’altro, che un ricorso
effettivo è necessario nel caso di un atto proveniente da istituzioni
comunitarie contrario ai diritti fondamentali e al diritto comunitario. Con
l’ordinanza impugnata il Tribunale ha respinto le tesi del secondo ricorrente,
senza tuttavia pronunciarsi relativamente all’affermazione secondo cui il
ricorso ad esso sottoposto riguardava la tutela dei diritti fondamentali dello
stesso.
63 Si deve rilevare che l’interpretazione
dell’art. 230, quarto comma, CE, e la sua applicazione alla situazione del
secondo ricorrente sono state discusse dinanzi al Tribunale nel corso del
procedimento di primo grado. Il presente motivo ha l’obiettivo di contestare in
modo specifico l’interpretazione e l’applicazione di tale disposizione compiute
dal Tribunale rispetto al secondo ricorrente. Ne consegue che il presente
motivo non è un motivo nuovo, la cui proposizione in questa fase
dell’impugnazione non sarebbe consentita dagli artt. 42, n. 2, e 118
del regolamento di procedura della Corte.
64 Nell’ambito di un motivo ricevibile, spetta in linea
di principio al ricorrente sviluppare gli argomenti a sostegno dello stesso
come egli lo intende, basandosi su argomenti già utilizzati dinanzi al
Tribunale o sviluppandone di nuovi, con particolare riferimento alle posizioni
prese dal Tribunale. Se così non fosse, il procedimento di impugnazione sarebbe
privato di una parte del suo significato (v., in tal senso, sentenza Storck/UAMI, cit., punto 48 e giurisprudenza ivi
citata).
65 Ne consegue che il secondo ricorrente non è tenuto a
sostenere il presente motivo soltanto con argomenti nuovi relativi
all’interpretazione dell’art. 230, quarto comma, CE, da parte della
giurisprudenza comunitaria. L’argomento del Consiglio in tal senso è infondato
e deve essere respinto.
66 Per quanto riguarda la ricevibilità degli argomenti
fondati sulla CEDU, risulta dal combinato disposto degli artt. 58
dello Statuto della Corte di giustizia e 113, n. 2, del regolamento di
procedura della Corte che, nell’ambito di un’impugnazione, il ricorrente può
far valere ogni argomento rilevante, alla sola condizione che il ricorso di
impugnazione non modifichi l’oggetto della controversia decisa dal Tribunale.
Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, non esiste alcun obbligo che
ogni argomento fatto valere in sede di impugnazione sia stato preliminarmente
oggetto di una discussione in primo grado. Una restrizione in tal senso non può
essere accettata, dal momento che essa avrebbe l’effetto di privare il
procedimento di impugnazione di una parte importante del suo significato.
67 Poiché è evidente che il motivo in esame non
modifica l’oggetto della controversia decisa dal Tribunale, l’argomento del
Consiglio circa l’irricevibilità di tale motivo in
quanto lo stesso si riferisce alla CEDU è privo di fondamento e deve
essere respinto.
68 Ne consegue che tale motivo è ricevibile nella sua
interezza.
69 Per quanto attiene al merito, il secondo ricorrente
sostiene che le decisioni 2002/334 e 2002/460 lo riguardano in particolare in
quanto il KNK costituisce una piattaforma rappresentativa per il PKK e per ogni
altra organizzazione che si ritenga sia succeduta ad esso.
70 È pacifico, in giurisprudenza, che un simile
rapporto non è sufficiente per stabilire che un soggetto è individualmente
interessato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Infatti,
un’associazione che rappresenta una categoria di persone fisiche o giuridiche
non può essere considerata individualmente interessata, ai sensi di tale
disposizione, da un atto che tocca gli interessi generali di tale categoria
(v., in tal senso, sentenza Fédération nationale de la boucherie en gros
et du commerce
en gros des viandes e
a./Consiglio, cit., pag. 932, e ordinanza 5 novembre 1986, causa 117/86,
UFADE/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3255, punto 12).
71 Il secondo ricorrente sostiene inoltre che il KNK
rischierebbe il congelamento dei propri fondi, ai sensi delle decisioni
2002/334 e 2002/460, qualora trattasse con il PKK.
72 Secondo una costante giurisprudenza, una persona
fisica o giuridica può asserire di essere individualmente interessata da un
atto di portata generale soltanto qualora quest’ultimo la riguardi a motivo di
determinate qualità personali ovvero di circostanze atte a distinguerla dalla
generalità (v., in tal senso, sentenze Plaumann/Commissione,
cit., pag. 220, e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P,
Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677,
punto 36).
73 Ebbene, se il KNK corre il rischio di vedere
congelati i propri fondi, ciò avviene sulla base di un divieto oggettivamente
definito che riguarda allo stesso modo tutti i soggetti del diritto
comunitario. Il KNK non può pertanto pretendere che le decisioni 2002/334 e
2002/460 lo riguardino individualmente ai sensi dell’art. 230, quarto
comma, CE.
74 Nel concludere, in particolare ai punti 45, 46, 51 e
52 dell’ordinanza impugnata, che il KNK non era individualmente interessato ai
sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, il Tribunale ha applicato
correttamente tale disposizione, come essa è interpretata dalla giurisprudenza.
75 Il secondo ricorrente ribatte tuttavia che
l’art. 230, quarto comma, CE, interpretato in tal modo, pone una
condizione di ricevibilità così restrittiva da porsi in contrasto con
la CEDU.
76 I diritti fondamentali fanno parte integrante dei
principi generali del diritto dei quali
77 Inoltre l’art. 6, n. 2, UE così prevede:
«L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono
garantiti dalla [CEDU], e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni
degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto
comunitario».
78 È in tale contesto che l’argomento in esame deve
essere affrontato.
79 Ai sensi dell’art. 34 della CEDU,
80 Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo, l’art. 34 della CEDU richiede in via generale che,
per poter essere ritenuto una «vittima» ai sensi di tale articolo, un
ricorrente lamenti di essere stato colpito da una violazione della CEDU
già avvenuta (v. Corte eur. D.U.,
sentenza Klass e altri c. Germania, del 6
settembre 1978, serie A n. 28, § 33). È solo in casi del tutto
eccezionali che il rischio di una violazione futura può comunque conferire ad
un ricorrente la qualità di vittima di una violazione della CEDU [v.
Commissione europea D.U., decisione 4 dicembre 1995,
ricorso n. 28204/95, Noël Narvii
Tauira e altri c. Francia, Décisions
et rapports (DR) 83-A,
pag. 112, 130]. Risulta tuttavia dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo che le persone che sostengono di essere
legate a uno dei soggetti contenuti nell’elenco allegato alla posizione comune
2001/931, ma non vi sono individualmente indicate, non sono vittime di una
violazione della CEDU ai sensi dell’art. 34 della stessa, e che di
conseguenza i loro ricorsi sono irricevibili (v. Corte eur.
D.U., decisione 23 maggio 2002, ricorsi nn. 6422/02 e 9916/02, Segi
e altri e Gestoras Pro-Amnistia e altri c. 15
Stati dell’Unione europea, Recueil des arrêts et
décisions 2002‑V).
81 La situazione del KNK è comparabile a quella delle
persone collegate ai citati soggetti Segi e Gestoras Pro-Amnistia. Infatti il
KNK non è contenuto nell’elenco controverso e non è quindi soggetto alle misure
restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001.
82 In tali circostanze, la giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, al suo stato attuale, sembra indicare che il KNK
non potrebbe dimostrare di avere lo status di vittima ai sensi
dell’art. 34 della CEDU e non sarebbe quindi legittimato a rivolgersi
a tale giudice.
83 Di conseguenza, nella presente situazione non è
stata dimostrata alcuna contraddizione tra la CEDU e l’art. 230,
quarto comma, CE.
84 Il motivo deve dunque essere respinto, in quanto
infondato.
Sul nono motivo
– Argomenti
delle parti
85 Il secondo ricorrente sostiene che il punto 49
dell’ordinanza impugnata contiene un errore, dal momento che si fonda
sull’ipotesi che il PKK non esista più, anticipando così il giudizio su una
questione di merito per respingere un argomento relativo alla ricevibilità del
ricorso.
86 Il Consiglio rileva che il Tribunale non si è
pronunciato sull’effettiva esistenza del PKK. Per determinare se il KNK potesse
avvalersi del fatto che uno o più dei suoi membri fossero legittimati a
presentare un ricorso per annullare la decisione impugnata, esso avrebbe
semplicemente osservato che, sostenendo che il PKK non esiste più, il secondo
ricorrente ha quantomeno riconosciuto che il PKK non è più membro del KNK.
– Giudizio
della Corte
87 Risulta dai punti 69‑82 della presente
sentenza che il KNK non è né individualmente interessato dalle decisioni
2002/334 e 2002/460 ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, né una
vittima ai sensi dell’art. 34 della CEDU, e ciò indipendentemente dal
fatto che il PKK esista effettivamente. Pertanto, il fatto che il Tribunale
abbia erroneamente affermato l’inesistenza del PKK non potrebbe in ogni modo
comportare l’annullamento dell’ordinanza impugnata rispetto al secondo
ricorrente.
88 Il presente motivo è quindi inconferente.
89 Ne consegue che il ricorso di impugnazione del
secondo ricorrente è infondato e deve essere respinto.
90 Dal momento che il secondo ricorrente è rimasto
soccombente, deve essere condannato alle spese della sua impugnazione, ai sensi
degli artt. 69, n. 2, e 122 del regolamento di procedura della Corte.
Sul ricorso dinanzi
al Tribunale
91 Ai sensi dell’art. 61, primo comma, seconda
frase, dello Statuto della Corte di giustizia, quest’ultima può, in caso di
annullamento della decisione del Tribunale, qualora lo stato degli atti lo
consenta, statuire definitivamente sulla controversia. Tale è, per quanto
riguarda la ricevibilità del ricorso, la controversia tra il primo ricorrente e
il Consiglio.
92 Il Consiglio fa valere due motivi a sostegno della
propria domanda tendente a far dichiarare irricevibile il ricorso del primo
ricorrente. Da un lato, nella parte in cui riguarda la decisione 2002/334 tale
ricorso sarebbe stato proposto fuori termine. Dall’altro, il PKK non avrebbe
capacità di stare in giudizio, non esistendo più.
Sul primo motivo
Argomenti delle parti
93 Secondo il Consiglio, il termine ultimo per proporre
ricorso contro la decisione 2002/334 era il 29 luglio 2002. L’originale
dell’atto introduttivo sarebbe stato depositato nella cancelleria del Tribunale
il 31 luglio 2002. Di conseguenza il ricorso sarebbe stato proposto fuori
termine per quanto riguarda tale decisione.
94
95 Il primo ricorrente ribatte che i suoi
rappresentanti sono convinti di avere depositato nella cancelleria del
Tribunale l’originale dell’atto introduttivo, accompagnato da cinque copie, il
24 luglio 2002, sebbene abbiano depositato un originale sostitutivo il 31
luglio 2002. Pertanto, considerando anche che sono in gioco diritti
fondamentali, impedire al primo ricorrente di perseguire l’annullamento della
decisione 2002/334 significherebbe dimostrare un inopportuno formalismo.
96 In ogni caso, secondo il primo ricorrente la
decisione 2002/460 costituisce una decisione autonoma impugnata nei termini
stabiliti.
Giudizio della Corte
97 La decisione 2002/334 è stata adottata il 2 maggio
2002 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 3 maggio 2002. Oltre al termine
di due mesi previsto per la presentazione di un ricorso di annullamento
dall’art. 230, quinto comma, CE, si devono considerare un termine di 14
giorni a partire dalla data di pubblicazione dell’atto impugnato, ai sensi
dell’art. 102, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, e un
termine forfettario in ragione della distanza di 10 giorni, ai sensi
dell’art. 102, n. 2, del medesimo regolamento. In base a tali regole,
l’ultimo giorno utile era il 27 luglio 2002. Essendo tale giorno un sabato, la
scadenza del termine di ricorso è stata spostata alla fine della giornata di
lunedì 29 luglio 2002, ai sensi dell’art. 101, n. 2, primo comma, del
medesimo regolamento.
98 L’art. 43, n. 1, del regolamento di
procedura del Tribunale richiede il deposito dell’originale di ogni atto
processuale.
99 Risulta dal fascicolo del Tribunale che soltanto le
copie, senza originale, sono state depositate nella cancelleria del Tribunale
il 24 luglio 2002. Anche se il primo ricorrente afferma che i suoi
rappresentanti hanno depositato l’originale dell’atto introduttivo insieme con
le copie a tale data, lo stesso non porta di ciò alcuna prova. Inoltre, il
testo dell’originale depositato il 31 luglio 2002 presenta differenze rispetto
alle copie depositate il 24 luglio 2002. Si deve dunque rilevare che il ricorso
originale è stato depositato nella cancelleria del Tribunale solo il 31 luglio
2002, come attesta il timbro apposto dal cancelliere.
100 Poiché l’originale del ricorso non è stato
depositato nella cancelleria del Tribunale nel termine stabilito, il ricorso
del primo ricorrente è irricevibile nella parte in cui è diretto contro la
decisione 2002/334.
101 Tale
conclusione non è modificata dal
fatto, sostenuto dal primo ricorrente, che sono in gioco diritti fondamentali. Infatti le norme sui termini di ricorso sono di ordine
pubblico, e devono essere applicate dal giudice in modo da garantire la
certezza del diritto e l’uguaglianza di tutti dinanzi alla legge.
102 È per contro pacifico che il primo ricorrente ha
impugnato nei termini la decisione 2002/460.
103 Come il Tribunale ha giustamente affermato al punto
44 dell’ordinanza impugnata, tale decisione è una decisione nuova rispetto alla
decisione 2002/334. Infatti, ai sensi degli artt. 2, n. 3, del
regolamento n. 2580/2001 e 1, n. 6, della posizione comune 2001/931,
ogni decisione di revisione dell’elenco controverso è il risultato di un
riesame, da parte del Consiglio, della situazione delle persone, dei gruppi e
delle entità interessati.
104 Ne deriva che la decisione 2002/460 non è una
semplice conferma della decisione 2002/334, e che l’irricevibilità
del ricorso nella parte in cui riguarda la decisione 2002/334 non impedisce al
primo ricorrente di impugnare la decisione 2002/460.
Sul secondo motivo
Argomenti delle parti
105 Il Consiglio sostiene che il PKK non è legittimato a
proporre un ricorso di annullamento dal momento che, in base alle dichiarazioni
del primo ricorrente stesso, il PKK è stato sciolto. La sua inesistenza sarebbe
dimostrata dal fatto che non possiede carta intestata. Infatti
il mandato agli avvocati per rappresentarlo sarebbe scritto semplicemente su un
foglio di carta bianca con la firma del sig. Osman
Ocalan.
106 Il primo ricorrente afferma, da un lato, di non
avere sostenuto che il PKK è stato sciolto e, dall’altro, che il PKK mantiene
quanto meno una capacità residuale sufficiente per contestare il proprio
inserimento nell’elenco controverso.
Giudizio della Corte
107 Come è stato rilevato ai punti 38-52 della presente
sentenza, gli elementi di prova disponibili tendono a indicare che il PKK non è
stato sciolto in occasione del suo congresso del 4-10 aprile 2002. Sembra in
effetti, sulla base di tali elementi di prova, che il PKK abbia continuato a
funzionare dopo tale congresso, verosimilmente in forma riorganizzata e con
altri nomi.
108 Anche se l’ambito delle attività del PKK dopo il 4
aprile 2002 non può essere delimitato con assoluta precisione, per le ragioni
viste, è in ogni caso certo che il PKK mantiene un’esistenza sufficiente per
contestare il proprio inserimento nell’elenco controverso.
109 Infatti,
110 L’effettività di tale protezione giurisdizionale è
tanto più importante dal momento che le misure restrittive previste dal
regolamento n. 2580/2001 comportano conseguenze gravi. Non soltanto a una
persona, un gruppo o un’entità cui tale regolamento si applica è precluso
effettuare tutti i tipi di operazioni e servizi finanziari, ma la loro
reputazione e azione politica sono danneggiate dal fatto che essi vengano
qualificati come terroristi.
111 Ai sensi dell’art. 2, n. 3, del
regolamento n. 2580/2001, in combinato disposto con l’art. 1, nn. 4-6, della posizione comune 2001/931, una persona,
un gruppo o un’entità possono essere inclusi nell’elenco controverso solo in
presenza di taluni elementi probanti, e con riserva dell’identificazione
precisa delle persone, dei gruppi e delle entità interessate. È inoltre
precisato che il nome di una persona, di un gruppo o di un’entità non può
essere mantenuto in tale elenco senza un riesame periodico della sua situazione
da parte del Consiglio. Tutti questi elementi devono essere controllabili da
parte di un giudice.
112 Ne deriva che, se, con la decisione 2002/460 il
legislatore comunitario ha ritenuto che il PKK continui ad avere un’esistenza
sufficiente per essere oggetto delle misure restrittive previste dal
regolamento n. 2580/2001, la coerenza e la giustizia impongono di
riconoscere che detta entità continua a godere di un’esistenza sufficiente per
contestare tale provvedimento. Ogni altra conclusione avrebbe la conseguenza
che un’organizzazione potrebbe essere inclusa nell’elenco controverso senza
poter proporre un ricorso contro tale inclusione.
113 Per poter legittimamente proporre un ricorso in nome
di una tale organizzazione è necessario dimostrare che l’organizzazione in
questione ha realmente intenzione di proporre il ricorso, e che gli avvocati
che sostengono di rappresentarla hanno effettivamente ricevuto un mandato in
tal senso.
114 Le disposizioni dello Statuto della Corte di
giustizia, in particolare il suo art. 21, del regolamento di procedura
della Corte, in particolare il suo art. 38, e del regolamento di procedura
del Tribunale, in particolare il suo art. 44, non sono state concepite in
funzione della proposizione di ricorsi da parte di organizzazioni prive di
personalità giuridica, come il PKK. In tale situazione eccezionale le regole di
procedura che disciplinano la ricevibilità di un ricorso di annullamento devono
essere applicate adattandole, nella misura necessaria, alle circostanze del
caso di specie. Come il Tribunale ha giustamente affermato al punto 28
dell’ordinanza impugnata, si tratta di evitare un formalismo eccessivo che
condurrebbe a negare ogni possibilità di agire per l’annullamento anche nel
caso in cui l’entità in questione sia stata oggetto di misure restrittive
comunitarie.
115 Ne consegue che il sig. Osman
Ocalan ha il diritto di dimostrare con ogni mezzo di prova di agire validamente
in nome del PKK, del quale sostiene di essere il rappresentante.
116 Per quanto riguarda la validità della rappresentanza
del PKK da parte del sig. Osman Ocalan, un
dubbio deriva dal fatto che egli si presenta, nella procura rilasciata agli
avvocati, come ex membro del PKK, senza altri titoli di legittimazione per
rappresentare quest’ultimo.
117 Tuttavia, nell’ambito dell’impugnazione, il primo
ricorrente ha prodotto dinanzi alla Corte una dichiarazione del sig. Mark Muller, avvocato, con lo scopo di legittimare tale mandato.
Come confermato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo 12
maggio 2005, ricorso n. 46221/99, Abdullah Ocalan/Turchia, non ancora
pubblicata, il sig. Mark Muller rappresenta
dinanzi a tale Corte il sig. Abdullah Ocalan, ex capo del PKK detenuto in
Turchia dal 1999. Il sig. Mark Muller afferma
che, in occasione di una visita resa in carcere al sig. Abdullah Ocalan,
quest’ultimo lo ha incaricato di impugnare la messa al bando del PKK in Europa.
Il sig. Mark Muller ha inoltre dichiarato che
svariati altri autorevoli esponenti del PKK e del suo successore, il KADEK, lo
hanno incaricato di avviare il procedimento introdotto con il ricorso dinanzi
al Tribunale.
118 Inoltre il sig. Mark Muller
afferma che, quando ha sottoscritto la procura rilasciata agli avvocati per
presentare il ricorso, il sig. Osman Ocalan era
un autorevole esponente sia del PKK che del KADEK.
119 Tali dichiarazioni, rilasciate da un membro
dell’ordine forense di uno degli Stati membri, sottoposto, in quanto tale, ad
un codice di deontologia professionale, sono sufficienti, nelle particolari
circostanze del caso, per determinare che il sig. Osman
Ocalan è qualificato per rappresentare il PKK, e in particolare per dare
mandato ad avvocati per agire in nome di quest’ultimo.
120 Tale
constatazione non è intaccata
dall’argomento del Consiglio relativo all’assenza di carta intestata.
121 È vero che, nel caso di una persona giuridica di
diritto privato, è comune che la procura rilasciata agli avvocati sia redatta
su carta intestata, sebbene ciò non sia richiesto dalle disposizioni
procedurali della Corte o del Tribunale. Tuttavia, nel caso di
un’organizzazione non costituita in base alle norme usualmente applicabili alle
persone giuridiche, tale elemento è poco significativo.
122 Si deve pertanto ritenere che il sig. Osman Ocalan sia legittimato a rappresentare il PKK e a
dare mandato ad avvocati a tale fine.
123 Ne consegue che il ricorso del primo ricorrente è
ricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione 2002/460. La causa
deve pertanto essere rinviata al Tribunale perché questo si pronunci sul
merito.
124 Dal momento che la causa è rinviata al Tribunale per
il prosieguo del procedimento relativamente al primo ricorrente, la decisione
sulle spese rispetto a quest’ultimo deve essere riservata.
Per questi motivi
1) L’ordinanza
del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 15 febbraio 2005, causa T‑229/02,
PKK e KNK/Consiglio, è annullata nella parte in cui ha respinto il ricorso del
sig. Osman Ocalan per conto del Kurdistan Workers’ Party (PKK).
2) Il
ricorso è respinto per il resto.
3) Il
sig. Serif Vanly,
agente per conto del Kurdistan National Congress
(KNK), è condannato alle spese dell’impugnazione dallo stesso proposta.
4) Il
ricorso del sig. Osman Ocalan per conto del PKK
è irricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione del Consiglio 2
maggio 2002, 2002/334/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento
(CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro
determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che
abroga la decisione 2001/927/CE.
5) Il
ricorso del sig. Osman Ocalan per conto del PKK
è ricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione del Consiglio 17
giugno 2002, 2002/460/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento
(CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro
determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che
abroga la decisione 2002/334/CE. La causa è rinviata al Tribunale di primo
grado delle Comunità europee per la pronuncia sul merito.
6) La
decisione sulle spese del sig. Osman Ocalan per
conto del PKK è riservata.
(Seguono le firme)