Corte di Giustizia delle Comunità europee (Seconda
Sezione), 5 marzo 2009
C-222/07, Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (UTECA) – Administración General del Estado
Nel procedimento C‑222/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal Supremo (Spagna), con decisione
18 aprile 2007, pervenuta in cancelleria il 3 maggio 2007, nel procedimento
Unión de Televisiones
Comerciales Asociadas
(UTECA)
contro
Administración General
del Estado,
in presenza di:
Federación de Asociaciones
de Productores Audiovisuales,
Radiotelevisión Española
(RTVE),
Entidad de Gestión
de Derechos de los Productores Audiovisuales (Egeda),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans
(relatore), presidente di sezione, dai sigg. J.-C. Bonichot, J. Makarczyk,
P. Kūris e L. Bay Larsen,
giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore
principale
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 luglio 2008,
viste
le osservazioni presentate:
– per
l’Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (UTECA),
dall’avv. S. Muñoz Machado,
abogado, e dalla sig.ra M. Cornejo Barranco, procuradora;
– per
– per
l’Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (Egeda), dagli avv.ti J. Suárez Lozano e M. Benzal Medina,
abogados;
– per
il governo spagnolo, dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente;
– per
il governo belga, dalla sig.ra C. Pochet,
in qualità di agente, assistita dagli avv.ti A. Berenboom
e A. Joachimowicz, avocats;
– per
il governo ellenico, dalle sig.re E.-M. Mamouna e O. Patsopoulou, in qualità di agenti;
– per
il governo francese, dal sig. G. de Bergues
e dalla sig.ra A.‑L. During, in qualità di agenti;
– per
il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal
sig. F. Arena, avvocato dello Stato;
– per
il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer,
in qualità di agente;
– per
il governo polacco, dal sig. P.T. Kozek, in
qualità di agente;
– per
– per
l’Autorità di vigilanza AELS (EFTA), dal sig. B. Alterskjær
e dalla sig.ra L. Young, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4
settembre 2008,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione degli artt. 12 CE e 87 CE, nonché
dell’art. 3 della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE,
relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti l’esercizio delle
attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE
(GU L 202, pag. 60; in prosieguo la «direttiva»).
2 Tale
domanda è stata presentata
nell’ambito di un ricorso proposto dall’Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (in prosieguo l’«UTECA») contro un regio decreto
che impone agli operatori televisivi di destinare, da un lato, una quota del 5%
dei loro ricavi dell’esercizio finanziario precedente al finanziamento della
produzione di lungometraggi e di cortometraggi cinematografici e di film per la
televisione europei e, dall’altro, il 60% di tale finanziamento a produzioni la
cui lingua originale è una delle lingue ufficiali del Regno di Spagna.
Ambito normativo
La normativa comunitaria
3 Il ventiseiesimo ‘considerando’ della direttiva
89/552 è così formulato:
«(...) Per promuovere
attivamente l’una o l’altra lingua, gli Stati membri devono avere la facoltà di
stabilire norme più rigorose o più particolareggiate, secondo criteri
linguistici, sempreché tali norme rispettino il diritto comunitario e non si
applichino alla ritrasmissione di programmi originari di altri Stati membri».
4 A tenore del settimo ‘considerando’ della direttiva
97/36:
«(...) Qualunque quadro
legislativo relativo ai nuovi servizi audiovisivi deve essere compatibile con
l’obiettivo principale della presente direttiva, che è quello di creare il
contesto giuridico per la libera circolazione dei servizi».
5 Il quarantaquattresimo ‘considerando’ della
direttiva 97/36 recita:
«(...) Gli Stati membri
conservano la facoltà di applicare, per le emittenti soggette alla loro
giurisdizione, norme più dettagliate o più rigorose nei settori coordinati
dalla presente direttiva ivi comprese, tra l’altro, norme riguardanti il
conseguimento di obiettivi di politica linguistica (...)».
6 Il quarantacinquesimo ‘considerando’ della direttiva
97/36 è così formulato:
«(...) L’obiettivo di
sostenere la produzione audiovisiva in Europa può essere perseguito negli Stati
membri anche tramite la definizione di una missione di pubblico interesse per
taluni enti televisivi comprendente l’obbligo di contribuire in misura
rilevante all’investimento nella produzione nazionale locale».
7 L’art. 3, n. 1, della direttiva così
dispone:
«Per ciò che si riferisce alle emittenti televisive
soggette alla loro competenza, gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere
norme più rigorose o più particolareggiate nei settori inclusi nella presente
direttiva».
8 L’art. 4, n. 1, della direttiva è così
formulato:
«Gli
Stati membri vigilano, ogniqualvolta sia possibile e ricorrendo ai mezzi
appropriati, che le emittenti televisive riservino ad opere europee ai sensi
dell’art. 6 la maggior parte del loro tempo di trasmissione, escluso il
tempo dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi,
pubblicità o servizi di teletext e televendite. Tenuto conto delle
responsabilità dell’emittente televisiva verso il suo pubblico in fatto di
informazione, educazione, cultura e svago, questa proporzione dovrà essere
raggiunta gradualmente secondo criteri appropriati».
9 A tenore dell’art. 5 della direttiva:
«Gli
Stati membri vigilano, ogniqualvolta sia possibile e ricorrendo ai mezzi
appropriati, che le emittenti televisive riservino alle opere europee
realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti stesse il 10% almeno del
loro tempo di trasmissione – escluso il tempo dedicato a notiziari,
manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità o servizi di teletext e
televendite – oppure, a scelta dello Stato membro, il 10% almeno del loro
bilancio destinato alla programmazione. Tenuto conto delle responsabilità delle
emittenti verso il loro pubblico in fatto di informazione, educazione, cultura
e svago, questa percentuale deve essere raggiunta gradualmente secondo criteri appropriati; essa deve essere raggiunta
assegnando una quota adeguata ad opere recenti, vale a dire quelle diffuse
entro un termine di cinque anni dalla loro produzione».
La normativa nazionale
10 Il regio decreto n. 1652/2004, recante
disciplina dell’investimento obbligatorio per il finanziamento anticipato di
lungometraggi e cortometraggi cinematografici e di film prodotti per la
televisione, europei e spagnoli (Real decreto
1652/2004 por el que se aprueba el Reglamento
que regula la inversión obligatoria para la financiación anticipada de largometrajes y cortometrajes cinematográficos y películas para
televisión, europeos y españoles) del 9 luglio 2004 (BOE n. 174 del 20 luglio
2004, pag. 26264) dà parziale attuazione alla normativa spagnola in
materia di televisione e di cinematografia. Tale normativa è costituita dalla
legge 25/1994, che incorpora nell’ordinamento giuridico spagnolo la direttiva
89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio
delle attività televisive (Ley 25/1994 por la que se incorpora al ordenamiento jurídico español
11 A tenore dell’art. 5, n. 1, della legge
n. 25/1994, come modificata dalla legge 22/1999:
«Gli
operatori televisivi riservano il 51% del loro tempo di trasmissione annuale
alla diffusione di opere audiovisive europee.
L’adempimento di tale obbligo implica che una quota pari ad almeno il 5% del totale delle entrate
registrate nel corso dell’esercizio finanziario precedente, conformemente al
proprio conto di gestione, venga destinato al finanziamento di lungometraggi
cinematografici e di film prodotti per la televisione europei».
12 A seguito della modifica apportata dalla seconda
disposizione aggiuntiva della legge 15/2001, l’art. 5, n. 1, secondo
comma, della detta legge, è stato sostituito dalle seguenti disposizioni:
«Gli
operatori televisivi che hanno la responsabilità editoriale di canali
televisivi la cui programmazione includa lungometraggi cinematografici di
produzione recente – ossia con un’età di produzione inferiore a sette anni –
riservano annualmente una quota almeno pari al 5% del totale delle entrate
registrate nel corso dell’esercizio finanziario precedente, conformemente al
proprio conto di gestione, al finanziamento anticipato della produzione di
lungometraggi e di cortometraggi cinematografici e di film per la televisione
europei, compresi i casi contemplati dall’art. 5, n. 1, della legge sulla
promozione e la diffusione dell’arte cinematografica e del settore audiovisivo.
Il 60% di tale finanziamento è destinato a produzioni la cui lingua originale è
una delle lingue ufficiali parlate in Spagna.
A tali effetti, per film per la televisione si
intendono le opere audiovisive con caratteristiche simili ai lungometraggi
cinematografici, ossia opere unitarie di durata superiore a sessanta minuti con
una parte finale e caratterizzate dal fatto che il relativo piano di
sfruttamento commerciale non include la loro proiezione nelle sale
cinematografiche; per ricavi di esercizio si intendono quelli derivanti dalla
programmazione e dalla gestione del canale o dei canali televisivi che danno
luogo al suddetto obbligo, riportati sui conti di gestione sottoposti a verifica
contabile.
Il governo, previa consultazione di tutti i settori
interessati, può stabilire con decreto la durata richiesta affinché le opere
audiovisive possano essere considerate film per la televisione».
La controversia di cui alla causa principale e le
questioni pregiudiziali
13 L’UTECA ha promosso un ricorso avverso il regio
decreto 1652/2004 dinanzi al Tribunal Supremo. Nel suo ricorso chiede che sia
tale regio decreto sia le disposizioni di legge sulle quali esso si fonda
vengano dichiarati inapplicabili, sostenendo che gli obblighi di investimento
da essi imposti violano non solo talune disposizioni della Costituzione
spagnola, ma anche talune disposizioni di diritto comunitario.
14 Alla domanda dell’UTECA si opponevano contemporaneamente
l’Administración General
del Estado (Amministrazione generale dello Stato)
nonché
15 Il Tribunal Supremo, nutrendo dubbi, da un lato,
circa i margini di manovra di cui gli Stati membri dispongono per imporre norme
più restrittive nei settori coordinati dalla direttiva, considerato, in
particolare, l’art. 3, n. 1, della stessa, nonché, dall’altro lato,
circa la compatibilità con gli artt. 12 CE e 87 CE dell’obbligo
di riservare il 60% del finanziamento obbligatorio a opere la cui lingua
originale è una delle lingue ufficiali del Regno di Spagna, ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se
l’art. 3 della direttiva (...), consenta agli Stati membri di stabilire un
obbligo in forza del quale gli operatori televisivi sono tenuti a destinare una
percentuale dei ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei
per il cinema e per la televisione.
2) Nel
caso in cui alla prima questione sia data una soluzione affermativa, se sia
conforme alla citata direttiva e all’art. 12 CE, in combinato
disposto con le altre disposizioni particolari cui esso si riferisce, una
normativa nazionale che, oltre a prevedere il suddetto obbligo di finanziamento
anticipato, riservi il 60% di quest’ultimo ad opere la cui lingua originale è
una lingua spagnola.
3) Se
l’obbligo, imposto da una normativa nazionale agli operatori televisivi, di
destinare al finanziamento anticipato di film per il cinema una parte dei
ricavi di esercizio, di cui una quota pari al 60% dev’essere
riservata appositamente ad opere la cui lingua originale è una lingua spagnola
e che sono per la maggior parte prodotte dall’industria cinematografica
spagnola, costituisca un aiuto di Stato a favore dell’industria medesima, ai
sensi dell’art. 87 CE».
Sulla prima e
seconda questione
16 Con la prima e la seconda questione pregiudiziale,
che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se
la direttiva e, in particolare, il suo art. 3, nonché
l’art. 12 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una
misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui trattasi nella causa
principale, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei
ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e
per la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% ad opere la
cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro.
17 Si deve, innanzitutto, constatare che la direttiva
non contiene alcuna disposizione che stabilisca in quale misura uno Stato
membro può imporre agli operatori televisivi di destinare una parte dei ricavi
di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la
televisione o la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale
Stato membro. In particolare, gli artt. 4 e 5 della direttiva non
riguardano tale caso di specie.
18 A norma dell’art. 3, n. 1, della
direttiva, inoltre, gli Stati membri hanno la facoltà, per quanto riguarda le
emittenti televisive soggette alla loro competenza, di prevedere norme più
rigorose o più particolareggiate nei settori inclusi in tale direttiva. Tuttavia
una siffatta competenza deve essere esercitata nel rispetto delle libertà
fondamentali garantite dal Trattato CE (v., in questo senso, sentenze 28
ottobre 1999, causa C‑6/98, ARD, Racc. pag. I‑7599, punto
49, e 17 luglio 2008, causa C‑500/06, Corporación
Dermoestética, Racc. pag. I‑5785,
punto 31).
19 Si deve infine ricordare che la direttiva non ha
come obiettivo un’armonizzazione completa delle norme relative ai settori da
essa coperti, ma stabilisce prescrizioni minime per le trasmissioni che sono
trasmesse dalla Comunità europea e che devono essere captate nella medesima
(v., in questo senso, sentenze 9 febbraio 1995, causa C‑412/93, Leclerc‑Siplec, Racc. pag. I‑179,
punti 29 e 44, nonché 9 luglio 1997, cause riunite da C‑34/95 a C‑36/95,
De Agostini e TV‑Shop, Racc. pag. I‑3843, punto 3).
20 Da ciò consegue che, a prescindere dalla questione
se una misura adottata da uno Stato membro, quale quella in considerazione
nella causa principale, rientri nei settori coperti dalla direttiva, gli Stati
membri restano, in linea di principio, competenti ad adottare una siffatta
misura a condizione che rispettino le libertà fondamentali garantite dal
Trattato.
21 Ciò considerato, si deve esaminare se la detta
misura rispetti tali libertà fondamentali.
22 Per quanto riguarda una misura adottata da uno Stato
membro, quale quella di cui alla causa principale, in quanto obbliga gli
operatori televisivi a destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al
finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione,
gli atti sottoposti alla Corte non contengono alcun elemento per cui una
siffatta misura costituirebbe, nella pratica, una restrizione a taluna delle
libertà fondamentali garantite dal Trattato.
23 Si deve del resto sottolineare che da una lettura
congiunta del settimo e del quarantacinquesimo ‘considerando’ della direttiva
97/36 risulta che l’obiettivo principale di quest’ultima è di creare un
contesto giuridico per la libera circolazione dei servizi, e allo stesso tempo
viene menzionato in particolare, «l’obbiettivo di sostenere la produzione
audiovisiva in Europa» che può essere perseguito, tra l’altro, con «l’obbligo
di contribuire in misura rilevante all’investimento nelle produzioni europee».
24 Per contro, per quanto riguarda una misura, quale
quella considerata nella causa principale, laddove ha ad oggetto l’obbligo di
destinare a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali dello
Stato membro interessato il 60% del 5% dei ricavi di esercizio destinati al
finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione,
una siffatta misura costituisce, come rilevato dall’avvocato generale ai
paragrafi 78‑87 delle sue conclusioni, una restrizione a diverse libertà
fondamentali, e cioè la libera prestazione dei servizi, la libertà di
stabilimento, la libera circolazione dei capitali e la libera circolazione dei
lavoratori.
25 Tuttavia, una siffatta limitazione a libertà
fondamentali garantite dal Trattato può essere giustificata qualora risponda a
ragioni imperative di interesse pubblico, purché sia idonea a garantire il
conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per
il raggiungimento di questo (sentenza 13
dicembre 2007, causa C‑250/06, United Pan‑Europe Communications Belgium e a., Racc. pag. I‑11135,
punto 39, e la giurisprudenza ivi citata).
26 Secondo il governo spagnolo, la misura oggetto della
causa principale è fondata su ragioni culturali di difesa del multilinguismo spagnolo.
27 Si deve a questo proposito ricordare che
28 Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 91
delle conclusioni, un siffatto obiettivo è stato riconosciuto legittimo dal
legislatore comunitario come dimostrato dal ventiseiesimo ‘considerando’ della
direttiva 89/552 e dal quarantaquattresimo ‘considerando’ della direttiva
97/36.
29 Orbene, una misura adottata da uno Stato membro,
quale quella di cui alla causa principale, in quanto istituisce un obbligo di
investire nei film per il cinema e per la televisione la cui lingua originale è
una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, appare idonea a garantire la
realizzazione di un siffatto obiettivo.
30 Parimenti, non risulta che, nelle circostanze di cui
alla causa principale, una siffatta misura ecceda quanto è necessario per
raggiungere siffatto obiettivo.
31 Infatti, imponendo agli operatori televisivi di destinare
a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali dello Stato membro
interessato il 60% del 5% dei ricavi di gestione destinati al finanziamento
anticipato di film europei per il cinema e la televisione, una misura adottata
da uno Stato membro, quale quella di cui alla causa principale, riguarda, in
fin dei conti, il 3% dei ricavi di gestione di tali operatori. Orbene, gli atti
sottoposti alla Corte non contengono alcun elemento che consenta di concludere
che una siffatta percentuale avrebbe un carattere sproporzionato rispetto
all’obiettivo la cui realizzazione viene perseguita.
32 Del resto, contrariamente a quanto sostenuto dalla
Commissione delle Comunità europee, una misura adottata da uno Stato membro,
quale quella di cui alla causa principale, non eccede quanto è necessario per
raggiungere l’obiettivo perseguito per il solo fatto che non prevede criteri
che consentano di classificare le opere di cui trattasi come «prodotti
culturali».
33 Infatti, poiché la lingua e la cultura sono
intrinsecamente legate, come tra l’altro ricordato dalla Convenzione sulla
protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali,
adottata nel corso della conferenza generale dell’Unesco tenutasi a Parigi il
20 ottobre 2005 e approvata a nome della Comunità con decisione del Consiglio
18 maggio 2006, 2006/515/CE (GU L 201, pag. 15), la quale al
quattordicesimo capoverso del preambolo sancisce che «la diversità linguistica
è un elemento fondamentale della diversità culturale», non si può ritenere che
l’obiettivo perseguito da uno Stato membro, consistente nel difendere e
promuovere una o più delle sue lingue ufficiali, debba necessariamente essere
corredato da altri criteri culturali affinché possa giustificare una
restrizione a talune delle libertà fondamentali garantite dal Trattato. Del
resto,
34 Una misura adottata da uno Stato membro, quale
quella oggetto della causa principale, non eccede quanto è necessario per
raggiungere l’obiettivo perseguito per il solo fatto che i beneficiari del
finanziamento di cui trattasi sono per la maggioranza imprese cinematografiche
stabilite in tale Stato membro.
35 Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al
paragrafo 110 delle sue conclusioni, il criterio accolto da una siffatta misura
è un criterio linguistico.
36 Orbene, il fatto che un tale criterio possa
costituire un vantaggio per imprese cinematografiche, che operano nella lingua
considerata dal detto criterio e che pertanto possono, in pratica, essere per
la maggior parte originarie dello Stato membro di cui tale lingua costituisce
una lingua ufficiale, appare inerente all’obiettivo perseguito. Una tale
situazione non può costituire, di per sé, la prova del carattere sproporzionato
della misura di cui trattasi nella causa principale, se non si vuole privare di
senso il riconoscimento, come ragione imperativa di interesse pubblico,
dell’obiettivo, perseguito da uno Stato membro, di difendere e di promuovere
una o più delle sue lingue ufficiali.
37 Infine, per quanto riguarda l’art. 12 CE,
di cui il giudice del rinvio chiede altresì l’interpretazione e che sancisce il
principio generale di non discriminazione fondata sulla nazionalità, va
ricordato che tale disposizione è destinata ad applicarsi in modo autonomo solo
in situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato non
prevede regole specifiche di non discriminazione (sentenza 11 gennaio 2007,
causa C‑40/05, Lyyski, Racc. pag. I‑99,
punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
38 Orbene, al principio di non discriminazione è stata
data attuazione nei settori della libera circolazione dei lavoratori, del
diritto di stabilimento, della libera prestazione dei servizi e della libera
circolazione dei capitali, rispettivamente, dagli artt. 39,
n. 2, CE, 43 CE, 49 CE e 56 CE (v., per quanto
riguarda l’art. 39, n. 2, CE, la sentenza Lyyski,
cit., punto 34; per quanto riguarda l’art. 49 CE, la sentenza 11
dicembre 2003, causa C‑289/02, AMOK, Racc. pag. I‑15059,
punto 26, nonché, per quanto riguarda gli artt. 43 CE e 56 CE,
sentenza 10 gennaio 2006, causa C‑222/04, Cassa di Risparmio di Firenze
e a., Racc. pag. I‑289, punto 99).
39 Dal momento che risulta da quanto sopra che una
misura adottata da uno Stato membro, come quella oggetto della causa
principale, non appare essere incompatibile con le dette disposizioni del
Trattato, tale misura non può neppure essere considerata incompatibile con
l’art. 12 CE.
40 Si deve di conseguenza risolvere la prima e la
seconda questione dichiarando che la direttiva, e più in particolare il suo
art. 3, nonché l’art. 12 CE devono essere interpretati nel senso
che non ostano ad una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui
alla causa principale, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il
5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per
il cinema e per la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a
opere la cui lingua originale è una della lingue ufficiali di tale Stato
membro.
Sulla terza questione pregiudiziale
41 Con la terza questione pregiudiziale, il giudice del
rinvio chiede in sostanza se l’art. 87 CE debba essere interpretato
nel senso che una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui alla
causa principale, che obbliga gli operatori televisivi a destinare il 5% dei
loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il
cinema e per la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a
opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato
membro, costituisca un aiuto di Stato a favore dell’industria cinematografica
di quest’ultimo Stato membro.
42 Si deve ricordare che, secondo una costante
giurisprudenza, la qualificazione di aiuto richiede che sussistano tutti i
presupposti previsti all’art. 87 CE e cioè, in primo luogo, deve
trattarsi di un intervento dello Stato effettuato mediante risorse statali, in
secondo luogo, deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri, in terzo
luogo, deve concedere un vantaggio al suo beneficiario e, in quarto luogo, deve
falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenza 24 luglio 2003, causa
C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium
Magdeburg, Racc. pag. I‑7747, punti
74 e 75 nonché la giurisprudenza ivi citata).
43 Più in particolare dalla giurisprudenza della Corte
risulta che soltanto i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante
risorse statali vanno considerati aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1,
CE. Invero la distinzione stabilita da questa disposizione tra «gli aiuti
concessi dagli Stati» e gli aiuti concessi «mediante risorse statali» non
significa che tutti i vantaggi concessi da uno Stato costituiscano aiuti, che
siano o meno finanziati mediante risorse statali, ma è
intesa solamente a ricomprendere in tale nozione i vantaggi che sono
direttamente concessi dallo Stato, nonché quelli concessi per il tramite di
enti pubblici o privati designati o istituiti da tale Stato (sentenza 13 marzo
2001, causa C‑379/98, PreussenElektra,
Racc. pag. I‑2099, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata).
44 Orbene, non risulta che il vantaggio che una misura
adottata da uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale,
procura all’industria cinematografica di questo stesso Stato membro costituisca
un vantaggio che viene concesso direttamente dallo Stato o tramite un organismo
pubblico o privato designato o istituito da tale Stato.
45 Infatti, un siffatto vantaggio deriva da una
normativa generale che fa obbligo agli operatori televisivi, siano essi
pubblici o privati, di destinare una parte dei loro ricavi di esercizio al
finanziamento anticipato di film per il cinema e per la televisione.
46 Inoltre, nei limiti in cui una misura adottata da
uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale, si applica a
operatori di televisione pubblica, non risulta che il vantaggio di cui trattasi
dipenda dal controllo esercitato dai pubblici poteri su siffatti operatori o da
direttive date da questi stessi poteri a tali operatori (v., per analogia,
sentenza 2 febbraio 1988; cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Kwekerij van der
Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219,
punto 37).
47 La terza questione pregiudiziale va di conseguenza
risolta dichiarando che l’art. 87 CE dev’essere
interpretato nel senso che una misura adottata da uno Stato membro, quale
quella oggetto della causa principale, che fa obbligo agli operatori televisivi
di destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di
film europei per il cinema e per la televisione nonché, più specificamente, il
60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di
tale Stato membro, non costituisce un aiuto di Stato a favore dell’industria
cinematografica di questo stesso Stato membro.
Sulle spese
48 Nei confronti delle parti nella causa principale il
presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri
soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a
rifusione.
Per questi motivi,
1) La
direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento
di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli
Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, come modificata
dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE
e, più in particolare, il suo art. 3 nonché l’art. 12 CE devono
essere interpretati nel senso che non ostano ad una misura adottata da uno
Stato membro, quale quella di cui trattasi nella causa principale, che fa
obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di
esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e la
televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua
originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro.
2) L’art. 87 CE
dev’essere interpretato nel senso che una misura
adottata da uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale, che
fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di
esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e la
televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua
originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, non costituisce un
aiuto di Stato a favore dell’industria cinematografica di questo stesso Stato
membro.
(Seguono le firme)