Associazione Gruppo di Pisa

 

 

Le zone d’ombra nella giustizia costituzionale.

I giudizi sulle leggi

Seminario di studio - Genova 10 marzo 2006

 

 

 

Massimo Siclari

 

Il procedimento in via incidentale.

Relazione introduttiva

 

 

 

Considerazioni preliminari

 

Ringrazio il direttivo dell’Associazione Gruppo di Pisa per avermi dato l’occasione di parlare in questa sede prestigiosa, alla quale sono legato per gli annuali incontri che il carissimo amico e collega Renato Balduzzi organizza sui temi del diritto alla salute e dell’organizzazione sanitaria.

Il privilegio di essere il primo relatore dei due incontri di studio dedicati alle zone d’ombra nella giustizia costituzionale mi consente di svolgere anche qualche brevissima notazione di carattere generale.

Il tema è piuttosto originale, pur essendosi intersecato spesso con le riflessioni svolte in passato su vari argomenti della giustizia costituzionale. Quante volte ci è capitato di pensare e di osservare che il nostro sistema fosse lacunoso per l’impossibilità di pervenire, per un qualche motivo, ad un giudizio della Corte costituzionale? E, considerando che una delle funzioni - sia pure mediata, per come è teoricamente ricostruibile il nostro processo in via incidentale([1]) - cui assolve la giustizia costituzionale è quella di assicurare l’effettività dei diritti costituzionali, quante volte ci è venuto in mente che il sistema fosse difettoso o non effettivo per le strettoie prodotte dalla disciplina dei giudizi davanti alla Corte, per i limiti oggettivi che tali giudizi incontrano?

Il campo d’indagine, dunque, rischia d’essere assai ampio.

Tuttavia, penso che ci si possa proficuamente avvalere delle osservazioni con le quali Augusto Cerri apre la quarta edizione del Corso di giustizia costituzionale, affermando l’esigenza di ricondurre «entro limiti realistici e, dunque, … “relativi” il … ruolo di “custode della costituzione” proprio della Corte. Il sistema costituzionale, in realtà, vive e si garantisce con l’apporto di tutti i suoi elementi ed, innanzi tutto, nella coscienza e nell’operare quotidiano della collettività generale; né potrebbe esistere un organo idoneo a difenderlo quando fossero consumate le sue radici storiche e sociali. Possono esistere, però, organi diretti ad immettere nel circuito complessivo valutazioni, giudizi diretti a consolidarlo: e questi organi sono, per un verso, tutti i giudici e, per altro verso, quelli costituzionali che del sistema giurisdizionale rappresentano il punto più elevato ed, in qualche senso, la guida ideale»([2]).

Insomma, la Corte non è l’unico garante della Costituzione, ma fa parte di un sistema di garanzie istituzionali e non, giurisdizionali e politiche. Solo se nessuna di queste, per un qualche motivo, funziona, si attiva, è efficace, si può dire - mantenendo la metafora evocata dagli organizzatori del convegno - vi sia una zona d’ombra destinata a rimanere tale e a non vedere mai la “luce” del ripristino della legalità costituzionale, se violata. Insomma, almeno nel nostro ordinamento, la Corte non è destinata ad essere una sorta di panopticon, dal quale controllare (ed eventualmente) sanzionare qualsiasi comportamento “deviante” dei soggetti istituzionali, ma costituisce solo una delle componenti, sia  pure essenziale e caratterizzante, del sistema pluralistico di garanzie positivamente prescritto.

Sarà questa la “chiave di lettura” che utilizzerò nelle mie considerazioni introduttive, attraverso la quale, tuttavia, come si vedrà, si potranno prendere in esame diversi casi esemplari in cui la difficoltà di pervenire ad un controllo di costituzionalità di talune leggi o di determinate categorie di fonti, ovvero invocando determinati parametri, o, ancora, di giungervi sulla base di un certo giudizio, comporta una vera e propria lacuna del nostro sistema di garanzie costituzionali.

 

L’individuazione del giudice “a quo”

Attraverso tale “chiave”, vanno, innanzitutto, valutati gli orientamenti della Corte costituzionale a proposito della sussistenza della legittimazione dell’autorità remittente a sollevare questioni di legittimità costituzionale. Proprio su questo terreno, si è talora affermato che la Corte abbia fornito un’interpretazione non rigorosa dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 per favorire l’afflusso di questioni di legittimità costituzionale, per evitare “zone franche” dalla garanzia giurisdizionale delle leggi. Attenzione: non “zone d’ombra”, bensì “zone franche”, aree dell’ordinamento completamente escluse dalla possibilità di un controllo della Corte, come suggeriva già anni fa Gaetano Azzariti in un suo intervento ad un altro dei seminari del gruppo di Pisa([3]) e come ribadisce il titolo del seminario odierno, secondo la lettura proposta dalla presentazione svolta da Antonio Ruggeri([4]). Un’interpretazione letterale dell’espressione “un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale”, che avesse implicato la necessità della compresenza del requisito oggettivo e di quello soggettivo per riconoscere la sussistenza di un’autorità legittimata a sollevare la questione di legittimità costituzionale in via incidentale, avrebbe potuto portare, pressoché ineluttabilmente, a lasciare indenni da un controllo di costituzionalità aree rilevanti dell’ordinamento legislativo([5]). Ne citerò gli esempi per chi ama sfogliare gli album dei ricordi, partendo dai casi in cui è stata riconosciuta la qualità di giudice a quo ad autorità estranee all’apparato giudiziario, pur svolgenti funzioni giurisdizionali: le “vecchie” commissioni tributarie([6]), alle quali, tuttavia, sarebbe stato successivamente disconosciuta la natura di giudice a quo([7]); i comandanti di porto([8]); i consigli comunali e provinciali in sede di contenzioso elettorale([9]); le “nuove” commissioni tributarie([10]); il Consiglio nazionale forense, in sede di decisione sui ricorsi contro i provvedimenti adottati dai singoli consigli dell’ordine degli avvocati([11]); le commissioni per i ricorsi in materia di brevetti([12]); la Sezione disciplinare del C.S.M.([13]); i commissari per la liquidazione degli usi civici([14]); il Consiglio nazionale dei geometri([15]); il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali([16]).

Talora la riconosciuta legittimazione offrì il destro per eliminare forme di esercizio della giurisdizione incompatibili con il quadro costituzionale: così fu per i consigli comunali e provinciali in sede di contenzioso elettorale([17]) e per i comandanti di porto([18]).

I casi in cui si dichiarò l’incostituzionalità della giurisdizione dei c.d. “ministri-giudice”, dei consigli di prefettura, delle giunte provinciali amministrative e degli intendenti di finanza, riportati qualche volta([19]) affianco a quelli ora menzionati, erano nati, in realtà, in giudizi ordinari o amministrativi([20]).

La giurisprudenza in tema di giudice a quo, tuttavia, pur con le citate “aperture”, non sempre è stata così elastica e sussistono casi, la cui affinità con i precedenti è difficile negare, in cui si è potuto riscontrare un maggior rigore della Corte. Oltre al diverso atteggiamento nei riguardi delle questioni sollevate dalle “vecchie” Commissioni tributarie, di cui s’è detto, è stata negata la legittimazione a sollevare questioni di legittimità costituzionale agli uffici elettorali circoscrizionali([21]), alla Commissione elettorale mandamentale([22]), alla Commissione per il gratuito patrocinio([23]).

D’altro canto, vanno considerati i casi in cui organi giurisdizionali, nell’esercizio di funzioni non giurisdizionali (o non pacificamente ritenute tali) sono stati legittimati a sollevare questioni di costituzionalità.

Così è stata dichiarata l’ammissibilità di questioni sollevate in sede di “volontaria giurisdizione”([24]); dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione([25]) e di controllo degli atti del governo([26]) (ma non in sede di controllo successivo di gestione[27]); dal giudice di sorveglianza sull’esecuzione della pena([28]); dal giudice di pace([29]).

Anche a questo proposito, vi è un diffuso giudizio positivo sull’interpretazione elastica offerta dalla Corte costituzionale, per il favor dimostrato rispetto alle possibilità di pervenire ad un controllo di costituzionalità. Piuttosto qualche dubbio viene affacciato dalla dottrina quanto alla coerenza della giurisprudenza costituzionale in riferimento ai requisiti dell’autorità rimettente e, particolarmente, alla sussistenza ed alla consistenza dei “poteri decisori”([30]).

Negli ultimi anni si sono registrati almeno tre casi “nuovi” sui quali vale la pena di svolgere qualche considerazione: il primo è stato quello - assolutamente sprovvisto di fondamento, perché carente di entrambi i requisiti richiesti - del notaio rogante, a proposito del quale la Corte si è pronunciata, a ragione, nel senso dell’inammissibilità([31]). Sugli altri due si era già pronunciata, dividendosi, la dottrina([32]).

Si tratta, in primo luogo, delle commissioni arbitrali, per le quali la Corte ha ritenuto la legittimazione a promuovere il giudizio in via incidentale([33]). Al di là delle perplessità che la pronuncia ha provocato in sede di dibattito dottrinario, mi sembra una decisione lungimirante e, tutto sommato, condivisibile in una fase storica nella quale tende ad ampliarsi il ricorso all’arbitrato, in considerazione dei “tempi” della giustizia civile. Se la tendenza dovesse confermarsi, ci sarebbe la possibilità concreta che consistenti “oggetti” della disciplina privatistica finiscano per affrancarsi dal controllo di costituzionalità.

Meno condivisibile, invece, mi pare l’inammissibilità dei giudizi instaurati dal Consiglio di Stato in sede consultiva ([34]); a favore di una diversa considerazione stavano – oltre al precedente della Corte di giustizia CE che ne aveva riconosciuto la giurisdizionalità ai fini della c.d. “pregiudiziale comunitaria”([35])– il precedente relativo alla Corte dei conti in sede di controllo di atti governativi([36]). Ma forse in quel caso premeva di più l’esigenza di trovare un giudizio ove fosse rilevante una questione di legittimità costituzionale avente a parametro l’art. 81 Cost. ([37]). Una strada, va detto peraltro, per nulla praticata, in seguito, dalla Corte dei conti, tanto da consentire alla Corte costituzionale di trincerarsi dietro l’inammissibilità «in linea di principio» dei conflitti fra poteri dello Stato aventi ad oggetto atti legislativi per rigettare il conflitto sulla legge, 23 agosto 1988, n. 400, che, all’art. 16, comma primo, quel controllo del giudice contabile su decreti legge e decreti legislativi delegati eliminava ([38]). La legittimazione del Consiglio di Stato poteva essere ammessa per garantire effettivamente una più immediata tutela costituzionale di situazioni giuridiche soggettive alla base del ricorso straordinario al Capo dello Stato, sulla decisione del quale avrebbe finito per incidere il parere.

Insomma, la decisione della Corte, se non si può dire che favorisca il formarsi di una zona d’ombra per il controllo di costituzionalità della legge “indubbiata”, di certo potrebbe costituire un motivo disincentivante ad utilizzare la strada del “rimedio amministrativo” per rimuovere un atto dell’amministrazione ritenuto illegittimo. Quando il dubbio, oltre che l’atto, investirà anche la legge, il singolo sarà portato a ricorrere in sede giurisdizionale. Quanto osservato vale, tuttavia, nel caso in cui il singolo sia in condizione di scegliere. Se si tiene conto che il ricorso straordinario è diffusamente considerato “il ricorso dei poveri”([39]), è auspicabile che la Corte riveda il proprio atteggiamento e consenta l’accesso al giudizio di legittimità costituzionale anche di questioni provenienti dal Consiglio di Stato in sede consultiva.

Per concludere sul punto, vale la pena di sottolineare - come altri, ad es. Roberto Romboli ([40])- che è necessario che la Corte mantenga un criterio elastico, forse più elastico che nel passato anche recente, per valutare l’ammissibilità sotto il profilo della legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale, anche per evitare che riprendano vigore spinte verso l’introduzione di un ricorso diretto che gran parte della dottrina e la stessa Corte hanno ritenuto finora di dover scongiurare a causa dei problemi che potrebbe creare per la funzionalità dell’organo.

 

Il parametro del giudizio

L’art. 81, quarto comma, Cost.

Passando a trattare del parametro del giudizio, va detto, in primo luogo, che permangono i noti problemi a proposito dell’art. 81, quarto comma, Cost., anche se la maggiore prudenza sulle additive di prestazione, dimostrata soprattutto a metà degli anni ’90, è stato un sintomo di maggiore corresponsabilizzazione della Corte costituzionale, non mi sembra vi sia stato un contenzioso apprezzabile sull’obbligo di copertura finanziaria delle leggi (anzi, forse non vi è stato affatto). Permane la difficoltà che vizi relativi a  tale parametro siano (ritenuti) rilevanti nei giudizi comuni. Forse, in proposito, occorrerebbe uno sforzo interpretativo maggiore da parte dei giudici, e non solo di quelli contabili. Anche perché non appare sufficiente la considerazione del fatto che una quota del contenzioso sollevato in via d’azione abbia riguardato un significativo (anche se non molto consistente) gruppo di casi sollevati per violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. ([41]): la riconosciuta limitazione dell’interesse a ricorrere delle Regioni, infatti, fa sì che il ricorso diretto non costituisca lo strumento più idoneo per rischiarare – in ogni ipotesi di violazione dell’obbligo di copertura – la zona d’ombra venutasi a creare circa l’effettività dell’art. 81 Cost.

Tuttavia, come già si osservava qualche anno addietro, non va enfatizzato l’eventuale accrescimento del ruolo della Corte costituzionale in materia: «la Corte … potrà soltanto verificare se ci sia o meno una disposizione relativa alla copertura . … Quello che, molto probabilmente, la Corte non farà – o meglio, non potrà fare – è una verifica della congruità dei mezzi al fine. Non potrà, cioè, valutare se la spesa sia effettivamente e complessivamente coperta» ([42]).

 

I nuovi parametri, a seguito della riforma del titolo V

In riferimento al parametro, la riforma del Titolo V della parte II della Costituzione ha portato diverse novità. Innanzitutto, quella di cui al primo comma dell’art. 117, che prevede l’espressa soggezione di tutte le leggi, sia regionali sia statali, agli obblighi comunitari ed a quelli internazionali. Nel primo caso, si tratta di una previsione, per così dire, ricognitiva di quanto già da tempo recepito nella giurisprudenza costituzionale, con riferimento alla prevalenza del diritto europeo  nei riguardi di quello interno, sia pure con la ben nota varietà di soluzioni, che fa sì che non siano più sindacabili da parte della Corte, i dubbi circa la conformità della legislazione interna nei riguardi dei diritto di derivazione europea insorti nei giudizi comuni([43]), mentre la Corte stessa può essere adita in via principale nel caso in cui leggi regionali o leggi statali siano contrastanti con il diritto europeo([44]). A proposito di quest’ultimo indirizzo giurisprudenziale, che trovava la sua giustificazione nel carattere preventivo del giudizio in via d’azione nei riguardi delle leggi regionali (non tanto nei riguardi di leggi statali) come disciplinato nell’originario testo dell’art. 127 Cost.([45]), va detto che sarebbe opportuno un ripensamento, alla luce delle modifiche dello stesso art. 127 Cost. nel senso di rendere successivo il controllo sulle leggi regionali.

La previsione della sottoposizione delle leggi – anche di quelle statali – agli obblighi internazionali, ha riacceso l’attenzione del valore del diritto internazionale pattizio nel nostro ordinamento, legittimando come interpretativamente plausibile l’integrazione del parametro ex art. 117, primo comma, Cost con i trattati internazionali([46]). Ma, almeno per ora, la Corte non ha inteso retrocedere dalla sua giurisprudenza tesa a negarne la funzione di vincolo per il legislatore (salvo un noto, ma pressoché isolato obiter dictum[47]).

Sempre sotto il profilo del parametro, si preannunciano interessanti le leggi, previste ma, almeno per ora, non ancora approvate (né proposte), ex art. 116, ultimo comma, Cost., che paiono introdurre una competenza sostitutiva dello stesso legislatore costituzionale. In altri termini, sembrano precludere alla decisione unilaterale dello Stato la concessione di nuove ed ulteriori forme di autonomia nelle materie indicate([48]). Di certo, questa interpretazione non è stata fatta propria dal Parlamento della XIV Legislatura repubblicana, che ha rielaborato, in parte ampliandole, le competenze legislative regionali senza che vi fosse un’iniziativa delle Regioni in tal senso. Difficile dire quale sarebbe stata la posizione della Corte costituzionale in proposito ove il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006 avesse confermato la delibera di legge costituzionale recante la riforma della parte seconda della Costituzione.

Quel che non sembra dubbio, comunque, è che quanto previsto con eventuali leggi approvate ai sensi dell’art. 116, ultimo comma, Cost, non possa essere contraddetto da leggi approvate con l’ordinario procedimento di formazione, o con atti ad esse equiparati. Quindi, le previsioni delle leggi ex art. 116, ultimo comma, Cost., potrebbero essere invocate come norme interposte nei giudizi di legittimità costituzionale.

 

Un’altra zona d’ombra: i “controlimiti”

Sempre con riferimento al parametro, la futura entrata in vigore, quando riceverà le ratifiche necessarie, del Trattato costituzionale dell’Unione europea potrebbe sortire delle novità in tema di immissione del diritto europeo nel nostro ordinamento. Secondo la dottrina dei “controlimiti”, ribadita costantemente dalla Corte costituzionale, non sarebbero idonee ad essere immesse nel nostro ordinamento, previsioni contrastanti con i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale.

Tuttavia, sinora, non vi è stato alcun caso concreto in cui questo limite (o controlimite) sia stato fatto valere([49]). E quindi, ancora una volta, si potrebbe dire di essere in cospetto di una zona d’ombra. C’è da tener conto, peraltro, che la zona d’ombra è suscettibile di ampliarsi (se non si è già ampliata) alla luce dell’art. 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ora inglobata nel Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, com’è noto.

Invero, a norma del citato art. 53 (corrispondente all’art II-113 del Trattato): «Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell'Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l'Unione, la Comunità o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati membri» (nostro il corsivo). C’è da interrogarsi, si diceva, posto che le disposizioni della Carta (e probabilmente dell’intero Trattato) non possono essere interpretate limitativamente rispetto alle Costituzioni degli Stati membri, se le disposizioni delle fonti europee previste dal Trattato possano ricevere, ora, un’interpretazione ed un’applicazione in senso limitativo dei diritti per come sono strutturati nei singoli ordinamenti costituzionali e non con riferimento esclusivo ai principi supremi, che attengono al contenuto essenziale di tali diritti ovvero se non sia possibile, ora, un più penetrante controllo alla luce delle disposizioni costituzionali nazionali([50]). Un’interpretazione del genere contraddice gli orientamenti giurisprudenziali finora invalsi, ma forse è più consona alla lettera di quella che è destinata ad essere la Carta fondamentale dell’Unione.

 

L’oggetto del giudizio

 

La zona d’ombra determinata dalla riduzione della legislazione

In primo luogo, può osservarsi che il campo d’intervento della legge va progressivamente ridimensionandosi a causa delle frequenti e vistose delegificazioni. Sotto questo punto di vista, almeno sulla carta, altri giudici (amministrativi ed ordinari) sono oggettivamente investiti di un più ampio potere di controllo della normazione statale. Sarebbe interessante, a tal proposito, avviare un’indagine per verificare se e in che termini un controllo sia effettivamente svolto o se vadano formandosi, per questa via, zone d’ombra destinate ad essere sempre più estese, in correlazione con l’ampliarsi dei poteri regolamentari dell’esecutivo. Certo, la Corte potrebbe pur sempre svolgere - analogamente a quanto affermato in ordine ai regolamenti europei - un sindacato di costituzionalità sulle leggi di delegificazione, in quanto consentano di introdurre una normativa regolamentare incostituzionale. Ma sarebbe comunque opportuno che i giudici comuni ed amministrativi, nell’ambito dei rispettivi poteri e con la maggiore sensibilità costituzionale che viene loro riconosciuta, effettuino un rigoroso esame sulla costituzionalità dei regolamenti.

 

Le leggi di delega

Sembra registrarsi un nuovo atteggiamento della Corte costituzionale quanto alla sindacabilità delle leggi di delega, in riferimento all’art. 76 Cost.: in particolare sono state dichiarate costituzionalemente illegittime  due disposizioni di una legge di delega per indeterminatezza sia dell’oggetto sia dei principi e criteri direttivi([51]), così contraddicendo la giurisprudenza per la quale si considera precluso un esame approfondito dei principi e criteri, in quanto la loro determinatezza è legata al rapporto tra Parlamento e Governo. La maggiore sensibilità è stata occasionata da giudizi principali, ma potrebbe utilmente “contagiare” anche quelli in via incidentale.

 

I regolamenti parlamentari

Rimangono fuori dal sindacato della Corte i regolamenti parlamentari. Ciò se destava qualche dissenso in passato, preoccupa non poco nella vigenza di sistemi elettorali tendenzialmente maggioritari (sia l’ormai abrogato Mattarellum sia il nuovo sistema varato nel dicembre scorso che, com’è stato ben presto dimostrato, non può considerarsi un vero sistema proporzionale). Soprattutto con riferimento all’eventuale violazione di diritti delle minoranze, che, dopo l’ordinanza n. 79 del 2006([52]), che ha dichiarato l’inammissibilità di un conflitto sollevato da un partito politico, neanche nel conflitto fra poteri troverebbero tutela. Neanche se la Corte intendesse dimostrare una diversa considerazione per i gruppi parlamentari, forse. L’ultimo “considerato” della citata ordinanza n. 79 del 2006 recita: «ad ulteriore conferma della non accoglibilità della tesi prospettata dalla ricorrente, si deve considerare che il riconoscimento ai partiti politici di poteri costituzionali – posto che la Carta fondamentale non attribuisce espressamente tali poteri ma solo funzioni aventi rilevanza costituzionale – finirebbe con l'introdurre un nuovo tipo di giudizio costituzionale, avente ad oggetto la procedura di elezione delle Assemblee, e persino il procedimento di approvazione delle leggi» (nostro il corsivo). Da tale affermazione pare lecito desumere una netta contrarietà della Corte a sindacare gli interna corporis acta: un passo indietro nei confronti della passata giurisprudenza, che, pur timidamente, dava spazio a qualche controllo sul procedimento di formazione della legge([53]) mentre sarebbe stata opportuna una diversa (e maggiore) sensibilità in considerazione della vistosa, perdurante, assenza di “garanzie dell’opposizione”, che sarebbe stato indispensabile attivare a seguito del passaggio al “maggioritario”.

 

La questione della legge elettorale

Vorrei concludere la mia relazione proprio con riferimento alle leggi elettorali di Camera e Senato, che a mio avviso, costituiscono un macroscopico esempio di zona d’ombra (se non proprio di zona franca). Non mi riferisco solo, com’è intuibile, alla legge di recente approvata che disciplina ex novo il procedimento elettorale[54], a proposito della quale è inevitabile fare qualche riferimento. E’ veramente difficile che si pervenga ad un giudizio di legittimità costituzionale sulle regole che disciplinano le elezioni politiche, anche perché il relativo contenzioso è di competenza di organi delle Camere. Si è da tempo sottolineato che si tratti di una funzione di natura giurisdizionale([55]) e che si potrebbe ritenere ammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata in tali sedi([56]), anche sulla base di un - pur se remoto ed invero assai fugace - accenno della Corte costituzionale([57]), ma l’ipotesi pare destinata a rimanere un caso di scuola. I parlamentari, una volta eletti, potrebbero ragionevolmente porre in discussione una legge elettorale in cui si radica la loro legittimazione a stare in Parlamento, considerando, oltretutto, che hanno il potere di intervenire direttamente e radicalmente su tali regole? L’incostituzionalità quindi potrebbe essere rimossa de futuro, ma il vulnus, pur se riconosciuto, pur se alla base della legge di riforma, rimarrebbe.

Difficilmente praticabile appare poi la strada dell’impugnativa della delibera della proclamazione degli eletti in sede amministrativa, come pure è stato di recente proposto([58]). Il tenore dell’art. 66 Cost. preclude la sindacabilità di tali atti, per i quali, peraltro, una cospicua giurisprudenza ha rilevato il difetto di giurisdizione([59]). D’altronde, com’è stato felicemente osservato da Michela Manetti, «ab origine l’istituto della verifica dei poteri condivide le sue radici con l’istituto dell’immunità parlamentare, come prerogative dirette entrambe alla tutela della integrità dell’Assemblea, attraverso la tutela del singolo membro dagli attentati di altri poteri dello Stato»([60]).

Ai problemi che pone la proposizione di un giudizio in via incidentale si affiancano quelli relativi all’accesso in via principale: l’impossibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale su previsioni che non abbiano un’incidenza almeno indiretta sugli interessi regionali può circoscrivere molto l’ammissibilità del ricorso[61].

Né pare facilmente praticabile la strada della sottoposizione alla Corte di previsioni della legge elettorale attraverso lo strumento del conflitto fra poteri. La recente ordinanza([62]) che ha dichiarato inammissibile il conflitto sollevato dall’associazione politica La Rosa nel Pugno - Laici Socialisti Liberali Radicali” sulla base dell’assunto per il quale «i partiti politici vanno considerati come organizzazioni proprie della società civile, alle quali sono attribuite dalle leggi ordinarie talune funzioni pubbliche, e non come poteri dello Stato ai fini dell'art. 134 Cost.» fondato su una formalistica lettura del dettato costituzionale e su di una considerazione dell’intento del costituente, sicuramente superato dall’esperienza costituzionale([63]), lascia spazio a poche speranze che per il futuro si possa addivenire ad un giudizio per tale via.

Appare superfluo ricordare, poi, come la giurisprudenza della Corte abbia individuato notevoli, discusse limitazioni costituzionali ai referendum abrogativi in materia elettorale([64]), tali da impedire la consultazione popolare se non emerga chiaramente ed immediatamente dall’abrogazione referendaria un meccanismo utile alla scelta dei componenti dell’organo elettivo. A tali limitazioni si aggiungono quelle derivanti dalla legge sul referendum, tese ad impedire consultazioni popolari in prossimità delle elezioni politiche, e quindi valide a sottrarre all’elettorato la possibilità di esprimersi su di una legge elettorale approvata allo scadere della legislatura.

Quello della legge elettorale politica si palesa, dunque, come un caso in cui il momento della promulgazione presidenziale è davvero quello cruciale. Maggiormente in ipotesi quale quella della legge elettorale approvata allo scadere della legislatura, com’è avvenuto lo scorso dicembre. E particolarmente, come nel caso di tale legge, quando siano stati evidenziati da giuristi delle più diverse inclinazioni politiche, seri dubbi di legittimità costituzionale([65]).

 

 

 



[1] Sul punto, v. F. Modugno, Riflessioni interlocutorie sull’autonomia del processo costituzionale, in Rassegna di diritto pubblico, 1966, I, pp. 221 ss.; G. Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 169, 175; più di recente, cfr. S. Grassi, Prospettive dell’accesso alla giustizia costituzionale, in Prospettive di accesso alla giustizia costituzionale (Atti del Seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio 1999) a cura di A. Anzon, P. Caretti, S. Grassi, Torino, Giappichelli, 2001, p. 9 e, se si vuole, M. Siclari, Principio di gratuità degli atti e diritto "positivo" alla difesa nei giudizi in via incidentale (Atti del Convegno. Imperia, 12-13 maggio 1995), in L'organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, a cura di P. Costanzo, Torino, Giappichelli, 1996, p. 379 ss.

[2] A. Cerri, Corso di giustizia costituzionale, Milano, Giuffrè, 2004, 4ª ed., p. VII. Si vedano altresì le pagine dedicate alle garanzie dei diritti costituzionali da A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Parte generale. Introduzione allo studio dei diritti costituzionali, 3ª ed, Padova, Cedam, 2003, pp. 177 ss.

[3] G. Azzariti, Osservazioni sull’accesso e sull’estensione del sindacato della Corte costituzionale, in Prospettive di accesso alla giustizia costituzionale (Atti del Seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio 1999) a cura di A. Anzon, P. Caretti, S. Grassi, cit., 426.

[4] A. Ruggeri, Presentazione del Seminario del Gruppo di Pisa su Le zone d’ombra nella giustizia costituzionale. I giudizi sulle leggi. Genova 10 marzo 2006, in www.giurcost.org .

[5] V., in proposito, le sempre valide osservazioni di V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, vol. II, Padova, CEDAM, 1984, 4ª ed., 267 ss.

[6] Corte cost., 18 gennaio 1957, n. 12, in Giurisprudenza costituzionale, 1957, 287 ss.; Id, 1 marzo 1957, n. 41, ibidem, 511 ss.; Id., 11 marzo 1957, n. 42, ibidem, 516 ss.; Id., 30 dicembre 1958, n. 81, ivi, 1958, 1000 ss.; Id., 13 luglio 1963, n. 132, ivi, 1963, 1465 ss., con nota di G.A. Micheli, In tema di indipendenza dei giudici speciali e sui limiti della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato avanti la Corte costituzionale; Id., 7 dicembre 1964, n. 103, ivi, 1964, 1070 ss., con nota di F.G. Scoca, Indipendenza del giudice tributario e giurisprudenza costituzionale.

[7] Corte cost., 6 febbraio 1969, n. 6, in Giurisprudenza costituzionale, 1969, 36 ss.; Id., 10 febbraio 1969, n. 10, ibidem, 61 ss.; Id., 21 marzo 1969, n. 41, ibidem, 516 s.; Id., 21 marzo 1969, n. 42, ibidem, 517 ss.; Id., 21 marzo 1969, n. 43, ibidem, 519 ss.;  Id., 21 marzo 1969, n. 44, ibidem, 521 ss.; Id., 18 novembre 1970, n. 163, ivi, 1970, 2047 ss.; Id., 26 maggio 1971, n. 116, ivi, 1971, 1154 ss., con nota di V. Andrioli, «Surplace fiscal» delle due Corti; Id., 23 marzo 1972, n. 61, ivi, 1972, 274 ss.; Id., 29 dicembre 1972, n. 207, ibidem, 2262.

[8] Corte cost., 15 giugno 1960, n. 41, in Giurisprudenza costituzionale, 1960, 660 ss.

[9] Corte cost., 11 luglio 1961, n. 42, in Giurisprudenza costituzionale, 1961, 951 ss.; Id., 11 luglio 1961, n. 43, ibidem, 968 ss., con nota di L. Elia, Nullità delle operazioni elettorali e giudizio del Parlamento; Id., 11 luglio 1961, n. 44, ibidem, 976 ss.; Id., 22 novembre 1962, n. 92, ivi, 1962, 1359.

[10] La legittimazione viene riconosciuta - pur se implicitamente, da Corte cost., 22 luglio 1976, n. 184, in Giurisprudenza costituzionale, 1976, I, 1150 ss.; 24 novembre 1982, n. 196, ivi, 1982, 2092 ss.; ma v. già Id., 27 dicembre 1974, n. 287, ivi, 1974, 2970 ss. (con nota di V. Andrioli. Dubbi sulla qualificazione giuridica delle Commissioni tributarie, ibidem, 3383 ss.) sulla natura giurisdizionale delle commissioni tributarie previste dalla riforma del 1972.

[11] Corte cost., 6 luglio 1970, n. 114, in Giurisprudenza costituzionale, 1970, 1221 ss.

[12] Corte cost., 27 giugno 1958, n. 42, in Giurisprudenza costituzionale, 1958, 540 ss.; Id., 10 maggio 1995, n. 158, ivi, 1995, 1331 ss.; 29 luglio 2005, n. 345, ivi, 2005, 3273 ss.

[13] Corte cost., 2 febbraio 1971, n. 12, in Giurisprudenza costituzionale, 1971, 83 ss., con nota di G. Zagrebelsky, La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura come giudice a quo: possibili implicazioni.

[14] Corte cost., 15 luglio 1959, n. 43, in Giurisprudenza costituzionale, 1959, 715 ss., con nota di V. Crisafulli, Interrogativi sui criteri di identificazione degli atti «con forza di legge»; Id., 20 febbraio 1995, n. 46, ivi, 1995, 413 ss., con nota di M.A. Lorizio, I commissari per gli usi civici e i poteri d’ufficio – Conflitto fra giudici in attesa della legge (ibidem, 118 ss.); Id., 21 novembre 1997, n. 345, ivi, 3390 ss., con nota di F.G. Scoca, Usi civici e irragionevolezza regionale.

[15] Corte cost., 23 dicembre 1986 , n. 284, in Giurisprudenza costituzionale, 1986, I, 2290 ss.

[16] Corte cost., 18 aprile 2000, n. 103, in Giurisprudenza costituzionale, 2000, 979 ss.

[17] Corte cost., 27 dicembre 1965, n. 93, in Giurisprudenza costituzionale, 1965 1288 ss., con nota di U. Pototschnig, Il giudice interessato non è indipendente; Id., 22 febbraio 1966, n. 16, ivi, 1966, 166 ss.; Id., 22 febbraio 1966, n. 17, ibidem, 169 ss.; Id., 3 giugno 1966, n. 58, ibidem, 894 ss.; Id., 1 febbraio 1967, n. 19, ivi, 1967, 137 ss. Più di recente, nel senso dell’inammissibilità di questioni sollevate dai Consigli comunali, v. Corte cost., 6 aprile 1998, n. 104, ivi, 1998, 912 ss.; Id., 27 marzo 2003, n. 78, ivi, 651 ss., con nota di F. Dal Canto.

[18] Corte cost., 9 luglio 1970, n. 121, in Giurisprudenza costituzionale, 1970, 1513 ss., con nota di P. Ferrua, Indipendenza del giudice e unicità della giurisdizione (ovvero la fine della giurisdizione penale del comandante di porto). Ha negato il carattere giurisdizionale del Comandante di porto in sede di intervento conciliativo extraprocessuale ex art. 598 del Codice della navigazione Corte cost. 19 giugno 1973, n. 83, ivi, 1973, 888 ss.; Id., 5 febbraio 1999, n. 17, ivi, 1999, 148 ss., con nota di F. Dello Sbarba, L’inammissibile impugnazione della legge in mancanza di lite pregiudiziale, ibidem, 1301 ss.

[19] G. Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, cit., 184;

[20] Così, la questione relativa alla legittimità costituzionale delle competenze giurisdizionali del ministro delle finanze (Corte cost., 27 giugno 1958, n. 40, in Giurisprudenza costituzionale, 1958, 525 ss., con nota di C. Mortati, Competenza esclusiva della Corte costituzionale a dichiarare l’invalidità delle leggi anteriori alla Costituzione) era stata sollevata dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale; quella sulla giurisdizione del ministro della marina mercantile (Corte cost., 13 luglio 1963, n. 133, ivi, 1963, 1477 ss., con nota di V. Andrioli, Un altro ministro giudice che se ne va) era stata promossa dalla Cassazione; mentre le competenze giurisdizionali dei consigli di prefettura in materia contabile vennero sospettate d’incostituzionalità dalla Corte dei conti (cfr. Corte cost., 31 marzo 1965, n. 17, ivi, 1965, 176 ss., con nota di M. S. Giannini, Spunti sulla giurisdizione contabile e sui Consigli di Prefettura; Id., 3 giugno 1966, n. 55, ivi, 1966, 879 ss.). Ancora, la questione di costituzionalità relativa alle competenze giurisdizionali delle giunte provinciali amministrative fu sollevata dal Consiglio di Stato (Corte cost., 22 marzo 1967, n. 30, ivi, 1967, 213 ss., con nota di A. Cerri, Inapplicabilità ed invalidità consequenziale) e quella che avrebbe portato alla dichiarazione d’incostituzionalità delle competenze giurisdizionali degli intendenti di finanza (Corte cost., 3 aprile 1969, n. 60, ivi, 1969, 971 ss. con nota di P. Ferrua, Illegittimità dell’Intendente di finanza giudice penale) era insorta in un giudizio innanzi ad un tribunale chiamato a giudicare dell’opposizione avverso un decreto penale di condanna adottato da un intendente di finanza.

[21] Corte cost., 30 dicembre 1972, n. 216, in Giurisprudenza costituzionale, 1972, 2311 ss.

[22] Corte cost., 17 febbraio 1971, n. 17, in Giurisprudenza costituzionale, 1971, 119 ss.; Id., 11 maggio 1971, n. 102, ibidem, 1112 ss.

[23] Corte cost., 16 giugno, 1970, n. 98, in Giurisprudenza costituzionale, 1970, 1159 ss. Per la qualificazione delle Commissioni per il gratuito patrocinio come “organi ausiliari” degli organi giurisdizionali presso i quali operano, v., già, Id. 8 luglio 1967, n. 93, ivi, 1967, 1037 ss., con nota di M. Scaparone, Tasse giudiziarie, citazione di testimoni e diritto alla difesa

[24] Corte cost., 26 gennaio 1957, n. 5, in Giurisprudenza costituzionale, 1957, 33 s.; Id., 12 dicembre 1957, n. 129, ibidem, 1229 ss., con nota di C. Esposito Giurisdizione volontaria e questioni di legittimità costituzionale. Controllo sul procedimento di conversione dei decreti legge.

[25] Corte cost., 19 dicembre 1963, n. 165, in Giurisprudenza costituzionale, 1963, 1614 ss., con nota di S. Buscema, Il Parlamento e i rendiconti della Cassa DD.PP e degli istituti di previdenza; Id., 19 dicembre 1966, n. 121, ivi, 1966, 1647 ss., con nota di R. Chieppa, Sulle questioni di legittimità costituzionale sollevabili incidentalmente nel corso di giudizio di parificazione del rendiconto generale (a proposito della registrazione con riserva di atti regionali siciliani) e sulle nuove prospettive per i conflitti di attribuzione; Id. 30 dicembre 1968, n. 142, ivi, 1968, 2337 ss., con nota di L. Elia, Manifesta irrilevanza della quaestio o carenza di legittimazione del giudice a quo?; Id., 30 dicembre 1968, n. 143, ibidem, 2359 ss.; Id., 14 giugno 1995, n. 244, ivi, 1995, 1764 ss., con nota di M.V. Lupò Avagliano, Pieni poteri alla Corte dei conti per il controllo della spesa pubblica?

[26] Corte cost., 19 novembre 1976, n. 226, in Giurisprudenza costituzionale, 1976, I, 1822 ss., con note di G. Amato, Il Parlamento e le sue Corti (ibidem, 1985 ss.), R. Chieppa, Ancora sulle questioni di legittimità costituzionale sollevabili incidentalmente dalla Corte dei conti (sezione di controllo) (ibidem, 2010 ss.), S. Pergameno, Funzione di controllo della Corte dei conti e instaurazione del processo di legittimità costituzionale (ibidem, 2031 ss.), F. Pizzetti, Corte dei conti fra Corte costituzionale e Parlamento (ibidem, 2042 ss.), P. Saitta, Nuovi problemi in tema d’instaurazione incidentale dei giudizi di legittimità costituzionale delle leggi (ibidem, 2056 ss.); Id., 17 ottobre 1991, n. 384, ivi, con nota di V. Onida, Legittimazione della Corte dei conti limitata «per parametro» o conflitto di attribuzioni?; Id., 18 luglio 1998, n. 295, ivi, 1998, 2255 ss.; Id., 22 luglio 1998, n. 310, ibidem, 2307 ss.

[27] Corte cost., 20 luglio 1995, n. 335, in Giurisprudenza costituzionale, 1995, 2545 ss.

[28] Corte cost., 1968, n. 53, in Giurisprudenza costituzionale, 1968, 802 ss., con note di O. Dominioni, Prevenzione criminale e diritto di difesa e di P. Caretti, Diritto di difesa e misure di sicurezza post-delictum; Id., 21 giugno 1996, n. 206, ivi, 1996, 1833 ss., con nota di P. Ventura, Conversione della pena pecuniaria e lavoro sostitutivo; Id., 4 luglio 1996, n. 237, ibidem, 2139 ss.; Id., 3 luglio 1997, n. 212, ivi, 1997, 2141 ss.; Id., 30 dicembre 1997, n. 445, ivi, 3942 ss., Brevi note sull’ennesimo vaglio di costituzionalità dell’art. 4-bis ord. penit.; Id., 11 febbraio 1999, n. 26, ivi, 1999, 176 ss., con note di S. Bartole, I requisiti dei procedimenti giurisdizionali e il loro utilizzo nella giurisprudenza costituzionale, E. Fazzioli, Diritti dei detenuti e tutela giurisdizionale, M. Ruotolo, La tutela dei diritti del detenuto tra incostituzionalità per omissione e discrezionalità del legislatore, C. Santoriello, Quale tutela giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti dell’amministrazione penitenziaria?; Id., 29 ottobre 1999, n. 410, ibidem, 3166 ss.; Id., 4 novembre 1999, n. 422, ibidem, 3711 ss.; Id. 28 giugno 2000, n. 249, ivi, 2000, 1856 ss.

[29] Corte cost., 31 maggio 1996, n. 185, in Giurisprudenza costituzionale, 1996, 1711 ss.; Id., 17 giugno 1996, n. 199, ibidem, 1800 ss.; Id, 25 giugno 1996, n. 218, ibidem, 1907 s.; Id., 5 marzo 1998, n. 44, ivi, 1998, 514 ss.; Id., 12 novembre 2002, n. 447, ivi, 2002, 3680 ss., con nota di L. Elia, Modeste proposte di segnaletica giurisprudenziale.

[30] In proposito cfr. R. Romboli, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1999-2001) a cura di R. Romboli, Torino, Giappichelli, 2002, 36 ss.; A. Ruggeri-A. Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, Giappichelli, 2004, 3ª ed. 173.

[31] Corte cost., 13 febbraio 2003, n. 342, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 3578 ss.

[32] Ex plurimis, v, a favore della considerazione delle commissioni arbitrali come giudice a quo, V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 857 ss.; contra, G. Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, cit., p. 180. Sul Consiglio di stato in sede consultiva, v. P. Giocoli Nacci, L’iniziativa nel processo costituzionale incidentale, Napoli, 1963, 344 ss.

[33] Corte costituzionale, 28 novembre 2001, n. 376, in Giurisprudenza costituzionale, 2001, 3735 ss., con nota di R. Pinardi, Quando l’arbitro diventa portiere (della Corte): notazioni minime sulla «naturale» elasticità della nozione di giudice a quo. Sulla pronuncia, cfr. F.P. Luiso, Sulla legittimazione del giudice privato a sollevare questione di costituzionalità, in Giustizia civile, 2002, II, 59 ss.; F. Danovi , Gli arbitri rituali come giudici di fronte alla sospetta incostituzionalità della legge, in www.judicium.it; analogamente, v., più di recente, Corte costituzionale, 15 gennaio  2003, n. 11, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 45 ss. Per l’inammissibilità di questione sollevata dall’arbitro privo di poteri decisori, v. Corte costituzionale, 19 luglio 2005, n. 298, ivi, 2005, 2907 ss., con nota di M. Esposito, Questioni ex art. 819 c.p.c. e giudizio incidentale di legittimità costituzionale.

[34] Corte cost., 21 luglio 2004, n. 254, in  in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 2614 ss.

[35] Corte di Giustizia CE, 16 ottobre 1997 (cause riunita da C-69/96 a C-79/96), sulla quale, v. M.T. D’Alessio - N. Pecchioli, Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e rinvio pregiudiziale: la logica fuzzy della Corte di Giustizia, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1998, 699 ss.; G.B. Goletti, L’art. 177, tr. Ce e la sua applicabilità, in Foro amministrativo, 1997, 2615 ss.; M. Gnes, Consiglio di Stato e rinvio pregiudiziale nell’ambito dei ricorsi straordinari, in Giornale di diritto amministrativo, 1998, 147 ss.

[36] Corte cost., 19 novembre 1976, n. 226, cit.

[37] «Sul piano sostanziale, il riconoscimento di tale legittimazione si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, più difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte»: così, Corte cost., 19 novembre 1976, n. 226, cit.

[38] Corte cost., 14 luglio 1989, n. 406, in Giurisprudenza costituzionale, 1989, I, 1831 ss., con note di S.M. Cicconetti, L’esclusione della legge dal giudizio sui conflitti tra poteri dello Stato in una discutibile sentenza della Corte costituzionale e di P. Ciriello, Corte dei conti e controllo sugli atti di normazione primaria del Governo.

[39] Cfr., ad es., G. Paleologo, Il ricorso straordinario, oggi, in Giornale di diritto amministrativo, 1999, 384. Sottolinea la “modicità” del ricorso Corte cost., 31 dicembre 1986, n. 298, in Giurisprudenza costituzionale, 1986, I, 2387 ss., ribadita da Id., 23 marzo 2001, n. 79, ivi, 2001, 537 ss.

[40] R. Romboli, La giustizia e la corte costituzionale, in Associazione Italiana dei Costituzionalisti, La riforma costituzionale, Atti del convegno. Roma 6-7 novembre 1998, Padova, Cedam, 1999, 436

[41] E’ stato calcolato, in una recente indagine, che «dal 1956 al 2002, la Corte costituzionale ha pronunciato 160 sentenze che hanno avuto come oggetto del ricorso il rispetto dell’art. 81, comma 4 , della Costituzione. Più del 50 per cento dei ricorsi alla Corte costituzionale ha riguardato disposizioni contenute nelle leggi regionali e di queste circa i due terzi erano state approvate dall’Assemblea della Regione siciliana; seguono per numerosità le leggi e i decreti-legge, sui quali si sono però riscontrati rispettivamente solo 8 e 2 casi di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 81, quarto comma »: così F. Gastaldi, Ruolo della Corte costituzionale, in G. Salvemini (a cura di), I guardiani del bilancio. Una norma importante ma di difficile applicazione: l’articolo 81 della Costituzione, Venezia, Marsilio, 2003, 107, cui si rinvia anche per ulteriori osservazioni e per tabelle riassuntive sui dati relativi al contenzioso relativo all’art. 81, Cost.

[42] M. Siclari, Osservazioni in tema di riforma della disciplina costituzionale in materia di finanza pubblica e di autonomie regionali, in S. Cassese e A. G. Arabia (a cura di), L’amministrazione e la Costituzione. Proposte per la Costituente, Bologna, Il Mulino, 1993, 158.

[43] Corte cost., 8 giugno 1984, n. 170, in Giurisprudenza costituzionale, 1984, I, 1098 ss. (con nota di G. Gemma, Un’opportuna composizione di un dissidio, ibidem, 1222 ss.); Id., 23 aprile 1985, n. 113, ivi, 1985, I, 694 ss.; Id., 11 luglio 1989, n. 389, ivi, 1989, I, 1757 ss.; 18 aprile 1991, n. 168, ivi, 1991, 1409 ss. Sulla giurisprudenza della Corte in materia comunitaria, v., fra gli altri: S. Mangiameli, Integrazione europea e diritto costituzionale, Milano, Giuffrè, 2001; S. P. Panunzio, I diritti fondamentali e le Corti in Europa, in Id. (a cura di), I diritti fondamentali e le Corti in Europa, Napoli, Jovene, 2005.

[44] Corte cost., 7 novembre 1994, n. 384, in Giurisprudenza costituzionale, 1994, 3449 ss., con note di F. Sorrentino, Una svolta apparente nel «cammino comunitario» della Corte: l’impugnativa statale delle leggi regionali per contrasto con il diritto comunitario, F. Bientinesi, Regolamenti comunitari e controllo preventivo delle leggi regionali, F. Donati, I rapporti tra diritto interno e diritto comunitario: problemi e prospettive alla luce di una recente sentenza della Corte costituzionale, E. Gianfrancesco, Giudizio in via d’azione su leggi regionali ed obblighi comunitari, P. Giangaspero, Note sull’utilizzazione del diritto comunitario immediatamente applicabile nel giudizio di legittimità in via principale; Id., 30 marzo 1995, n. 94, ivi, 788, con nota di G. Guzzetta, Spunti ed interrogativi in tema di processo costituzionale e di certezza del diritto in una recente sentenza della Corte in materia comunitaria (ibidem, 2137 ss.).

[45] In proposito, sia consentito rinviare a M. Siclari, Le «norme interposte» nel giudizio di costituzionalità, Padova, CEDAM, 1992, 90 ss.

[46] In tal senso, v. ad es., A D’Atena, La nuova disciplina costituzionale dei rapporti internazionali e con l’Unione europea, ne Il nuovo Titolo V della parte II della Costituzione. Primi problemi della sua attuazione, Milano, Giuffrè, 2002, 133 ss. Ma v., sul punto, le obiezioni di C. Pinelli, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunitario, in Foro italiano, 2001, V, 190 ss.; Id., I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunitario, ivi, 2004, V, 57 ss.; M. Luciani, Le nuove competenze delle regioni a statuto ordinario, ne Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, 9, F. Sorrentino, Le fonti del diritto amministrativo, vol. XXXV del Trattato di diritto amministrativo diretto da G. Santaniello, Padova CEDAM, 101 ss. e 221 ss. Per indicazioni sul dibattito intorno al valore dei trattati internazionali nel nostro ordinamento, prima della riforma del titolo V, sia consentito rinviare a M. Siclari, Le «norme interposte» nel giudizio di costituzionalità, cit., 23 ss.

[47] Corte cost., 19 gennaio 1993, n. 10, in Giurisprudenza costituzionale, 1993, con note di E. Lupo, Il diritto dell’imputato straniero all’assistenza dell’interprete tra codice e convenzioni internazionali, e di V. Angiolini, Rigetto interpretativo di «principio» e «regole» legislative.

[48] Oltre che le materie di potestà legislativa concorrente, le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono riguardare: i giudici di pace, le norme generali sull’istruzione nonché la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

[49] O meglio, l’unica volta che la Corte costituzionale è stata chiamata a utilizzare il parametro dei principi supremi, con riferimento alla legge di esecuzione del Trattato CEE, ha dichiarato inammissibile la questione per difetto di rilevanza: Corte cost., 21 aprile 1989, n. 232, in Giurisprudenza costituzionale, 1989, I, con nota di M. Cartabia, Nuovi sviluppi delle «competenze comunitarie» della Corte costituzionale. Sulla sentenza, v. anche le valutazioni espresse da V. Onida, “Armonia tra diversi” e problemi aperti. La giurisprudenza costituzionale sui rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, in Quaderni costituzionali, 2002, 555; S. P. Panunzio, I diritti fondamentali e le Corti in Europa, cit., 26 s. ed ivi nt. 55.

[50] In quest’ordine di idee, mi pare si possano annoverare M. Cartabia, sub art. 53, in L’Europa dei diritti. Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea a cura di R. Bifulco, M. Cartabia, A. Celotto, Bologna, Il Mulino, 2001, 360 ss. (e particolarmente p. 362 s. per l’osservazione che «l’art 53 della Carta produce l’effetto di salvaguardare il pluralismo nella tutela dei diritti fondamentali in Europa, lasciando sussistere diverse forme di tutela e diversi standard di tutela, nei rispettivi ambiti di competenza di ciascun Bill of Rights»); P. Ridola, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e le «tradizioni costituzionali comuni» degli Stati membri, in S.P. Panunzio e E. Sciso, Milano, Giuffrè - Luiss Edizioni, 92 (ove si sottolinea che «la clausola dell’art. 53, con l’introduzione di un’esplicita riserva in favore del maggior livello di protezione assicurato, fra l’altro, delle costituzioni degli stati membri sembra costituire un argine alla riduzione del livello di garanzia dei diritti indotta dalla formulazione troppo comprensiva della Corte, e sembra riservare a questa, sul terreno dei congegni di protezione, un ruolo solo sussidiario rispetto agli ordinamenti degli stati membri»); A. Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, Il Mulino, 2002 (secondo cui, la forza giuridica della Carta dei diritti non può essere considerata autonomamente dalle fonti di produzione del diritto citate nell’art. 53 «nella sua capacità di interpretare sistematicamente un complesso di principi già oggi desumibili dal diritto costituzionale degli stati membri dell’Unione»  e, più recentemente, R. Bin e P. Caretti, Profili costituzionali dell’Unione europea, Torino, Giappichelli, 2005, 152 s. (che, anche sulla scorta della giurisprudenza del Tribunal Constitucional e del Conseil Constitutionnel, osservano «Non è più dunque solo la Carta a funzionare da strumento ermeneutico delle Costituzioni nazionali, ma anche queste ultime fungono da strumenti di interpretazione della Carta»). Di diverso avviso, Dubbi sulle potenzialità dell’art. 53 della Carta dei diritti sono variamente prospettati, invece, da A. Pace, A che serve la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea? Appunti preliminari, in Giurisprudenza costituzionale,  2001 202 ss.; U. De Siervo, La difficile Costituzione europea e le scorciatoie illusorie, in U. De Siervo (a cura di), La difficile Costituzione europea, Bologna, Il Mulino, 2002, 136 s.; G. Gaja, Carta dei diritti fondamentali e convenzione europea: una relazione complessa, ibidem, 222 s.; S. P. Panunzio, I diritti fondamentali e le Corti in Europa, cit., 20 ss.

[51] Corte cost. 28 luglio 2004, n. 280, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 2800 ss., con note di F. Cuocolo, La difficile sopravvivenza dei decreti legislativi emanati ai sensi dell’art. 1 della l. n. 131 del 2003 e di A. Ferrara, La Corte costituzionale nega al legislatore statale la competenza delle competenze (dopo la l. cost. n. 3 del 2001) con una sentenza solo apparentemente oscura?

[52] Corte cost. febbraio 2006, n. 79, in www.giurcost.org.

[53] Penso, soprattutto, a Corte cost., 26 marzo 1984, n. 78, in Giurisprudenza costituzionale, 1984, I, 456 ss., con nota di S. Labriola, La riserva di regolamento delle Camere parlamentari e una (pretesa) potestà speciale di interpretazione della Costituzione (ibidem, 1298 ss.).

[54] L. 21 dicembre 2005, n. 270. Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

[55] L. Elia, Elezioni. VII. Elezioni politiche. b) Contenzioso, in Enciclopedia del diritto, vol. XIV, Milano, Giuffrè, 1965, 747 ss.; V. Di Ciolo - L. Ciaurro, Elezioni. IV. Elezioni politiche: contenzioso, in Enciclopedia giuridica, vol. XII, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1989, 3 s., 21.

[56] G. Abbamonte, Il processo costituzionale italiano, vol. I, Napoli, Jovene, 1957, 123; L. Elia, Elezioni. VII. Elezioni politiche. b) Contenzioso, cit., 789 ss.; V. Di Ciolo - L. Ciaurro, Elezioni. IV. Elezioni politiche: contenzioso, cit., 21.

[57] Corte costituzionale, 11 luglio 1961, n. 42, in Giurisprudenza costituzionale, 1961, 963, ove, osservando come «talune particolarità che si riscontrano nel procedimento contenzioso elettorale, più strettamente attinenti alla forma della decisione»… «si ricollegano alle caratteristiche dell'organo investito del giudizio, che esplica la potestà giurisdizionale nelle forme che gli sono proprie, nell'esercizio del potere, riconosciuto anche agli organi elettorali locali secondo il sistema democratico adottato dalla Costituzione (art. 66 per quanto riguarda le Camere del Parlamento), di decidere sulle contestazioni relative alle elezioni dei propri componenti».

[58] R. Balduzzi - M. Cosulich, In margine alla nuova legge elettorale politica, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.

[59] V., infatti, Cass. Civ., sez. un., 9 giugno 1997, n. 5135, in Giust. civ. Mass., 1997, 944; Cass. Civ., sez. un., 22 marzo 1999, n. 172, in Giust. civ. Mass., 1999, 634; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 10 marzo 1994, n. 172, in Foro amministrativo, 1994, 956; Cass. Civ., sez. un., 25 giugno 1993, n. 7075. Per indicazioni sulla giurisprudenza più risalente, cfr. V. Di Ciolo - L. Ciaurro, Elezioni. IV. Elezioni politiche: contenzioso, cit., 11. V. anche Corte cost., 20 novembre 2000, n. 512, in Giurisprudenza costituzionale, 2000, 4035 ss. (con nota di C. Chiola, Sindacato sulla legittimità del contrassegno dei partiti. Una nuova political question?) nella quale si dichiara l’inammissibilità (per mancata indicazione del “verso” dell’addizione) della questione di legittimità costituzionale di alcune previsioni legislative in materia per l’omessa previsione di un’azione giudiziaria nei confronti della decisione emessa dall’Ufficio centrale nazionale sull’opposizione proposta contro il provvedimento del Ministero dell’interno di ricusazione di un contrassegno elettorale presentato per le elezioni politiche, devolvendo alla Camera dei deputati la competenza per tutte le controversie attinenti alle operazioni elettorali.

[60] M. Manetti, L’accesso alla Corte costituzionale nei procedimenti elettorali, in Prospettive di accesso alla giustizia costituzionale (Atti del Seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio 1999) a cura di A. Anzon, P. Caretti, S. Grassi, cit, 144. Ove, peraltro, si dimostra che, in un’eventuale prospettiva de iure condendo, l’unico organo giurisdizionale cui si potrebbe attribuire la competenza attualmente esercitata dai due rami del Parlamento possa essere solo la Corte costituzionale.

[61] Cfr., sul punto, a proposito della legge n. 270 del 2005, cit., R. Balduzzi - M. Cosulich, In margine alla nuova legge elettorale politica, cit.

[62] Corte cost., 24 febbraio 2006, n. 79, cit., successivamente confermata, pur se incidentalmente, da Id., 23 marzo 2006, n. 117, in www.giurcost.org.

[63] V. in proposito, P. Ridola, Partiti politici, in Enciclopedia del diritto, vol. XXXII, Milano, 1982, 102 s., cui si rinvia anche per la ricostruzione degli orientamenti del Bundesverfassungsgericht in tema di legittimazione a proporre il rimedio del ricorso costituzionale

[64] Corte costituzionale,  3 febbraio 1987, n. 29, in Giurisprudenza costituzionale, 1987, I, 166 ss.; Id., 2 febbraio 1991, n. 47, ivi, 1991, 310 ss. (con nota di S. Bartole, Coerenza dei quesiti referendari e univocità della normativa di risulta); Id., 4 febbraio 1993, n. 32, ivi, 1993, 219 ss. (con nota di G. Floridia, Referendum elettorale e difetti della normativa di risulta: «inconvenienti» vs. «impedimenti»?); Id., 12 gennaio 1995, n. 5, ivi, 1995, 58 ss. (con note di G. Azzariti, referendum, leggi elettorali e parlamento: la «forza» delle decisioni referendarie nei sistemi di democrazia rappresentativa, e G. Floridia, Partita a tre. La disciplina elettorale tra Corte, referendum e legislatore); Id., 28 gennaio 1999, n. 13, ivi, 1999, 86 ss.

[65] G. Zagrebelsky, La riforma del voto irrazionale e incostituzionale, ne La repubblica, 25 ottobre 2005; R. Balduzzi - M. Cosulich, In margine alla nuova legge elettorale politica, cit.; T. E. Frosini, Nuova legge elettorale e vecchio sistema politico?, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; cfr. anche l’Appello dei giuristi ai senatori in merito al ddl in materia di “Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, in www.astrid-online.it