Associazione
Gruppo di Pisa
Le
zone d’ombra nella giustizia costituzionale.
I
giudizi sulle leggi
Seminario di studio - Genova 10 marzo 2006
Massimo Siclari
Il procedimento in via incidentale.
Relazione introduttiva
Considerazioni
preliminari
Ringrazio il direttivo dell’Associazione Gruppo di Pisa per avermi dato l’occasione di parlare in questa sede prestigiosa, alla quale sono legato per gli annuali incontri che il carissimo amico e collega Renato Balduzzi organizza sui temi del diritto alla salute e dell’organizzazione sanitaria.
Il privilegio di essere il primo relatore dei due incontri di studio dedicati alle zone d’ombra nella giustizia costituzionale mi consente di svolgere anche qualche brevissima notazione di carattere generale.
Il tema è piuttosto originale, pur essendosi intersecato spesso con le riflessioni svolte in passato su vari argomenti della giustizia costituzionale. Quante volte ci è capitato di pensare e di osservare che il nostro sistema fosse lacunoso per l’impossibilità di pervenire, per un qualche motivo, ad un giudizio della Corte costituzionale? E, considerando che una delle funzioni - sia pure mediata, per come è teoricamente ricostruibile il nostro processo in via incidentale([1]) - cui assolve la giustizia costituzionale è quella di assicurare l’effettività dei diritti costituzionali, quante volte ci è venuto in mente che il sistema fosse difettoso o non effettivo per le strettoie prodotte dalla disciplina dei giudizi davanti alla Corte, per i limiti oggettivi che tali giudizi incontrano?
Il campo d’indagine, dunque, rischia d’essere assai ampio.
Tuttavia, penso che ci si possa proficuamente avvalere delle osservazioni con le quali Augusto Cerri apre la quarta edizione del Corso di giustizia costituzionale, affermando l’esigenza di ricondurre «entro limiti realistici e, dunque, … “relativi” il … ruolo di “custode della costituzione” proprio della Corte. Il sistema costituzionale, in realtà, vive e si garantisce con l’apporto di tutti i suoi elementi ed, innanzi tutto, nella coscienza e nell’operare quotidiano della collettività generale; né potrebbe esistere un organo idoneo a difenderlo quando fossero consumate le sue radici storiche e sociali. Possono esistere, però, organi diretti ad immettere nel circuito complessivo valutazioni, giudizi diretti a consolidarlo: e questi organi sono, per un verso, tutti i giudici e, per altro verso, quelli costituzionali che del sistema giurisdizionale rappresentano il punto più elevato ed, in qualche senso, la guida ideale»([2]).
Insomma,
Sarà questa la “chiave di lettura” che utilizzerò nelle mie considerazioni introduttive, attraverso la quale, tuttavia, come si vedrà, si potranno prendere in esame diversi casi esemplari in cui la difficoltà di pervenire ad un controllo di costituzionalità di talune leggi o di determinate categorie di fonti, ovvero invocando determinati parametri, o, ancora, di giungervi sulla base di un certo giudizio, comporta una vera e propria lacuna del nostro sistema di garanzie costituzionali.
L’individuazione
del giudice “a quo”
Attraverso tale “chiave”, vanno,
innanzitutto, valutati gli orientamenti della Corte costituzionale a proposito
della sussistenza della legittimazione dell’autorità remittente a sollevare
questioni di legittimità costituzionale. Proprio su questo terreno, si è talora
affermato che
Talora la riconosciuta legittimazione offrì il destro per eliminare forme di esercizio della giurisdizione incompatibili con il quadro costituzionale: così fu per i consigli comunali e provinciali in sede di contenzioso elettorale([17]) e per i comandanti di porto([18]).
I casi in cui si dichiarò l’incostituzionalità della giurisdizione dei c.d. “ministri-giudice”, dei consigli di prefettura, delle giunte provinciali amministrative e degli intendenti di finanza, riportati qualche volta([19]) affianco a quelli ora menzionati, erano nati, in realtà, in giudizi ordinari o amministrativi([20]).
La giurisprudenza in tema di giudice a quo, tuttavia, pur con le citate “aperture”, non sempre è stata così elastica e sussistono casi, la cui affinità con i precedenti è difficile negare, in cui si è potuto riscontrare un maggior rigore della Corte. Oltre al diverso atteggiamento nei riguardi delle questioni sollevate dalle “vecchie” Commissioni tributarie, di cui s’è detto, è stata negata la legittimazione a sollevare questioni di legittimità costituzionale agli uffici elettorali circoscrizionali([21]), alla Commissione elettorale mandamentale([22]), alla Commissione per il gratuito patrocinio([23]).
D’altro canto, vanno considerati i casi in cui organi giurisdizionali, nell’esercizio di funzioni non giurisdizionali (o non pacificamente ritenute tali) sono stati legittimati a sollevare questioni di costituzionalità.
Così è stata dichiarata l’ammissibilità di questioni sollevate in sede di “volontaria giurisdizione”([24]); dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione([25]) e di controllo degli atti del governo([26]) (ma non in sede di controllo successivo di gestione[27]); dal giudice di sorveglianza sull’esecuzione della pena([28]); dal giudice di pace([29]).
Anche a questo proposito, vi è un diffuso giudizio positivo sull’interpretazione elastica offerta dalla Corte costituzionale, per il favor dimostrato rispetto alle possibilità di pervenire ad un controllo di costituzionalità. Piuttosto qualche dubbio viene affacciato dalla dottrina quanto alla coerenza della giurisprudenza costituzionale in riferimento ai requisiti dell’autorità rimettente e, particolarmente, alla sussistenza ed alla consistenza dei “poteri decisori”([30]).
Negli ultimi anni si sono registrati
almeno tre casi “nuovi” sui quali vale la pena di svolgere qualche
considerazione: il primo è stato quello - assolutamente sprovvisto di
fondamento, perché carente di entrambi i
requisiti richiesti - del notaio rogante, a proposito del quale
Si tratta, in primo luogo, delle
commissioni arbitrali, per le quali
Meno condivisibile, invece, mi pare l’inammissibilità dei giudizi instaurati dal Consiglio di Stato in sede consultiva ([34]); a favore di una diversa considerazione stavano – oltre al precedente della Corte di giustizia CE che ne aveva riconosciuto la giurisdizionalità ai fini della c.d. “pregiudiziale comunitaria”([35])– il precedente relativo alla Corte dei conti in sede di controllo di atti governativi([36]). Ma forse in quel caso premeva di più l’esigenza di trovare un giudizio ove fosse rilevante una questione di legittimità costituzionale avente a parametro l’art. 81 Cost. ([37]). Una strada, va detto peraltro, per nulla praticata, in seguito, dalla Corte dei conti, tanto da consentire alla Corte costituzionale di trincerarsi dietro l’inammissibilità «in linea di principio» dei conflitti fra poteri dello Stato aventi ad oggetto atti legislativi per rigettare il conflitto sulla legge, 23 agosto 1988, n. 400, che, all’art. 16, comma primo, quel controllo del giudice contabile su decreti legge e decreti legislativi delegati eliminava ([38]). La legittimazione del Consiglio di Stato poteva essere ammessa per garantire effettivamente una più immediata tutela costituzionale di situazioni giuridiche soggettive alla base del ricorso straordinario al Capo dello Stato, sulla decisione del quale avrebbe finito per incidere il parere.
Insomma, la decisione della Corte,
se non si può dire che favorisca il formarsi di una zona d’ombra per il
controllo di costituzionalità della legge “indubbiata”, di certo potrebbe
costituire un motivo disincentivante ad utilizzare la strada del “rimedio
amministrativo” per rimuovere un atto dell’amministrazione ritenuto
illegittimo. Quando il dubbio, oltre che l’atto, investirà anche la legge, il
singolo sarà portato a ricorrere in sede giurisdizionale. Quanto osservato
vale, tuttavia, nel caso in cui il singolo sia in condizione di scegliere. Se
si tiene conto che il ricorso straordinario è diffusamente considerato “il ricorso
dei poveri”([39]), è auspicabile che
Per concludere sul punto, vale la
pena di sottolineare - come altri, ad es. Roberto Romboli ([40])-
che è necessario che
Il
parametro del giudizio
L’art.
81, quarto comma, Cost.
Passando a trattare del parametro del giudizio, va detto, in primo luogo, che permangono i noti problemi a proposito dell’art. 81, quarto comma, Cost., anche se la maggiore prudenza sulle additive di prestazione, dimostrata soprattutto a metà degli anni ’90, è stato un sintomo di maggiore corresponsabilizzazione della Corte costituzionale, non mi sembra vi sia stato un contenzioso apprezzabile sull’obbligo di copertura finanziaria delle leggi (anzi, forse non vi è stato affatto). Permane la difficoltà che vizi relativi a tale parametro siano (ritenuti) rilevanti nei giudizi comuni. Forse, in proposito, occorrerebbe uno sforzo interpretativo maggiore da parte dei giudici, e non solo di quelli contabili. Anche perché non appare sufficiente la considerazione del fatto che una quota del contenzioso sollevato in via d’azione abbia riguardato un significativo (anche se non molto consistente) gruppo di casi sollevati per violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. ([41]): la riconosciuta limitazione dell’interesse a ricorrere delle Regioni, infatti, fa sì che il ricorso diretto non costituisca lo strumento più idoneo per rischiarare – in ogni ipotesi di violazione dell’obbligo di copertura – la zona d’ombra venutasi a creare circa l’effettività dell’art. 81 Cost.
Tuttavia, come già si osservava
qualche anno addietro, non va enfatizzato l’eventuale accrescimento del ruolo
della Corte costituzionale in materia: «
I
nuovi parametri, a seguito della riforma del titolo V
In riferimento al parametro, la
riforma del Titolo V della parte II della Costituzione ha portato diverse
novità. Innanzitutto, quella di cui al primo comma dell’art. 117, che prevede
l’espressa soggezione di tutte le leggi, sia regionali sia statali, agli
obblighi comunitari ed a quelli internazionali. Nel primo caso, si tratta di
una previsione, per così dire, ricognitiva di quanto già da tempo recepito nella
giurisprudenza costituzionale, con riferimento alla prevalenza del diritto
europeo nei riguardi di quello interno,
sia pure con la ben nota varietà di soluzioni, che fa sì che non siano più
sindacabili da parte della Corte, i dubbi circa la conformità della
legislazione interna nei riguardi dei diritto di derivazione europea insorti
nei giudizi comuni([43]),
mentre
La previsione della sottoposizione
delle leggi – anche di quelle statali – agli obblighi internazionali, ha
riacceso l’attenzione del valore del diritto internazionale pattizio nel nostro
ordinamento, legittimando come interpretativamente plausibile l’integrazione
del parametro ex art. 117, primo
comma, Cost con i trattati internazionali([46]).
Ma, almeno per ora,
Sempre sotto il profilo del parametro, si preannunciano interessanti le leggi, previste ma, almeno per ora, non ancora approvate (né proposte), ex art. 116, ultimo comma, Cost., che paiono introdurre una competenza sostitutiva dello stesso legislatore costituzionale. In altri termini, sembrano precludere alla decisione unilaterale dello Stato la concessione di nuove ed ulteriori forme di autonomia nelle materie indicate([48]). Di certo, questa interpretazione non è stata fatta propria dal Parlamento della XIV Legislatura repubblicana, che ha rielaborato, in parte ampliandole, le competenze legislative regionali senza che vi fosse un’iniziativa delle Regioni in tal senso. Difficile dire quale sarebbe stata la posizione della Corte costituzionale in proposito ove il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006 avesse confermato la delibera di legge costituzionale recante la riforma della parte seconda della Costituzione.
Quel che non sembra dubbio, comunque, è che quanto previsto con eventuali leggi approvate ai sensi dell’art. 116, ultimo comma, Cost, non possa essere contraddetto da leggi approvate con l’ordinario procedimento di formazione, o con atti ad esse equiparati. Quindi, le previsioni delle leggi ex art. 116, ultimo comma, Cost., potrebbero essere invocate come norme interposte nei giudizi di legittimità costituzionale.
Un’altra
zona d’ombra: i “controlimiti”
Sempre con riferimento al parametro, la futura entrata in vigore, quando riceverà le ratifiche necessarie, del Trattato costituzionale dell’Unione europea potrebbe sortire delle novità in tema di immissione del diritto europeo nel nostro ordinamento. Secondo la dottrina dei “controlimiti”, ribadita costantemente dalla Corte costituzionale, non sarebbero idonee ad essere immesse nel nostro ordinamento, previsioni contrastanti con i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale.
Tuttavia, sinora, non vi è stato alcun caso concreto in cui questo limite (o controlimite) sia stato fatto valere([49]). E quindi, ancora una volta, si potrebbe dire di essere in cospetto di una zona d’ombra. C’è da tener conto, peraltro, che la zona d’ombra è suscettibile di ampliarsi (se non si è già ampliata) alla luce dell’art. 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ora inglobata nel Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, com’è noto.
Invero, a norma del citato art. 53
(corrispondente all’art II-113 del Trattato): «Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come
limitativa o lesiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto
dell'Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle
quali l'Unione,
L’oggetto
del giudizio
La
zona d’ombra determinata dalla riduzione della legislazione
In primo luogo, può osservarsi che
il campo d’intervento della legge va progressivamente ridimensionandosi a causa
delle frequenti e vistose delegificazioni. Sotto questo punto di vista, almeno
sulla carta, altri giudici (amministrativi ed ordinari) sono oggettivamente
investiti di un più ampio potere di controllo della normazione statale. Sarebbe
interessante, a tal proposito, avviare un’indagine per verificare se e in che
termini un controllo sia effettivamente svolto o se vadano formandosi, per
questa via, zone d’ombra destinate ad essere sempre più estese, in correlazione
con l’ampliarsi dei poteri regolamentari dell’esecutivo. Certo,
Le
leggi di delega
Sembra registrarsi un nuovo atteggiamento della Corte costituzionale quanto alla sindacabilità delle leggi di delega, in riferimento all’art. 76 Cost.: in particolare sono state dichiarate costituzionalemente illegittime due disposizioni di una legge di delega per indeterminatezza sia dell’oggetto sia dei principi e criteri direttivi([51]), così contraddicendo la giurisprudenza per la quale si considera precluso un esame approfondito dei principi e criteri, in quanto la loro determinatezza è legata al rapporto tra Parlamento e Governo. La maggiore sensibilità è stata occasionata da giudizi principali, ma potrebbe utilmente “contagiare” anche quelli in via incidentale.
I
regolamenti parlamentari
Rimangono fuori dal sindacato della
Corte i regolamenti parlamentari. Ciò se destava qualche dissenso in passato,
preoccupa non poco nella vigenza di sistemi elettorali tendenzialmente
maggioritari (sia l’ormai abrogato Mattarellum
sia il nuovo sistema varato nel dicembre scorso che, com’è stato ben presto
dimostrato, non può considerarsi un vero sistema proporzionale). Soprattutto
con riferimento all’eventuale violazione di diritti delle minoranze, che, dopo
l’ordinanza n. 79 del 2006([52]),
che ha dichiarato l’inammissibilità di un conflitto sollevato da un partito
politico, neanche nel conflitto fra poteri troverebbero tutela. Neanche se
La
questione della legge elettorale
Vorrei concludere la mia relazione proprio con riferimento alle leggi elettorali di Camera e Senato, che a mio avviso, costituiscono un macroscopico esempio di zona d’ombra (se non proprio di zona franca). Non mi riferisco solo, com’è intuibile, alla legge di recente approvata che disciplina ex novo il procedimento elettorale[54], a proposito della quale è inevitabile fare qualche riferimento. E’ veramente difficile che si pervenga ad un giudizio di legittimità costituzionale sulle regole che disciplinano le elezioni politiche, anche perché il relativo contenzioso è di competenza di organi delle Camere. Si è da tempo sottolineato che si tratti di una funzione di natura giurisdizionale([55]) e che si potrebbe ritenere ammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata in tali sedi([56]), anche sulla base di un - pur se remoto ed invero assai fugace - accenno della Corte costituzionale([57]), ma l’ipotesi pare destinata a rimanere un caso di scuola. I parlamentari, una volta eletti, potrebbero ragionevolmente porre in discussione una legge elettorale in cui si radica la loro legittimazione a stare in Parlamento, considerando, oltretutto, che hanno il potere di intervenire direttamente e radicalmente su tali regole? L’incostituzionalità quindi potrebbe essere rimossa de futuro, ma il vulnus, pur se riconosciuto, pur se alla base della legge di riforma, rimarrebbe.
Difficilmente praticabile appare poi la strada dell’impugnativa della delibera della proclamazione degli eletti in sede amministrativa, come pure è stato di recente proposto([58]). Il tenore dell’art. 66 Cost. preclude la sindacabilità di tali atti, per i quali, peraltro, una cospicua giurisprudenza ha rilevato il difetto di giurisdizione([59]). D’altronde, com’è stato felicemente osservato da Michela Manetti, «ab origine l’istituto della verifica dei poteri condivide le sue radici con l’istituto dell’immunità parlamentare, come prerogative dirette entrambe alla tutela della integrità dell’Assemblea, attraverso la tutela del singolo membro dagli attentati di altri poteri dello Stato»([60]).
Ai problemi che pone la proposizione di un giudizio in via incidentale si affiancano quelli relativi all’accesso in via principale: l’impossibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale su previsioni che non abbiano un’incidenza almeno indiretta sugli interessi regionali può circoscrivere molto l’ammissibilità del ricorso[61].
Né pare facilmente praticabile la
strada della sottoposizione alla Corte di previsioni della legge elettorale
attraverso lo strumento del conflitto fra poteri. La recente ordinanza([62]) che
ha dichiarato inammissibile il conflitto sollevato dall’associazione politica “
Appare superfluo ricordare, poi, come la giurisprudenza della Corte abbia individuato notevoli, discusse limitazioni costituzionali ai referendum abrogativi in materia elettorale([64]), tali da impedire la consultazione popolare se non emerga chiaramente ed immediatamente dall’abrogazione referendaria un meccanismo utile alla scelta dei componenti dell’organo elettivo. A tali limitazioni si aggiungono quelle derivanti dalla legge sul referendum, tese ad impedire consultazioni popolari in prossimità delle elezioni politiche, e quindi valide a sottrarre all’elettorato la possibilità di esprimersi su di una legge elettorale approvata allo scadere della legislatura.
Quello della legge elettorale politica si palesa, dunque, come un caso in cui il momento della promulgazione presidenziale è davvero quello cruciale. Maggiormente in ipotesi quale quella della legge elettorale approvata allo scadere della legislatura, com’è avvenuto lo scorso dicembre. E particolarmente, come nel caso di tale legge, quando siano stati evidenziati da giuristi delle più diverse inclinazioni politiche, seri dubbi di legittimità costituzionale([65]).
[1] Sul
punto, v. F. Modugno, Riflessioni
interlocutorie sull’autonomia del processo costituzionale, in Rassegna di diritto pubblico, 1966, I,
pp. 221 ss.; G. Zagrebelsky, La giustizia
costituzionale, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 169, 175; più di recente, cfr.
S. Grassi, Prospettive dell’accesso alla
giustizia costituzionale, in Prospettive
di accesso alla giustizia costituzionale (Atti del Seminario di Firenze
svoltosi il 28-29 maggio 1999) a cura di A. Anzon, P. Caretti, S. Grassi,
Torino, Giappichelli, 2001, p. 9 e, se si vuole, M. Siclari, Principio di
gratuità degli atti e diritto "positivo" alla difesa nei giudizi in
via incidentale (Atti del
Convegno. Imperia, 12-13 maggio 1995), in L'organizzazione e il
funzionamento della Corte costituzionale, a cura di P. Costanzo, Torino,
Giappichelli, 1996, p. 379 ss.
[2] A. Cerri, Corso di giustizia costituzionale, Milano, Giuffrè, 2004, 4ª ed.,
p. VII. Si vedano altresì le pagine dedicate alle garanzie dei diritti
costituzionali da A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali,
Parte generale. Introduzione allo studio
dei diritti costituzionali, 3ª ed, Padova, Cedam, 2003, pp. 177 ss.
[3] G.
Azzariti, Osservazioni sull’accesso e
sull’estensione del sindacato della Corte costituzionale, in Prospettive di accesso alla giustizia
costituzionale (Atti del Seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio
1999) a cura di A. Anzon, P. Caretti, S. Grassi, cit., 426.
[4] A.
Ruggeri, Presentazione del Seminario del Gruppo di Pisa su Le zone d’ombra nella giustizia costituzionale. I giudizi sulle leggi.
Genova 10 marzo
[5] V.,
in proposito, le sempre valide osservazioni di V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, vol.
II, Padova, CEDAM, 1984, 4ª ed., 267 ss.
[6] Corte
cost., 18 gennaio 1957, n.
[7] Corte
cost., 6 febbraio 1969, n.
[8] Corte
cost., 15 giugno 1960, n.
[9] Corte
cost., 11 luglio 1961, n.
[10] La
legittimazione viene riconosciuta - pur se implicitamente, da Corte cost., 22
luglio 1976, n.
[11] Corte
cost., 6 luglio 1970, n.
[12] Corte
cost., 27 giugno 1958, n.
[13] Corte cost., 2 febbraio 1971, n.
[14] Corte cost., 15 luglio 1959, n.
[15] Corte cost., 23 dicembre 1986 , n.
[16] Corte cost., 18 aprile 2000, n.
[17] Corte
cost., 27 dicembre 1965, n.
[18] Corte
cost., 9 luglio 1970, n.
[19] G.
Zagrebelsky, La giustizia costituzionale,
cit., 184;
[20] Così,
la questione relativa alla legittimità costituzionale delle competenze
giurisdizionali del ministro delle finanze (Corte cost., 27 giugno 1958, n.
[21] Corte
cost., 30 dicembre 1972, n.
[22] Corte cost., 17 febbraio 1971, n.
[23] Corte cost., 16 giugno, 1970, n.
[24] Corte cost., 26 gennaio 1957, n.
[25] Corte cost., 19 dicembre 1963, n.
[26] Corte cost., 19 novembre 1976, n.
[27] Corte cost., 20 luglio 1995, n.
[28] Corte cost., 1968, n.
[29] Corte cost., 31 maggio 1996, n.
[30] In proposito cfr. R. Romboli, Il giudizio di costituzionalità delle leggi
in via incidentale, in Aggiornamenti
in tema di processo costituzionale (1999-2001) a cura di R. Romboli,
Torino, Giappichelli, 2002, 36 ss.; A. Ruggeri-A. Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, Giappichelli, 2004,
3ª ed. 173.
[31] Corte cost., 13 febbraio 2003, n.
[32] Ex plurimis, v, a favore della considerazione
delle commissioni arbitrali come giudice a
quo, V. Andrioli, Commento al codice
di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 857 ss.; contra, G. Zagrebelsky, La
giustizia costituzionale, cit., p. 180. Sul Consiglio di stato in sede
consultiva, v. P. Giocoli Nacci, L’iniziativa
nel processo costituzionale incidentale, Napoli, 1963, 344 ss.
[33]
Corte costituzionale, 28 novembre 2001, n.
[34] Corte cost., 21 luglio 2004, n.
[35] Corte di Giustizia CE, 16 ottobre 1997
(cause riunita da C-69/96 a C-79/96), sulla quale, v. M.T. D’Alessio - N.
Pecchioli, Ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica e rinvio pregiudiziale: la logica fuzzy della Corte di Giustizia, in Rivista italiana di diritto pubblico
comunitario, 1998, 699 ss.; G.B. Goletti, L’art. 177, tr. Ce e la sua applicabilità, in Foro amministrativo,
1997, 2615 ss.; M. Gnes, Consiglio di
Stato e rinvio pregiudiziale nell’ambito dei ricorsi straordinari, in Giornale di diritto amministrativo,
1998, 147 ss.
[36] Corte cost., 19 novembre 1976, n. 226,
cit.
[37] «Sul piano sostanziale, il riconoscimento di
tale legittimazione si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al
sindacato della Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in
esame, più difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte»: così, Corte
cost., 19 novembre 1976, n. 226, cit.
[38] Corte cost., 14 luglio 1989, n.
[39] Cfr., ad es., G. Paleologo, Il ricorso straordinario, oggi, in Giornale di diritto amministrativo,
1999, 384. Sottolinea la “modicità” del ricorso Corte cost., 31 dicembre 1986,
n.
[40] R. Romboli, La giustizia e la corte costituzionale, in Associazione Italiana
dei Costituzionalisti, La riforma
costituzionale, Atti del convegno. Roma 6-7 novembre 1998, Padova, Cedam,
1999, 436
[41] E’
stato calcolato, in una recente indagine, che «dal 1956 al 2002,
[42] M.
Siclari, Osservazioni in tema di riforma
della disciplina costituzionale in materia di finanza pubblica e di autonomie
regionali, in S. Cassese e A. G. Arabia (a cura di), L’amministrazione e
[43] Corte
cost., 8 giugno 1984, n.
[44] Corte
cost., 7 novembre 1994, n.
[45] In proposito, sia consentito rinviare a M.
Siclari, Le «norme interposte» nel
giudizio di costituzionalità, Padova, CEDAM, 1992, 90 ss.
[46] In tal senso, v. ad es., A D’Atena, La nuova disciplina costituzionale dei
rapporti internazionali e con l’Unione europea, ne Il nuovo Titolo V della parte II della Costituzione. Primi problemi
della sua attuazione, Milano, Giuffrè, 2002, 133 ss. Ma v., sul punto, le
obiezioni di C. Pinelli, I limiti
generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con
l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunitario, in Foro italiano, 2001, V, 190 ss.; Id., I limiti generali alla potestà legislativa
statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con
l’ordinamento comunitario, ivi, 2004, V, 57 ss.; M. Luciani, Le nuove competenze delle regioni a statuto
ordinario, ne Il lavoro nelle
pubbliche amministrazioni, 2002,
[47] Corte cost., 19 gennaio 1993, n.
[48] Oltre
che le materie di potestà legislativa concorrente, le ulteriori forme e
condizioni particolari di autonomia possono riguardare: i giudici di pace, le
norme generali sull’istruzione nonché la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema
e dei beni culturali.
[49] O meglio, l’unica volta che
[50] In
quest’ordine di idee, mi pare si possano annoverare M. Cartabia, sub art.
[51] Corte cost. 28 luglio 2004, n.
[52] Corte cost. febbraio 2006, n.
[53] Penso, soprattutto, a Corte cost., 26 marzo
1984, n.
[54] L. 21
dicembre 2005, n. 270. Modifiche alle
norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
[55] L.
Elia, Elezioni. VII. Elezioni politiche.
b) Contenzioso, in Enciclopedia del
diritto, vol. XIV, Milano, Giuffrè, 1965, 747 ss.; V. Di Ciolo - L.
Ciaurro, Elezioni. IV. Elezioni
politiche: contenzioso, in Enciclopedia
giuridica, vol. XII, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1989, 3
s., 21.
[56] G.
Abbamonte, Il processo costituzionale
italiano, vol. I, Napoli, Jovene, 1957, 123; L. Elia, Elezioni. VII. Elezioni politiche. b) Contenzioso, cit., 789 ss.;
V. Di Ciolo - L. Ciaurro, Elezioni. IV.
Elezioni politiche: contenzioso, cit., 21.
[57] Corte
costituzionale, 11 luglio 1961, n.
[58] R.
Balduzzi - M. Cosulich, In margine alla
nuova legge elettorale politica, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
[59]
V., infatti, Cass. Civ., sez. un., 9 giugno 1997, n. 5135,
in Giust. civ. Mass., 1997, 944; Cass. Civ., sez. un., 22 marzo 1999, n. 172, in
Giust. civ. Mass., 1999, 634; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 10 marzo 1994, n.
[60] M.
Manetti, L’accesso alla Corte
costituzionale nei procedimenti elettorali, in Prospettive di accesso alla giustizia costituzionale (Atti del
Seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio 1999) a cura di A. Anzon, P.
Caretti, S. Grassi, cit, 144. Ove, peraltro, si dimostra che, in un’eventuale
prospettiva de iure condendo, l’unico
organo giurisdizionale cui si potrebbe attribuire la competenza attualmente
esercitata dai due rami del Parlamento possa essere solo
[61] Cfr.,
sul punto, a proposito della legge n. 270 del 2005, cit., R. Balduzzi - M.
Cosulich, In margine alla nuova legge
elettorale politica, cit.
[62] Corte
cost., 24 febbraio 2006, n. 79, cit., successivamente confermata, pur se
incidentalmente, da Id., 23 marzo 2006, n.
[63] V. in
proposito, P. Ridola, Partiti politici,
in Enciclopedia del diritto, vol.
XXXII, Milano, 1982, 102 s., cui si rinvia anche per la ricostruzione degli
orientamenti del Bundesverfassungsgericht
in tema di legittimazione a proporre il rimedio del ricorso costituzionale
[64] Corte
costituzionale, 3 febbraio 1987, n.
[65]
G. Zagrebelsky, La riforma del voto
irrazionale e incostituzionale, ne La
repubblica, 25 ottobre 2005; R. Balduzzi - M. Cosulich, In margine alla nuova legge elettorale
politica, cit.; T. E. Frosini, Nuova
legge elettorale e vecchio sistema politico?, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; cfr. anche l’Appello dei giuristi ai senatori in merito
al ddl in materia di “Modifiche alle
norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, in www.astrid-online.it