ANTONIO RUGGERI
RAPPORTI TRA
CEDU E DIRITTO INTERNO: BUNDESVERFASSUNGSGERICHT
E CORTE COSTITUZIONALE ALLO SPECCHIO
Specchio,
specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?, chiedeva ansiosa e
speranzosa la matrigna di Biancaneve, nella nota favola popolare resa famosa
dalla versione dei fratelli Grimm. E lo specchio puntualmente, e senza
esitazione alcuna, emetteva il suo impietoso verdetto per linterrogante.
Fuor di metafora, se mettessimo davanti allo specchio
magico il Tribunale costituzionale tedesco e la Corte italiana, sarebbe assai
problematico stabilire chi si fa più bello davanti agli occhi della CEDU e
della sua vestale, la Corte di Strasburgo, alla cui giurisprudenza la
Convenzione deve la sua crescente fortuna.
Questa
riflessione mi viene sollecitata dalle più recenti pronunzie della nostra Corte
(e, in particolare, dalle sentt. nn. 80 e 113 del 2011) e
dallultima pronunzia del Bundesverfassungsgericht,
del 4 maggio 2011, in causa
2365/09 (presentata in www.diritticomparati.it
da A. Di Martino, Ancora sulla
efficacia della CEDU nel diritto interno: il BverfG e
la detenzione di sicurezza).
Come sempre, le decisioni
dei tribunali (specie quelle dei tribunali costituzionali) si prestano ad
essere riguardate da varî punti di vista; e possono, perciò, persuadere per
lun verso e non pure per laltro o, diciamo pure, di più per luno che per
laltro. Nei primi commenti in circolazione che ho avuto modo di consultare, mi
pare però che sia rimasto in ombra o, comunque, non adeguatamente messo a fuoco
un aspetto che invece ai miei occhi appare essere proprio quello forse degno
della maggiore attenzione, dal momento che a conti fatti investe e rimette in
gioco lopzione metodica posta a base dal giudice, da cui quindi ne discende
lesito ricostruttivo nel singolo caso raggiunto.
Le giurisprudenze qui
fatte oggetto di un succinto raffronto esibiscono, a mio modo di vedere, tratti
comuni e tratti diversi (e divergenti), sì da rendersi appunto non poco
problematico stabilire quali siano quelli più armoniosi e seducenti.
Comune è la simultanea
ambientazione dellesame della questione al duplice piano della teoria delle fonti e della teoria dellinterpretazione; e comune è altresì la divaricazione
dellinquadramento alluno ed allaltro operato dei rapporti interordinamentali, con oscillazioni ora più ed ora meno
vistose ed anche qualche ambiguità ad oggi non in tutto rimossa. E, in verità,
perché talune idee particolarmente innovative riescano a farsi strada e ad
entrare in circolo, facendosi quindi metabolizzare dallorganismo che le fa
proprie, ci vuole appunto del tempo. Qui, poi, come tenterò di mostrare, sia
pure entro il ristretto spazio di cui dispongo, vengono addirittura a trovarsi
sotto stress talune delle più risalenti credenze al piano delle dottrine
costituzionali, fino ad esserne investita la stessa teoria della Costituzione.
Si spiega, dunque, in ciò la gradualità dei passi fatti lungo il cammino
per riprender la felice espressione di unautorevole, non dimenticata dottrina,
riguardante i rapporti col diritto (allora) comunitario che va portando i
giudici nazionali ad avvicinarsi alle posizioni delle Corti europee, se non
pure ad approdare interamente alla sponda in cui esse si trovano.
Ma vediamo quali sono
dunque le somiglianze e quali invece i punti di distacco negli indirizzi ad
oggi delineati in fatto di rilievo della CEDU in ambito interno.
Al piano della teoria
delle fonti, entrambi i giudici tengono nettamente distinto (e graduato) il
posto detenuto nel sistema degli atti normativi dalla CEDU rispetto alla
Costituzione, non riconoscendosi alluna quella forza paracostituzionale che
invece a mia opinione le spetta, in ragione della materia trattata e,
soprattutto, del modo della sua trattazione, che le attira la formidabile
copertura dellintero fascio dei principi fondamentali dellordinamento.
Lo stacco sembra essere
maggiore nella giurisprudenza tedesca che ci conferma la pronunzia qui
succintamente annotata assegna alla Convenzione la medesima forza che è
propria delle leggi comuni (Innerhalb der deutschen Rechtsordnung
stehen die Europäische Menschenrechtskonvention
und ihre Zusatzprotokolle
soweit sie für die Bundesrepublik
Deutschland in Kraft getreten
sind im Rang eines Bundesgesetzes: 87), diversamente
come si sa dalla ricostruzione fatta propria dalla nostra Corte, in seno ad
un quadro concettuale pure al proprio interno alquanto articolato. La CEDU è,
infatti, per un verso, qualificata come subcostituzionale,
allo stesso tempo tuttavia negandosi che essa sia gerarchicamente equiordinata alle leggi comuni e, allo stesso tempo, che
sia a queste sovraordinata; per un altro verso, si aggiunge che, nel momento in
cui essa va ad integrare il parametro costituzionale, di questultimo ripete la
condizione e il rango, ponendosi dunque quale fonte quodammodo
costituzionale.
Queste oscillazioni se
ci si pensa sono, in realtà, dovute allinnesto nel tronco della teoria delle
fonti di elementi tratti dalla teoria dellinterpretazione.
In primo luogo, si tratta
infatti ci dice la Corte di vedere se la CEDU si dimostri in grado di
superare il vaglio preliminare al quale tutte le fonti interposte sono
soggette, costituito dalla sua conformità (o, meglio, compatibilità) rispetto
al dettato costituzionale. La qual cosa può aversi in applicazione di certe
tecniche interpretative, tra le quali è quella che vorrebbe irrigidita
linterpretazione della Convenzione, in tutto e per tutto allineata a quella
somministrata dalla Corte di Strasburgo (su di che, invero, molto si potrebbe
dire). Una volta acclarata siffatta conformità (o
compatibilità), la CEDU, pur nascendo se così possiamo dire come
fonte subcostituzionale, diventa (o si commuta
in) fonte costituzionale, a questultima dunque restando in tutto e per tutto
assimilata, tanto da porsi quale parametro nei giudizi di validità aventi ad
oggetto leggi sospette di violarla.
Se al piano della teoria
delle fonti la CEDU, nella visione che mostra di averne il Tribunale tedesco,
sembra trovarsi in una condizione deteriore rispetto a quella in cui versa
secondo lindirizzo fatto proprio dalla Corte italiana, al piano della teoria
dellinterpretazione le cose parrebbero stare diversamente. Lobbligo di
interpretazione conforme al diritto convenzionale è dal nostro giudice
costituzionale in modo martellante predicato unicamente per le leggi;
perlomeno, così è a tuttoggi. Di contro, il giudice tedesco
sollecita una interpretazione völkerrechtsfreundlich della stessa Costituzione, allo stesso tempo però avvertendo che in nessun caso
potrà assistersi ad un indebolimento delle garanzie offerte ai diritti fondamentali dalla Carta costituzionale
[Der Konventionstext und die Rechtsprechung des
Europäischen Gerichtshofs für Menschenrechte dienen nach der ständigen
Rechtsprechung des Bundesverfassungsgerichts auf der Ebene des
Verfassungsrechts als Auslegungshilfen für die Bestimmung von Inhalt und Reichweite
von Grundrechten und rechtsstaatlichen Grundsätzen des Grundgesetzes, sofern
dies nicht zu einer von der Konvention selbst nicht gewollten (vgl.
Art. 53 EMRK) Einschränkung oder Minderung des Grundrechtsschutzes nach
dem Grundgesetz führt (88). E ancora: Grenzen
der völkerrechtsfreundlichen Auslegung ergeben sich aus dem Grundgesetz. Sie
darf zunächst nicht dazu führen, dass der Grundrechtsschutz nach dem
Grundgesetz eingeschränkt wird; das schließt auch die Europäische
Menschenrechtskonvention selbst aus (93)].
Ora, è vero che la stessa
giurisprudenza italiana ha da tempo avvertito che tra la Carta costituzionale e
le Carte dei diritti si intrattiene un flusso ininterrotto di mutua
alimentazione semantica, integrandosi e completandosi i documenti in parola a
vicenda nei fatti interpretativi. E, tuttavia, la illuminata intuizione
espressa da Corte
cost. n. 388 del 1999 (red. Zagrebelsky) non
sembra essere stata sfruttata appieno nellormai nutrito drappello di pronunzie
successive (specie, appunto, di quelle relative alla CEDU), dalle quali in modo
vistoso emerge lindirizzo, sopra accennato, volto ad astringere unicamente le
leggi comuni allobbligo dellinterpretazione convenzionalmente orientata.
Lidea che anche la Costituzione possa, per la sua parte, piegarsi davanti ad
altri documenti materialmente costituzionali, siccome essi pure idonei a dare
riconoscimento e tutela ai diritti, non sembra dunque rientrare quanto meno al
presente nellorizzonte culturale del giudice italiano delle leggi.
È interessante notare che
luna e laltra Corte parrebbero prefigurare lavvio e la maturazione di un
duplice processo interpretativo, allesito del quale loperatore è quindi
sollecitato ad adottare i provvedimenti del caso.
Per il giudice tedesco,
in una prima fase si tratta di interpretare leggi e Costituzione in modo völkerrechtsfreundlich (in
realtà, le cose già a questo stadio sono complicate a motivo del fatto che le
leggi richiedono di essere sottoposte a verfassungskonforme
Auslegung, nel mentre la stessa Costituzione va
quindi essere intesa in senso orientato verso la Convenzione). Ove però lesito
di siffatta interpretazione dovesse apparire tale da risultarne indebolite le
garanzie dei diritti risultanti dalla Costituzione, ed allora linterpretazione
ispirata dal diritto esterno è come se si trovasse obbligata a riavvolgersi su
se stessa, cedendo il passo a quella diciamo così di mero diritto interno.
Lordine può, naturalmente, essere invertito, facendosi dapprima luogo
allinterpretazione che si avvale dei soli materiali di diritto interno e poi
laltra estesa ai materiali di origine esterna e verificando quindi la
compatibilità dei rispettivi esiti. Nei fatti, ovviamente, le cose non mutano
nei due casi.
In disparte però la stranezza di utilizzare a
parametro dellinterpretazione degli enunciati di diritto interno una fonte che
è ad essi equiordinata (quanto agli enunciati
legislativi) o, addirittura, subordinata (quanto a quelli costituzionali), non
è chi non veda le aporie ricostruttive insite in un siffatto modo di vedere le
cose, che sollecita a tenere innaturalmente separati o peggio contrapposti
i materiali in campo, laddove gli uni non possono comunque fare a meno degli
altri, tutti abbisognando di farsi reciproco rimando e di sorreggersi ed
implicarsi a vicenda, al punto di rendersi a conti fatti indistinguibili nei
fatti interpretativi e per le esigenze dellapplicazione, in vista del
conseguimento del punto più alto di sintesi assiologica,
a beneficio dei diritti.
Su questo terreno, invero, si realizza una
convergenza negli orientamenti dei giudici di entrambi i Paesi. Anche per la
nostra Corte, la CEDU è inutilizzabile ove appaia agli occhi delloperatore meno
idonea a servire i diritti di come gli sembri essere una legge nazionale (non
indugio ora sulla puntuale ricostruzione del pensiero della Corte, invero
alquanto problematica ad aversi a motivo della laconicità delle espressioni
ricorrenti nelle sue pronunzie, specie per ciò che attiene agli obblighi
gravanti sugli operatori nella eventualità, dalla stessa Corte peraltro
giudicata remota sent. n. 93 del
2010 e 80
del 2011 , che una norma convenzionale dovesse in un caso dimostrarsi
inidonea ad integrare il parametro costituzionale; mi limito al riguardo solo a
riproporre la tesi, altrove argomentata, secondo cui la norma stessa dovrebbe
considerarsi irrilevante per la definizione del caso, restando nondimeno
integra la possibilità di un suo proficuo utilizzo in altri casi).
Sta di fatto che il principio della integrale e
ferma osservanza degli obblighi internazionali ci dice la nostra Corte, già a
partire dalla prima delle pronunzie gemelle del 2007 (* *) soggiace
ad eventuale bilanciamento con altro principio che si dimostri idoneo ad offrire
tutela a beni costituzionalmente meritevoli; e, ove questultima dovesse essere
giudicata prioritaria rispetto a quella discendente dal diritto internazionale
(o sovranazionale), ecco che loperatore è, per ciò solo, sgravato dellobbligo
cui è altrimenti chiamato dallart. 117, I c., di denunziare linvalidità della
legge nazionale incompatibile rispetto alla Convenzione. Ciò che conta,
insomma, è rinvenire ogni volta la soluzione che offra la più intensa tutela
ai diritti, allintero sistema dei diritti (e, più in genere, dei beni
costituzionalmente protetti). È questa la lezione che ci viene impartita sia
dal Tribunale tedesco (nella parte in cui qualifica come sussidiario il ruolo
della CEDU in rapporto al dettato costituzionale) che e, forse, con ancora
maggiore determinazione e precisione dalla nostra Corte, specie con la sent. n. 317 del
2009 e, in modo a mia opinione ancora più espressivo, con la sent. n. 113 del
2011. In nome di cosaltro un principio supremo dellordinamento, qual è
quello della certezza del diritto alla cui salvaguardia per sua natura si volge
il giudicato, può infatti trovarsi obbligato a recedere, se non nel bisogno di
fissare ancora più in alto il punto di tutela (di una tutela sostanziale, non
meramente nominale) dei diritti?
La certezza del diritto parrebbe, dunque,
doversi fare da parte allo scopo di dare appagamento alla certezza dei
diritti, vale a dire a conti fatti alla loro effettiva salvaguardia,
alle condizioni oggettivo di contesto.
In realtà, anche dietro un siffatto modo di vedere
le cose si annida un vizio metodico-teorico di
costruzione, reso evidente già solo dal richiamo alle ragioni originarie (e,
però, tuttora validissime) del costituzionalismo liberale. Perché come
insegnavano i rivoluzionari francesi di fine Settecento il solo significato
possibile di Costituzione è quello che si ha e rende tangibile in quegli
ordinamenti nei quali sono riconosciuti i diritti fondamentali e, proprio
per ciò (in vista, cioè, della loro effettiva tutela), è disposta la
separazione dei poteri.
Questa è la sola certezza di diritto
costituzionale che conosciamo e riconosciamo: quella cioè che per intero si
converte e risolve, nellesperienza costituzionale vivente, in certezza dei
diritti costituzionali. Senza di questa, quella non è niente; con questa è
tutto.
Ecco perché la questione di cui oggi siamo tornati a
discutere è, come segnalavo allinizio di questa succinta riflessione, in nuce, una questione di teoria della Costituzione.
Lindicazione più preziosa che ci viene dallultima
giurisprudenza della nostra Corte non saprei, per vero, dire con quanta
consapevolezza va ben oltre il pur rilevantissimo problema di diritto
costituzionale specificamente risolto, investendo la stessa idea di
Costituzione e di potere costituente.
Come si rammenterà, gli stessi rivoluzionari di fine
Settecento e primo Ottocento si erano fatti persuasi che il potere costituente
fosse onnipotente, potendo rifondare ex nihilo lordinamento, e
perfetto, autosufficiente, latto da essi creato, la Costituzione, norma normans ma non normata.
A questo mito ci siamo tutti abbeverati negli anni della nostra formazione e
molti di noi in esso si riconoscono ancora pienamente. Non è un caso, ad es.,
se, nel presupposto della natura sacrale dellatto fondativo del nuovo ordine
costituzionale, si consideri lorgano istituzionalmente preposto alla garanzia
del rispetto della Carta, il giudice costituzionale, quodammodo
infallibile, esattamente come lo è il Romano Pontefice quando parla ex
cathedra (art. 137, ult. c.).
Non è questa, tuttavia, la lettura a me pare più
appropriata (e, da noi come altrove, meritevole di considerazione) della Costituzione
come sistema. Non vè, non può esservi una sola norma di chiusura del
sistema e, per ciò pure, dei sistemi, nelle loro mutue, complesse
relazioni; a maggior ragione, non lo è una norma strumentale (o, kelsenianamente, una norma sulla produzione giuridica). Vè
piuttosto un fascio di norme aventi natura sostantiva, tutte ugualmente
fondamentali, pensate allo scopo di edificare una società fondata sui valori di
libertà, eguaglianza, pace e giustizia (valori nei quali emblematicamente si
specchia e fedelmente rappresenta la dignità, che tutti li riassume e
comprende). Valori la cui garanzia non può essere demandata, in ultima istanza,
ad un solo giudice (ciò che farebbe correre il rischio micidiale, di cui già
duemila anni addietro ci ammoniva Giovenale, nella sua VI
Satira: quis custodiet
ipsos custodes?), che,
in quanto abilitato ad enunciare verità giuridicamente indiscutibili di
diritto costituzionale, potrebbe per ciò solo, a conti fatti, commutarsi in una
sorta di potere costituente permanente. Di contro, la garanzia più
adeguata, nei limiti della umana imperfezione, specie nel presente contesto
segnato da una integrazione sovranazionale ormai avanzata (pur se ancora
complessivamente immatura), richiede a me pare lo sforzo congiunto,
prodotto in spirito di effettiva ed intensa cooperazione, di una pluralità di
organi, tutti ugualmente costituzionali (siccome preposti alla protezione dei
diritti fondamentali) e tutti pari per dignità di rango (siccome pari sono,
a mio modo di vedere e diversamente da quanto invece dichiarato sia dalla
nostra Corte che dal Tribunale tedesco, le Carte al cui servizio essi prestano
la loro opera).
Non cè, non può esservi, in un quadro ricostruttivo
siffatto, un prius o un posterius
nei rapporti tra le Carte (e tra le Corti). Tutte sono piuttosto chiamate ad
una sana gara al rialzo, a chi offre di più e di meglio a presidio dei diritti.
È così che prende corpo e costantemente si rinnova la certezza del diritto
costituzionale: nel suo farsi come si diceva nellesperienza vivente certezza
dei diritti costituzionali.
Le Costituzioni del secondo dopoguerra, quali la
nostra e il Grundgesetz, mostrano, per
laspetto di cruciale rilievo ora considerato, di aver avuto una intuizione
feconda di cui tuttavia faticano a prendere consapevolezza i tribunali
costituzionali, pur non facendo difetto nelle rispettive giurisprudenze alcune
tracce promettenti ulteriori sviluppi nel senso qui auspicato. Una intuizione
che si rende palese attraverso il riconoscimento fatto dalle Carte in parola
della propria finitezza ed incompiutezza, col fatto stesso di aprirsi in modo
risoluto al diritto internazionale e sovranazionale, senza il quale non può
esservi pace e giustizia e, per ciò stesso, neppure libertà,
eguaglianza, dignità. Una finitezza ed incompiutezza che come si è veduto
può in realtà porsi quale una risorsa preziosa cui senza sosta attingere per
rendere nel modo migliore giustizia.
Nellidea
che sono venuto facendomene, la struttura costituzionale è come dire?
internamente plurale, al proprio interno accogliendo e ponendo sotto lo scudo
protettivo dei principi fondamentali suddetti ogni documento normativo, quale
che ne sia la origine e la forma, idoneo a dare senso, un senso costantemente
rinnovato in ragione dei casi, alla Costituzione come sistema, a far
vivere cioè la Costituzione nellesperienza giuridica di ogni giorno magis ut valeat. Ecco perché, nel momento stesso in cui la Carta
costituzionale si piega allalto (e allaltro), essa come vado dicendo da
tempo realizza appieno
se stessa, nellarmonica
congiunzione dei suoi principi-valori, specie di quelli di libertà ed
eguaglianza che danno senso alla dignità delluomo, nella quale è, a mia
opinione, da vedere lespressione più alta, emblematica, della humanitas della persona e, per ciò pure, lespressione più
alta dellordinamento, che nella persona stessa ha come si sa il perno
attorno al quale ruota e dal quale stabilmente si tiene.
Specchio, specchio delle
mie brame
. La più bella del reame è colei che per
prima percepirà di doversi fare serva, non già padrona, dei diritti, non
rivendicando per la Carta costituzionale di cui è garante un incondizionato, ma
impossibile, primato rispetto alle altre Carte al piano della teoria delle fonti né rivendicando per sé il potere di dire
lultima parola, al piano della teoria dellinterpretazione, in merito alla più adeguata salvaguardia da
apprestare ai diritti. Il futuro (ma già il presente
)
di questi ultimi non si affida a rapporti di sovra- e sotto-ordinazione né tra
le Carte né tra le Corti bensì alla costituzione di circoli virtuosi di mutua
alimentazione tra di esse, circoli che da se medesimi si ricaricano in modo
incessante in unesperienza per vero non di rado sofferta ma allo stesso tempo
altresì gratificante per quanti in essa si spendono al servizio dei bisogni
elementari delluomo, della sua dignità.