Federico Girelli
Disabili
a scuola: il Consiglio di Stato “segue” la Consulta
(per gentile concessione della Rivista online Sintesi Dialettica)
Il Consiglio di Stato “applica” quanto stabilito dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 80 del 2010. Nel riformare la sentenza di
primo grado, pronunciata prima dell’intervento della Consulta, afferma che le
ore di sostegno destinate agli studenti disabili vanno commisurate alle
esigenze del singolo studente. Il numero massimo di ore di sostegno non va
dunque assegnato automaticamente, ma quando le circostanze lo richiedano. Nel
caso di specie le ore di sostegno risultano insufficienti, pertanto vanno
aumentate in base alle specifiche necessità dello studente interessato.
1.
L’inserimento degli studenti disabili nelle scuole rappresenta non solo, in
generale, un indice significativo dello stato di avanzamento di una determinata
società, ma nel caso specifico dell’ordinamento italiano l’obbiettivo di un
preciso programma costituzionale.
Già nel 1987 con la
storica, «a dir poco rivoluzionaria»[1],
sentenza n. 215 la giurisprudenza costituzionale ha statuito come la frequenza
delle scuole medie superiori dovesse essere «assicurata» ai soggetti portatori
di handicap e non semplicemente «favorita» come prevedeva allora l'art. 28,
comma 3, della L. 30 marzo 1971, n. 118[2].
Tale decisione
“sostitutiva” si fondava proprio sull'assunto per cui «l’inserimento nella
scuola e l’acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale
per quel “pieno sviluppo della persona umana”», che gli articoli 2 e 3, comma
2, della Costituzione «additano come meta da raggiungere». La Consulta,
inoltre, chiarì come la garanzia dell'istruzione sia anche finalizzata
all'inserimento delle persone disabili nel mondo del lavoro. Del resto, la
necessità di salvaguardare le specifiche esigenze di «socializzazione» dei
soggetti disabili, sottolineata nella sentenza n. 215 del 1987, sarà poi
costantemente ribadita dalla giurisprudenza successiva[3].
2.
Questo è il quadro costituzionale in cui si inserisce la sentenza della sesta
sezione del Consiglio di Stato n. 2231 del 2010, che, invero, dà specificamente
seguito a quanto statuito nella sentenza n. 80 del 2010 della Corte
costituzionale, sulla cui motivazione, in quanto ampiamente richiamata dal
giudice amministrativo, è opportuno ora soffermarsi.
Il giudizio di
costituzionalità, promosso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione Siciliana, ha ad oggetto l’art. 2, commi 413 e 414, della L. 24
dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008)[4].
Le disposizioni censurate
rispettivamente stabiliscono: «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1,
comma 605, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il numero dei
posti degli insegnanti di sostegno, a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009,
non può superare complessivamente il 25 per cento del numero delle sezioni e
delle classi previste nell’organico di diritto dell’anno scolastico 2006/2007.
Il Ministro della pubblica istruzione, con decreto adottato di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, definisce modalità e criteri per il
conseguimento dell’obiettivo di cui al precedente periodo. Tali criteri e
modalità devono essere definiti con riferimento alle effettive esigenze
rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni
diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province
diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante
ogni due alunni diversamente abili» (art. 2, comma 413, legge n. 244/2007); «La
dotazione organica di diritto relativa ai docenti di sostegno è
progressivamente rideterminata, nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento,
nell’anno scolastico 2010/2011, di una consistenza organica pari al 70 per cento
del numero dei posti di sostegno complessivamente attivati nell’anno scolastico
2006/2007, fermo restando il regime autorizzatorio in
materia di assunzioni previsto dall’articolo 39, comma 3-bis, della legge 27
dicembre 1997, n. 449. Conseguentemente, anche al fine di evitare la formazione
di nuovo personale precario, all’articolo 40, comma 1, settimo periodo, della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono soppresse le parole da: “nonché la
possibilità” fino a: “particolarmente gravi,”, fermo restando il rispetto dei princìpi sull’integrazione degli alunni diversamente abili
fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104. Sono abrogate tutte le
disposizioni vigenti non compatibili con le disposizioni previste dal comma 413
e dal presente comma» (art. 2, comma 414, legge n. 244/2007).
Per meglio comprendere il
senso dell’abrogazione disposta dal citato comma 414 (ed anche, invero, la
portata della sentenza del Giudice delle leggi), va altresì richiamato il testo
del settimo periodo dell’art. 40, comma 1, legge n. 449/1997, in vigore,
appunto, prima dell’intervento della legge n. 244/2007: «In attuazione dei princìpi generali fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n.
104, è assicurata l'integrazione scolastica degli alunni handicappati con
interventi adeguati al tipo e alla gravità dell'handicap, compreso il ricorso
all'ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista
dall'articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché la
possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di
sostegno in deroga al rapporto docenti-alunni indicato al comma 3, in presenza
di handicap particolarmente gravi, fermo restando il vincolo di cui al primo
periodo del presente comma»[5].
La Corte apre l’analisi
del merito della questione con alcune importanti precisazioni:
a) i disabili non
costituiscono un gruppo omogeneo;
b) è necessario
individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della
tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto una persona;
c) l’istruzione e
l’integrazione scolastica rivestono un ruolo di primo piano nel processo di
riabilitazione di ciascun disabile, finalizzato al completo inserimento nella
società.
Viene quindi richiamata
la normativa rilevante sia sul piano internazionale sia sul piano interno: la
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
(ratificata e resa esecutiva con L. 3 marzo 2009, n. 18), che, nel riconoscere
all’art. 24 «il diritto delle persone con disabilità all’istruzione», al par. 2,
lett. (c) del medesimo articolo, in particolare afferma che debba essere
attuato anche tramite «un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di
ciascuno»[6],
e la L. 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per
l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate),
che, in attuazione dell’art. 38, comma 3, Cost.[7],
sancisce il diritto all’istruzione nonché l’integrazione scolastica dei
disabili.
In riferimento, poi, alla
legge n. 104/1992, che «attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire
dalla scuola materna fino all’università»[8],
si ribadisce come essa sia volta a «perseguire un evidente interesse nazionale,
stringente ed infrazionabile, quale è quello di
garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione
di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps»[9]
e che «la partecipazione del disabile “al processo educativo con insegnanti e
compagni normodotati costituisce […] un rilevante fattore di socializzazione e
può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello
svantaggiato”»[10].
Alla luce di quanto
detto, la Corte espressamente configura il diritto del disabile all’istruzione quale
«diritto fondamentale», fruibile grazie a «misure di integrazione e sostegno
idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione»[11],
tra cui va annoverata proprio la previsione di «personale docente
specializzato, chiamato per l’appunto ad adempiere alle “ineliminabili (anche
sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno” a favore degli
alunni diversamente abili»[12].
3.
Le disposizioni assoggettate al sindacato di costituzionalità «si pongono in contrasto»
- afferma la Consulta - con il «quadro normativo internazionale, costituzionale
ed ordinario», ed anche con la consolidata giurisprudenza costituzionale,
proprio in quanto stabiliscono «un limite massimo nella determinazione del
numero degli insegnanti di sostegno» e sopprimono «la possibilità di assumerli
in deroga».
Non che al legislatore
non sia riconosciuta un certa discrezionalità nell’approntare le misure a
tutela delle persone con disabilità[13],
nondimeno tale discrezionalità «non ha carattere assoluto e trova un limite nel
“[…] rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati”»[14].
Le norme censurate,
ebbene, incidono negativamente su tale nucleo indefettibile di garanzie, che
rappresenta un «limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del
legislatore».
Non può dunque trovare
ragionevole giustificazione la soppressione della riserva che permetteva
l’assunzione di insegnanti di sostegno a tempo determinato, poiché, così
disponendo, è stato eliminato uno degli strumenti, grazie ai quali «è reso
effettivo» il fondamentale diritto
all’istruzione della persona disabile grave[15].
Inoltre, la possibilità di garantire ore di sostegno aggiuntive interessa gli
studenti disabili in condizione di particolare gravità e si configura quindi
quale «intervento mirato, che trova applicazione una volta esperite tutte le
possibilità previste dalla normativa vigente e che […] non si estende a tutti i
disabili a prescindere dal grado di disabilità», ma in considerazione della
specifica tipologia di handicap.
La fissazione di «un
limite massimo invalicabile» con riferimento alle ore di sostegno determina
l’impossibilità di avvalersi, ancorché in deroga alla normativa statale, di
«insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave il miglioramento
della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico».
L’art. 2, comma 413,
legge n. 244/2007 è quindi incostituzionale «nella parte in cui fissa un limite
massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno», mentre l’art. 2,
comma 414, legge n. 244/2007 è incostituzionale «nella parte in cui esclude la
possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere
insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con
disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla
normativa vigente».
4.
La declaratoria d’incostituzionalità, di esclusiva spettanza della Corte
costituzionale, rappresenta la «interpretazione decisoria: la c.d. ultima
parola»[16].
Ebbene, «anche l’ “ultima
parola”, a sua volta, va interpretata»[17],
proprio come ha fatto in quest’occasione il Consiglio di Stato, investito
dell’appello per l’annullamento della sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia,
Sez. I, n. 90 del 2009, che aveva respinto il ricorso dei genitori di uno
studente disabile di scuola elementare, diretto ad ottenere un insegnate di
sostegno per l’intero orario di frequenza.
La parte motiva della
decisione, infatti, statuito che l’appello «è da accogliere nei termini che
seguono», esordisce in questi termini: «E’ anzitutto necessario richiamare
l’evoluzione recente della normativa […] alla luce dell’ultima pronuncia in
materia della Corte costituzionale (sentenza 26 febbraio 2010, n. 80)».
Dall’analisi della
sentenza della Consulta, le cui argomentazioni, come detto, vengono ampiamente
riportate, si evince che:
1) il diritto
all’istruzione del disabile, ed in particolare del disabile grave, è un diritto
fondamentale;
2) ferma la
discrezionalità del legislatore nella individuazione delle misure utili a realizzare
tale diritto, esiste un nucleo di garanzie indefettibile;
3) l’obbiettivo primario
è la massima tutela possibile del diritto del disabile grave all’istruzione ed all’integrazione nella classe e nel gruppo;
non per questo, tuttavia, le ore di sostegno debbono sempre essere pari a
quelle di frequenza, se «dall’analisi accurata della situazione specifica nel
quadro di ragioni e vincoli oggettivi» emerga una minore necessità e sempre che
il citato nucleo indefettibile non venga «scalfito»;
4) l’intervento della
Corte ha reso possibile l’assunzione di insegnanti in deroga, una volta
esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente;
5) l’accertamento della
situazione di gravità dello studente disabile può anche comportare l’assegnazione di ore di sostegno pari a
quelle di frequenza: in ogni modo la scelta deve
essere volta ad assicurare «la più ampia ipotesi possibile di sostegno nelle
condizioni date».
Il Consiglio di Stato
statuisce, quindi, che:
a) l’Amministrazione deve «riconsiderare
il numero delle ore di sostegno»;
b) la nuova determinazione va effettuata
sulla base della «specificità della situazione» e «considerati gli ulteriori
strumenti di tutela che siano previsti (come il servizio socio-educativo)»;
c) le ore di sostegno così calcolate
possono coincidere o meno con quelle di frequenza, ma debbono essere comunque
maggiori di quelle attualmente assegnate;
d) la quantificazione va motivata in
funzione della finalità di «perseguire al meglio l’obbiettivo dell’integrazione
del disabile nelle condizioni date»;
e) tale finalità giustifica «l’eventuale
ricorso anche ad assunzione “in deroga”».
Viene fatta, inoltre, una
significativa precisazione, coerente, del resto, con la decisiva rilevanza che
assume la «specificità della situazione» in cui versi lo studente disabile
interessato: «la rideterminazione da parte dell’Amministrazione del numero
delle ore di sostegno non può essere disposta per gli anni successivi a quello
cui sia applicata, essendo previste, ai fini delle decisioni di cui si tratta,
verifiche periodiche degli effetti degli interventi adottati per eventualmente
modificarli in relazione alla loro efficacia ed alla evoluzione della patologia
accertata».
5.
Va ora puntualizzato che il Consiglio di Stato non solo, o non tanto, ha scelto
di tener conto della sentenza della Corte costituzionale, ma ha dovuto verificarne la portata e decidere
di conseguenza.
Quando il giudice
amministrativo afferma che tale sentenza è «rilevante per la decisione della
controversia in esame poiché tuttora oggetto di giudizio» non fa che ribadire
l’effetto tipico della declaratoria d’incostituzionalità: le sentenze di
accoglimento hanno efficacia retroattiva, in quanto a seguito della loro
pronuncia nessun giudice (tanto meno il giudice a quo) potrà applicare la norma dichiarata incostituzionale.
Il punto è che la norma
colpita da declaratoria d’incostituzionalità viene annullata, ossia espunta
dall’ordinamento, e tale annullamento opera ex
tunc, dal momento in cui è entrata in vigore la norma
illegittima. La retroattività delle sentenze di accoglimento, com’è noto, trova
un limite nei “rapporti esauriti”, ossia quelli per i quali è intervenuta
decadenza o prescrizione ovvero sono stati definiti con sentenza passata in
giudicato[18].
La sentenza n. 80 del
2010 interviene mentre il processo amministrativo è ancora pendente innanzi al
Consiglio di Stato, che dunque è tenuto a decidere in base al quadro normativo
così come inciso dalla decisione della Consulta, che si appalesa, per la
verità, quale decisione manipolativa.
Il primo dispositivo,
infatti, ha un effetto puramente demolitorio, ma non
“colpisce” in maniera puntuale una porzione ben individuata del testo della
disposizione, mentre il secondo ha una valenza additiva, nel momento in cui sembra
determinare la reviviscenza del settimo periodo dell’art. 40, comma 1, legge n.
449/1997, senza però anche qui censurare specificamente le parti della
disposizione che ne avevano determinato l’abrogazione. Forse a “rinascere” in
questo caso non è tanto il testo del
settimo periodo dell’art. 40, comma 1, legge n. 449/1997, o quei determinati
significati da esso ricavabili, bensì, più genericamente, il suo senso, il suo contenuto di valore[19].
Interventi di questo tipo
sollecitano (rectius
si prestano in particolar modo ad) un “protagonismo interpretativo” dei
giudici, chiamati a darvi seguito. In quest’occasione il Consiglio di Stato,
nei termini indicati, ha effettuato, in applicazione del c.d. canone della
totalità[20],
quella che è stata definita «l’interpretazione globale della sentenza
costituzionale […] ossia l’interpretazione
del dispositivo alla luce della motivazione»[21]
e ne ha ricavato un principio, che potremmo ora così sintetizzare: “bisogna
garantire allo studente disabile il massimo supporto, che non coincide sempre e
necessariamente con il massimo delle ore di sostegno”. In tale prospettiva il
giudice amministrativo ha quindi interpretato ed applicato al caso concreto la
normativa manipolata dalla sentenza n. 80 del 2010[22],
in attuazione di quel programma costituzionale, di cui si diceva all’inizio e
che al legislatore non è consentito tradire.
6.
Il diritto all’istruzione è «un classico diritto sociale»[23]
intimamente legato, nel caso degli studenti disabili, all’integrazione degli
stessi nella scuola (e non solo); del resto, innanzitutto nella scuola «la
presenza dell’ “altro” e del “sociale” è ineliminabile ed essenziale»[24],
proprio perché il “vantaggio” educativo e formativo, che si dà nel momento in
cui è effettivamente «assicurata»[25]
la loro frequenza, involge tutti gli studenti, non solamente quelli con
disabilità.
Tutto questo chiaramente
ha un costo e (im)pone indubbiamente la necessità di
operare un bilanciamento con le esigenze di controllo della spesa pubblica; non
va però dimenticato che «anche i diritti sociali condizionati […] tendono ad
assorgere al rango di diritti inviolabili»[26].
Nella prospettiva della stessa scienza economica, peraltro, si è rilevato come,
ferma l’esigenza parimenti costituzionale della copertura della spesa
necessaria a finanziare i diversi bisogni, sia la stessa Costituzione a fissare
la priorità dei diritti rispetto al loro costo[27].
Proprio mentre ci si
avviava a chiudere queste brevi considerazioni, sono apparse sugli organi di
stampa le gravissime dichiarazioni dell’assessore alla cultura - istruzione (!)[28]
del Comune di Chieri e di un docente (!)[29]
del Conservatorio di Milano. Simili episodi testimoniano quale importante
significato vada riconosciuto alla giurisprudenza sopra analizzata in termini
non solo strettamente giuridici.
Sentenze di questo tipo
debbono saldarsi ad un più generale impegno collettivo, volto in ultima analisi
a rendere «più umana» la società in cui viviamo[30].
Un simile impegno, allora, non può prescindere dal coinvolgimento delle stesse
persone con disabilità e, attenzione, ciò «non vuol dire […] chiedere di essere
più buoni, ma essere tutti più bravi, vale a dire creare le condizioni perché
davvero i disabili possano
esprimere le proprie
capacità. E loro ci daranno una mano»[31].
[1] C. Colapietro,
Lo statuto costituzionale del lavoratore
disabile, in Lavoro e disabilità.
Disciplina normativa e percorsi di inserimento, a cura di F. Girelli,
Editoriale Scientifica, Napoli 2010, 36; Id., Diritto al lavoro dei disabili e Costituzione, in Giornale dir. lav.
e relazioni ind., 2009/4, 615.
[2] Sul punto vedi F. Modugno, I «nuovi diritti» nella Giurisprudenza
Costituzionale, Giappichelli, Torino 1995, 72-73.
[3] Vedi, in particolare, le sentenze nn. 106/1992; 88/1993; 167/1999; 226/2001; 329/2002;
467/2002.
[4] Al di là della specifica questione
di costituzionalità, non possono qui che ribadirsi le note perplessità
suscitate da testi normativi composti da pochi articoli a loro volta corredati
da centinaia di commi: al riguardo vedi G. Pistorio, Emendamento, in Digesto Pubbl., Aggiornamento III, Tomo I, Utet, Torino 2008,
362-363 e, da ultimo, nella prospettiva della forma di governo, F. Modugno, Ordinamento, Diritto, Stato, in Lineamenti di diritto pubblico, a cura
di F. Modugno, Seconda edizione, Giappichelli, Torino
2010, 79.
[5] Per la verità ora l’art. 1, comma
605, lett. b), della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2007) prevede che con uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione
siano adottati interventi concernenti «il perseguimento della sostituzione del
criterio previsto dall'articolo 40, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n.
449, con l'individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate,
tramite una stretta collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali,
aziende sanitarie locali e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni
idonee a definire appropriati interventi formativi».
[6] Si è riportato il testo della
Convenzione pubblicato in lingua italiana a cura della Direzione Generale della
Comunicazione e della Direzione Generale per l’Inclusione e i diritti sociali e
la responsabilità sociale delle imprese (CSR) del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali (disponibile in www.lavoro.gov.it).
Per la verità nella sentenza al n. 4 del considerato in diritto si legge che in
base alla Convenzione il diritto in parola debba «essere garantito, anche
attraverso la predisposizione di accomodamenti ragionevoli, al fine di “andare
incontro alle esigenze individuali” del disabile (art. 24, par. 2, lett. c), della Convenzione)»: qui la Corte
utilizza la traduzione del 2 marzo 2007 (disponibile in www.onuitalia.it) della prof.ssa Maria Rita Saulle,
che del resto è il Giudice redattore della sentenza. L’art. 24, par. 2, lett.
c), nel testo in inglese della Convenzione allegato alla legge n. 18/2009,
pubblicata in Gazz. Uff. n. 61, Serie generale, dell’anno
2009, risulta così formulato: «Reasonable accomodation of the individual’s requirements is provided». L’art. 24 è ora
richiamato anche nelle Linee guida per
l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (disponibili in www.istruzione.it). Sulla Convenzione
vedi N. Foggetti, Diritti
umani e tutela delle persone con disabilità: la Convenzione delle Nazioni Unite
del 13 dicembre 2006, in Riv. Coop. Giur. Int., 2009/33, 98 e segg.
[7] Art. 38, comma 3, Cost.: «Gli
inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento
professionale».
[8] Corsivo mio.
[9] Vedi anche Corte cost. n. 406/1992.
[10] Vedi già Corte cost. n. 215/1987.
[11] Vedi già Corte cost. n. 215/1987.
[12] Vedi anche Corte cost. n. 52/2000.
[13] Vedi, tra le più recenti, Corte
cost. ord. 269/2009; Corte cost. nn.
431/2008 e 251/2008.
[14] Vedi, al riguardo, Corte cost. nn. 251/2008 e 226/2000.
[15] La Costituzione «si fonda su una
precisa scelta in ordine all’indirizzo dell’azione politica dello Stato, quella
[…] per cui ad esso spetta rimuovere le disuguaglianze di fatto esistenti tra i
consociati che possano frapporsi all’effettivo godimento dei diritti civili e
politici e alla concreta partecipazione di essi all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese», così M. Ruotolo, A mo’ di introduzione, in La
Costituzione ha 60 anni: la qualità della vita sessant’anni dopo, Atti del
Convegno di Ascoli Piceno, 14-15 marzo 2008, a cura di M. Ruotolo, Editoriale
Scientifica, Napoli 2008, 14. Per la «equiparazione» tra diritti fondamentali e
diritti inviolabili vedi F. Modugno, I
«nuovi diritti» nella Giurisprudenza Costituzionale, cit., 85.
[16] F. Modugno, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, in Il diritto fra interpretazione e storia,
Liber amicorum in onore di
Angel Antonio Cervati, Tomo III, a cura di A. Cerri,
P. Häberle, I. M. Jarvad,
P. Ridola, D. Schefold, Aracne, Roma 2010, 355.
[17] F. Modugno, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, cit., 355.
[18] In proposito vedi, da ultimo, S. M. Cicconetti, Lezioni
di giustizia costituzionale, Quarta edizione aggiornata, Giappichelli, Torino 2010, 79-80; A. Celotto-F.
Modugno, La giustizia costituzionale,
in Lineamenti di diritto pubblico, a
cura di F. Modugno, Seconda edizione, Giappichelli,
Torino 2010, 694-696.
[19] Il testo dei due dispositivi di
Corte cost. n. 80/2010 è riportato supra alla fine del § 3. Sulla «dichiarazione di illegittimità costituzionale di norma abrogante»
vedi A. Celotto, Coerenza
dell’ordinamento e soluzione delle antinomie nell’applicazione
giurisprudenziale, in F. Modugno, Appunti
per una teoria generale del diritto. La teoria del diritto oggettivo, Terza
edizione, con il contributo di A Celotto, R.
D’Alessio e M. Ruotolo, Giappichelli, Torino 2000,
195 e segg.
[20] Canone, invero, in origine
«elaborato per l’esegesi delle sentenze comuni», vedi E Lamarque,
Il «seguito» delle sentenze manipolative
della Corte costituzionale presso i giudici comuni, in «Effettività» e «seguito» delle tecniche decisorie della Corte
costituzionale, a cura di R. Bin, G. Brunelli, A.
Pugiotto, P. Veronesi, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli 2006, 100.
[21] F. Modugno, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, cit., 357.
7
[22] Dopo la pronuncia della sentenza il
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha emanato le
circolari nn. 37/2010 e 59/2010 (disponibili in www.istruzione.it). Vedi ora l’art. 9,
comma 15, del D. L. 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge
dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica): «Per l'anno scolastico
2010/2011 è assicurato un contingente di docenti di sostegno pari a quello in
attività di servizio d'insegnamento nell'organico di fatto dell'anno scolastico
2009/2010, fatta salva l'autorizzazione di posti di sostegno in deroga al
predetto contingente da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di
particolare gravità, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio
1992, n. 104». In giurisprudenza, da ultimo, Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II,
8 settembre 2010, n. 2547 (in www.giustamm.it,
2010/9), che dalle statuizioni della Corte costituzionale trae conclusioni del
tutto simili a quelle riscontrate nella sentenza del Consiglio di Stato in
commento.
[23] A. D’Andrea, Diritto all’istruzione e ruolo della Repubblica: qualche
puntualizzazione di ordine costituzionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
[24] V. Onida, Costituzione, valori sociali comuni, scuola,
in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
[25] Vedi ancora Corte cost. n. 215/1987.
[26] F. Modugno, I «nuovi diritti» nella Giurisprudenza Costituzionale, cit., 73.
[27] P. Leon, La produzione della ricchezza nazionale, in La Costituzione ha 60 anni: la qualità della vita sessant’anni dopo,
Atti del Convegno di Ascoli Piceno, 14-15 marzo 2008, a cura di M. Ruotolo,
Editoriale Scientifica, Napoli 2008, 275-276: «Superficialmente, i diritti
costituzionali sono frenati dalle regole del bilancio pubblico […] Non vi è
dubbio, tuttavia, che i diritti (di
cittadinanza, sociali, collettivi) vengano, nella C., prima dei limiti
finanziari alla loro stessa attuazione»; M. Colasanto,
Conclusioni, in Lavoro e disabilità. Disciplina normativa e percorsi di inserimento,
a cura di F. Girelli, Editoriale Scientifica, Napoli 2010, 112: «L’economia […]
tende a ridefinirsi con parametri, che non sono più quelli tradizionali, come
il PIL, di tipo quantitativo. // Si parla, pensate un po’, di “economia della
felicità”: gli economisti, in questa prospettiva, spiegano quanto sia
importante la dimensione relazionale, il bene relazionale, rispetto ad una
concezione esclusivamente materiale».
[28] Vedi:
https://www3.lastampa.it/scuola/sezioni/news/articolo/lstp/335412/.
[29] Vedi la interrogazione a risposta in
Commissione n. 5-03491, assegnata alla VII Commissione della Camera dei
deputati, presentata dalla on. De Biasi, in Atti
Camera, XVI Legislatura, Assemblea, Allegato
B ai Resoconti, seduta n. 375 del 29 settembre 2010, 15907. Seppure, come
nella nota precedente, si è voluto evitare di riportare per esteso le
dichiarazioni in parola, semplicemente indicando un riferimento testuale ove
poterle leggere, in questo caso non ci si può esimere dal ricordare che il
“docente” in questione ha menzionato la Rupe Tarpea...
[30] M. Colasanto,
Conclusioni, cit., 113: «le
differenze non sono riducibili come diseguaglianze; vanno accettate, anzi vanno
valorizzate perché più noi ci rendiamo conto che le differenze sono importanti,
per quel che richiamano anche in termini valoriali di rispetto e di importanza
della persona, più la società in qualche modo diventa per così dire più umana.
// Questo è il grande interrogativo che assilla i sociologi oggi: riuscire a
immaginare relazioni sociali umane». La Costituzione «tracciò un disegno che
appunto tendeva anche alla valorizzazione del cittadino, sia con la
partecipazione alla vita collettiva di strati sociali fino allora rimasti ai
margini, sia con la instaurazione di nuovi rapporti umani in ogni settore,
mediante un equo bilanciamento di interessi contrapposti», così F. Santosuosso, Essenziali
valori sociali e tutela costituzionale, in Giur. It., 1993, IV, 113.
[31] Così, con particolare riferimento
all’inserimento lavorativo, A. Contardi, Le persone con sindrome Down nel mercato del
lavoro: un obiettivo possibile, in
Lavoro e disabilità. Disciplina normativa e percorsi di inserimento, a cura
di F. Girelli, Editoriale Scientifica, Napoli 2010, 100.