|
|
ANNOTAZIONI REDAZIONALI DI
CASI DI RILIEVO (le annotazioni riflettono
scelte redazionali e non ambiscono a dare conto in modo esaustivo delle
decisioni, alla cui lettura integrale senz’altro si rimanda) |
|
Nell'ord. n. 106
del 2023, la Corte, nel ricordare che i regolamenti eurounitari
non sono suscettibili di al sindacato di legittimità costituzionale
(né tampoco di interpretazione da parte della Corte stessa), in quanto
atti normativi non imputabili né allo Stato né alle regioni,
coglie l'occasione per rammentare come condizione per l’applicazione
del diritto dell’Unione europea in Italia sia comunque
l’osservanza dei principi supremi dell’ordine costituzionale
italiano e dei diritti inalienabili della persona, dovendo, in caso di
supposta inosservanza, essere posta la questione di
legittimità costituzionale non sulla fonte del diritto dell’Unione
europea ma sulla legge nazionale che ha autorizzato la ratifica e resi
esecutivi i Trattati, per la sola parte in cui essa consente che
quell’ipotesi normativa si realizzi. |
|
Nella sent. n.
105 del 2023 la dichiarazione d'infondatezza delle norme scrutinate poggia
sulla ritenuta (da parte della Corte) non condivisibilità
dell'interpretazione fornitane (dal rimettente) per cui risulterebbe
necessitato in ogni circostanza e senza possibilità di deroga
attrezzare i locali destinati ad ospitare i colloqui dei detenuti soggetti al
regime differenziato con un vetro divisorio a tutta altezza anche in presenza
di soggetti minorenni. Sembra piuttosto corretto (alla Corte), a fronte di
una legge che indica con chiarezza l’obiettivo di impedire il passaggio
di oggetti, ritenere che debbano essere ricercate le soluzioni più
adeguate alla situazione concreta . Sicché sarà quindi ben
possibile disporre un colloquio senza vetro divisorio anche con minori di
età superiore a dodici anni, quando sussistano ragioni tali da
giustificare una simile scelta o al contrario rifiutare – con
provvedimento comunque soggetto al vaglio giurisdizionale – una
richiesta di colloquio non schermato anche con un minore infradodicenne,
nei casi in cui, nel bilanciamento tra il suo interesse, i diritti del
detenuto e le esigenze di sicurezza, risultino elementi specifici, tali da
rendere oggettivamente prevalente l’esigenza di contenimento del
rischio di contatti con l’ambiente esterno. |
|
Nella sent. n.
104 del 2023 sono dichiarate infondate dalla Corte le questioni proposte
avverso le disposizioni che prevedono l’applicazione di
un’aliquota ridotta dell’accisa gravante sul gasolio commerciale
a favore esclusivamente di talune categorie di operatori (quali enti pubblici
o imprese pubbliche locali, imprese esercenti autoservizi interregionali di
competenza statale, autoservizi di competenza regionale e locale,
autoservizi regolari in ambito comunitario come meglio definite dalla
corrispondente normativa) che utilizzano il carburante come propellente per
il trasporto di persone. Laddove, in realtà, il rimettente era stato
più complessivamente mosso dall’assunto che nelle ipotesi in cui
l’impresa pubblica eserciti, unitamente alla attività di
trasporto di persone a carattere regolare, anche una parallela
attività di trasporto di persone a connotazione occasionale, gli
sarebbe stato attribuito il beneficio fiscale per l’esercizio di ciascuna
delle due attività, invece, precluso alle imprese private di trasporto
di persone che svolgono solo attività di trasporto occasionale. La
Corte, sgombrato il campo dall’interpretazione per cui, in caso di
“doppia attività” di trasporto, a carattere tanto regolare
quanto occasionale, anche questo secondo tipo di trasporto beneficerebbe
dell’agevolazione fiscale, ha ritenuto che il beneficio tributario per
il trasporto regolare sia in linea con la giurisprudenza costituzionale
che ha valorizzato, in riferimento alle agevolazioni fiscali in senso
proprio, l’esistenza di una finalità extrafiscale riconducibile
all’attuazione di principi costituzionali, anche quale elemento che, in
presenza di una sostanziale eadem ratio, ne
giustifica l’estensione. Sicché da questo punto di vista,
l’agevolazione in questione, in quanto riferita, appunto al solo
trasporto regolare risponde sia a interessi sociali inerenti alla
mobilità, in particolare di lavoratori e studenti, sia ad esigenze di
tutela dell’ambiente, oggi peraltro precisate nel nuovo testo
dell’art. 9 Cost. anche «nell’interesse delle future
generazioni. |
|
Nella sent. n.
102 del 2023, la Corte, ribadita la linea interpretativa che riconduce
la disciplina dei procedimenti di selezione del concessionario
all’ambito della tutela della concorrenza senza trovare ostacolo nel
loro inerire allo specifico settore energetico, dichiara incostituzionale la
normativa regionale (Abruzzo) scrutinata in quanto indirizzata ad escludere
le grandi concessioni di derivazione idroelettrica dall’applicazione
della normativa attuativa dell’art. 12 del d.lgs. n. 79 del 1999, che
dà a sua volta attuazione all’art. 12 della direttiva
2006/123/CE. |
|
Nella sent. n.
101 del 2023, la Corte, in primo luogo, rammenta che, se è vero
che la sussistenza della giurisdizione costituisce un presupposto della
legittima instaurazione del processo principale, il suo difetto determina
l’inammissibilità della questione per irrilevanza solo ove sia
macroscopico e, quindi, rilevabile ictu oculi. Viene quindi sottoposta al vaglio di
legittimità la conclusione esegetica tratta dalla normativa scrutinata
a cui ono pervenuti il Consiglio di Stato, le linee
guida ANAC e su questa stessa base il giudice remittente, per cui, nel
commissariamento prefettizio antimafia dell'impresa, alla conferma
giurisdizionale del provvedimento interdittivo antimafia consegue la
retrocessione degli utili e, dunque, il riversamento delle somme accantonate
nel fondo in favore dell’amministrazione contraente o del soggetto
finanziatore dell’investimento pubblico. Secondo la Corte,
però, considerato che con la determinazione prefettizia è
richiesta all’imprenditore l’esecuzione di attività
gravose e protratte nel tempo, con distoglimento dei relativi mezzi aziendali
a lui necessari per intraprendere o svolgere attività imprenditoriali
di cui, nonostante l’interdizione, rimane capace o che potrebbe
altrimenti mettere a frutto, l’acquisizione pubblica delle
«utilità» prodotte con il compendio aziendale e sotto
“controllo pubblico” senza alcun compenso cui si
perverrebbe sulla base di una tale interpretazione, darebbe luogo a misura
che, aggiungendosi agli effetti restrittivi dell’interdittiva, andrebbe
a comprimere in termini sproporzionati, e quindi incostituzionali, il diritto
di proprietà e la libertà di iniziativa economica. |
|
Nella sent. n.
100 del 2023, la Corte, sgombrato il campo dalle questioni di rito, ritiene
fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4,
comma 3, della legge reg. Valle d’Aosta n. 6 del 2022, promossa per
violazione dell’art. 2, lettera b), dello statuto speciale e
dell’art. 97 Cost., in quanto introduce una modalità
straordinaria e temporanea di iscrizione all’albo regionale dei
segretari degli enti locali, esimendo dalla previa necessaria partecipazione
ad alcuni specifici corsi di formazione e dalla partecipazione ai relativi
esami finali (non essendo, d’altro canto equiparabile al superamento di
un concorso pubblico, ai sensi dell’art. 97 Cost. la frequenza di un
corso-concorso, in assenza di una preliminare prova pubblica di selezione degli
aspiranti) |
|
Nella sent. n. 99
del 2023, la Corte, dopo aver ricordato, tra l'altro, come la
disciplina sulla stabilizzazione del personale della pubblica
amministrazione introduca una deroga temporanea al principio del pubblico
concorso, in esito ad un giudizio di ponderazione che appartiene
primariamente al legislatore statale, peraltro suscettibile di censure solo
nei casi di manifesta irragionevolezza, sottolinea che la delimitazione della
possibilità di stabilizzazione ai soli lavoratori preliminarmente
reclutati con contratto a tempo determinato che abbiano superato un concorso
non comporta una irragionevole disparità di trattamento, poiché
difetta la condizione di sostanziale identità con le ipotesi di
lavoratori reclutati con altre forme contrattuali flessibili. Non spettando,
pertanto, al legislatore regionale (Molise) incidere sugli anzidetti profili
(essendogli consentito soltanto di dare attuazione alla procedura prevista
dalla normativa statale nel rispetto dei limiti da quest'ultima indicati), la
Corte conclude per l'illegittimità costituzionale della normativa scrutinata
nelle parti che prevedono di avviare le procedure selettive riservate
«in deroga», anziché «in coerenza» con il
piano triennale di fabbisogno del personale; consentono la stabilizzazione di
personale diverso da quello sanitario e socio-sanitario, e stabiliscono che i
diciotto mesi di servizio prescritti per l'assunzione debbano essere maturati
alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto
dalla normativa statale vigente ratione temporis. |
|
Con la sent. n.
98 del 2023, è ritenuta irragionevole la limitazione soggettiva della
facoltà di esercitare la libera professione a carico degli psicologi
militari, attesa la ritenuta omogeneità di situazione con quella
dei medici militari (a partire, infatti, dalla legge n. 3 del 2018, la
professione di psicologo è stata espressamente ricompresa «tra
le professioni sanitarie» di cui al d.lgs. C.p.S.
n. 233 del 1946). Tra l'altro, la Corte ricorda di aver già statuito
nel senso che, una volta riconosciuta l’esigenza di un’eccezione
rispetto a una normativa più generale (nella specie:
l’attribuzione ai soli medici della facoltà di svolgere la
libera professione, in deroga al generale regime di incompatibilità
previsto per tutti i militari), il legislatore non potrebbe, in mancanza di
un giustificato motivo, esimersi dal realizzarne integralmente la ratio,
senza per ciò stesso peccare di irrazionalità. |
|
L’ord. n.
97 del 2023 si limita ad effettuare la correzione materiale di una precedente
sentenza (la n. 5 del 2023), come previsto dall’art. 36 delle Norme
integrative. Interessante, tuttavia, l’uso del sostantivo
“capoverso” in senso dissimile da quello corrente e da quello che
la Crusca identifica nell’”inizio di un blocco di testo separato
dal precedente da un punto e a capo” (per cui, ad es., il primo
capoverso è il periodo dopo il primo punto a capo). A meno di non
voler computare (sarebbe il caso di specie) i capoversi considerando
già come primo periodo la formula “Considerato in diritto”.
In ogni caso, la circostanza richiede probabilmente una qualche attenzione. |
|
In un vero e proprio articolato repertorio
penale, quale risulta essere la sent. n. 94 del
2023, la Corte censura la fissità della pena edittale
dell’ergastolo prevista per il il reato di
cui all’art. 285 cod. pen., laddove la
fissità della pena comminata appare aggravata per essere la sanzione
più elevata in assoluto, in quanto perpetua al momento della sua
irrogazione, e marcatamente più afflittiva rispetto a quella irrogabile
per lo stesso reato circostanziato da una diminuente. Di qui l'esigenza,
secondo la Corte, a fronte degli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e
27, terzo comma, Cost., che non sia precluso, anche in caso di recidiva
reiterata, l’ordinario bilanciamento delle circostanze attenuanti del
reato, le quali, se esclusive o ritenute dal giudice prevalenti sulle
aggravanti, comportano che alla pena dell’ergastolo sia sostituita
quella della reclusione da venti a ventiquattro anni. Analoga esigenza richiede
di essere tenuta presente con riguardo ad ogni altra attenuante, comprese le
attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pe, e per tutti gli
altri reati puniti allo stesso modo, ossia con la pena edittale fissa
dell’ergastolo. |
|
Con la sent. n.
93 del 2023, è scrutinato dalla Corte il complesso di disposizioni
contenute nell’art. 66 della legge della RegioneUmbria
n. 11 del 2005 che detta norme speciali per la riqualificazione delle aree
terremotate in cui sono state realizzate, prima del 31 dicembre 2000,
strutture non conformi, in tutto o in parte, agli strumenti urbanistici, per
sostituire alcune tipologie di edifici abitativi e produttivi che, per
effetto del terremoto del 1997, erano stati oggetto di sgombero totale.
L'esito di incostituzionalità segue all'accertamento della violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost. (per contrasto con il principio
fondamentale nella materia «governo del territorio» della
cosiddetta doppia conformità, posto dall’art. 36 t.u. edilizia.), dal momento che le norme
censurate, nella loro portata principale, consentono il rilascio del
titolo abilitativo in sanatoria per immobili edificati in difetto di
conformità, totale o parziale, agli strumenti urbanistici
all’epoca vigenti, condizionando il permesso a costruire postumo al
solo riscontro della conformità alle previsioni della variante
successivamente e appositamente approvata; accertata altresì la
violazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia
di «ordinamento penale», derivando dal condono extra ordinem la cessazione degli effetti penali
dell’abuso edilizio. |
|
Anche la sent. n.
92 del 2023 s'inserisce nella diuturna dialettica tra lo Stato centrale e
l'autonomia speciale siciliana. Questa volta le doglianze statali accolte
riguardano le violazioni sia della competenza legislativa esclusiva statale
in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., per contrasto con l’art. 23 del d.l.
n. 4 del 2019, così come convertito (da parte della previsione
regionale dell'erogazione di un anticipo di una quota del trattamento di fine
servizio da parte di una società interamente partecipata della Regione
ai dipendenti regionali in quiescenza), sia dell’art. 97, secondo
comma, Cost. (da parte della previsione regionale dell’assunzione a
tempo determinato di un numero molto elevato di dirigenti, confermando,
peraltro, il generico riferimento all’esigenza di favorire, attraverso
tali assunzioni, un incremento della capacità di gestione
tecnico-amministrativa dei progetti finanziati dalle risorse della politica
unitaria di coesione per gli enti territoriali beneficiari). Di rilievo nella decisione anche la
giurisprudenza che esige che quando venga sottoposta a censura di
illegittimità costituzionale una disposizione di un soggetto ad
autonomia speciale, ai fini dell’ammissibilità delle questioni,
basta che, dal contesto del ricorso, emerga l’esclusione della
possibilità di operare il sindacato di legittimità
costituzionale in base allo statuto speciale, tramite una pur non
diffusamente argomentata evocazione dei limiti di competenza fissati da quest’ultimo:
giurisprudenza che non risulta, nella specie, contraddetta dalla ritenuta
ammissibilità quando l’omessa individuazione di specifiche
competenze statutarie sia conseguenza della prospettazione radicale del
ricorrente, contestando, quest'ultimo, il coinvolgimento di qualsiasi
competenza legislativa regionale statutaria. |
|
Di rilievo, benché conclusa da un
dispositivo d’infondatezza, è la sent.
n. 91 del 2023, che concerne l’incompatibilità a partecipare al
giudizio del giudice. La Corte ricorda infatti che in base alle condizioni
prodotte dall’evoluzione della giurisprudenza perché si
verifichi un’incompatibilità endoprocessuale
è necessario che la valutazione contenutistica sulla medesima res iudicanda si collochi in un precedente e distinto grado
del procedimento, rispetto a quella della quale il giudice è
attualmente investito: condizione che non si ha con riferimento ai
procedimenti cautelari, per i quali anzi vale l’esigenza di
continuità e di globalità, venendosi altrimenti a determinare
una assurda frammentazione del procedimento, che implicherebbe la
necessità di disporre, per la medesima fase del giudizio, di tanti
giudici diversi quanti sono gli atti da compiere. In conclusione, la
decisione adottata dai giudici del riesame in materia cautelare reale non
riveste capacità pregiudicante della successiva decisione cautelare in
sede di rinvio, nella quale i componenti del collegio debbono uniformarsi
alle regole prescritte dalla Corte di cassazione. |
|
Nell’ampia e complessa sentenza n. 90
del 2023, la Corte, tra l’altro, dichiara incostituzionale un primo
fascio di norme della legislazione regionale (Sicilia) che consente
interventi edilizi senza doversi munire di titolo abilitativo in contrasto
con il t.u. edilizia, che reca una normativa
espressiva dei princìpi fondamentali in materia di «governo del
territorio». Se, infatti, secondo la Corte, l’attività
demandata alla Regione si inserisce nell’ambito derogatorio definito
dall’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, attraverso la enucleazione di
interventi tipici da sottrarre a permesso di costruire e SCIA, non è
però pensabile che il legislatore statale abbia reso cedevole
l’intera disciplina dei titoli edilizi, ma solo che abbia aperto la
possibilità di estendere i casi di attività edilizia libera ad
ipotesi non integralmente nuove, ma ulteriori, ovvero coerenti e logicamente
assimilabili agli interventi di cui ai commi 1 e 2 del predetto art. 6. Un
secondo fascio di normativa scrutinata riguarda le disposizioni regionali
siciliane che consentono la realizzazione di interventi edilizi previa
soltanto la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA): anche in questo
caso sono censurate le ipotesi da ricondursi a quelle per cui il legislatore
statale ha previsto che fosse invece necessario il permesso di costruire o la
SCIA. Altre censure colpiscono, poi, le norme permissive di recupero a fini
abitativi di determinati manufatti, o accordanti la possibilità di chiedere
un’autorizzazione paesaggistica postuma o tolleranti la realizzazione
di interventi edilizi anche su immobili che hanno usufruito del condono
edilizio o, ancora, contrastanti col divieto statuito dalla Corte stessa di
reiterate proroghe di discipline eccezionali e transitorie, volte ad
apportare deroghe alla pianificazione urbanistica al fine di consentire
interventi edilizi di carattere straordinario. |
|
Nella sent. n. 89
del 2023, la Corte, nel disporre, a motivo di ius superveniens,
la restituzione degli atti al rimettente per un nuovo esame dei presupposti e
dei termini delle questioni sollevate (su legislazione regionale della
Sicilia), ammette in modo articolato la legittimazione a sollevare
questioni di costituzionalità della Corte dei conti, sezione di
controllo per la Regione Siciliana nella particolare sede di certificazione
della compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio
regionali dei costi derivanti da un'ipotesi di contratto collettivo regionale
di lavoro, assumendovi una funzione di garanzia dell’ordinamento
in quanto riconducibile a un controllo esterno, rigorosamente neutrale e
disinteressato preordinato a tutela del diritto oggettivo. Diversamente
opinando, sempre secondo la Corte, lo stesso giudice contabile si
troverebbe costretto a certificare positivamente un accordo contrattuale la
cui copertura finanziaria ritenesse, tuttavia, riposare su norme di dubbia
legittimità costituzionale. Si tratta in definitiva di un ulteriore
passo sulla strada già intrapresa da tempo, di consentire, da un lato,
il vaglio di costituzionalità nei contesti che possono maggiormente
rappresentare “territori di rischio” per la finanza pubblica, e,
dall'altro, di fugare zone d’ombra nel controllo di legittimità
costituzionale, affermata dalla stessa Corte quale tratto costitutivo del sistema
di giustizia costituzionale. |
|
Nella sent. n. 88
del 2023, la Corte, nel contempo superando una precedente giurisprudenza che
aveva ritenuto non manifestamente irragionevole il condizionare
l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale
alla circostanza della mancata commissione del reato di cui all’art.
73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 in quanto non ritenuto in allora
espressivo di una volontà punitiva, perviene, sulla base della
successiva evoluzione della giurisprudenza costituzionale e convenzionale in
tema di proporzionalità, a dichiarare l’illegittimità
costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5,
del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui ricomprende, tra le ipotesi di
condanna automaticamente ostative al rinnovo del permesso di soggiorno per
lavoro, anche quelle, pur non definitive, per il predetto reato di cui
all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 e quelle definitive
per il reato di cui all’art. 474, secondo comma, cod. pen., senza, cioè, che l’autorità
competente possa verificare in concreto la pericolosità sociale del
richiedente. |
|
Nella sent. n. 84
del 2023 vengono in rilievo molteplici impugnative statali della legislazione
regionale (Sicilia) intesa ad applicare il regime delle assunzioni a
tempo indeterminato (cui ai commi 292-296 dell’articolo 1 della legge
30 dicembre 2020, n. 17) anche ai lavoratori inseriti in uno speciale elenco
(recato dall’art. 30, comma 1, della legge reg. n. 5 del 2014),
prevedendosi, inoltre, misure indennitarie per favorire l’uscita dei
lavoratori da detto elenco, misure finalizzate a favorirne il rientro per coloro
che ne erano volontariamente fuoriusciti, nonché interventi di
sostegno al reddito. La Corte ritiene fondate le questioni proposte per
contrasto della normativa regionale con una pluralità di parametri
costituzionali, ossia la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella
materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera l), il principio dell’obbligo di copertura della spesa
sancito dall’art. 81, terzo comma, Cost., la competenza legislativa esclusiva
dello Stato nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici»,
di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione
all’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 e l’art. 97,
primo comma, Cost. che pone il principio di equilibrio di bilancio delle
amministrazioni pubbliche. |
|
Nella sent. n. 82
del 2023, la Corte ricorda come il legislatore regionale sia tenuto alla
redazione della relazione tecnica anche nel caso in cui la norma non
necessiti di nuove coperture rispetto alle disponibilità già
esistenti a bilancio, dovendo in questa ipotesi comunque indicare
l’entità di tali risorse per rendere attendibile la loro
idoneità e sufficienza rispetto agli adempimenti previsti: in questo
senso, infatti, la clausola di invarianza finanziaria non può tradursi
in una mera clausola di stile e la pretesa autosufficienza non può
essere affermata apoditticamente, ma va corredata da adeguata dimostrazione
economica e contabile. Da qui segue la dichiarazione di illegittimità
costituzionale della legislazione regionale (Abruzzo) in quanto corredata da
clausola di invarianza finanziaria della spesa non supportata dalla relazione
tecnica e dagli allegati richiesti dall’art. 17 della legge n. 196 del
2009, al fine di dimostrare la possibilità di fare conto sulle risorse
finanziarie, umane e strumentali già previste a legislazione vigente. Legittimamente, invece, la Regione ha
potuto, in applicazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011,
rinviare l’obbligo di copertura finanziaria a decorrere dal 2023 con
l’adozione della legge di bilancio, quale momento in cui sono compiute
le scelte allocative delle risorse, trattandosi di previsioni di spese di
natura non obbligatoria. |
|
Nella sent. n. 81
del 2023, la Corte, dopo aver rammentato che i principi contabili statali
contenuti nel d.lgs. n. 118 del 2011 costituiscono espressione della
competenza legislativa esclusiva statale in materia di armonizzazione dei
bilanci pubblici, e che gli enti territoriali devono ad attenersi a essi,
censura la legislazione regionale (Molise) impugnata, nonché quella
non impugnata ma conseguenzialmente collegata, a motivo dell'imputazione di un
debito all’esercizio di bilancio 2021 anziché al 2022,
nonostante il relativo riconoscimento sia avvenuto solo nel marzo 2022,
in violazione del principio contabile generale espresso nell’Allegato 1
al d.lgs. n. 118 del 2011, paragrafo 1, a tenore del quale il bilancio
è predisposto con cadenza annuale secondo periodi di gestione
coincidenti con l’anno solare. |
|
Rileva, in particolare, nella sent. n. 80 del 2023, tra i vari dispositivi di
infondatezza e di rito, l'accoglimento della questione proposta nei confronti
delle disposizioni legislative regionali (Sicilia) per la violazione
dell’obbligo di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma,
Cost., come specificato dalla legge n. 196 del 2009. Tali disposizioni,
infatti, ricorrendo per la copertura finanziaria ad entrate dipendenti
dall’andamento del gettito, correlato a future variabili dei mercati
finanziari, contrasterebbero con l’art. 17, comma 1, lettera c), della
suddetta legge che richiede la copertura delle maggiori spese mediante
modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; laddove le
stesse risorse, consistendo in maggiori entrate rispetto a quelle iscritte
nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a
legislazione vigente, in forza del comma 1-bis del medesimo art. 17, devono
essere finalizzate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. In
definitiva, secondo la Corte, le coperture delle spese in questione difettano
di un legittimo fondamento giuridico, così come le altre norme che ad
esse sono collegare da un'inscindibile connessione funzionale. |
|
Nella sent. n. 79
del 2023, in estrema sintesi, la legislazione scrutinata (provincia di
Bolzano) è dichiarata incostituzionale in quanto, nel modulare la
disciplina delle polizze assicurative dovute dall’esecutore di
contratti pubblici d’appalto, è entrata in contrasto con il
nucleo essenziale della norma fondamentale di riforma economico-sociale posta
dall’art. 103 cod. contratti pubblici a garanzia di interessi
generali attraverso un adeguato livello di protezione delle pubbliche
amministrazioni committenti. Al contempo, essa differenzia, a livello
provinciale, la disciplina di un profilo basilare del contratto pubblico
d’appalto relativo alla sua efficacia, oltre che alla sua esecuzione,
profilo che necessita di uniformità a livello nazionale. |
|
Nella sent. n. 77
del 2023, tra gli altri profili, rilevano: - sul piano processuale, la sottolineatura
che la titolarità di un interesse semplice meramente regolato dalla
normativa scrutinata e non invece di un interesse qualificato inerente
in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio, rende
inammissibile la costituzione di terzi nel giudizio costituzionale; - sul piano del merito, la fondatezza,
anche in base alla pregressa giurisprudenza costituzionale, della
questione sollevata avverso la prescrizione del requisito di cinque anni di
residenza nel bacino d’utenza interessato dal bando, per l’accesso
agli alloggi ERP, in quanto , determinando una irragionevole disparità
di trattamento rispetto a tutti i soggetti, stranieri o italiani che siano,
privi del requisito previsto dalla disposizione censurata, contrasta
con l’art. 3, primo comma, Cost. |
|
Nella sent. n. 76
del 2023, tra gli altri profili, rilevano - sul piano processuale, il ribadimento da
parte della Corte che, anche dopo le nuove Norme integrative del 2020, resta
fermo l’orientamento per cui il giudizio di legittimità
costituzionale in via principale si svolge esclusivamente tra soggetti
titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di
soggetti che ne siano privi; - sul piano del merito, la dichiarazione di
fondatezza delle questioni proposte avverso - - la previsione regionale (Sicilia)
secondo cui possono essere inseriti negli elenchi degli idonei alla carica di
direttore amministrativo anche coloro che hanno maturato un’esperienza
settennale in settori diversi da quello sanitario, individuandovi, in
particolare, la violazione di un principio fondamentale vincolante rispetto
alla potestà legislativa regionale in materia di sanità
pubblica, espressione, inoltre, nel settore sanitario, del principio di buon
andamento dell’azione amministrativa; - - la previsione per cui per l’anno
2022 i trasferimenti extrabudget in favore dei
soggetti privati convenzionati con il Servizio sanitario regionale sono
calcolati sul consolidato dell’anno 2019, per la violazione così
effettuata dei principi fondamentali in materia di coordinamento della
finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.; - - la previsione secondo cui ai fini
dell’attuazione dell’articolo 1, comma 268, lettera b), della
legge 30 dicembre 2021 n. 234 e successive modificazioni, gli enti del
Servizio sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre
2022, a una ricognizione dei fabbisogni di personale, anche nel periodo
pandemico, e applicano i CCNNLL dell’ambito sanitario aggiornando, anche
in deroga, il piano triennale del fabbisogno di personale, applicando le
previsioni di legge anche al personale contrattualizzato a qualunque titolo
del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo, selezionato attraverso prove
selettive per titoli e/o colloquio, e che abbia maturato o che
maturerà alla data del 31 dicembre 2022 i 18 mesi previsti dalla legge
n. 234/2021, per violazione dell’art. 117, comma 3, Cost. (ovvero dei
limiti introdotti dal legislatore statale al fine di sottoporre a vincoli stringenti
la stabilizzazione del personale cosiddetto precario dei ruoli sanitario e
socio-sanitario, in modo da contemperare, tra l’altro,
l’indiscutibile necessità di rafforzare strutturalmente i
servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e
di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal
personale che ha prestato servizio durante l’emergenza da COVID-19 con
l’altrettanto pressante esigenza di contenere la spesa per il personale
delle strutture del servizio sanitario regionale). |
|
Con la sent. n.
75 del 2023, ricca di riferimenti interni e sovranazionali, la Corte, oltre a
pronunciarsi nel senso dell'inammissibilità di alcuni motivi di
impugnazione da parte dello Stato di una legge regionale (Sicilia), dichiara
l'infondatezza del motivo rivolto avverso la denominazione comunale (De.Co.) come «attestazione di identità
territoriale» per determinati prodotti in quanto destinata (solo) a individuare
l’origine e il legame storico culturale di un determinato prodotto con
il territorio comunale, senza quindi certificarne la qualità; laddove
essa non intende nemmeno costituire un marchio di qualità o di
certificazione, inteso ad assegnare e un regime di protezione a qualche
prodotto del territorio. In altri termini, la denominazione comunale De.Co. è una mera “attestazione di
identità territoriale”, che rientra a pieno nella nozione di
«indicazione geografica semplice», la quale, secondo
la giurisprudenza della Corte di giustizia, non interferisce con le
denominazioni registrate a livello europeo (DOP, IGP e STG). La sua natura
meramente ricognitiva della presenza storicamente radicata di un
prodotto agroalimentare tipico, espressivo delle tradizioni locali, comporta
di conseguenza l'immunità da vizi della normativa regionale
scrutinata. |
|
La sent. n. 74
del 2023, chiarendo preliminarmente come sia ammissibile la costituzione nel
giudizio incidentale di soggetto non costituito nel giudizio principale ma
che sia stato evocato nello stesso giudizio, ritiene, sul piano del
merito, fondate questioni sollevate. Più precisamente è
considerata un'irragionevole e sproporzionata compressione
dell’iniziativa economica privata, in aperto contrasto con gli artt. 3
e 41 Cost., la disposizione legislativa regionale (Campania) che determina in
automatico, ai fini della verifica di compatibilità che
condiziona l’autorizzazione alla realizzazione di una nuova struttura,
la localizzazione delle residenze diurne per anziani (solo una per ciascun
distretto sanitario di base). Si precisa che tale illegittimità
costituzionale rende, dunque, possibile una valutazione in concreto, volta a
verificare la compatibilità del progetto in rapporto al fabbisogno
complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture già
presenti, in relazione agli obiettivi posti dalla normativa statale. |
|
Con la sent. n.
73 del 2023 La Corte rileva l'anomalia costituita dal fatto che la normativa
regionale (Sicilia) indichi esclusivamente le risorse di cui gode
l’Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive
(IRSAP) per lo svolgimento delle funzioni di propria competenza, senza
individuare alcuna forma di finanziamento a beneficio degli enti comunali,
nonostante siano state ad essi trasferite le strade con i connessi compiti,
in origine spettanti all’IRSAP, di manutenzione delle infrastrutture
stradali. Richiamando, al riguardo, la giurisprudenza costituzionale in tema
di assegnazione da parte dello Stato delle risorse agli enti subentranti
nell’esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali trasferite,
dichiara incostituzionale la normativa scrutinata in quanto non risulta
conforme alla Costituzione la mancata previsione legislativa della
riassegnazione delle risorse necessarie, pur chiarendo che l’autonomia
finanziaria costituzionalmente garantita agli enti territoriali non comporta
una rigida garanzia quantitativa e che le risorse disponibili possono subire
modifiche, anche in diminuzione, purché non si renda così
difficile, o addirittura impossibile, lo svolgimento delle funzioni
attribuite (consequenzialmente illegittima è dichiarata la cessione da
parte dell’IRSAP ai comuni competenti per territorio delle strade
progettate, realizzate e gestite dall’Istituto stesso, nella parte in
cui non subordina la cessione ai comuni competenti per territorio delle strade
progettate, realizzate e gestite dall’IRSAP alla attribuzione ai comuni
stessi delle risorse necessarie alla gestione e manutenzione delle
infrastrutture trasferite). |
|
D'interesse processuale risulta, nell'ord. n. 72 del 2023, il richiamo alla costante
giurisprudenza costituzionale che afferma a la necessità di restituire
gli atti al giudice a quo per una rivalutazione della non manifesta
infondatezza e/o della rilevanza delle questioni sollevate, quando le
modifiche conseguenti a uno ius superveniens
incidano profondamente sull’ordito logico che sta alla base delle
censure prospettate, oppure intacchino il meccanismo contestato dal
rimettente, |
|
La sent. n. 71
del 2023 ruota intorno alle doglianze formulate da parte regionale (Liguria),
per l'asserito contrasto con la disciplina costituzionale degli strumenti di
perequazione, dei vincoli di destinazione imposti dallo Stato in
funzione del raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni o,
nell’attesa della definizione di questi ultimi, di obiettivi di
servizio, alle maggiori risorse stanziate a valere sul Fondo di
solidarietà comunale. Secondo la regione ricorrente, infatti, il
regime dell’intero ammontare degli ulteriori finanziamenti introdotti
dovrebbe essere rimodulato, destinandolo ad una ripartizione tra i comuni
senza più vincolo di destinazione. La Corte, tuttavia, partendo dalla premessa
che siffatta rimodulazione non costituisce l’unica modalità con
la quale sarebbe possibile rimediare al vulnus lamentato dalla Liguria,
conclude al momento per l’inammissibilità delle questioni a
causa dell'impossibilità di esercitare, da parte sua, una supplenza,
dettando relazioni finanziarie alternative a quelle adottate dallo Stato pur
in difformità dallo schema costituzionale precedentemente richiamato;
ma richiamando il legislatore ad intervenire tempestivamente per superare una
soluzione perequativa ibrida che non è coerente con il disegno
costituzionale dell’autonomia finanziaria di cui all’art. 119
Cost. |
|
Nella sent. n. 70
del 2023, la Corte, dopo aver sottolineato che la fattispecie (ricorso della
Regione Veneto avverso l'obbligo imposto dallo Stato di redazione del
Piano di fabbisogno triennale del personale sanitario al fine di accedere
alle quote aggiuntive di fondo sanitario nazionale), caratterizzandosi per
la presenza di un intreccio inestricabile di competenze, sia esclusive
che concorrenti, nessuna delle quali assume carattere prevalente,
esigerebbe, affinché l’intervento legislativo statale sia legittimo,
l’impiego della leale collaborazione, ne rinviene, appunto l'impiego
nella corretta avvenuta acquisizione dell’intesa nella Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano. Anche un'ulteriore doglianza regionale (l'omessa
fissazione di termini perentori per l’adozione del decreto
interministeriale recante la metodologia di calcolo per la determinazione dei
fabbisogni di personale degli enti del servizio sanitario regionale) è
ritenuta infondata in quanto la fissazione di un termine ordinatorio,
anziché perentorio, non rappresenta, infatti, un impedimento per
l’erogazione delle prestazioni essenziali da parte delle regioni ma, al
contrario, la favorisce. Analogamente infondata è la censura formulata
dal Veneto avverso la prevista valutazione e approvazione del Piano di
fabbisogno triennale del personale sanitario regionale da parte sia del
Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, sia del Comitato
paritetico permanente per la verifica dei LEA, poiché si tratta di
meccanismi tesi a salvaguardare precipuamente gli equilibri della finanza
pubblica e pertanto applicabili solo alle regioni sottoposte al Piano di
rientro. Di segno diverso è invece il
dispositivo riguardante l'ulteriore impugnazione riguardante l'attribuzione
della determinazione dell’ammontare del contributo per la rigenerazione
urbana spettante a ciascun comune a un decreto del Ministro
dell’interno, da adottarsi di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, senza alcuna forma di coinvolgimento
delle regioni. La Corte osserva, infatti, che dalla riconducibilità
delle disposizioni impugnate alla materia «governo del
territorio» di legislazione concorrente consegue che le norme dettate
dallo Stato possano trovare legittimazione solo se stabiliscono
princìpi fondamentali, secondo quanto previsto dall’art. 117,
terzo comma, Cost., ovvero se dettate per effetto della «chiamata in
sussidiarietà», purché vengano garantite idonee procedure
collaborative: ciò che appunto non si attaglia alla normativa statale
scrutinata che viene pertanto dichiarata illegittima. Del pari illegittima ma
per violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost. è
ritenuta la disposizione statale che circoscrive l’applicazione
dei tirocini curriculari a soggetti con difficoltà di inclusione
sociale, escludendo la possibilità per le regioni di introdurre, in
sede di accordo, ogni diversa scelta formativa. |
|
Con la sent. n.
69 del 2023, la Corte ribadisce, in primo luogo, che, con la riforma del
Titolo V della Parte II della Costituzione, la competenza legislativa in tema
di polizia amministrativa locale, già “concorrente”,
è ora divenuta “residuale”, pur non potendosi affermare
che l’insieme degli interessi corrispondenti sia rimesso al solo
assetto normativo regionale, poiché le stesse competenze residuali non
restano insensibili alle norme poste in essere dallo Stato nell’ambito
delle proprie competenze legislative trasversali. In questo quadro, è
ritenuta immune da vizi di costituzionalità la normativa regionale
lombarda che permette alla polizia locale di operare oltre i limiti territoriali
che il legislatore statale ha determinato, prevedendo, allo scopo, patti di
sicurezza urbana tra amministrazioni locali, per la cui stipula non è
ritenuto incostituzionale nemmeno il ruolo propulsivo riconosciuto alla
Regione (anche perché con tali patti in realtà si supera
l’ambito della sola sicurezza urbana, intersecando profili di sicurezza
integrata di sicura competenza anche regionale). Infine, resta priva di censure anche la
normativa grazie a cui la Regione intende, mediante una strumentazione
tecnologica, garantire, nell’ambito della circolazione stradale,
effettività delle misure necessarie a preservare la qualità
dell’aria, non trattandosi, infatti, di un’invasione della
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e
sicurezza dal momento che, come rammenta la Corte, la disciplina sulla
revisione dei veicoli appartiene anche alla materia della tutela
dell’ambiente (d'altro canto, le predette misure sono rimesse dal
legislatore statale con gli artt. 9 e 11 del d.lgs. n. 155 del 2010, adottato
in attuazione della direttiva 2008/50/CE, alla stessa Regione tenuta a
determinarsi nel rispetto della disciplina vigente in materia di protezione
dei dati personali e previa intesa con i competenti organi statali). |
|
Nella sent. n. 68
del 2023 è censurata la norma regionale (Toscana) che consentiva
l’utilizzo per finalità edificatorie di volumetrie
“trasferite” provenienti da una localizzazione diversa da quella
in cui si svolge l’attività agrituristica, in contrasto con il
principio fondamentale dell’art. 3 della legge n. 96 del 2006, che
impone il requisito della preesistenza dell’edificio nel fondo.
Peraltro, la disciplina regionale impugnata si pone in contrasto con il
medesimo principio anche col consentire l'utilizzo delle le volumetrie
trasferite per interventi di trasferimento del volume in prossimità di
edifici esistenti e quindi per la realizzazione di strutture per definizione
diverse e autonome rispetto a quelle originarie. Gli utilizzi di volumetrie
trasferite, consentiti dalla disposizione impugnata, si risolvono, dunque,
secondo la Corte, nell’estensione delle possibilità edificatorie
per finalità agrituristiche e, quindi, in interventi di trasformazione
del territorio agricolo che esorbitano dalle finalità di recupero del
preesistente patrimonio immobiliare. |
|
Sulla base di un'ampia ricostruzione storica
e sistematica, la Corte, nella sent. n. 67 del 2023
ritiene ancora valida la ratio giustificativa della scelta del
legislatore, per il processo del lavoro diversamente da quanto avviene nel
processo ordinario di cognizione, di rimettere all’udienza di discussione
la decisione del giudice sull’autorizzazione, o no, della chiamata in
causa del terzo, richiesta tempestivamente dal convenuto nella memoria ex
art. 416 cod. proc. civ. invece che anticiparla con provvedimento reso dal
giudice a seguito della costituzione in causa del convenuto prima
dell’udienza. Secondo la Corte, infatti, tale scelta rappresenta una
peculiare declinazione del principio di ragionevole durata del processo, in
coerenza con le finalità che connotano tale rito speciale. |
|
Nell'articolata decisione n. 66 del 2023,
la Corte si confronta con l'istituto della libertà vigilata (per
cinque anni in caso di condanna all'ergastolo) connessa con la liberazione
condizionale; istituto di cui la Corte aveva già avuto
occasione di chiarire le finalità: ossia una situazione in cui
lo Stato attende la conferma della prognosi del già avvenuto
ravvedimento, non senza però dover garantire i terzi, la
collettività tutta, dai pericoli derivanti dall’anticipata
liberazione del condannato. In tal senso, secondo la Corte, la
libertà vigilata scaturente dall’ammissione alla liberazione
condizionale risponde ad una logica ben diversa da quella dalle ordinarie
misure di sicurezza, come disvelato particolarmente dalla connessione tra
essa e la liberazione condizionale. Non risultano, pertanto, applicabili
all'istituto nè lo statuto proprio delle
misure di sicurezza, che comporterebbe l’attribuzione al giudice di una
valutazione in concreto della sussistenza, in fase genetica, della
pericolosità sociale del soggetto e, in costanza di esecuzione della
misura, della permanenza di tale requisito; nè
il principio di mobilità della pena, trattandosi, in sostanza,
di espiare in forma diversa la pena originariamente inflitta
doverosamente commisurata alle specificità della situazione concreta.
La Corte rileva tuttavia come anche qui debba operare il disposto di cui
all’art. 27, terzo comma, Cost., attraverso le prescrizioni e gli
obblighi derivanti dalla sottoposizione a libertà vigilata per il
sostegno e controllo che essi possono e devono offrire alla prova in
libertà del condannato. Del resto, il contenuto non tipizzato della
liberazione condizionale permette al magistrato di sorveglianza di
individualizzarne la portata e l’inevitabile afflittività
e di adattarla alle esigenze del singolo caso. |
|
Nella sent. n. 65
del 2023, la Corte, dopo aver sottolineato l’essenzialità
dell’autodifesa, autonoma e ulteriore rispetto alla difesa tecnica,
soprattutto nell’ambito di quegli atti che richiedono la diretta
partecipazione dell’imputato in maniera cosciente e attiva, esclude che
ci possa riferire a tale scopo solo alla sfera psichica
dell’imputato in quanto si determinerebbe così
un’irragionevole disparità di trattamento tra l’imputato,
il quale non possa esercitare l’autodifesa in modo pieno a causa di
un’infermità mentale stricto sensu, e quello che versi nella medesima
impossibilità per un’infermità di natura mista, anche di
origine fisica, la quale tuttavia comprometta anch’essa le
facoltà di coscienza, pensiero, percezione, espressione. Ne consegue l'illegittimità
sotto il profilo dell’art. 3 Cost., dall’art. 72-bis .
comma 1, cod. proc. pen., che la Corte riconduce a
validità, sostituendo nel relativo testo alla parola
«mentale» la parola «psicofisico» (e
conseguenzialmente dell’art. 70, comma 1, cod. proc. pen., relativo agli accertamenti sulla capacità
dell’imputato, nella parte in cui si riferisce
all’infermità «mentale», anziché a quella
«psicofisica»; dell’art. 71, comma 1, cod. proc. pen., relativo alla sospensione del procedimento per
incapacità dell’imputato, nella parte in cui si riferisce allo
stato «mentale», anziché a quello
«psicofisico»; dell’art. 72, comma 1, cod. proc. pen., relativo alla revoca dell’ordinanza di
sospensione, nella parte in cui si riferisce allo stato «di
mente», anziché a quello «psicofisico», e, nel comma
2, nella parte in cui si riferisce allo stato «mentale»,
anziché a quello «psicofisico».) |
|
Nella sent. n. 64
del 2023, la Corte, dopo aver ricordato di avere più volte ritenuto
ammissibili le questioni promosse in via principale avverso interi atti
legislativi sempre che le leggi impugnate siano caratterizzate da normative
omogenee e tutte coinvolte dalle censure, richiama altresì la sua
giurisprudenza secondo cui per le leggi regionali il canone costituzionale
dell’art. 81, terzo comma, Cost. opera sia direttamente, sia in
virtù delle plurime disposizioni puntualmente attuative del
precetto costituzionale quali parametri interposti, procedendo quindi
alla declaratoria di illegittimità costituzionale della legislazione
siciliana ad essa sottoposta proprio perché adottata in violazione
dell'obbligo costituzionale imposto ad ogni legge comportante maggiori oneri
di provvedere ai mezzi finanziari per farvi fronte. |
|
Con la sent. n.
63 del 2023, la Corte ritiene non giustificata sul piano costituzionale (per
violazione dgeli art. 3 e 24) Cost.) la
disparità di rimedi e garanzie posti a disposizione del ricorrente, a
seconda che egli agisca dinanzi al Presidente della Repubblica o al
Presidente della Regione Siciliana: disparità che si è venuta a
determinare per effetto della sopravvivenza del potere del Presidente della
Regione Siciliana di discostarsi dal parere del CGARS, nonostante
l’avvenuta soppressione, per il corrispondente rimedio nazionale, del
potere in capo al Presidente della Repubblica di discostarsi dal parere del
Consiglio di Stato. Siffatta sopravvivenza è particolarmente
indubbiata dall'acquisita natura vincolante del parere del Consiglio di Stato
con un ampliamento delle garanzie dei ricorrenti che non potrebbe essere
limitato al solo livello statale. |
|
Con l'ordinanza n. 62 del 2023 è
dichiarato in prima battuta ammissibile il conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato promosso dal Senato della Repubblica nei confronti
della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino
nonché del Giudice per le indagini preliminari e del Giudice
dell’udienza preliminare presso il medesimo Tribunale a motivo
dell'acquisizione da parte di questi ultimi agli atti di un
procedimento penale a carico del senatore Stefano Esposito e altri, e
dell'utilizzazione del contenuto di plurime intercettazioni telefoniche che
hanno coinvolto il medesimo senatore Esposito, senza che alcuna
autorizzazione sia mai stata richiesta al Senato della Repubblica |
|
Con la sent. n.
61 del 2023, è ribadita la stretta attinenza alla materia di
competenza statale in materia di ordinamento civile della disciplina del
rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione e del
d.lgs. n. 165 del 2001 come testo recante norme fondamentali di riforma
economico-sociale della Repubblica, che costituiscono, pertanto, limiti anche
per l’esercizio delle competenze legislative esclusive della Regione
(Sicilia). La violazione censurata nella specie consiste nella carenza nella
normativa regionale dei caratteri della necessità e dell'urgenza che
soli potrebbero autorizzare la prosecuzione dei rapporti di lavoro a
tempo determinato del personale ex ARAS in base all’art. 36, comma 2,
del t.u. pubblico impiego. |
|
Nella sentenza n. 60 del 2023 è
scrutinata la legislazione regionale (Sardegna) in materia di numero di
mandati consecutivi alla carica di sindaco e di modalità di
accesso alla sezione regionale dell’albo dei segretari comunali e
provinciali. Nel primo caso, l'esito d'invalidità
della normativa poggia sulla violazione, in sede di esercizio della
competenza statutaria in materia di ordinamento degli enti locali e delle
relative circoscrizioni, dei principi dell’ordinamento giuridico
della Repubblica, in specie quello di eguaglianza sancito, quanto al diritto
di elettorato passivo, dall’art. 51, primo comma, Cost.; nel secondo
caso, anche del principio dell’accesso in condizione di eguaglianza
agli uffici pubblici, di cui agli artt. 3 e 51 Cost. Come ricorda, peraltro, la Corte, il limite
ai mandati consecutivi si presenta quale punto di equilibrio tra il modello
dell’elezione diretta dell’esecutivo e la concentrazione del
potere in capo a una sola persona che ne deriva: sistema che può
produrre effetti negativi anche sulla par condicio delle elezioni successive,
suscettibili di essere alterate da rendite di posizione, e come tutela del
diritto di voto dei cittadini, che viene in questo modo garantito nella sua
libertà, e dell’imparzialità dell’amministrazione,
impedendo la permanenza per periodi troppo lunghi nell’esercizio del
potere di gestione degli enti locali, che possono dar luogo ad anomale
espressioni di clientelismo. |
|
Nella sentenza n. 60 del 2023 è
scrutinata la legislazione regionale (Sardegna) in materia di numero di
mandati consecutivi alla carica di sindaco e di modalità di
accesso alla sezione regionale dell’albo dei segretari comunali e
provinciali. Nel primo caso, l'esito d'invalidità
della normativa poggia sulla violazione, in sede di esercizio della
competenza statutaria in materia di ordinamento degli enti locali e delle
relative circoscrizioni, dei principi dell’ordinamento giuridico
della Repubblica, in specie quello di eguaglianza sancito, quanto al diritto
di elettorato passivo, dall’art. 51, primo comma, Cost.; nel secondo
caso, anche del principio dell’accesso in condizione di eguaglianza
agli uffici pubblici, di cui agli artt. 3 e 51 Cost. Come ricorda, peraltro, la Corte, il limite
ai mandati consecutivi si presenta quale punto di equilibrio tra il modello
dell’elezione diretta dell’esecutivo e la concentrazione del
potere in capo a una sola persona che ne deriva: sistema che può
produrre effetti negativi anche sulla par condicio delle elezioni successive,
suscettibili di essere alterate da rendite di posizione, e come tutela del
diritto di voto dei cittadini, che viene in questo modo garantito nella sua
libertà, e dell’imparzialità dell’amministrazione,
impedendo la permanenza per periodi troppo lunghi nell’esercizio del
potere di gestione degli enti locali, che possono dar luogo ad anomale
espressioni di clientelismo. |
|
Nella sent. n. 58
del 2023, la legislazione provinciale di Trento del 2022 in materia di fonti
di energia rinnovabili sottoposta a scrutinio risulta immune da censure a
fronte in particolare della genericità e delle carenze ricostruttive
dell’impugnativa statale. Qualche dettaglio di rilievo si coglie nella
riaffermazione, da parte della Corte, di alcuni suoi orientamenti, quali:
quello per cui nei giudizi in via principale deve sussistere una piena e
necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo
legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del ricorso,
attesa la natura politica dell’atto d’impugnazione; e quello
secondo cui l’impugnazione avverso una disposizione regionale assunta
come lesiva di competenze legislative dello Stato deve essere adeguatamente
motivata e, quando il vizio sia prospettato in relazione a norme interposte
specificamente richiamate, è necessario che siano evidenziate la
pertinenza e la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato. |
|
Con l’articolata sentenza n. 57 del
2023, la Corte affronta, per diversi aspetti, la problematica della
coltivazione degli stupefacenti al cospetto delle competenze regionali
(Sardegna). In un quadro di enunciazioni favorevoli ad interventi legislativi
regionali se volti a mera attività di promozione, diverso esito ha lo
scrutinio delle disposizioni regionali che destinerebbero al florovivaismo
prodotti stupefacenti che risultano invece autonomamente indirizzati al
commercio. In questo senso, la legislazione regionale, da un lato, fuoriesce
dal perimetro entro il quale può svolgersi la competenza legislativa
regionale primaria della Regione nella materia «agricoltura e foreste;
piccole bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario»; e,
dall’altro, perviene a violare i principi fondamentali posti dallo
Stato a tutela della salute pubblica. |
|
Nella sent. n. 54
del 2023, la Corte ritorna sulla nozione di diritto vivente, escludendo che
lo possano integrare solo alcune pronunzie adottate in sede di merito,
essendo, per contro, necessario un orientamento consolidato della
giurisprudenza di legittimità o comunque espresso dalla
Cassazione a Sezioni unite. |
|
Nella sent. n. 53
del 2023, la Corte, tra le diverse questioni proposte, ne accoglie solo due.
La prima concerne la proroga prevista dalla legge regionale (Puglia) della
possibilità di assumere lavoratori a tempo determinato in mancanza
delle condizioni stabilite dal legislatore statale per il legittimo ricorso a
questa tipologia contrattuale, ritenuta lesiva a lesiva dell’art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost., in quanto la materia dell’ordinamento
civile riservata in via esclusiva al legislatore statale ricomprende tutte le
disposizioni che incidono sulla regolazione del rapporto di lavoro. La
seconda riguarda l’istituzione, da parte della Regione, per
l’anno 2022, di uno specifico corso di formazione per il personale
finalizzato al riconoscimento di una particolare qualifica professionale
senza che tuttavia sia accompagnata dalla quantificazione delle nuove spese
che ne possono derivare, né dall’indicazione del relativo
stanziamento, in violazione, pertanto, dell’art. 81, terzo comma, Cost. |
|
Nella sent. n. 52
del 2023, conclusa da un esito di inammissibilità, la Corte richiama
la giurisprudenza lavoristica che attribuisce al contratto aziendale, in
linea solo tendenziale, efficacia generale in ragione dell’esistenza di
interessi collettivi della comunità di lavoro nell’azienda, i
quali richiedono una disciplina unitaria; laddove tale efficacia trova,
infatti, un limite nell’espresso dissenso di lavoratori o associazioni
sindacali. Tuttavia, la Corte ricorda come, a colmare tale lacuna
applicativa, soccorra, in via del tutto eccezionale e sempre che sussistano
le condizioni indicate nell'art. 8 del decreto legge d.l.
n. 138 del 2011, come convertito, una speciale fattispecie, già
ritenuta ammissibile dalla Corte stessa, di contratto collettivo aziendale
cd. di prossimità, che, ha appunto, efficacia nei confronti di
tutti i lavoratori interessati. |
|
Nella sent. n. 51
del 2023, viene in rilievo il principio contabile
dell’annualità del bilancio di cui all’art. 3 del d.lgs. 118/2011
con riferimento alla regioni, per cui va ritenuto illegittimo un
riconoscimento di un debito fuori bilancio che non individui
contestualmente nel stesso bilancio di previsione, che gestisce
l’esercizio in cui la spesa è introdotta, le disponibilità
finanziarie sufficienti per effettuare le spese conseguenti. |
|
Nella sent. n. 50
del 2023, la Corte, rilevato, sul piano processuale, che la mancata
corrispondenza, nella specie, tra i parametri costituzionali evocati nel
ricorso e quelli indicati nella delibera con cui il Consiglio dei ministri ha
autorizzato la proposizione dell’impugnativa, non determina
l’inammissibilità della censura (in quanto diversi passaggi
della relazione ministeriale rendono evidente la volontà
dell’organo politico di porre la questione di legittimità
costituzionale concernente la violazione dei suddetti parametri),
statuisce, sul piano sostanziale, nel senso dell'illegittimità della
norma regionale (Lombardia) impugnata in quanto tesa ad attenuare il vincolo
in materia di discariche posto dalla legislazione statale, alla cui
competenza (tutela dell’ambiente e dell’ecosistema) va ricondotta
la disciplina dei rifiuti. |
|
Con la sent. n.
48 del 2023, viene identificato nella massima apertura delle comunità
di energia rinnovabile (CER) un principio fondamentale della materia
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia» finalizzato a garantire in maniera uniforme su
tutto il territorio nazionale la più ampia possibilità di
partecipare a una CER in attuazione di quanto disposto dal legislatore
europeo. Nella stessa decisione, nel ricordare
che il legislatore regionale non può sottrarsi alla fondamentale
esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui l’art. 81
Cost. si ispira, prevedendo una copertura di nuove spese credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale ed in equilibrato
rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri, la Corte
precisa, altresì, che, se è vero che il canone costituzionale
dell’art. 81, terzo comma, Cost. opera direttamente a prescindere dall’esistenza
di norme interposte, nondimeno sussistono plurime disposizioni che ne
sono puntualmente attuative sicché anche dei principi
così espressi la Corte deve tenere conto nel suo scrutinio. |
|
Con la sent. n.
47 del 2023, la Corte, pur dichiarando l'inammissibilità della
questione per la sussistenza di una pluralità di esiti ricostruttivi
rientranti nella discrezionalità del legislatore, ricorda la
centralità assunta dal contraddittorio endoprocedimentale
quale espressione del «principio del “giusto procedimento, da
ritenersi operativa anche in ambito tributario, dove il contraddittorio endoprocedimentale, da un lato, persegue lo scopo di
“ottimizzare” l’azione di controllo fiscale, risultando
così strumentale al buon andamento dell’amministrazione
finanziaria; dall’altro, garantisce i diritti del contribuente,
permettendogli di neutralizzare, sin dalla fase amministrativa, eventuali
errori a lui pregiudizievoli. In questo senso, secondo la Corte, la mancata
generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui
limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica
rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello
normativo che giurisprudenziale. |
|
Nella sent. n. 42
del 2023, la Corte, nel confrontarsi con l'istituto del silenzio-rigetto
sulla domanda del titolo edilizio in sanatoria, ne evidenzia la ratio sotto
diversi profili tutti legittimi, quali la difesa del corretto assetto
del territorio dagli abusi edilizi, la plausibilità dell'inversione
dell'onere della prova circa la sanabilità dei manufatti a carico di
chi si è sottratto al previo controllo di conformità alla
pianificazione urbanistica, la necessità che la sospensione del
procedimento penale correlato all'illecito edilizio incontri un contenimento
temporale, e l'opportunità offerta al privato di una sollecita tutela
giurisdizionale mediante impugnazione dello stesso silenzio-rigetto. |
|
Con la sent. n.
41 del 2023, la Corte, ribadito che la disciplina delle graduatorie, in
quanto provvedimenti conclusivi delle procedure concorsuali pubblicistiche
per l’accesso all’impiego regionale, afferiscono a profili
pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale, afferma che
va, invece, ascritta alla competenza statale in materia di ordinamento civile
la disciplina degli incentivi per funzioni tecniche quand'anche
riguardino i dipendenti delle regioni e delle autonomie speciali, dal momento
che tali incentivi costituiscono un elemento specifico del trattamento
economico del pubblico dipendente in termini di corrispettivo di determinate
attività svolte nell’ambito degli appalti pubblici. |
|
La Corte, nella sent.
n. 40 del 2022, ricorda che previsioni sanzionatorie rigide non sono in linea
con il volto costituzionale non solo del sistema penale, ma anche di quello
amministrativo: da qui l’esigenza di verificare che la sanzione amministrativa non sia,
pure essa, manifestamente sproporzionata anche in relazione alle condotte
meno gravi. Evidenziato, poi, come un suo intervento sarebbe possibile solo a
condizione che il trattamento sanzionatorio possa essere sostituito sulla
base di precisi punti di riferimento già rinvenibili nel sistema
legislativo, la Corte perviene ad individuare, nella specie, tali punti
nell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 20 del 2018, che punisce con
sanzione graduabile le violazioni degli organismi di controllo sui prodotti
BIO, sulla base di una tecnica casistica e con la ripartizione delle condotte
illecite sul piano sanzionatorio in ragione della loro decrescente
gravità. |
|
La sent. n. 35
del 2023, dopo aver affermato, tra le altre premesse, che la mancata
previsione del diritto all’indennizzo in caso di patologie
irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate si risolve
in una lesione degli artt. 2, 3 e 32 Cost., in quanto le esigenze di
solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo richiedono
che sia la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio
individuale, mentre sarebbe ingiusto consentire che siano i singoli
danneggiati a sopportare il costo del beneficio anche collettivo, e che resta
comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore la
determinazione del contenuto e delle modalità di realizzazione
dell’indennizzo erogato purché non affetta da palese
arbitrarietà o irrazionalità, conclude per l'illegittimità
della norma che fa decorrere il termine per la domanda dell'indennizzo dal
momento della conoscenza del danno e non da quello della conoscenza
dell’indennizzabilità del danno. |
|
Nella sent. n. 33
del 2023, la Corte, dopo aver ricordato - che non inficia la corretta instaurazione
del giudizio di legittimità la contestuale adozione di una sentenza
parziale (non definitiva) e dell’ordinanza di rimessione della
questione, sempre che rimanga ancora da decidere, nel giudizio principale,
una parte dell’originario oggetto della domanda o del thema decidendum e che il
giudice rimettente non abbia, in realtà, deciso interamente la
controversia, e - come, in punto di merito, competa al
legislatore, nel preminente rispetto dei diritti fondamentali, la
razionalizzazione dei sistemi previdenziali, dichiara che le posizioni del personale a
ordinamento civile e quello a ordinamento militare non sono comparabili
quanto al criterio di calcolo della base pensionabile nel sistema
“misto” della riforma del 1995 e che la differenziazione
denunciata nell'ordinanza di sollevazione, poiché riconducibile al
generale diverso regime pensionistico del personale civile e di quello
militare, non lede il principio di eguaglianza. |
|
Nella sent. n. 29
del 2023, la Corte, pur pervenendo per plurime ragioni alla dichiarazione d'inammissibilità
della questione, non si esime dal ricordare che le province sono
chiamate a «rispondere alla primaria e fondamentale esigenza di
preordinare, organizzare e qualificare la gestione dei servizi a rilevanza
sociale da rendere alle popolazioni interessate. [Pertanto,] la
quantificazione delle risorse in modo funzionale e proporzionato alla
realizzazione degli obiettivi previsti dalla legislazione vigente diventa
fondamentale canone e presupposto del buon andamento
dell’amministrazione, cui lo stesso legislatore si deve attenere
puntualmente». Sicché na dotazione
finanziaria estremamente ridotta e l’incertezza sulla definitiva
entità delle risorse disponibili non consentono una proficua
utilizzazione delle stesse in quanto «[s]olo
in presenza di un ragionevole progetto di impiego è possibile
realizzare una corretta ripartizione delle risorse […] e garantire il
buon andamento dei servizi con esse finanziati». |
|
Nell'ord. n. 28
del 2023, ci si sofferma sulla portata del principio di terzietà e
imparzialità del giudice, sancito sia dall’art. 111, secondo
comma, Cost., sia dall’art. 6, paragrafo 1, CEDU. Tale principio,
secondo la Corte, se è vero che esclude che possa giudicare di una
controversia un giudice che abbia un interesse proprio nella causa, ovvero
che abbia già precedentemente svolto funzioni decisorie nella stessa
causa, non è invece mai stato evocato sul piano giurisprudenziale in
relazione a supposti vincoli derivanti dalle decisioni di altri giudici
intervenuti nella medesima causa; nè si
è mai ritenuto che il principio dell’indipendenza
“interna” del giudice osti a che la sua potestas
iudicandi sia delimitata, in conformità alla
legge processuale vigente, da provvedimenti di altri giudici, ovvero da atti
di altri soggetti; o che vi sia violazione dell’art. 101, secondo
comma, Cost. nel caso in cui il giudice sia vincolato alla decisione di altro
giudice, come accade al giudice del rinvio rispetto al principio di diritto
enunciato dalla Corte di cassazione, ovvero al giudice contabile rispetto
alla questione di massima decisa dalle sezioni riunite della Corte dei conti.
Più in generale, a tenore dell'ord. in
parola, si deve escludere che possa prodursi un vulnus all’art. 101,
secondo comma, Cost. in presenza di vincoli alla potestas
iudicandi del singolo giudice stabiliti dalla legge
processuale, che è anch’essa parte integrante di quella
“legge” a cui il giudice è soggetto in forza della
previsione costituzionale. |
|
Con la sent. n.
27 del 2023. analogamente al precedente costituito dalla sent.
n. 77 del 2022, viene dichiarata l'illegittimità dell'ulteriore rinvio
da parte regionale del meccanismo sospensivo delle autorizzazioni per
gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili per violazione dei
principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto
e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117,
terzo comma, Cost., a loro volta, anche attuativi di direttive emanate
dall’Unione europea. Analogamente, è censurata la norma
regionale che demanda ai Comuni l'individuazione di aree e siti non idonei
alla installazione di specifiche tipologie di impianti, che resta, invece
compito di esclusiva competenza regionale (trattandosi di conciliare
«le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle
di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di
programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da
fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing)» |
|
Nella sent. n. 26
del 2023, la Corte, nel rimarcare l'illegittimità
costituzionale, per violazione del principio di buon andamento
dell’azione amministrativa, peraltro nemmeno in esito ad una procedura
di garanzia per gli interessati, dell'interruzione automatica del rapporto di
lavoro del direttore sanitario o di quello amministrativo nell’ipotesi
di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del
direttore generale, ammonisce come il potere sostitutivo, «in
situazioni estreme come quella in oggetto, non può essere certo
attuato attraverso il mero avvicendamento del vertice, senza considerare
l’inefficienza dell’intera struttura sulla quale tale vertice
è chiamato a operare in nome dello Stato». |
|
A tenore della sent.
n. 25 del 2023, la normativa impugnata (art. 206-bis, comma 1, ord. militare), che assoggetta il personale militare
all'obbligo di vaccinazione, sia pure nel quadro di precisi orientamenti
operativi, va considerata costituzionalmente illegittima in quanto si sottrae
al compito essenziale di fornire la determinatezza - richiesta dall'art. 32
Cost. - all’obbligo vaccinale che intende introdurre, omettendo di
individuare, quantomeno, l’elenco dei vaccini che possono essere resi
obbligatori alla luce delle diverse condizioni di impiego del personale
militare stesso. |
|
Importante monito nella sent.
n. 20 del 2023 quanto all'anomalia di un commissariamento della sanità
regionale molisana che si protrae da oltre tredici anni, senza che gli
obiettivi per cui è stato predisposto siano stati raggiunti, con tutte
le ripercussioni che esso determina sulla forma di governo regionale, sui
livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e sull’equilibrio
finanziario della sanità, e ribadimento che il lungo protrarsi del
commissariamento costituisce un sintomo negativo dell’andamento di
questo processo, cosicché si accentua l’esigenza di soluzioni
strutturali univoche ed efficaci e del rigoroso rispetto delle regole a tale
scopo concepite |
|
Nella sent. n. 19
del 2023, si ha la ulteriore conferma che consentire, a mezzo di reiterate
proroghe, interventi edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica per un
tempo indefinito finisce per danneggiare il territorio regionale in tutte le
sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e
ambientale, in violazione dell’art. 9 Cost.; laddove la lesione
è resa più evidente dalla circostanza che, in un lungo lasso di
tempo, non si è ancora proceduto all’approvazione del piano
paesaggistico regional |
|
Secondo la sent.
n. 18 del 2023, il legislatore non potrebbe, senza violare il principio di
eguaglianza e il diritto alla tutela giurisdizionale, introdurre un termine
di decadenza per il compimento di un atto processuale già in parte, o
finanche interamente, decorso al momento dell’entrata in vigore della
disposizione che lo prevede. Operazione compiuta nella specie mediante una
solo sedicente legge di interpretazione autentica, dal momento che una
disposizione può qualificarsi di interpretazione autentica quando
opera la selezione di uno dei plausibili significati di una precedente
disposizione, quella interpretata, la quale sia originariamente connotata da
un certo tasso di polisemia e, quindi, sia suscettibile di esprimere
più significati secondo gli ordinari criteri di interpretazione della
legge. Rileva, quindi, a tal fine, che la disposizione interpretativa rientri
nell’ambito delle possibili varianti di senso del testo originario,
ossia che venga reso vincolante un significato che, secondo gli ordinari
canoni dell’interpretazione della legge, sarebbe stato riconducibile
alla disposizione precedente. |
|
Nella sent. n. 17
del 2023, è censurata la normativa che – ultimo di una serie di
reiterati interventi di proroga della medesima disciplina eccezionale e
transitoria disposti per oltre dieci anni e progressivamente estesi a edifici
di recente realizzazione – ne dispone l’ennesima proroga
poiché rendendo sostanzialmente stabile una disciplina nata come
transitoria, essa favorisce la generalizzata fattibilità di interventi
parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di
riferimento, mettendo così a repentaglio «l’interesse
all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione
urbanistica», per cui, nella specie, risultano superati i limiti di
tollerabilità della previsione di interventi difformi dalla
pianificazione territoriale e di conseguenza violato l’indicato
principio fondamentale della materia del governo del territorio. Per altro verso, la Corte ribadisce come un
prolungato e più volte ripetuto succedersi di proroghe esponga a
rischio il buon andamento dell’azione amministrativa nella corretta
gestione del territorio e nella sua tutela, consegnandole a una dimensione
perennemente instabile e precaria |
|
Sul piano processuale, l'ord. n. 13 del 2023 rammenta che, in base all’art.
21 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte stessa,
l’improcedibilità del giudizio a quo non produce effetti sullo
svolgimento del giudizio di legittimità costituzionale; e che non ha
rilievo che le questioni siano state promosse con sentenze non definitive
anziché con ordinanze, avendo comunque il giudice a quo disposto la
sospensione dei procedimenti principali e la trasmissione dei fascicoli alla
cancelleria della Corte, sicché a tali atti, anche se assunti con la
forma di sentenza, deve essere riconosciuta sostanzialmente natura di
ordinanza. |
|
Nella sent. n. 11
del 2023, la Corte costituzionale afferma, tra l'altro, che "All’interno
di un determinato contesto territoriale, infatti, il raggiungimento
dell’auspicabile obiettivo di produrre energia dai rifiuti urbani non
riciclabili non dipende solo dalla decisione di investimento di un
determinato imprenditore, ma anche, secondo le normative vigenti, da
determinazioni delle autorità pubbliche, quanto, ad esempio, alla
pianificazione, alle autorizzazioni ambientali, alla programmazione.
Né può essere trascurato il rilievo di un coinvolgimento della
popolazione interessata.Tanto più
l’incentivo statale si rifletterà anche sulla comunità
territoriale di riferimento, tanto maggiore sarà quindi la
possibilità che possa effettivamente raggiungere il proprio obiettivo,
ovvero quello di indurre soluzioni ambientalmente virtuose" |
|
Nella sent. n. 8
del 2023, la Corte rigetta la questione proposta nei confronti dell'art. 2033
cod civ. (Indebito oggettivo) in riferimento
al parametro interposto costituito dall’art. 1 Prot. addiz. CEDU, che, come interpretato dalla Corte Edu (sentenze Casarin, Romeva, Cakarević e Moskal ed
altre ancora), offrirebbe, a differenza del predetto articolo, rimedi avverso
interferenze sproporzionate rispetto all’affidamento legittimo ingenerato
dall’erogazione indebita da parte di soggetti pubblici di prestazioni
di natura previdenziale, pensionistica e non, nonché retributiva. La Corte ricava, infatti, la
possibilità di enucleare corrispondenti rimedi a livello nazionale
particolarmente nella clausola di buona fede oggettiva o correttezza, che, a
mente dell’art. 1175 cod. civ,. condiziona l’esecuzione
dell’obbligazione restitutoria, laddove la stessa buona fede oggettiva
dà fondamento, tramite l’art. 1337 cod. civ., alla stessa
possibilità di identificare un affidamento legittimo, suscettibile di
rinvenire una tutela, sia quale interesse che, ex fide bona, in base al
citato art. 1175 cod. civ., condiziona, appunto, l’attuazione del
rapporto obbligatorio, sia quale situazione soggettiva potenzialmente
meritevole di protezione risarcitoria attraverso la disciplina
dell’illecito precontrattuale. |
|
La sent. n. 6 del
2023 della Corte costituzionale affronta numerose questioni di
costituzionalità proposte da parte regionale avverso le norme di
riforma della pianificazione portuale introdotte (con riguardo a
denominazione, contenuto e procedimento di approvazione del piano: DPSS)
dalla legge n. 156 del 2021 di conversione del d.l.
n. 121 del 2021. Assai schematicamente e rinviando alla
necessaria lettura della decisione per i dettagli e gli snodi argomentativi,
si segnala: - il richiamo di un’ormai stabilita
giurisprudenza sul tema della disomogeneità delle norme di conversione
rispetto al decreto-legge; - l’esclusione della natura di legge
di sistema ad una legge che rechi interventi settoriali riguardanti solo
taluni profili della legge quadro concernente la materia in questione; - l’ennesima conferma della
sussistenza della competenza della Corte a giudicare in ordine al rispetto
delle norme costituzionali sul procedimento legislativo, ma non anche in
ordine al rispetto delle previsioni dei regolamenti parlamentari; - il ribadimento che il principio di leale
collaborazione non si impone, di norma, al procedimento legislativo, salvo
per il caso di legislazione delegata ove ricorra uno stretto intreccio fra
materie e competenze; - che le norme dettate dallo Stato in
materia di legislazione concorrente possono trovare legittimazione se ne
stabiliscono i princìpi fondamentali (valutato con riguardo al
contenuto e alla funzione nel sistema), secondo quanto previsto
dall’art. 117, comma 3, Cost., o se dettate per effetto della cd.
«chiamata in sussidiarietà» (fermo restando che la
disciplina statale sia logicamente pertinente, risulti limitata a quanto
strettamente indispensabile e preveda adeguati meccanismi di cooperazione con
i livelli di governo coinvolti per l’esercizio concreto delle funzioni
amministrative allocate in capo agli organi centrali); - che gli strumenti di collaborazione tra
Stato e Regione, pur quando necessari, non sono univoci, ma si diversificano
«in relazione al tipo di interessi coinvolti e alla natura e
all’intensità delle esigenze unitarie che devono essere
soddisfatte», nonché alle competenze incise (ad es., è
stato ritenuto adeguato il parere obbligatorio, anche non vincolante, per
atti generali o regolatori di carattere “tecnico” e per
provvedimenti puntuali incidenti su interessi specifici e richiesta, invece,
l’intesa, ora nella forma debole, ora in quella forte, in relazione ad
atti di programmazione o di ripartizione delle risorse o ad atti incidenti su
rilevanti interessi regionali. Tra le quattro questioni accolte, si
segnala, anche per il suo rilievo processuale, un dispositivo
"sostitutivo" inteso a tutelare il ruolo della Regione e dei Comuni
nella fase di approvazione del DPSS. |
|
Con un'articolata sentenza (n. 5 del 2023),
la Corte respinge le questioni proposte e, nel contempo, riscrive
parzialmente e singolarmente la normativa impugnata. In primo luogo, infatti, muovendo dal
presupposto che, alla confisca di armi non denunciate, anche se vi sia stata
oblazione, vada riconosciuta una funzione essenzialmente preventiva,
anziché punitiva, la Corte ritiene il provvedimento ablativo immune da
censure, poiché, così statuendo, il legislatore italiano ha
adempiuto al preciso obbligo europeo di assicurare in ogni momento la
tracciabilità delle armi legittimamente presenti nel territorio. In secondo luogo, è parimenti
dichiarata infondata la censura della confisca a fronte della tutela del
diritto di proprietà in quanto il provvedimento ablativo non
può (in astratto) essere ritenuto manifestamente inidoneo, non
necessario e non proporzionato in senso stretto rispetto alla finalità
legittima perseguita. Laddove, tuttavia, la valutazione della
proporzionalità e della ragionevolezza del provvedimento va accertata
nel quadro di un'adeguata tutela giurisdizionale, così che
l’imputato, pur accedendo all’oblazione con effetto estintivo del
reato, conserva il diritto di sostenere di non aver commesso il fatto al
diverso fine di evitare l’applicazione di una misura che, come la
confisca, pesantemente incide sul suo diritto di proprietà, e che.
seppur inquadrabile in una logica preventiva anziché punitiva ha per
presupposto il medesimo fatto di reato. |
|
Nella sent. n. 3
del 2003, la Corte costituzionale, nella irragionevolezza di un trattamento
sanzionatorio di una fattispecie penale, consistente
nell'impossibilità di accedere ai benefici penitenziari in stato di
libertà, e quindi più severo rispetto ad una fattispecie affine
più grave, individua un ostacolo alla funzione rieducativa della pena,
che ridonda in una violazione anche dell’art. 27, terzo comma, Cost. |
|
Nella sent. n. 2
del 2023, la Corte rammenta come la Costituzione tuteli la libertà (e
la segretezza) della corrispondenza, estendendone le garanzie anche alla
possibile emersione di nuovi mezzi e forme della comunicazione riservata.
Sottolinea, inoltre, che eventuali limitazioni relative all’uso di un
determinato mezzo o strumento non necessariamente si convertono in
restrizioni al diritto fondamentale, purché la relativa disciplina non
abbia evidenti ricadute restrittive sulla libertà in questione. In
questo quadro, il divieto, non disposto con atto motivato
dell’autorità giudiziaria, di possesso e uso di un telefono
mobile – considerata l’universale diffusione attuale di questo
strumento, in ogni ambito della vita lavorativa, familiare e personale
–si traduce in un limite alla libertà di comunicare,
«spazio vitale che circonda la persona». Laddove, peraltro, anche
l’intervento dell’autorità giudiziaria, in presenza di
misure di prevenzione che comportino restrizioni rispetto a diritti
fondamentali assistiti da riserva di giurisdizione va associato alla garanzia
del contraddittorio, alla possibile contestazione dei presupposti applicativi
della misura, della sua eccessività e sproporzione, e, in ultima
analisi, consente il pieno dispiegarsi allo stesso diritto di difesa. |
|
2022/0270 |
Con la sent. n. 270 del 2022, la Corte, nel rigettare la
questione, ricorda che la violazione del principio di uguaglianza sussiste
qualora situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente
diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano
situazioni non assimilabili, come si verifica nella fattispecie, stante la
persistente diversità del complessivo assetto ordinamentale tra le
Forze di polizia ad ordinamento civile e quelle a ordinamento militare. |
2022/0269 |
Nella
questione affrontata con la sent. n. 269 del 2022,
ritorna la costante giurisprudenza costituzionale in tema di accertamento del
requisito della rilevanza, rispetto a cui il controllo della Corte è
limitato alla non implausibilità delle motivazioni sui
«presupposti in base ai quali il giudizio a quo possa dirsi
concretamente ed effettivamente instaurato, con un proprio oggetto, vale a
dire un petitum, separato e distinto dalla
questione di legittimità costituzionale, sul quale il giudice
remittente sia chiamato a decidere». La Corte ricorda pertanto che il
giudice rimettente è chiamato a valutare, sia pure in via delibativa e prognostica, allo stato degli atti e
dell’iter decisionale, la questione di legittimità
costituzionale con riguardo ai requisiti di attualità e rilevanza che
sono, del pari, oggetto del controllo in sede di giudizio di legittimità
costituzionale, pur destinato a fermarsi alla non implausibilità delle
motivazioni addotte dal rimettente. |
2022/0268 |
Nella sent. n. 268 del 2022, la Corte costituzionale, dopo aver
rilevato, tra i vari profili, in punto di rito, che, con riferimento alle
leggi di bilancio e di approvazione del rendiconto, l’impugnativa
dell’intero corpo normativo è ammissibile in considerazione sia dell’inscindibile
connessione genetica esistente con la norma impugnata, sia
dell’indefettibile principio di continuità tra le risultanze dei
bilanci che si succedono nel tempo, in punto di merito sottolinea come, dai
principi contabili in vigore (competenza legislativa esclusiva dello Stato in
tema di armonizzazione dei bilanci pubblici), consegua che, in caso di
approvazione tardiva del bilancio da parte della Regione, il disavanzo di
amministrazione non ripianato in corso di esercizio, nonché l’eventuale
ulteriore disavanzo emerso, debbano essere ripianati applicandoli per
l’intero importo all’esercizio in corso di gestione. Pertanto,
quando l’ente non abbia approvato il rendiconto di un determinato
esercizio e non abbia recuperato il relativo disavanzo presunto entro quello
successivo, è tenuto a ripianarlo per intero nell’esercizio in
cui il disavanzo effettivo emerge, rimanendo preclusa la possibilità
di considerarlo un “nuovo” disavanzo, cui applicare il ripiano
triennale. |
2022/0267 |
Secondo
il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, mentre gli
interventi legislativi che incidono sui rapporti lavorativi in essere sono ascrivibili alla materia «ordinamento
civile», si devono per converso ricondurre alla materia residuale
dell’organizzazione amministrativa regionale quelli che intervengono
“a monte”, in una fase antecedente all’instaurazione del
rapporto, e riguardano profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego
pubblico regionale (secondo quanto, tra l'altro, ribadito, dalla sent. n. 267 del 2022) |
2022/0266 |
Nella sent. n. 266 del 2022, è rammentata la costante
giurisprudenza costituzionale secondo cui la discrezionalità
legislativa nelle scelte relative all’an e al
quantum delle sanzioni amministrative incontra sia il limite della manifesta
irragionevolezza, sia quello derivante dal principio di
proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità
dell’illecito. |
2022/0263 |
Con
l’articolata sent. n. 263 del 2022, tra i
vari profili, la Corte costituzionale |
2022/0261 |
Ammesso,
con l'ordinanza n. 261 del 2022 della Corte costituzionale, il conflitto di
attribuzioni tra poteri dello Stato promosso dal Senato della Repubblica a
seguito dell’acquisizione di plurime comunicazioni del senatore Matteo
Renzi, disposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario
di Firenze nell’ambito del procedimento penale a carico dello stesso
senatore e altri, in assenza di una previa autorizzazione da parte del Senato
medesimo |
2022/0259 |
Nella sent. n. 259 dl 2022, la Corte, nel ribadire che, anche
dopo le modifiche del 2020 alle Norme integrative, il giudizio di legittimità
costituzionale in via principale si svolge esclusivamente tra soggetti
titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di
soggetti che ne siano privi, sottolinea come la ratio dell’intervento
sia radicalmente diversa, anche sotto il profilo della legittimazione, da
quella sottesa alle opinioni degli amici curiae,
così come diversi sono i termini per l’ingresso in giudizio e le
relative facoltà processuali. Nel merito, ricorda che la sua
giurisprudenza depone nel senso di ricondurre le gare indette per
l’assegnazione delle concessioni delle grandi derivazioni
idroelettriche alla tutela della concorrenza e non alla materia
«produzione, trasporto, e distribuzione nazionale
dell’energia». |
2022/0258 |
Nella sent. n. 258 del 2022, la Corte, accertato che la
disciplina che regola, per il TFS, i tempi entro i quali l’ente
previdenziale può procedere alla rettifica dell’originario
assegno di liquidazione, pur differenziandosi da quella dettata per il TFR o
per altre figure affini di indennità, non è tale da intaccare
la funzione fondamentale dell’istituto, rinvia al legislatore la sua
eventuale eliminazione nel senso di favorire il complessivo percorso di
riavvicinamento del TFS alle regole attualmente dettate per il settore
privato. |
2022/0256 |
Nella sent. n. 256 del 2022, la Corte ricorda che, per sua
costante giurisprudenza, la tutela apprestata al diritto alla salute
dall’art. 32 Cost. non può non subire i condizionamenti che lo
stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle
quali dispone, fermo restando che da ciò non può derivare la
compressione del nucleo irriducibile del diritto alla salute, quale
«ambito inviolabile della dignità umana. Ricorda, inoltre, che
le regioni possono prevedere livelli ulteriori di tutela purché non
assoggettate a piano di rientro, e come, in tal caso, sia ipotizzabile, nel
contesto di un’ordinanza costituzionalmente orientata, far luogo ad un
ampliamento delle prestazioni sanitarie erogabili gratuitamente |
2022/0255 |
Nella sent. n. 255 del 2022, la Corte ribadisce
l’orientamento secondo cui la disciplina del trattamento giuridico ed
economico dei dipendenti pubblici contrattualizzati – compresi anche i
dipendenti delle regioni – è attribuita in via esclusiva al
legislatore statale dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Inoltre, è confermato che, con riguardo al lavoro pubblico e alla sua
contrattualizzazione, i principi fissati dalla legge statale costituiscono
tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al
precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire
l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali
di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono
anche alle Regioni a statuto speciale, anche quando, come nel caso di specie,
lo statuto speciale (Sardegna) attribuisca alla Regione la competenza
legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico del proprio
personale (limite delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della
Repubblica). |
2022/0254 |
Con la sent. n. 254 del 2022, la Corte costituzionale censura la
norma regionale (Lombardia) che circoscrive il divieto di caccia sui valichi
montani attraversati dall’avifauna ai soli valichi che si trovano nel
comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi, laddove la
legislazione statale parametrica non fa distinzione alcuna tra i valichi,
ponendo un divieto di caccia nel raggio di mille metri per tutti quelli
attraversati dalla fauna migratoria, integrando uno standard minimo di
protezione nell’esercizio della competenza esclusiva di cui
all’art. 117, secondo comma, lettera s) (tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema). |
2022/0253 |
Secondo
il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, mentre gli
interventi legislativi che incidono sui rapporti lavorativi in essere sono ascrivibili alla materia «ordinamento
civile», si devono per converso ricondurre alla materia residuale
dell’organizzazione amministrativa regionale quelli che intervengono
“a monte”, in una fase antecedente all’instaurazione del
rapporto, e riguardano profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego
pubblico regionale (secondo quanto, tra l'altro, ribadito, dalla sent. n. 267 del 2022) |
2022/0251 |
Facendo
seguito ad una densa giurisprudenza, la Corte, nella sent.
n. 251 del 2022, considera come l'abbassamento di tutela paesaggistica
derivante dalla possibilità di ampliamento dei fabbricati rurali
prevista dalla legge regionale senza considerare gli effetti sul paesaggio
violi l'art. 9 Cost.; non potendosi, d'altro canto, ritenere sufficiente la
possibilità di una sua interpretazione conforme ai vincoli
paesaggistici, particolarmente, quando ritardi regionali, in violazione
dell'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., in relazione ai principi di copianificazione e leale collaborazione,
nell'elaborazione, unitamente allo Stato, di un piano paesaggistico, esigano
di essere compensati con l’esplicitazione del necessario rispetto della
normativa posta a tutela del paesaggio. |
2022/0249 |
Nella sent. n. 249 del 2022, la Corte ricorda come
costituiscano motivi d'inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale sia la carente descrizione della
fattispecie (per difetto di motivazione sulla rilevanza), sia
l’irrisolta individuazione del parametro costituzionale (per manifesta
infondatezza della questione). |
La sent. n. 237 del 2022, nel ricordare che, nel sistema
delle fonti delineato dalla Costituzione, il regolamento parlamentare
è espressamente previsto dall’art. 64 come atto normativo dotato
di una sfera di competenza riservata e distinta rispetto a quella della legge
ordinaria, «nella quale, pertanto, neppure questa è abilitata ad
intervenire», sottolinea tuttavia come siffatta riserva assuma
carattere indefettibile soltanto in materia di procedimento legislativo, Sicchè un'eventuale opzione per la fonte
legislativa – del resto espressamente operata, con riguardo alla indennità,
dall’art. 69 Cost. – con riguardo anche alla disciplina degli
emolumenti dovuti al termine dell'incarico elettivo, garantirebbe in
più la scrutinabilità dell’atto
normativo davanti a questa Corte e assicurerebbe un’auspicabile
omogeneità della disciplina concernente lo status di parlamentare. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
La Corte ribadisce la sua giurisprudenza in
tema di intervento di terzi |