FRANCESCA POLACCHINI*
CEDU E DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA NEI RAPPORTI CON
LORDINAMENTO COSTITUZIONALE INTERNO. PARALLELISMI E ASIMMETRIE ALLA LUCE DELLA
PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE
Sommario: 1. Introduzione: linterpretazione conforme. 2. I rapporti tra norme dellUnione europea e norme degli Stati membri nella prospettiva della Corte di giustizia. 3. I rapporti tra norme dellUnione europea e norme interne nella prospettiva della Corte costituzionale. 4. Il vincolo dellinterpretazione conforme al diritto dellUnione europea nella giurisprudenza della Corte di giustizia. 4a) origine e fondamento dellinterpretazione conforme. 4b) lobbligo di interpretazione conforme come strumento di efficacia indiretta del diritto dellUnione europea. 4c) i margini di praticabilità dellesegesi conforme 5. Il vincolo dellinterpretazione conforme al diritto dellUnione europea nella giurisprudenza della Corte di giustizia: processo di interpretazione discendente attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale 6. La collocazione della Cedu nel sistema delle fonti interne nella giurisprudenza della Corte costituzionale. 6a. Segue: della Corte di cassazione. 6b. Segue: del Tar e del Consiglio di Stato 7. Il vincolo dellinterpretazione conforme alla Cedu ed alle sentenze della Corte europea dei diritti delluomo nella giurisprudenza della Corte costituzionale. 7a. Segue: della Corte di cassazione. 7b. Segue: della Corte di Strasburgo 8. La collocazione della Cedu nel sistema delle fonti dopo Lisbona: quali margini per il potere di disapplicazione, da parte del giudice comune, delle norme nazionali incompatibili con la Cedu?
1. Introduzione: linterpretazione conforme. Linterpretazione conforme di una disposizione legislativa alla stregua di uno o più altri enunciati è, notoriamente, un criterio interpretativo introdotto dalla Corte costituzionale al fine di invitare i giudici comuni a cercare e trovare nella Costituzione gli elementi in grado di orientare la portata normativa dei testi legislativi.[1]
Questo criterio ha ricevuto applicazioni anche di natura esterna, quali linterpretazione conforme alla normativa comunitaria ed alle norme Cedu.
La tecnica ermeneutica dellinterpretazione conforme racchiude in sè situazioni e problemi diversi.
Tale eterogeneità deriva, innanzitutto, dalla diversità dei parametri. Può, infatti, parlarsi di interpretazione conforme a tre parametri distinti: la Costituzione, il diritto dellUnione europea, il diritto internazionale.
Il plurale si giustifica anche per unaltra ragione, relativa alla diversità strutturale dei tipi di sindacato che i giudici comuni possono esercitare quando si trovano a dover confrontare la normativa nazionale con i diversi parametri prima citati. Infatti, nel caso del diritto dellU.E., linterpretazione conforme è uno degli strumenti di cui può avvalersi il giudice per far valere la prevalenza del parametro rispetto alloggetto. Laltro strumento è rappresentato dalla disapplicazione della legge nazionale confliggente con la normativa europea, a condizione che si tratti di normativa direttamente applicabile. Leffetto diretto è espressione dellintegrazione tra ordinamenti: secondo la giurisprudenza Granital, lordinamento interno si ritrae e trova applicazione quello comunitario. Se invece manca leffetto diretto, nel caso di contrasto fra la norma interna e la disciplina sovranazionale non è la logica dellintegrazione fra ordinamenti che viene in rilievo, ma quella del controllo di validità allinterno dellordinamento nazionale. Ricorre, cioè, unipotesi di contrasto fra norma interna e norma dellU.E. priva di effetto diretto, contrasto che si risolve mediante il giudizio incidentale di costituzionalità innanzi al giudice delle leggi per violazione degli artt. 11 e 117, 1 c. Cost., nel quale la norma sovranazionale assolve il ruolo di norma interposta.
Quando vengono in rilievo i parametri rappresentati dalla Costituzione e dal diritto internazionale, linterpretazione conforme è lunico strumento di cui dispone il giudice per assicurare in via immediata la prevalenza del parametro sulloggetto, non potendo procedere alla disapplicazione della norma in contrasto con i parametri evocati. Se il tenore letterale della disposizione interpretanda non consente unesegesi adeguatrice, il giudice non può farsi carico del superamento dellantinomia e deve sollevare questione di legittimità costituzionale. In tale contesto, linterpretazione conforme diviene uno dei veicoli attraverso cui elementi di sindacato diffuso trovano ingresso in un sistema di giustizia costituzionale a sindacato accentrato[2].
Poste queste premesse, le riflessioni che seguono si svilupperanno attraverso le due direttrici dei rapporti tra fonti sovranazionali e fonte nazionale e del ruolo dellinterpretazione conforme condotta dal giudice comune.
2. I rapporti tra norme dellUnione europea e norme degli Stati membri nella prospettiva della Corte di giustizia. Come noto, il rapporto tra Corte di giustizia e Corte costituzionale si è sviluppato essenzialmente sul piano del rapporto tra ordinamenti. Per un lunghissimo periodo, che ha abbracciato larco di trentanni e non si è ancora concluso, ad ogni passo della giurisprudenza della Corte di giustizia verso laffermazione del primato del diritto comunitario su quello degli Stati membri, ha corrisposto una pronuncia della Corte costituzionale che, pur mantenendo un approccio rigorosamente dualistico (in aperta contraddizione, per lo meno sul piano teorico concettuale, con la tesi monista accolta dalla Corte del Lussemburgo) ha reso effettivo, attraverso la propria giurisprudenza, il cammino comunitario del nostro Paese. Così, allaffermazione del principio del primato del diritto comunitario su quello nazionale o del principio delleffetto diretto, attribuito dalla Corte di giustizia alle norme dei Trattati istitutivi e alle norme di diritto derivato, ha fatto eco la Corte costituzionale con una serie di pronunce attraverso le quali è passata da asserzioni decisamente refrattarie alle posizioni comunitarie allattuale totale accettazione, con alcune precisazioni, della tesi della prevalenza del diritto comunitario su quello interno.
Cominciando dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, è ormai consolidata la tesi della preminenza delle norme sovranazionali nei loro rapporti con le norme degli Stati membri. Le considerazioni svolte a questo proposito dalla Corte possono essere trasposte, dopo lentrata in vigore del Trattato di Lisbona, ai rapporti tra norme dellUnione europea e norme degli Stati membri. Nella dichiarazione n. 17 allegata allatto finale della Conferenza di Lisbona si ricorda che, per giurisprudenza costante della Corte di giustizia dellUnione europea, i Trattati e il diritto adottato dallUnione sulla base dei Trattati prevalgono sul diritto degli Stati membri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza. Come precisato da un parere del Servizio giuridico del Consiglio, sebbene il principio della preminenza non trovi enunciazione nei Trattati (a differenza di quanto veniva stabilito nella Costituzione elaborata nel 2004), tale circostanza non altera in alcun modo lesistenza del principio stesso e la Giurisprudenza esistente della Corte di giustizia[3].
La Corte ha elaborato la propria concezione dei rapporti fra norme dellUnione e norme nazionali soprattutto in due sentenze, entrambe rese a titolo pregiudiziale su richiesta di giudici italiani.
Nella prima, la sentenza Costa[4], la Corte muove dalla considerazione che nellistituire la Comunità europea gli Stati membri hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani. Da tale limitazione discende come corollario limpossibilità per gli Stati di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale non potrà essere opponibile allordine comune. In questa pronuncia, come nella giurisprudenza successiva, il fondamento teorico della preminenza delle norme sovranazionali non è individuato in un rapporto di prevalenza (gerarchica o meno) tra norme, ma è tratto dalla costruzione della Comunità come ente superiore, le cui regole si impongono per forza propria. Esse non incontrano nella loro applicazione alcun ostacolo nelle norme interne di qualsiasi rango.
Sotto questo profilo si è, quindi, parlato di una concezione monista[5] della Corte di giustizia, nel senso che, ad avviso di questultima, le prime operano per effetto della loro appartenenza allordinamento sovranazionale e si integrano con le seconde, prevalendo su di esse in caso di contrasto: scaturito da una fonte autonoma, il diritto nato dal Trattato non potrebbe, in ragione appunto della sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità[6].
Le implicazioni derivanti dalla preminenza delle norme dellUnione sono state precisate nella successiva sentenza Simmenthal [7]. In questa pronuncia la Corte stabilisce che in forza del principio della preminenza del diritto comunitario le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno leffetto, nei loro rapporti col diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dellordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie. In altri termini, il regolamento, in quanto fonte direttamente applicabile, prevale sulla norma interna, anche se successiva. Coerente con questo assunto è la definizione del ruolo del giudice nazionale operata dalla Corte. Questultimo ha lobbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore sia successiva alla norma comunitaria.
Lobbligo di applicare la norma sovranazionale in luogo della norma interna con essa contrastante opera in presenza non solo di regolamenti, ma anche di norme aventi effetti diretti. Nella sentenza Fratelli Costanzo[8], la Corte afferma la rilevanza, anche per le autorità amministrative, degli effetti diretti di una direttiva.
Muovendo dal principio della preminenza del diritto dellUnione, gli ulteriori svolgimenti della giurisprudenza della Corte hanno condotto allaffermazione dellobbligo dei giudici nazionali di non applicare le norme dello Stato che, pur senza risultare direttamente in contrasto con la norma europea applicabile alla fattispecie, ne impediscano leffettiva applicazione[9]. Paradigmatica è la sentenza Factortame, resa con riferimento ad una norma del diritto inglese che avrebbe vietato al giudice britannico di sospendere in via cautelare lapplicazione di una disposizione interna finché non fosse accertata la compatibilità con il diritto dellUnione[10]. Ad analoga conclusione la Corte è pervenuta rispetto ad una norma processuale belga che precludeva al giudice nazionale la possibilità di valutare dufficio la compatibilità di un provvedimento di diritto nazionale con una disposizione dellUnione, quando questultima non fosse stata invocata dal singolo entro un determinato termine[11].
3. I rapporti tra norme dellUnione europea e norme interne nella prospettiva della Corte costituzionale. Il riconoscimento della prevalenza del diritto sovranazionale sul diritto nazionale rappresenta lepilogo di un lungo iter giurisprudenziale scandito da quattro fasi[12].
In un primo tempo[13], infatti, la Corte ha impostato su basi paritarie il rapporto tra le fonti dei due ordinamenti, in considerazione dellidentica forza posseduta dalla legge di esecuzione, per il tramite della quale il diritto dellUnione trova ingresso nel nostro ordinamento, e dalle leggi comuni[14]. Sul rilievo che il rapporto era tra una legge ordinaria e la legge di adattamento al Trattato, la Corte ha affermato che, in caso di antinomie tra fonti, doveva essere applicato il principio vigente in materia di successioni di leggi nel tempo. Pertanto, in caso di contrasto tra una norma dellUnione ed una norma interna successiva alla prima, doveva essere applicata la seconda.
La reazione della Corte di giustizia si è manifestata nella sentenza Costa[15]. Ribadendo i principi già affermati nella sentenza Van Gend en Loos[16], in particolare che il Trattato ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato con quelli nazionali, la Corte ha dedotto che gli Stati membri non possono opporre al Trattato leggi interne successive, senza con questo far venir meno la necessaria uniformità ed efficacia del diritto comunitario in tutta la Comunità, nonché il senso della portata e degli effetti attribuiti dallart. 249 TCE (art. 288 TFUE) al regolamento. Da ciò ha tratto la conseguenza che una normativa nazionale incompatibile con il diritto comunitario è del tutto priva di efficacia anche se successiva.
Il contrasto tra Corte di giustizia e Corte costituzionale era, quindi, in origine radicale. In seguito, la Corte costituzionale si è progressivamente allineata alla ricostruzione del rapporto tra fonti sovranazionali e fonti interne costantemente sostenuta dalla Corte di giustizia: quella facente leva sulleffetto diretto e sul primato come elementi intrinseci alle norme comunitarie, in quanto necessari a soddisfare lesigenza fondamentale di uniformità di applicazione e di efficacia allinterno della Comunità.
Con la sentenza Frontini[17], che apre la seconda fase, la Corte modifica il proprio orientamento, confermando lattitudine delle norme comunitarie a derogare alle norme interne con esse incompatibili, affermandone la resistenza rispetto a norme successive in ragione della copertura riconoscibile al diritto comunitario dallart. 11 Cost. In questultima affermazione risiede la novità rispetto al passato ed il fondamento teorico su cui la Consulta imposterà la propria successiva giurisprudenza ispirata al principio del primato del diritto sovranazionale su quello nazionale[18].
La diretta applicabilità della disposizione comunitaria viene ammessa dalla Corte solo con riguardo alle norme comunitarie sopravvenienti, mentre non è stata predicata per il caso inverso. Laddove, pertanto, una legge nazionale avesse disposto in contrasto con norme sovranazionali anteriori, avrebbe dovuto essere sollevata una questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte per violazione dellart. 11 Cost. Il principio del primato del diritto dellUnione incontra, però, un limite nel carattere inderogabile dei principi fondamentali dellordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana, che in nessun caso possono essere intaccati dalle norme sovranazionali, alle quali, pertanto, non potrà essere dato ingresso nel nostro ordinamento laddove con essi incompatibili. La Corte ha, in sostanza, inteso compensare le limitazioni di sovranità, cui fa riferimento lart. 11 Cost., con i c.d. controlimiti, costituiti dai principi che stanno alla base del nostro ordinamento, comunque indisponibili[19].
La pronuncia che dà inizio alla terza fase è la sentenza Granital[20]. Sviluppando il principio della separazione dei due ordinamenti già contenuto in una pronuncia precedente[21], la Corte ha riconosciuto che lordinamento comunitario e lordinamento nazionale sono autonomi e distinti, pur se coordinati tramite una precisa articolazione di competenze. Ne consegue che, laddove vi sia competenza comunitaria in base al Trattato, i giudici comuni e la pubblica amministrazione a fronte di una normativa interna incompatibile con il diritto comunitario direttamente applicabile o dotato di effetti diretti, dovranno procedere senza indugio allapplicazione di questultimo e alla non applicazione della norma interna.
Questa auto-emarginazione dal dialogo con la Corte di giustizia termina con lordinanza 103/2008, con la quale la Consulta ha riconosciuto a se stessa la qualità di giudice in base allart. 267 TFUE (ex art. 234 TCE). Nel caso di ricorso in via principale, essa, infatti, è lunico giudice e se non fosse possibile effettuare il rinvio pregiudiziale sarebbe leso il generale interesse alluniforme applicazione del diritto dellUnione europea[22].
4. Il vincolo dellinterpretazione conforme al diritto dellUnione europea nella giurisprudenza della Corte di giustizia. E enunciazione costante, da parte della giurisprudenza dellUnione europea, lobbligo per il giudice nazionale di far ricorso a tutte le risorse ermeneutiche disponibili al fine di conseguire il risultato voluto dallordinamento dellUnione europea, contribuendo alladeguamento dellordinamento interno allordinamento sovranazionale ed alla realizzazione di una tappa fondamentale del processo di integrazione interordinamentale[23].
Lesigenza di garantire ladeguamento in via interpretativa della norma interna alla diritto sovranazionale si pone soprattutto nei casi di norme dellUnione europea non direttamente applicabili.
Come sarà chiarito in seguito, è con riferimento alle fonti non self-executing che si manifestano le più significative potenzialità applicative del criterio dellesegesi conforme. Più precisamente, nel caso di non corretta trasposizione della direttiva che, pur essendo chiara, precisa ed incondizionata, non può trovare applicazione nei rapporti orizzontali (la direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti), linterpretazione conforme del diritto nazionale può divenire lo strumento della sua, sia pure indiretta, applicazione[24]. Del resto, come affermato dalla Corte di giustizia, la mancanza di effetto diretto non esclude leffetto utile del diritto dellU.E. Come insegna il caso Pfeiffer[25], il giudice nazionale non dovrà limitarsi ad interpretare in modo conforme alla direttiva la normativa di recepimento, ma anche lintero diritto nazionale, per valutare in quale misura possa essere applicato in modo da non pervenire ad un risultato contrario a quello cui mira la direttiva non correttamente trasposta. Lattività ermeneutica si svolge dunque a trecentosessanta gradi, essendo condotta sullintero ordinamento interno, senza la limitazione del riferimento alla norma di recepimento, e riguarda sia le disposizioni anteriori che posteriori alla direttiva di cui trattasi.
Occorre, poi, rilevare che il concetto di interpretazione conforme al diritto dellUnione europea acquista un significato diverso da quello concernente il rapporto fra norma e Costituzione nellordinamento interno. Mentre in questultimo caso mira a salvaguardare lunità e coerenza dellordinamento, tantè che il dubbio di costituzionalità non viene in rilievo (e la relativa questione è inammissibile) se la norma, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, è conforme a Costituzione, nel caso dellordinamento integrato linterpretazione adeguatrice è la chiave che consente di interconnettere disciplina interna e disposizione sovranazionale[26].
Se sul piano dellordinamento interno lesigenza dellinterpretazione adeguatrice sorge solo nel caso in cui si debba prevenire un dubbio di costituzionalità, nellambito dellordinamento integrato rappresenta la fisiologia, nel senso che la norma, essendo la risultante della combinazione di due discipline, va sempre interpretata quale crocevia sovranazionale nazionale. Linterpretazione conforme conferisce unitarietà alla disciplina integrata. Si spiega così perché, su sollecitazione della Corte di giustizia, il canone dellinterpretazione adeguatrice vada sempre più allargando le proprie potenzialità applicative.
4a) Origine e fondamento dellinterpretazione
conforme. Lindagine sullinterpretazione conforme al diritto sovranazionale non
sembra possa prescindere da un preliminare inquadramento delle circostanze cui
è storicamente legata laffermazione dellobbligo dei giudici nazionali di
interpretare la legge in senso conforme al diritto dellUnione europea. Tale
inquadramento risulta utile al fine di chiarire sia gli obiettivi che
allaffermazione di tale obbligo la giurisprudenza comunitaria ha inteso
riconnettere, sia i limiti ai quali lapplicazione del principio in parola è
inevitabilmente avvinta.
La peculiarità
di questo condizionamento ermeneutico rispetto a quelli che orientano altre
tipologie di interpretazioni adeguatrici discende da due circostanze.
In
primo luogo, tale criterio di esegesi si innesta nel tessuto dei rapporti tra
due ordinamenti giuridici, quello nazionale e quello dellUnione europea, ed in
particolare in quel processo di comunitarizzazione del diritto interno che
vuole lattività delle giurisdizioni nazionali teleologicamente orientata a
garantire leffetto utile e luniforme applicazione del diritto europeo
nellambito dellUnione europea.
In
secondo luogo, si nutre degli approdi, in punto di primato ed effetto diretto,
cui è pervenuta la giurisprudenza di Lussemburgo.
La vicenda contingente che
accompagna latto di nascita del rimedio è legata alle sorti delle direttive
non attuate (tempestivamente e/o correttamente), ove non sia percorribile la
strada dallefficacia diretta, in particolare attesa limpossibilità per le
medesime di produrre effetti tra privati[27].
Come infatti chiarito dal giudice di Lussemburgo anche una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una
direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai privati non può
essere applicata come tale nellambito di una controversia esclusivamente tra
privati[28].
La direttiva inattuata, sebbene contenente disposizioni precise ed
incondizionate, non può, quindi, produrre effetti diretti nei rapporti
orizzontali o, comunque, effetti tali da addossare obblighi ai soggetti
privati, i quali non possono essere considerati responsabili della mancata o
non corretta attuazione della direttiva.
La Corte di giustizia ha escluso
lefficacia orizzontale delle direttive non attuate[29]
sulla base di due ordini di considerazioni. In primo luogo in ragione del fatto
che gli obblighi discendenti dalle direttive sono solo di risultato nei
confronti degli Stati nazionali e, quindi, non fanno sorgere obblighi nei
confronti dei singoli. In secondo luogo, lesclusione di effetti orizzontali
viene giustificata dallesigenza di garantire il cittadino, cui non è
imputabile il mancato o lerrato recepimento della direttiva.
Al fine di porre rimedio alla
mancanza di effetti diretti orizzontali delle direttive inattuate, la Corte ha
riconosciuto in capo al giudice nazionale lobbligo di interpretare il diritto
interno in modo conforme al contenuto precettivo della direttiva. Le decisioni
che consacrano lobbligo di interpretazione conforme ripropongono, infatti,
nella parte motiva il seguente passaggio: lobbligo
degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da
questa contemplato, come pure lobbligo loro imposto dallart. 5 del Trattato,
di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire
ladempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri,
ivi compresi, nellambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne
consegue che nellapplicare il diritto nazionale, (
) il giudice nazionale
deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello
scopo della direttiva onde conseguire il risultato contemplato dallart. 189,
terzo comma[30].
Il fondamento dellobbligo di
esegesi conforme al diritto dellUnione europea risiede, quindi, nellobbligo di
leale cooperazione, che ha come destinatari anche i giudici nazionali, i quali
devono adottare tutti i provvedimenti particolari atti a garantire
ladempimento di tale obbligo.
Ulteriore fondamento dellobbligo
di interpretazione conforme viene rinvenuto nella presunzione per cui in sede
di recepimento il legislatore nazionale non ha inteso violare il diritto
sovranazionale, ma conformarsi ad esso[31].
Il canone dellinterpretazione conforme è stato, infatti, applicato dalla
giurisprudenza italiana per risolvere alcuni conflitti tra norme interne ed
impegni internazionali dello Stato, considerando che la norma interna deve
essere interpretata in maniera da darle un significato conforme alla norma
internazionale, presumendosi che il legislatore non abbia inteso violare gli
impegni internazionali dello Stato[32].
Lapplicazione del diritto interno in modo conforme al risultato della
direttiva è, inoltre, espressione del terzo comma dellart. 249 TCE, oggi art.
288 TFUE. Nel prescrivere che la direttiva vincola lo Stato membro cui è
rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la
competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi, la norma
impone a ciascun organo nazionale il perseguimento di quel risultato, nelle
forme ad esso pertinenti, e dunque per ciò che concerne lorgano giudiziario
per via dello strumento interpretativo. Così
fondata, linterpretazione conforme, come sarà chiarito nel prossimo paragrafo,
consente di ottenere effetti orizzontali di tipo indiretto[33].
4b) Lobbligo di
interpretazione conforme come strumento di efficacia indiretta del diritto
dellUnione europea. La
fisionomia dellobbligo di interpretazione conforme è stata, come si è visto, significativamente
condizionata dallesigenza di neutralizzare le conseguenze scaturenti dal
mancato riconoscimento alle direttive di effetti diretti nei rapporti
orizzontali. Nondimeno, occorre evidenziare che si tratta di un principio di
portata generale, operante in quanto tale con riguardo a tutte le norme del
diritto dellUnione europea[34],
indipendentemente dal loro eventuale effetto diretto, ed, in ogni caso,
anzitutto, con riferimento a fonti direttamente applicabili.
In caso di mancanza di efficacia
diretta, la norma sovranazionale può comunque rivestire, nei sistemi giuridici
nazionali, un valore precettivo indiretto ed essere valutata dal giudice nel
risolvere la controversia. Tale valore normativo indiretto si realizza
attraverso lobbligo di esegesi conforme, il quale impone al giudice di
interpretare le disposizioni nazionali in conformità al diritto dellUnione
europea, anche se questo non è direttamente applicabile. Fra le possibili
interpretazioni del testo normativo che viene in rilievo nel caso concreto, il
giudice deve prediligere quella conforme alle prescrizioni del diritto
dellUnione europea.
Lermeneutica conforme
rappresenta, quindi, una sorta di rimedio nazionale alla tutela dei diritti
attribuiti ai singoli dalle direttive, che consente ai giudici nazionali di
realizzare, mediante il ricorso a norme interne, le finalità perseguite dalle
direttive stesse, pur in presenza di loro violazioni da parte dello Stato[35].
La differenza rispetto alla diretta efficacia risiede nel fatto che in questo
caso il giudice applica direttamente la norma sovranazionale, disapplicando
contestualmente la disposizione interna configgente, mentre nel caso di
interpretazione conforme si applica la norma interna, sia pure attribuendole un
significato che consenta di realizzare gi scopi della normativa dellUnione non
direttamente applicabile.
Venendo alla ricognizione del
processo di progressiva affermazione dellobbligo di interpretazione conforme
come strumento di efficacia indiretta, esso trae origine dalla sentenza Von Colson[36],
nella quale la Corte di giustizia ha statuito che spetta al giudice nazionale dare alla legge adottata per lattuazione
della direttiva, in tutti i casi in cui il diritto nazionale gli attribuisce un
margine discrezionale, uninterpretazione ed unapplicazione conformi alle
esigenze del diritto comunitario.
Con la sentenza Marleasing[37]
lobbligo di esegesi conforme è stato esteso anche a disposizioni nazionali
preesistenti rispetto alla direttiva e, quindi, con questa non funzionalmente
collegate. In tale sentenza la Corte ha affermato il principio per cui nellapplicare il diritto nazionale, a
prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla
direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale
alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, onde conseguire il
risultato perseguito da questultima.
Nel caso Velasco Navarro[38] si afferma che fra la data di entrata in vigore e quella della scadenza del termine di recepimento, la direttiva, per i principi che esprime, è ormai entrata nellordinamento dellUnione europea, sicché richiede che la normativa nazionale sia applicata fin dallentrata in vigore della direttiva medesima in modo conforme a quei principi (si trattava del divieto di discriminazione in materia di salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro).
Linterpretazione adeguatrice diventa così la chiave di attuazione del diritto sovranazionale laddove non ricorra lefficacia diretta[39].
Tale fenomeno si verifica anche con riferimento alle decisioni quadro, le quali sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma ed ai mezzi, ma non hanno efficacia diretta. Il vincolo di risultato per lo Stato si traduce, dal punto di vista dellorgano giudiziario, nellobbligo di interpretazione conforme, si afferma nel caso Pupino[40]. In particolare lintero diritto nazionale dovrà essere preso in considerazione per valutare in che misura questultimo possa ricevere unapplicazione tale da non sfociare in un risultato contrario a quello perseguito dalla decisione quadro, nei limiti del rispetto dei principi generali del diritto, ed in particolare di quelli di certezza del diritto e di non retroattività, e con il divieto di non pervenire ad una interpretazione contra legem del diritto nazionale.
Linterpretazione adeguatrice permette, quindi, alla direttiva priva di
efficacia di penetrare nel sistema nazionale, sia perché vengono in questione i
rapporti orizzontali sia perché non è scaduto ancora il termine di recepimento.
4c) I margini di praticabilità
dellesegesi conforme. La
giurisprudenza non manca di circoscrivere puntualmente i margini di
praticabilità di tale risorsa ermeneutica, configurandola come possibile fin dove il diritto nazionale [la consenta]
in quanto le disposizioni pertinenti contengono clausole generali o concetti
giuridici indefiniti[41],
e cioè laddove al giudice sia concesso uno spazio valutativo da utilizzare in
favore del diritto dellU.E.[42].
Lindicazione secondo la quale il giudice deve interpretare le disposizioni
interne quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della
direttiva, varrebbe ad escludere, quindi, la percorribilità di interpretazioni
del testo normativo contra legem. Se linterpretazione conforme venisse
sperimentata anche oltre il limite della possibilità interpretativa si
avrebbe leffetto di attribuire surrettiziamente efficacia diretta a
disposizioni sovranazionali che ne sono prive, con ciò realizzandosi
unoperazione non interpretativa[43].
Lobbligo in discorso viene
quindi meno quando la norma interna appaia assolutamente confliggente con
quella sovranazionale. Al giudice nazionale è, infatti, preclusa una funzione
creativa che abbia leffetto di attribuire un significato comunitariamente
compatibile a disposizioni nazionali che regolino espressamente la fattispecie
in modo manifestamente incompatibile con i precetti sovranazionali.
Il limite di praticabilità
dellesegesi conforme è, quindi, rappresentato dallinterpretazione contra legem.
Occorre, tuttavia, rilevare che,
sebbene la Corte affermi in astratto tale principio, di fatto essa ha imposto
linterpretazione conforme anche in casi in cui questa non risultava affatto
praticabile[44],
facendo rientrare nel concetto di interpretazione conforme anche attività non
inquadrabili tra quelle ermeneutiche.
Così, nel caso Carbonari[45] la Corte ha affermato che spetta al giudice a quo valutare in quale misura linsieme delle
disposizioni nazionali più in particolare, per il periodo successivo alla
loro entrata in vigore, le disposizioni di una legge promulgata al fine di
trasporre la direttiva 82/76 - possa essere interpretato, fin dallentrata in
vigore di tali norme, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, al
fine di conseguire il risultato da essa voluto. In proposito si osserva
che lapplicazione retroattiva delle norme nazionali non è configurabile come
attività ermeneutica[46].
Occorre, poi, prendere in
considerazione il caso Pfeiffer[47],
con il quale è stato compiuto un ulteriore passo in avanti verso
laffrancamento del criterio dellinterpretazione conforme dal limite della
compatibilità. Nel caso esaminato dalla sentenza il giudice a quo chiedeva se si potesse riconoscere
efficacia diretta nei rapporti tra privati ad una direttiva sufficientemente
precisa ed incondizionata, che non era stata correttamente trasposta
nellordinamento tedesco. In tale sentenza la Corte, al fine di ovviare
allimpossibilità di operare unesegesi conforme del diritto nazionale, attesa
la sua totale incompatibilità con la direttiva, ha affermato che oggetto di
esegesi conforme non è solo la norma introdotta per recepire la direttiva, ma
tutto il diritto nazionale: se è vero
che il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale, così
imposto dal diritto comunitario, riguarda in primo luogo le norme interne
introdotte per recepire la direttiva in questione, esso non si limita,
tuttavia, allesegesi di tali norme, bensì esige che il giudice nazionale
prenda in considerazione tutto il diritto nazionale per valutare in quale
misura possa essere applicato in modo tale da non addivenire ad un risultato
contrario a quello cui mira la direttiva[48]. E evidente lulteriore attenuazione del
limite di compatibilità come confine dellobbligo di interpretazione conforme,
potendo questa essere condotta nel contesto di unattività esegetica che prenda
in considerazione tutto lo scibile giuridico di riferimento. Linterpretazione
conforme non risulta, quindi, realizzabile solo quando il giudice, tenuto conto
anche del contesto giuridico generale nel quale si inscrive la disposizione
interpretanda, non possa che prendere atto che questa è manifestamente in
contrasto con la norma sovranazionale non direttamente applicabile.
Con il caso Mangold[49] la Corte va oltre i confini dellinterpretazione conforme ed apre le porte alla non applicazione della norma interna. Anche in tale caso il termine di trasposizione della direttiva non era ancora scaduto. Afferma la Corte, in relazione alla direttiva 2000/78, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, che il principio di non discriminazione, in quanto principio generale del diritto comunitario, non sancito dalla direttiva citata, deve essere rispettato indipendentemente dalla scadenza del termine concesso per il recepimento della direttiva medesima. Ne discende che è compito del giudice nazionale assicurare la piena efficacia del principio generale di non discriminazione in ragione delletà, disapplicando ogni contraria disposizione di legge nazionale, anche in mancanza della scadenza del termine di trasposizione della direttiva.
Indicazioni dello stesso tenore sono contenute nella sentenza Kücükdeveci[50], con la quale la Corte di giustizia ha ritenuto di fare immediata applicazione del principio generale di non discriminazione dopo aver dato atto dellimpossibilità di procedere ad uninterpretazione conforme del dato normativo interno con lo stesso contrastante. Ancora una volta emerge il ruolo fondamentale dellinterpretazione conforme.
Il principio dellinterpretazione conforme non può servire però, come
sopra detto, quale fondamento di una interpretazione contra legem del
diritto nazionale. Se viene in rilievo tale limite, è possibile per il giudice
nazionale, in presenza di un principio generale del diritto comunitario, non
applicare la norma nazionale, introducendo una sorta di sindacato diffuso di
legittimità comunitaria? Il caso Mangold sembra andare in tale
direzione, ma le conseguenze potrebbero essere di ben altra portata, ove si
consideri che lart. 6, par. 3 del Trattato di Lisbona stabilisce che I diritti fondamentali, garantiti dalla
convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà
fondamentali,
fanno parte del diritto dellUnione in quanto principi generali.
La questione da affrontare è allora quella della posizione del giudice
comune nazionale di fronte ai diritti fondamentali che hanno origine
nellordinamento dellUnione europea, ed in generale sovranazionale se si ha
riguardo anche alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
delluomo e delle libertà fondamentali. A seguito dellentrata in vigore del
Trattato di Lisbona, avvenuta il 1° dicembre 2009, si è aperta, infatti, una
nuova prospettiva di analisi, i cui sviluppi sono destinati a riflettersi
inevitabilmente sugli attuali meccanismi di risoluzione dei conflitti fra
disposizioni nazionali e norme della Cedu. Lesplicito richiamo ai diritti
fondamentali quali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti delluomo ha
confermato la natura formale di parametro di legittimità di tali diritti nel
sistema dellUnione[51]. I diritti fondamentali, in quanto principi generali
del diritto dellUnione, si collocano nel sistema delle fonti in posizione
intermedia tra i trattati e il diritto derivato[52]. I diritti Cedu, in quanto ora formalmente qualificati
come principi generali, probabilmente si collocheranno allo stesso livello
gerarchico nel sistema delle fonti. Dallespressa qualificazione dei diritti
Cedu come principi generali del diritto dellUnione europea e dalle statuizioni
contenute nella sentenza Mangold si
potrebbe ricavare, come logico corollario, che i diritti garantiti dalla Cedu
sono suscettibili di ricevere immediata applicazione nel nostro ordinamento,
con disapplicazione della normativa interna con essi in conflitto, a dispetto
di quanto affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze 348 e 349 del
Si consideri che parimenti in base allart. 6 del Trattato di Lisbona lUnione europea, senza che questo modifichi le sue competenze definite dai trattati, aderisce alla Cedu.
Rinviando al prossimo capitolo lanalisi delle problematiche sollevate dal sistema Cedu, giova rimarcare che la stessa giurisprudenza della Corte di Lussemburgo ha finito in concreto, e a dispetto delle affermazioni di principio svolte in punto di possibilità interpretativa, per forzare i limiti dellinterpretazione adeguatrice da essa stessa precedentemente delineati, estendendone il ricorso ad ipotesi di aperta incompatibilità tra i due termini delloperazione esegetica. Il risultato è quello di incoraggiare disapplicazioni sostanziali (anche nei rapporti orizzontali)[53] di norme non direttamente applicabili, attraverso luso di formule che richiamano il giudice al dovere di fare tutto ciò che rientra nella sua competenza, prendendo in considerazione tutte le norme del diritto nazionale[54] al fine di conseguire, attraverso luso dei metodi interpretativi riconosciuti dal diritto nazionale, il risultato prescritto dalla direttiva.
In sostanza, anche per norme prive di efficacia diretta si verrebbe, in casi limite, a determinare unalternativa tra interpretazione conforme e disapplicazione che caratterizza propriamente i rapporti tra norme di diritto interno e norme di diritto dellunione europea direttamente applicabili di cui la prima costituirebbe un passaggio per così dire obbligato, e la seconda lextrema ratio.
La Corte di giustizia ha frequentemente evidenziato lassoluto rilievo di questa partecipazione del giudice comune al processo di comunitarizzazione del diritto interno, sottolineando come lobbligo di offrire uninterpretazione ed unapplicazione conformi alle esigenze del diritto sovranazionale operi non solo con riferimento alle norme primarie[55], di diritto derivato ed in genere agli atti produttivi di effetti giuridici vincolanti, ma anche con riguardo alle raccomandazioni che devono essere prese in considerazione dai giudici al fine della soluzione delle controversie portate al loro esame.
Più in generale si è distinto fra conforming interpretation quale
obbligo di interpretare il diritto interno emanato in attuazione di una
direttiva in conformità della direttiva stessa; indirect effect rilevante
solo per il caso di mancata attuazione di una direttiva ed estrinsecantesi
nellobbligo di interpretare tutte le norme interne in conformità alla lettera
ed allo scopo della direttiva non attuata ed infine Grimaldi effect[56],
con riferimento allobbligo, per il giudice nazionale, di tener contro
delle raccomandazioni che siano chiarificatrici rispetto allinterpretazione di
altre disposizioni.
Prima di concludere sul punto occorre unulteriore annotazione a proposito del discrimen fra caducazione della norma interna e sua interpretazione conforme al diritto dellUnione europea.
Il rimedio caducatorio è considerato dalla Corte costituzionale come sussidiario, potendo esso intervenire solo quando è impossibile uninterpretazione conforme.
Tale aspetto è stato nitidamente colto dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti delluomo che, chiamata a valutare la possibilità di operare un controllo sul rispetto dei diritti umani da parte delle istituzioni dellUnione, ha espressamente evocato, accanto agli effetti diretti del diritto comunitario sulle legislazioni interne, anche leffetto indiretto interprétation conforme fondato sullart. 5 ora art. 10 del Trattato che impone alle autorità nazionali ivi inclusa la giurisdizione- to interpret as far as possible national legislation in the light of the wording and purpose of a relevant directive.
Si tratta, a ben considerare, di un principio generale dellordinamento comunitario che la Corte di giustizia ha ripetutamente confermato, non mancando di estenderlo, negli ultimi tempi, fino a confini dapprima inimmaginabili. Resta dunque da rilevare che, prima del sindacato di costituzionalità che il giudice dovrà sperimentare in caso di assoluta incompatibilità della norma interna con il diritto dellUnione europea non immediatamente operante nel diritto interno (o non dotato di efficacia diretta nei rapporti interprivati), lo stesso giudicante sarà tenuto a compiere unopera di riconduzione esegetica della norma interna ai canoni dellUnione europea.
I limiti dellinterpretazione conforme sono quelli scolpiti dalla stessa giurisprudenza delle Corte di Lussemburgo nel caso Angelidaki[57], ove è stato recentemente chiarito che lobbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nellinterpretazione e nellapplicazione delle norme pertinenti del diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli della certezza del diritto e dellirretroattività, e non può servire a fondare uninterpretazione contra legem del diritto nazionale.
In quella stessa circostanza i giudici dellUnione europea hanno chiarito che il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da questultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da questultima.
Risulta evidente la piena sintonia fra la posizione espressa dalla Corte di giustizia in tema di limiti dellinterpretazione conforme al diritto dellUnione europea con quella sostenuta dalla Corte costituzionale rispetto al tema dellinterpretazione costituzionalmente orientata, secondo la quale lunivoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 218/2008 e n. 26/2010).
In conclusione, fuori dal caso del contrasto insanabile, la Corte di giustizia conferma lobbligo del giudice interno di conformarsi al diritto dellUnione europea, offrendo della norma interna uninterpretazione compatibile col diritto di matrice sovranazionale anche se questo non è dotato di efficacia diretta.
Analogamente fa la Corte costituzionale nel giustificare il proprio intervento caducatorio rispetto alle norme interne contrastanti con il diritto dellUnione europea non dotato di efficacia diretta.
Al di là delle analogie, rimane residuale il sindacato di costituzionalità rispetto ai casi di diritto dellUnione europea non self executing. E infatti evidente che quanto più si estende il raggio operativo della tecnica dellinterpretazione c.d. conforme sulla norma interna, tanto più si riducono i margini del sindacato di costituzionalità.
5. Il vincolo dellinterpretazione conforme al diritto dellUnione europea nella giurisprudenza della Corte di giustizia: processo di interpretazione discendente attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale. Nei casi in cui il giudice nutra un dubbio ermeneutico soccorre lo strumento del rinvio pregiudiziale ai sensi dellart. 267 TFUE (ex art. 234 TCE), il quale risponde alla necessità di garantire luniforme interpretazione dei diritti derivanti dalla normativa dellUnione europea e comporta la necessità per i singoli giudici nazionali di adeguarsi, nella interpretazione delle norme di origine sovranazionale, alla lettura che ad esse è stata data dalla Corte di giustizia o, in mancanza, dal Tribunale di Primo Grado.
La supremazia del diritto dellUnione si manifesta, infatti, su due livelli: il primo è quello normativo, che comprende la dicotomia tra regolamento e direttiva, il secondo è quello del diritto sovranazionale giurisprudenziale, il quale ha acquistato uno spazio altrettanto rilevante. La Corte di giustizia ha, infatti, provveduto a presidiare il proprio ruolo di unica fonte della interpretazione cogente della normativa dellUnione con una speciale configurazione della responsabilità degli Stati membri, i quali sono tenuti a risarcire il danno arrecato ai singoli per violazione del diritto dellUnione perpetrata da organi giurisdizionali di ultima istanza in caso di inosservanza dellobbligo di rinvio pregiudiziale. Nella sentenza Köbler[58] la Corte di Lussemburgo ha affermato che, in considerazione del ruolo essenziale svolto dal potere giudiziario nella tutela dei diritti che ai singoli derivano dalle norme dellUnione, gli Stati membri sono tenuti a riparare i danni causati dalla violazione del diritto sovranazionale anche quando derivino da una decisione di un organo giurisdizionale, sempre che la decisione sia intervenuta ignorando in modo manifesto la giurisprudenza della Corte. Nella sentenza Traghetti del Mediterraneo[59], ha affermato, più in particolare, che non è compatibile con il diritto dellUnione europea lesclusione della responsabilità civile del giudice nel caso in cui lerrore sia dovuto ad unerrata interpretazione di norme di diritto o di valutazione del fatto o delle prove.
Spettando alla Corte di giustizia interpretare ed assicurare lapplicazione del diritto dellUnione in modo conforme in tutti gli Stati membri, qualsiasi sentenza che precisi il significato di una disposizione sovranazionale assume carattere integrativo del diritto dellUnione in quanto, determinandone ampiezza e contenuto, viene ad inscriversi nelle norme interpretate.
Il ruolo privilegiato della Corte di giustizia nellesegesi de diritto dellUnione è stato riconosciuto dalla Corte di cassazione, per la quale alle sentenze della Corte, sia pregiudiziali sia emesse in sede di infrazione, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes allinterno della Comunità[60].
Occorre, poi, rammentare il carattere vincolante che la giurisprudenza costituzionale ha attribuito alle sentenze interpretative della Corte di giustizia, fin dalla sent. n. 113 del 1985 (nello stesso senso, le sentt. nn. 389 del 1989; 132 del 1990; 285 del 1993; 249 del 1995).
Le sentenze della Corte di giustizia possono, pertanto, precisare autoritativamente il significato del diritto dellUnione europea, determinandone lampiezza e le possibilità applicative, con evidenti riflessi sui margini di libertà ermeneutica concessi al giudice nazionale.
Non possono, tuttavia, essere sottaciuti i tentativi del giudice nazionale di produrre tecniche di resistenza allavanzata, sul terreno interpretativo che gli è proprio, della giurisprudenza di Lussemburgo, spesso valendosi di agganci offerti proprio da quest'ultima[61].
Ciò è avvenuto soprattutto attraverso la teoria dellatto chiaro, che esonera l'ultima istanza giurisdizionale dello Stato dallobbligo del rinvio alla Corte di giustizia, quando la corretta applicazione di una disposizione comunitaria si impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi[62]. Nata forse con intenti deflattivi del contenzioso comunitario, essa ha consentito al giudice nazionale di legittimità lesercizio di unautonomia interpretativa, la risposta al quale è forse la già rammentata giurisprudenza Köbler, nella parte in cui si valorizza lomissione del rinvio pregiudiziale quale violazione manifesta del diritto dellUnione.
6. La collocazione della Cedu nel sistema delle fonti interne nella giurisprudenza della Corte costituzionale. Nelle due sentenze 348 e 349 del 2007 la Corte ha individuato nellart. 117, 1°c. Cost. il parametro costituzionale di riferimento delle norme della Convenzione, norme che di volta in volta specificano, integrandone il contenuto, lobbligo generale del legislatore di rispettare gli obblighi internazionali.
Al fine di chiarire il valore della Cedu allinterno del nostro ordinamento la Consulta impiega il concetto di norma interposta, attraendo così nella propria sfera di competenza le c.d. questioni di convenzionalità, ossia il contrasto tra norma interna e norma Cedu. In quanto norme interposte destinate ad integrare il parametro costituzionale, esse si collocano sempre ad un livello sub-costituzionale, con la necessità che siano conformi a tutte le disposizioni della Costituzione.
In caso di contrasto tra una norma interna e una norma Cedu, il giudice comune non potrà procedere alla disapplicazione della prima, ma dovrà sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione dellart. 117, 1 c. Cost.
6a. Segue: della Corte di cassazione. Deve considerarsi ormai acquisito nella giurisprudenza di legittimità il principio della immediata precettività delle norme della Convenzione europea dei diritti delluomo: in una propria sentenza la Corte di cassazione (Cass. pen., Sez. I, 32678/06, Somogyi) ha ricostruito la traiettoria evolutiva della giurisprudenza di legittimità a partire dalle decisioni più risalenti (il primo riconoscimento della immediata precettività della Cedu in seno allordinamento italiano, pari ordinata rispetto a quella delle leggi ordinarie, è in realtà contenuto in Cass. civ., Sez. I, 16.11.1967, n. 2762; cfr. tuttavia, più recentemente, Cass. pen., Sez. IV, 14.7.1982, n. 6978 Iaglietti, Cass. pen., Sez. I, 27.10.1984 Venditti, ma soprattutto Cass. pen., S.U., 23.11.1988 Polo Castro e, in misura ancora più penetrante, Cass. pen., Sez. I, 12.5.1993 Medrano, ove si applica direttamente al caso di specie il principio contenuto nellart. 8 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo e si riconosce alla Convenzione del 1950 una particolare forza di resistenza nei confronti di norme nazionali eventualmente configgenti). Tale attitudine delle norme CEDU viene fondata sullart. 2 Cost., che avrebbe garantito la natura di principi generali dellordinamento italiano alle norme della Convenzione europea. Rispetto alla Convenzione di Roma, più che di prevalenza nel senso sopra indicato, è corretto parlare di particolare forza di resistenza della normativa di origine convenzionale rispetto alla normativa ordinaria successiva. Tale particolare forza di resistenza - che la dottrina generalmente rapporta ora al criterio lex generalis non derogat priori speciali ora alla garanzia costituzionale connessa al principio pacta recepta sunt servanda - è dovuta alla natura di principi generali dellordinamento che alle disposizioni della Convenzione deve essere riconosciuta, in conseguenza del loro inserimento nell'ordinamento italiano. Tale conclusione, che si imponeva da tempo ai sensi dell'art. 2 Cost., ha trovato un esplicito riconoscimento nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità (sent. Nold del 14 maggio 1974; sent. Hauer del 13 dicembre 1979; ecc.). Affermando, invero, di dover tener conto nella sua attività giurisdizionale anche dei principi generali del diritto, sanciti dalla Convenzione europea, la Corte ha in effetti chiarito che di tali principi avrebbero già dovuto tener conto i giudici nazionali (e ciò pur nell'ipotesi in cui non fossero state esaurite le vie di gravame interno e la decisione del giudice nazionale non potesse considerarsi definitiva). E tale conclusione ha ora trovato la sua consacrazione nell'art. F del Trattato di Maastricht, secondo cui l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Secondo la Cassazione, i riferimenti alla Cedu, sia normativi sia giurisprudenziali, nel sistema dellUnione europea consentirebbero alla prima di penetrare nellordinamento italiano veicolata dal diritto dellUnione, beneficiando di conseguenza della speciale copertura costituzionale di cui questultimo gode attraverso lart. 11 Cost.
Lattitudine innovativa delle norme convenzionali in seno allordinamento nazionale nel senso della disapplicabilità da parte del giudice italiano della contrastante normativa italiana è stata affermata anche da Cass. pen., Sez. I, 1.12.2006 Dorigo, ove viene affermato il principio di diritto secondo cui il giudice dellesecuzione deve dichiarare, a norma dellart. 670 c.p.p., lineseguibilità del giudicato quando la Corte europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali abbia accertato che la condanna è stata pronunciata per effetto della violazione delle regole sul processo equo sancite dallart. 6 della Convenzione europea e abbia riconosciuto il diritto del condannato alla rinnovazione del giudizio, anche se il legislatore abbia omesso di introdurre nellordinamento il mezzo idoneo ad instaurare il nuovo processo (corsivo nostro).
La particolare collocazione della normativa della Convenzione è stata peraltro individuata dalla Corte costituzionale ove ha rilevato che si tratta di norme derivanti da una fonte riconducibile a una competenza atipica e, come tali, insuscettibili di abrogazione o di modificazione da parte di disposizioni di legge ordinaria (Corte cost., 19 gennaio 1993, n. 10) e ha più recentemente ricordato la forza giuridica da riconoscere alle norme internazionali relative ai diritti fondamentali della persona (Corte cost., 23 novembre 2006, n. 393), osservando che i diritti umani, garantiti anche da convenzioni universali o regionali sottoscritte dallItalia, trovano espressione, e non meno intensa garanzia, nella Costituzione (cfr. sent. 399/98): non solo per il valore da attribuire al generale riconoscimento dei diritti inviolabili delluomo fatto dallarticolo 2 della Costituzione, sempre più avvertiti dalla coscienza contemporanea come coessenziali alla dignità della persona (cfr. sent. 167/99), ma anche perché, al di là della coincidenza nei cataloghi di tali diritti, le diverse formule che li esprimono si integrano, completandosi reciprocamente nella interpretazione (Corte cost., 22 ottobre 1999, n. 388). Tali principi sono stati recepiti nella giurisprudenza della Corte di cassazione ove si osserva che la legge 648/55, provvedendo a ratificare e rendere esecutiva la Convenzione, ha introdotto nellordinamento interno i diritti fondamentali, aventi natura di diritti soggettivi pubblici, previsti dal titolo primo della Convenzione e in gran parte coincidenti con quelli già indicati nellarticolo 2 della Costituzione, rispetto al quale il dettato della Convenzione assume una portata confermativa ed esemplificativa: con la precisazione che la giurisprudenza di legittimità ha espressamente riconosciuto la natura sovraordinata alle norme della Convenzione sancendo lobbligo per il giudice di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di immediata precettività nel caso concreto (Cass. Civ., S.U., 23.12.2005, n. 28507; Cass. civ., S.U., 26.1.2004, nn. 1338, 1339, 1340, 1341, ove si rinviene largomentazione secondo cui si deve ritenere che i precisi obblighi nascenti dalla Convenzione, e recepiti dalla più recente normativa interna, portino necessariamente a concludere che, in materia di violazione dei diritti umani (e in particolare in presenza di gravi violazioni dei diritti della difesa), il giudice nazionale italiano sia tenuto a conformarsi alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, anche se ciò comporta la necessità di mettere in discussione, attraverso il riesame o la riapertura dei procedimenti penali, l'intangibilità del giudicato.
Occorre, poi segnalare la sentenza 19 luglio 2002, n. 10542 della prima sezione civile, con la quale si afferma che il giudice nazionale, ove ravvisi un contrasto della disciplina nazionale con la CEDU, è tenuto a dare prevalenza alla norma pattizia, che sia dotata di immediata precettività rispetto al caso concreto, anche ove ciò comporti una disapplicazione della norma interna e la già rammentata sentenza 23 dicembre 2005, n. 28507, con la quale le Sezioni Unite civili della Cassazione riaffermano lobbligo di disapplicazione della norma interna incompatibile con la CEDU per un obiettivo di giustizia sostanziale.
La Suprema Corte non esita,
dunque, ad affermare il criterio della prevalenza della norma CEDU e della sua
diretta applicazione nellordinamento interno.
6b. Segue: del Tar e del Consiglio di Stato A
giudizio del T.A.R. Lazio (sentenza 18 maggio 2010 n. 11984), in sede di
ricognizione dei rapporti tra ordinamento interno e sistema Cedu non si può non
tenere conto della profonda novità costituita dallentrata in vigore del
Trattato di Lisbona in particolare nel suo art. 6, parr. 2 e 3 poiché [L]e
norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti
nazionali degli Stati membri dellUnione (
) in forza del diritto comunitario
(
). Si aprono quindi inedite prospettive per la interpretazione conformativa,
ovvero per la possibile disapplicazione, da parte d[el] giudice nazionale,
delle norme nazionali, statali o regionali, che evidenzino un contrasto con i
diritti fondamentali garantiti dalla [CEDU], a maggior ragione quando (
) la
Corte di Strasburgo si sia già pronunciata sulla questione. [C]iò potrà
avvenire in via generale per tutti i diritti fondamentali sanciti dalla
Convenzione, e non più, come è finora avvenuto, solo nei casi in cui un diritto
fondamentale della Convenzione abbia acquisito una specifica rilevanza nel
diritto dellUnione mediante il recepimento in una norma comunitaria, ovvero
mediate il suo impiego, quale principio generale, in una decisione della Corte
di Lussemburgo.
Secondo il ragionamento condotto
dal giudice amministrativo, il riconoscimento dei diritti fondamentali
sanciti dalla Cedu come principi interni al diritto dellUnione, (
) ha
immediate conseguenze di assoluto rilievo, in quanto le norme della Convenzione
divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli stati
membri dellUnione e, quindi, nel nostro ordinamento nazionale, in forza del
diritto comunitario, e quindi in Italia ai sensi dellart. 11 della
Costituzione.
Appare evidente la
predisposizione del giudice amministrativo ad aderire alla tesi che la
disposizione di cui allart. 6, par. 3 TUE abbia prodotto, come effetto
precipuo, la comunitarizzazione, sia pure a livello di principi generali di
diritto dellUnione europea, delle disposizioni della Cedu. Attraverso tale
varco normativo le norme della Convenzione assumerebbero una diretta ed
immediata efficacia allinterno dellordinamento nazionale.
Anche il Consiglio di Stato
(sentenza 22 maggio 2010, n. 1220) sembra aver aderito a tale ricostruzione. In
un passo delle sentenza si legge che in questa fase del giudizio la sezione
deve fare applicazione dei principi sulla effettività della tutela
giurisdizionale, desumibili dalart. 24 della Costituzione e dagli articoli 6 e
13 della Convenzione europea dei diritti delluomo (divenuti direttamente
applicabili nel sistema nazionale, a seguito della modifica dellart. 6 del
Trattato, disposta dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre
2009).
7. Il vincolo dellinterpretazione conforme alla Cedu ed alle sentenze della Corte europea dei diritti delluomo nella giurisprudenza della Corte costituzionale. La Corte costituzionale individua un compito ben preciso che spetta al giudice comune espletare: laddove sia ravvisabile un possibile contrasto tra la norma statale e la disposizione internazionale, prima di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione dellart. 117, 1 c. Cost., il giudice ha il dovere di verificare se tale contrasto non sia in realtà risolvibile in via interpretativa. È, infatti, obbligo del giudice comune interpretare la normativa statale in linea con il diritto internazionale, cercare linterpretazione conforme a tale diritto e, solo ove ciò non sia possibile, rivolgersi alla Corte.
La valorizzazione del potere
interpretativo dei giudici nella giurisprudenza costituzionale è tale che,
nella sentenza
n. 239 del 2009, la Corte si spinge fino al punto di ritenere che
lesperimento del tentativo dinterpretazione conforme alla Convenzione europea
sia una condizione necessaria per la valida instaurazione del giudizio di
legittimità costituzionale, ripetendo lo schema che ormai da anni è utilizzato
a proposito del dovere di interpretazione conforme a Costituzione. Per superare
il vaglio di ammissibilità della questione di legittimità costituzionale,
quindi, il giudice deve dimostrare che il tenore testuale della norma interna o
il diritto vivente eventualmente formato sulla legge interna si oppongono
allassegnazione a tale legge di un significato compatibile con la norma
convenzionale[63].
Peraltro, come la stessa Corte costituzionale esplicitamente sottolinea[64], in relazione alla Convenzione europea dei diritti delluomo, il giudice comune non ha soltanto il dovere di interpretare il diritto interno in modo conforme a quello internazionale, ma deve fare ciò tenuto conto della norma convenzionale come interpretata dalla Corte di Strasburgo.
In realtà, già prima dellintervento della Consulta, il vincolo dellinterpretazione
adeguatrice si era affermato presso i giudici comuni, come confermano, tra le
altre, le sentenze della Corte di cassazione a Sezioni Unite da n.
Con
riferimento alle sole norme convenzionali, la Corte costituzionale precisa che
esse vivono nellinterpretazione che viene data loro dalla Corte europea (così
la sent. n. 348
del 2007, ma similmente anche la sent. n. 349 del
2007[65]),
nel senso che la loro peculiarità, nellambito della categoria delle norme
internazionali pattizie che fungono da norme interposte, consiste nella
soggezione allinterpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati
contraenti, salvo leventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati ad
uniformarsi (sent.
39 del 2008).
Quando
viene in rilievo la Convenzione europea, su tutti gli organi giurisdizionali
nazionali, Corte costituzionale compresa, ciascuno nellesercizio delle proprie
competenze, grava un vincolo interpretativo assoluto e incondizionato alla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo per la determinazione dellesatto
contenuto del vincolo internazionale[66].
La
rigidità di tale condizionamento ermeneutico rappresenta il risultato di un iter
le cui tappe fondamentali si rinvengono nelle sentenze 348 e 349 del 2007, 39/2008, 311 e 317/2009 e 187 e 196/2010.
Nelle sentenze nn. 348 e 349[67] emergeva una funzione interpretativa eminente da parte della Corte europea dei diritti delluomo che si sostanzia anche nel fatto che le norme della CEDU vivono nellinterpretazione che viene data loro dalla Corte europea. La consacrazione del ruolo della giurisprudenza avviene, quindi, per via giurisprudenziale: è una Corte a legittimare un'altra Corte (con affermazioni, si noti, suscettibili di assumere valenza generale, e quindi, all'occorrenza, anche autoreferenziale)[68].
Al riconoscimento della funzione interpretativa eminente della Corte Edu
segue un passaggio in cui si afferma che [s]i
deve (...) escludere che le pronunce della Corte di Strasburgo siano
incondizionatamente vincolanti ai fini del controllo di costituzionalità delle leggi nazionali, dovendosi [t]ale controllo [...] sempre ispirar[e] al
ragionevole bilanciamento tra il vincolo derivante dagli obblighi
internazionali, quale imposto dall'art. 117, comma 1, Cost., e la tutela degli
interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della
Costituzione.
Si
poteva, quindi, ancora legittimamente dubitare della sussistenza di un
monopolio esclusivo, in capo alla Corte europea dei diritti delluomo, circa il
significato da attribuire alla CEDU, senza possibilità alcuna, da parte dei
giudici comuni e specialmente da parte della Corte costituzionale, di integrare
quel significato[69].
Qualche
tempo dopo i dubbi sul punto si sono dissolti quasi del tutto[70].
Il Giudice delle leggi, infatti, nella decisione n. 39 del
2008, facendo dire, attraverso la nota tecnica di citazione manipolativa
del precedente, quanto in realtà non si diceva nelle decisioni del
Un
vincolo interpretativo, dunque, assoluto e incondizionato alla giurisprudenza della
Corte europea in capo ai giudici comuni ed alla Corte costituzionale per quanto
riguarda linquadramento dellesatta portata della norma convenzionale. Vincolo
che non emergeva, invece, dalle decisioni del 2007 e che viene invece ora
confermato dalle decisioni nn. 311 e 317/2009, ove
espressamente si dice che alla Corte costituzionale, salvo ovviamente la
possibilità che una norma Cedu sia in contrasto con la Costituzione, è
precluso di sindacare linterpretazione della Convenzione europea fornita dalla
Corte di Strasburgo, cui tale funzione è stata attribuita dal nostro Paese
senza apporre riserve (sent. 311/09).
La
funzione interpretativa della Corte europea diventa dunque ora talmente
eminente da escludere qualsiasi intervento da parte di altri giudici, comuni e
costituzionali, volto ad una possibile integrazione del significato delle
disposizioni della Convenzione oggetto di interpretazione da parte della Corte
di Strasburgo.
Alla
valorizzazione del vincolo interpretativo nei confronti della giurisprudenza
della Corte europea si accompagna, tuttavia, il riconoscimento della
possibilità che, in determinati casi, la stessa Corte europea dei diritti
delluomo attribuisca agli Stati membri la facoltà di discostarsi dagli
orientamenti di Strasburgo. Ciò può avvenire, come specifica la sentenza n. 311,
in relazione, ad esempio, alla possibilità che per motivi imperativi di
interesse generale, il legislatore si possa sottrarre al divieto, ai sensi
dellart. 6 CEDU di interferire nellamministrazione della giustizia.
Dalle pronunce esaminate emerge la consapevolezza della giurisprudenza costituzionale e di legittimità che il testo della Convenzione europea vive attraverso le pronunce della Corte di Strasburgo che lo animano e riempiono di senso e di significato. Paradigmatica, in questo senso, è la giurisprudenza della Corte Edu sul divieto di tortura. Lart. 3 Cedu vieta la tortura e le pene o trattamenti inumani o degradanti. Attraverso la tecnica di tutela c.d. par ricochet, che consente alla Corte di valutare la conformità a Convenzione anche di istituti o pratiche che non rientrano direttamente nellambito di applicazione dellart. 3, la Corte ha ricondotto al divieto di tortura anche lestradizione o lespulsione dello straniero dal territorio nazionale qualora vi siano fondati motivi di ritenere che lo stesso sia esposto al rischio reale di subire nel Paese di destinazione torture o trattamenti inumani o degradanti (c.d. divieto di refoulement)[71]. Nonostante lassenza di indicazione nel testo dellart. 3, tale estradizione si pone in contrasto con lart. 3, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
Ciò trova conferma nella giurisprudenza nazionale: è raro, infatti, che nella motivazione di un provvedimento giurisdizionale un articolo della Convenzione europea non accompagnato dal riferimento allorientamento della Corte di Strasburgo valga da solo a supportare uninterpretazione conforme alla Convenzione della legge interna o la proposizione di una questione di legittimità costituzionale[72].
La posizione della Corte costituzionale in merito al vincolo ermeneutico gravante sul giudice interno rispetto alla giurisprudenza della Corte Edu risulta recentemente confermata nelle sentenze nn. 187 e 196 del 2010.
Nella prima delle due pronunce la Corte, dopo aver richiamato e ripercorso la giurisprudenza della Corte di Strasburgo pertinente alla disposizione che veniva in rilevo nel caso di specie, afferma che: Lo scrutinio di legittimità costituzionale andrà dunque condotto alla luce dei segnalati approdi ermeneutici, cui la Corte di Strasburgo è pervenuta nel ricostruire la portata del principio di non discriminazione sancito dallart. 14 della Convenzione, assunto dallodierno rimettente a parametro interposto, unitamente allart. 1 del Primo Protocollo addizionale, che la stessa giurisprudenza europea ha ritenuto raccordato, in tema di prestazioni previdenziali, al principio inanzi indicato (in particolare, sul punto, la citata decisione di ricevibilità nella causa Stec ed altri contro Regno Unito).
Nella sentenza n. 196/2010 la Corte afferma che dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, formatasi in particolare sullinterpretazione degli articoli 6 e 7 della Cedu, si ricava, pertanto, il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto.
Le affermazioni contenute nelle sentenze del 2010 sono indicative di come progressivamente il ruolo della Corte di Strasburgo sia cambiato, non tanto nelle modalità di azione, che si concretizzano nellaccertamento e nella condanna delle violazioni della Convenzione, quanto nel significato sempre maggiore assunto dalla sua attività interpretativa. Come è noto, non esiste per la Cedu un meccanismo analogo a quello previsto dallart. 267 TFUE (ex art. 234 TCE), che permetta al giudice di rivolgersi alla Corte qualora abbia un dubbio interpretativo, ma la prassi ha determinato nel tempo un legame altrettanto forte, legame che oggi è espressamente riconosciuto dalla Corte costituzionale.
Il quadro complessivo che risulta dalle due sentenze del 2010 si avvicina, quindi, a quello che era stato delineato da chi aveva previsto che nella misura in cui si afferma negli ordinamenti nazionali il principio di supremazia delle norme internazionali su quelle interne, almeno nella forma del pacta sunt servanda, le pronunce della Corte europea finiranno con lassumere carattere vincolante, sia nel senso di determinare linvalidità delle norme interne ritenute incompatibili con la Cedu, sia nel senso di orientare in funzione della giurisprudenza della Corte linterpretazione delle norme nazionali[73].
Laffermazione secondo cui, in generale, le norme giuridiche vivono nell'interpretazione che ne danno gli operatori del diritto, i giudici in primo luogo e, in particolare, le norme della CEDU vivono nell'interpretazione che delle stesse viene data dalla Corte europea (sicché tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la sottoscrizione e la ratifica della CEDU vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione) sembra portare a compimento e, per così dire, alle sue estreme conseguenze un percorso di acquisizione di consapevolezza del fatto che il diritto, e soprattutto i diritti, sono il frutto dell'interazione (principalmente) di due formanti, ossia le fonti e le corti[74].
Ciò che in questa sede interessa rilevare è che il riconoscimento del ruolo prossimo alla nomofilachia proprio della giurisprudenza della Corte di Strasburgo avviene per via giurisprudenziale: è una Corte a legittimare un'altra Corte.
7a. Segue: della Corte di cassazione. La prospettiva di applicazione della Cedu per il giudice comune resta dunque confinata nellambito dellinterpretazione adeguatrice. Anche in tali confini i risultati possono essere notevoli, come dimostra la giurisprudenza di legittimità sul giudicato penale nei casi di accertamento da parte della Corte europea dei diritti delluomo di condanna in violazione delle regole sul processo equo sancite dallart. 6 della Convenzione e di riconoscimento del diritto del condannato alla rinnovazione del giudizio. Nel caso Somogyi[75] la Corte di cassazione ha rilevato che lautorità del giudicato nazionale non rappresenta un ostacolo allaccoglimento dellistanza di restitutio in integrum, in relazione al carattere non equo del processo celebrato in absentia, perché per principio la sentenza della Corte di Strasburgo entra in collisione con il giudicato. Dovendosi il giudice nazionale conformare alla giurisprudenza di Strasburgo, il procedimento penale, nonostante il giudicato, va riaperto, e lo strumento idoneo al riguardo è lart. 175 c.p.p. (non potendosi desumere la prova della conoscenza effettiva del procedimento e del provvedimento da parte del condannato dalla mera notifica dellestratto contumaciale al difensore dufficio, a meno che la prova della conoscenza non risulti aliunde).
Nel successivo caso Dorigo[76] il giudice di legittimità, sulla base dellinterpretazione adeguatrice dellart. 670 c.p.p., ha ritenuto che il giudice dellesecuzione dovesse dichiarare lineseguibilità del giudicato. Ha affermato la Corte che il diritto alla rinnovazione del giudizio, sorto per effetto della sentenza di Strasburgo, è incompatibile con la persistente efficacia del giudicato, che resta così neutralizzato sino a quando non si forma unaltra decisione irrevocabile a conclusione del nuovo processo.
Del resto, è stato giustamente osservato che è il sistema stesso della Cedu a presupporre il superamento del giudicato: il fatto che la Corte possa essere adita solo dopo l'esaurimento delle vie interne (ex art. 35) implica che essa si pronunci su sentenze divenute definitive nell'ordinamento interno.
Ai fini che interessano in questa sede, il profilo da rilevare è che la Cassazione ha di fatto operato uninterpretazione della normativa interna in senso conforme alla decisione della Corte di Strasburgo, producendo concreti effetti in materia penale e collocandosi, almeno in questo caso specifico, allinterno di quel filone giurisprudenziale che riconosce il valore della funzione nomofilattica della Corte Edu[77].
Il ragionamento condotto, a questi fini, dalla Cassazione fa leva su un duplice argomento: la forza della Convenzione e la forza delle sentenze di Strasburgo. I due profili risultano connessi per effetto dellart. 46.1 della Cedu, che impone alle Alte parti contraenti di conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti.
Per quanto riguarda la forza vincolante della Cedu, i giudici di legittimità evocano il principio della immediata precettività delle norme della Convenzione, per poi riconoscere anche la natura sovraordinata delle stesse rispetto alla legislazione ordinaria ed il potere del giudice di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di immediata precettività nel caso concreto.
Circa il profilo della forza vincolante delle sentenze della Corte Edu, la Cassazione evidenzia il nesso tra monopolio interpretativo della Convenzione spettante alla Corte europea (art. 19 Cedu) e il vincolo per gli Stati membri di ottemperare alle sentenze definitive emesse dalla stessa Corte nei loro confronti (art. 46 Cedu). Lindividuazione di tale collegamento risulta coerente con la consapevolezza che il diritto Cedu non può che essere il diritto vivente di Strasburgo, senza possibilità di uninterpretazione autonoma delle norme convenzionali da parte delle autorità nazionali. Pertanto, la discrezionalità che viene lasciata agli Stati membri nelladempiere ai vincoli derivanti da una sentenza di condanna (art. 46.2 Cedu), non può che mantenersi nei confini fissati nella stessa decisione di Strasburgo[78].
Da ultimo, nel caso Drassich[79] veniva in rilievo una condanna di Strasburgo per giudicato in violazione dellart. 6 della Convenzione per riqualificazione ex officio del fatto nei termini di un più grave reato, precludendo così lestinzione del reato per prescrizione riferibile alloriginario nomen iuris, senza informare linteressato del contenuto dellaccusa elevata contro di lui e senza permettergli di difendersi. La Corte di cassazione ha interpretato lart. 521 c.p.p. sulla possibilità per il giudice di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nellimputazione in modo conforme alla disposizione convenzionale, così come interpretata dalla Corte europea, nel senso che di tale eventualità il giudice deve dare previa informazione allimputato ed al suo difensore, ed ha individuato nellapplicazione analogica dellart. 625 bis c.p.p. sul ricorso straordinario per errore materiale o di fatto il rimedio per procedere alla revoca del solo capo della sentenza di legittimità con cui non era stata attuata la regola violata, senza necessità di disporre un nuovo giudizio di merito e limitando la nuova trattazione del ricorso al punto della diversa definizione giuridica del fatto.
7b. Segue: della Corte di Strasburgo La Corte Edu[80] riconosce nel meccanismo dellinterpretazione conforme una modalità con cui le autorità statali ottemperano allesecuzione delle proprie sentenze, ex art. 46 Cedu[81]. Del resto, solo in tal modo può davvero assumere pregnanza limmagine usata dalla Corte di un giudice comune della Convenzione: lattuazione della Convenzione si realizza in primo luogo attraverso linterpretazione e lapplicazione del diritto nazionale conformemente ai principi Cedu, principi la cui valenza avrà portata ben diversa a seconda che siano genericamente ricavabili dallinsieme dei precedenti di Strasburgo su una data disposizione, ovvero puntualmente fissati in una o più decisioni di condanna dello Stato cui appartiene il giudice (magari con espressa valutazione di illegittimità della normativa nazionale).
Sebbene l'art. 46.1 della Convenzione si riferisca esclusivamente all'obbligo di tener fede alla sentenza dello Stato che è parte del caso, le interpretazioni date dalla Corte nella propria giurisprudenza formano parte integrante delle disposizioni interessate e, di conseguenza, riflettono la forza giuridicamente vincolante della Convenzione, meglio espressa nella formula francese autoritè de la chose interprétée[82].
Una volta recepita la Convenzione nellordinamento interno, e indipendentemente dal rango che le si riconosca nel sistema delle fonti, non sembra si frappongano ostacoli al riconoscimento del valore di precedente vincolante ad una decisione della Corte limitatamente alla definizione della portata normativa della Convenzione stessa. Quando un sistema di garanzia dei diritti si dota di un giudice ad hoc, è difficile negare che a questo spetti lultima parola sul contenuto dei diritti tutelati, anche qualora non si tratti di unautorità giurisdizionale sovraordinata rispetto a quelle nazionali[83].
La sentenza europea finisce, quindi, col divenire parametro di legittimità delle fonti nazionali. Non solo: si ravvisa nei giudici la responsabilità della violazione rendendoli i destinatari primari dellobbligo di dare esecuzione alla sentenza definitiva europea attraverso linterpretazione conforme a Convenzione indicata dalla stessa Corte di Strasburgo[84].
Il primo caso in cui la Corte afferma tale principio è Vermeire c. Belgio[85]. In tale decisione la Corte afferma che, in attesa dellapprovazione della riforma legislativa indicata, il giudice deve interpretare la legge in modo conforme alla Convenzione, al fine di scongiurare il mancato rispetto della Cedu per un tempo indefinito.
Con il caso Pla and Puncernau c. Andorra[86], il giudice di Strasburgo condanna il Principato in quanto la Corte Suprema e la Corte costituzionale avevano interpretato restrittivamente la legge nazionale che di per sé non appariva incompatibile con la Cedu. La Corte di Strasburgo esortava, quindi, le autorità nazionali, in particolare i giudici, ad operare uninterpretazione evolutiva della legge interna, adattandola al contesto sociale corrente qualora si potesse ravvisare una seppur blanda conformità alla Cedu.
Come affermato dalla decisione Scordino[87], spetta alle autorità nazionali interpretare e applicare il diritto nazionale in senso conforme ai principi della Convenzione, ed in particolare ai criteri interpretativi elaborati dalla Corte europea (ma spetta a questultima verificare se si realizzano effetti conformi ai detti principi, di cui la stessa giurisprudenza della Corte costituisce parte integrante).
Sulle orme di tale orientamento, nel caso Dumitru Popescu c. Romania[88], la Corte Edu è giunta ad enunciare un principio che può evocare quello del primato delle fonti dellUnione europea: la Convenzione e la sua relativa giurisprudenza sarebbero direttamente applicabili dai giudici interni, in forza del primato della Cedu in quanto parte integrante dellordine giuridico interno, prescindendo dalla fonte di recepimento della Convenzione[89].
8. La collocazione della Cedu nel sistema delle fonti dopo Lisbona: quali margini per il potere di disapplicazione, da parte del giudice comune, delle norme nazionali incompatibili con la Cedu? In virtù delle modifiche apportate al Trattato UE dal Trattato di Lisbona, ci si chiede se sia possibile prospettare una ricostruzione della posizione della Cedu in ambito interno alternativa rispetto a quella delineata dalla Corte costituzionale nelle sentenze 348 e 349/2007[90].
Lart. 6 TUE è stato, infatti, completamente riscritto e, al paragrafo 2, ora recita: LUnione aderisce alla Convenzione europea dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dellUnione definite nei trattati. Lart. 6, par. 2 pone, quindi, quella base giuridica alladesione in assenza della quale ladesione stessa era stata considerata dalla Corte di giustizia incompatibile con i Trattati vigenti.
Come è noto, verso la metà degli anni novanta la Commissione europea, conformemente al disposto dellart. 300 TCE, richiese alla Corte di giustizia un parere riguardante la compatibilità con i Trattati istitutivi di uneventuale adesione della Comunità europea alla Convenzione. La Corte di giustizia, rendendo il proprio parere in data 28 marzo 1996, diede una risposta negativa. Secondo la Corte, ladesione della Comunità alla Convenzione europea avrebbe condotto ad una modificazione sostanziale del regime comunitario di tutela dei diritti delluomo di sicuro rilievo costituzionale, tale da richiedere una revisione del Trattato, trascendendo i limiti di cui allart. 235 TCE.
Nel momento in cui ladesione dellUnione alla Cedu divenisse effettiva, ci si interroga sul rango che verrebbe ad assumere la Convenzione stessa tra le fonti sul versante interno[91]. Si tratterebbe, infatti, di un trattato cui la stessa Unione sarebbe formalmente vincolata e, pertanto, non sembra che sarebbe possibile mantenere limpostazione adottata con le cd. sentenze gemelle nn. 348 e 349 del 2007 il cui orientamento è stato di recente confermato dalla sent. n. 39 del 2008, nonché dalle sent. nn. 239, 311 e 317 del 2009 della Corte Cost. le quali, come si è visto, hanno attribuito un rango privilegiato al diritto dellUnione europea rispetto a quello della Cedu, qualificata come fonte interposta tra Costituzione e leggi ordinarie. Gli accordi internazionali conclusi secondo le procedure di cui allart. 218 TFUE costituiscono, infatti, unulteriore fonte di norme per lordinamento dellUnione e, dal momento in cui entrano in vigore sul piano internazionale, diventano parte integrante dellordinamento[92].
Lopzione ricostruttiva accolta dal Giudice delle leggi potrebbe, quindi, essere suscettibile di ripensamento alla luce dellart. 6, par. 2 del Trattato UE.
A seguito dellentrata in vigore del Trattato di Lisbona, avvenuta il 1° dicembre 2009, si è aperta, infatti, una nuova prospettiva di analisi, i cui sviluppi sono destinati a riflettersi inevitabilmente sugli attuali meccanismi di risoluzione dei conflitti fra disposizioni nazionali e norme delle Cedu.
Una volta avvenuta ladesione dellUnione alla Cedu, questultima diventerà parte del diritto dellUnione europea. Di conseguenza, potrebbe ipotizzarsi che eventuali conflitti tra norme interne e disposizioni Cedu debbano essere risolti nello stesso modo in cui oggi si risolvono i contrasti con gli atti dellUnione europea[93].
Altra parte della dottrina[94], ritiene che non sia così scontato che alla Cedu possa essere estesa la copertura costituzionale riservata al diritto dellUnione: nel caso italiano potrebbe profilarsi una situazione in base alla quale le norme della Cedu continuino a fungere da norme interposte anche nellambito di applicazione del diritto dellUnione, cosicché eventuali contrasti, nella prospettiva della possibile disapplicazione della norma interna, sarebbero valutati innanzitutto con riferimento alle norme della Carta, che sarebbe il punto di riferimento in materia di diritti umani nel campo di applicazione del diritto dellUnione.
In senso critico, potrebbe osservarsi che proprio la Carta dei diritti fondamentali potrebbe rivelarsi veicolo di ingresso della Cedu nel nostro ordinamento quale fonte di immediata applicabilità, in considerazione del fatto che alla stessa lart. 6, par. 1 TUE attribuisce lo stesso valore giuridico dei trattati. La Carta potrà, pertanto, godere del rango di cui godono i trattati a livello interno in termini di copertura costituzionale, effetto diretto e disapplicazione. Il principio della forza giuridica pari al diritto dellUnione, connessa a quanto prescritto dallart. 52, 3 della Carta (laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono eguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione) potrebbe condurre a riconoscere alla Cedu rilevanza primaria.
In ambito giurisprudenziale, una prima risposta a questi interrogativi può essere rinvenuta nelle sopra citate pronunce del T.A.R. Lazio, sezione II bis (sentenza 18 maggio 2010, n. 11984) e del Consiglio di Stato, sezione IV (sentenza 2 marzo 2010, n. 1220). In particolare il T.A.R. del Lazio ha ricostruito, ai punti nn. 12, 13 e 14, levoluzione dellordinamento in merito allefficacia riconosciuta alle fonti comunitarie, concludendo nel senso che con Lisbona si debba integrare lorientamento di cui alle sentenze nn. 348 e 349 del 2007. Soprattutto in base a questultima, infatti, nel caso di contrasto tra norma interna e norma convenzionale il giudice comune dovrebbe procedere ad uninterpretazione della prima conforme alla seconda, nei limiti del consentito, avvalendosi di tutti gli strumenti di ermeneutica giuridica in suo possesso. Solo quando egli ritenga che non sia possibile comporre il contrasto in via interpretativa, non potendo applicare direttamente la norma Cedu in luogo di quella contrastante (e tantomeno potendo fare applicazione di una norma interna che ritenuta contrastante con la Cedu, e quindi con la Costituzione), dovrà sollevare quesito di costituzionalità in base al parametro di cui allart. 117, 1 c. Cost., ovvero anche 10, 1 c. Cost., se la norma convenzionale è ricognitiva di una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta. Il tentativo giudiziale di interpretazione conforme, pertanto, ai sensi della sent. n. 349 del 2007[95] non va seguito dalla disapplicazione, ma dalla configurazione di una questione di illegittimità costituzionale per violazione della norma interposta.
A giudizio del T.A.R. non si può tuttavia non tenere conto della profonda novità costituita dallentrata in vigore del Trattato di Lisbona in particolare nel suo art. 6, parr. 2 e 3 poiché [L]e norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dellUnione [ ] in forza del diritto comunitario [ ]. Si aprono quindi inedite prospettive per la interpretazione conformativa, ovvero per la possibile disapplicazione, da parte d[el] giudice nazionale, delle norme nazionali, statali o regionali, che evidenzino un contrasto con i diritti fondamentali garantiti dalla [CEDU], a maggior ragione quando [ ] la Corte di Strasburgo si sia già pronunciata sulla questione. [C]iò potrà avvenire in via generale per tutti i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione, e non più, come è finora avvenuto, solo nei casi in cui un diritto fondamentale della Convenzione abbia acquisito una specifica rilevanza nel diritto dellUnione mediante il recepimento in una norma comunitaria, ovvero mediate il suo impiego, quale principio generale, in una decisione della Corte di Lussemburgo.
Chi ritiene che con il Trattato di Lisbona si assisterà ad un mutamento nel quadro delle fonti tuttavia non ritiene che la modifica sia inquadrabile da un punto di vista gerarchico. Il Trattato offrirà, infatti, la possibilità di evocare alternativamente o cumulativamente la Carta, la Cedu e le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Lapplicazione delle fonti sarà allora regolata dal principio dello standard massimo di protezione, senza che sia necessario stabilire alcun ordine gerarchico o definire alcun campo di applicazione differenziato[96].
Occorre, poi, ricordare lorientamento della giurisprudenza di
legittimità volto a riconoscere diretta applicabilità alle norme della Cedu.
Paradigmatica, in questo senso, è la sentenza n. 28507 del dicembre
Prima di concludere, sembra utile menzionare quanto affermato dallo
stesso Governo italiano nella seconda Relazione annuale al Parlamento sullo
stato di attuazione delle sentenze della Corte Edu, trasmessa al Parlamento il
30 giugno
* Università di Bologna
[1] sorrenti g., Linterpretazione conforme a Costituzione, Giuffrè, Milano, 2006.
[2]
datena
a., Interpretazioni
adeguatrici, diritto vivente e sentenze interpretative della Corte
costituzionale, in Corte
costituzionale, giudici comuni e interpretazioni adeguatrici" (Seminario
di studio) (Palazzo della Consulta - 6 novembre 2009), in www.cortecostituzionale.it.
[3] gaja g., adinolfi a., Introduzione al diritto dellUnione europea,
Laterza, Bari, 2010, p. 183.
[4] CGUE,
15.7.1964, causa C- 6/64, Costa.
[5] tesauro g., Diritto dellUnione europea, Cedam, Padova, 2010, p. 205.
[6] CGUE, Costa.
[7] CGUE,
9.3.1978, causa C-106/77, Simmenthal.
[8] CGUE,
22.6.1989, causa C- 103/88, Fratelli
Costanzo.
[9] adam r., tizzano a., Lineamenti di diritto dellUnione europea,
Giappichelli, Torino, 2010, p. 208.
[10] CGUE,
19.6.1990, causa C-213/89, Factortame.
[11] CGUE,
14.12.1995, causa C-312/93, Peterbroeck.
[12] cassese s., Ordine giuridico europeo e ordine nazionale, in Giorn. dir. amm., 2010, p. 419 ss.
[14] costanzo p., mezzetti l. ruggeri a., Lineamenti di diritto costituzionale
dellUnione europea, Giappichelli, Torino, 2008, p. 287.
[15] CGUE, Costa, cit.
[16] CGUE,
5.2.1963, causa C-26/62.
[18] costanzo p., mezzetti l. ruggeri a., Lineamenti di diritto costituzionale
dellUnione europea, cit., p. 288.
[19] costanzo p., mezzetti l. ruggeri a., Lineamenti di diritto costituzionale dellUnione
europea, cit., p. 289.
[22] cassese s., Ordine giuridico europeo e ordine nazionale, cit., p. 420.
[23] acocella c., Interpretazione conforme al diritto comunitario ed efficienza economica:
il principio di concorrenza, in damico m., randazzo b. (a cura di), Interpretazione conforme e tecniche
argomentative, Giappichelli, Torino, 2009, p. 98.
[24] mastroianni r., Conflitti tra norme interne e norme
comunitarie non dotate di efficacia diretta: il ruolo della Corte
costituzionale, in Diritto comunitario e diritto interno. Atti del
seminario svoltosi in Roma Palazzo della Consulta, 20 aprile 2007, Giuffrè, Milano, 2008, p. 355 ss.
[25] CGUE, 5.10.2005, cause C-397/01-C-403/01.
[26] scoditti e., Giudici europei: dialogo
ascendente e discendente. La prospettiva del giudice comune nazionale, relazione allincontro di studio sul tema I giudici e la globalizzazione: il dialogo
tra le corti nazionali e sopranazionali, Roma 22-24 giugno 2009, Consiglio
Superiore della Magistratura, in www.csm.it;. daniele
l., Forme e conseguenze
dellimpatto del diritto comunitario sul diritto processuale interno, in Dir. un. eur., 2001, p. 71 ss.
[27] baratta r, Quali prospettive in tema di effetti c.d. orizzontali di norme di direttive inattuale?, in Riv. dir. int., 1994, p. 487 ss.; MASTROIANNI R., Direttive non attuate, rimedi alternativi e principi di uguaglianza, in Dir. un. eur., 1998, p. 81 ss.
[28] CGUE, 5.10.2005, cause C-397/01-C-403/01, Pfeiffer.
[29] CGUE, 14.4.1994, causa C-91/92, Faccini Dori; CGUE. 7.3.1996, causa
C-192/94, Corte Inglès.
[30] CGUE, 10.4.1984, causa C-14/83, Von Colson et Kamann.; CGUE,
13.11.1990, causa C-106/89, Marleasing; CGUE, 14.7.1994, causa C-91/92, Faccini Dori; CGUE,
23.2.1999, causa C-63/97, BMW; CGUE,
27.6.2000, cause riunite C-240/98-C-244/98, Océano Grupo Editorial e
Salvat Editores,; CGUE, 23.10.2003, causa C-408/01, Adidas Salomon e
Adidas Benelux; CGUE., 9.12.2003, causa C-129/00, Commissione c.
Rep.italiana.
[31] CGUE., 13.11.1990, causa C-106/89, Marleasing; CGUE., 5.10.2005, cause C-397/01-C-403/01,
Pfeiffer.
[32] ruvolo m., Il giudice nazionale a confronto con la nozione di
interpretazione conforme e con la sua particolare applicazione nella
giurisprudenza della Corte di giustizia, in Nuove autonomie, 2006,
p. 249.
[33] tizzano a., La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dellUnione
europea, in Foro. it, 1995, IV,
p. 21 ss.
[34] CGUE, 4.2.1988, causa C-157/86, Murphy.
[35] cafari panico r., Per uninterpretazione conforme, in Dir. pubbl. comp. eur., 1999, p. 383 ss.
[36] CGUE,
10.4.1984, causa C-14/83.
[37] CGUE,
13.11.1990, causa C-106/89.
[38] CGUE,
17.1.2008, causa C-246/06.
[39] castellaneta m., Allassenza
di effetti orizzontali della direttiva supplisce il rimedio dellinterpretazione
conforme, in Guida al diritto, 40/04, p. 115 ss.
[40] CGUE
(grande sezione), 16.6.2005, causa C-105/03, Pupino.
[41] CGUE, 27.10.2005, causa C-212/04, Konstantinos
Adeneler.
[42] CGUE, causa C-14/03, Von Colson.
[43] ruvolo m., Il giudice nazionale a confronto con la nozione di
interpretazione conforme e con la sua particolare applicazione nella
giurisprudenza della Corte di giustizia, cit., p. 250 ss.
[44] CGUE,
25.2.1999, causa C-131/97, Carbonari;
CGUE, 5.10.2005, cause
C-397/01-C-403/01, Pfeiffer.
[45] CGUE, Carbonari.
[46] ruvolo m., Il giudice nazionale a confronto con la nozione di
interpretazione conforme e con la sua particolare applicazione nella
giurisprudenza della Corte di giustizia, cit., p. 267.
[47] CGUE, Pfeiffer.
[48] CGUE, 5.10.2005, cause C-397/01-C-403/01; CGUE, 25.10.2005, causa
C-350/03, Schulte.
[49] CGUE,
22.11. 2005, causa C-144/04.
[50] CGUE,
19.1.2010, causa C-555/07.
[51] adam r., tizzano a., Lineamenti di diritto dellUnione europea, cit., p.
122.
[52] cafari p., tomasi l., Il futuro della Cedu tra giurisprudenza
costituzionale e diritto dellUnione, in Dir. pubbl. comp. eur., 2008, p. 197.
[53] mastroianni r., Efficacia orizzontale del principio di uguaglianza
e mancata attuazione nazionale delle direttive comunitarie, in Diritti
lavori mercati, 2006, p. 442 ss.
[54] ruvolo m., Il giudice nazionale a confronto con la
nozione di interpretazione conforme e con la sua particolare applicazione nella
giurisprudenza della Corte di giustizia, cit., p. 221 ss.
[55] CGUE,
4.2.1988, causa C-157/86, Murphy.
[56] CGUE, 13.12.1989, causa C-322/88, Grimaldi.
[57] CGUE,
23.3.2009, cause da C-378/07 a 380/07.
[58] CGUE,
30.9.2003, causa C-224/01, Kobler.
[59] CGUE,
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Mediterraneo.
[60] Cass,
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[61] bignami m., Linterpretazione del giudice comune nella morsa delle Corti
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[62] CGUE,
6.10.1982, causa C-283/81, Cilfit e
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[63]
savino m., Il cammino
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[64] savino m., op. cit., p. 767 ss.; pollicino o., Corti europee e allargamento dellEuropa. Evoluzioni giurisprudenziali e riflessi ordinamentali, in Dir. un. eur., 2009, p. 1 ss.
[65] penasa s., Tanto rumore per nulla o meglio tardi che mai?
Ancora sulle sentenze 348-349/2007 della Corte costituzionale, tra dubbi
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cannizzaro e., Sentenze della
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[66] dalterio e., Esercizi di dialogo: i rapporti fra Corti europee nel conflitto fra
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[67] angelini f., Lincidenza della CEDU nellordinamento
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[68] sciarabba v., Nuovi punti fermi (e questioni
aperte) nei rapporti tra fonti e corti nazionali ed internazionali, in Giur.
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[69] pollicino o., Margine di apprezzamento, art 10, c.1, Cost. e bilanciamento bidirezionale: evoluzione o svolta nei rapporti tra diritto interno e diritto convenzionale nelle due decisioni nn. 311 e 317 del 2009 della Corte costituzionale?, in https://www.forumcostituzionale.it.
[70] cataldi g., Convenzione euroepa dei diritti umani e
ordinamento italiano. Una storia infinita?, in Dir. um. e dir. internaz.,
2008, p. 330-331.
[71] Corte
CEDU, 7.7.1989, Soering c. Regno Unito;
Corte CEDU, 28.2.2008, Saadi c. Italia.
[72] Cons. St.,
sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 303 e 26 settembre 2008, n. 4660; Cons. St., sez.
VI, 3 aprile 2008, n. 1386, n. 1405, n. 1406 e n. 1407.
[73] sorrentino f., La tutela multilivello dei diritti, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005, p. 95; sciarabba v., Tra
fonti e Corti. Diritti e principi fondamentali in Europa: profili
costituzionali e comparati degli sviluppi sovranazionali, Cedam, Padova,
2008, p. 317.
[74] sciarabba v., Nuovi punti fermi (e questioni
aperte) nei rapporti tra fonti e corti nazionali ed internazionali, cit., p. 3579 ss.
[75] Cass.,
3.10.2006, n. 32678.
[76] Cass., 25.1.2007, n. 2800; guazzarotti a., Il caso Dorigo: una piccola rivoluzione nei rapporti tra CEDU e ordinamento interno?, in Quest. giust., 2007, 159 ss..
[77] campanelli g., La sentenza
129/2008 della Corte costituzionale e il valore delle decisioni della Corte
Edu: dalla ragionevole durata alla ragionevole revisione del processo, in https://www.giurcost.it.
[78] drzemczewsky a., Art.
46. Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze, in bartole s., conforti b., raimondi g. (a
cura di), Commentario alla Convenzione per la tutela dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali, Cedam, Padova. 2001, p. 685 ss.
[79] Cass.,
12.11.2008, n. 45807.
[80] Corte
CEDU, 28.9.1995, Spadea e Scalabrino c. Italia.
[81] padelletti m.l., Lesecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti umani tra obblighi internazionali e rispetto delle norme costituzionali, in Dir. um. e dir. internaz., 2008, p. 357 ss.
[82] drzemczewsky
a., Art. 46, cit., p.
685 ss.
[83] randazzo b., Le pronunce della Corte europea dei diritti delluomo, in zanon n. (a cura di), Le Corti dellintegrazione europea e la
Corte costituzionale italiana, Edizioni scientifiche italiane, Napoli,
2006, p. 315.
[84] palmina t., Gli effetti delle decisioni delle Corti dei diritti: Europa e America a
confronto, in Quad. cost., 2009,
p. 340.
[85] Corte
CEDU, 29.11.1991.
[86] Corte
CEDU, 13.7.2004.
[87] Corte
CEDU, Grande sezione, 29.3.2006, n. 36813, Scordino
c. Italia.
[88] Corte
CEDU, 26.4.2007.
[89] palmina t., Gli effetti delle decisioni delle Corti dei diritti: Europa e America a
confronto, cit., p. 341.
[90] angelini f., Lincidenza della CEDU nellordinamento italiano alla luce di due
recenti pronunce della Corte costituzionale, cit., p. 489.
[91] cataldi g., Convenzione europea dei diritti umani e
ordinamento italiano. Una storia infinita?, in Dir. um. e dir. internaz.,
2008, p. 330-331; gianelli a., Ladesione
dellUnione europea alla CEDU secondo il Trattato di Lisbona, in Dir. un. eur., 2009, p. 678 ss.
[92] CGUE,
11.9.2007, causa C- 431/05, Merck
Genéricos; adam r., tizzano a., Lineamenti di diritto dellUnione europea,
Giappichelli, Torino, 2010, p. 127.
[93] bilancia p., damico m., La nuova Europa dopo il Trattato di Lisbona,
Giuffrè, Milano, 2009, p. 242.
[94] bultrini a., I rapporti fra Carta dei diritti
fondamentali e Convenzione europea dei diritti delluomo dopo Lisbona:
potenzialità straordinarie per lo sviluppo della tutela dei diritti umani in
Europa, in Dir. un. eur., 2009,
p. 706
[95] angelini f., Lincidenza della CEDU nellordinamento italiano alla luce di due recenti pronunce della Corte costituzionale, cit., p. 489.
[96] daniele l., La protezione dei diritti
fondamentali nellUnione europea dopo il Trattato di Lisbona: un quadro
dinsieme, in Dir. un. eur., 2009,
p. 652.