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DANIELE CHINNI

LA CORTE, I PRESUPPOSTI DEL DECRETO-LEGGE E LE TORTUOSE VIE PER IL SINDACATO. RIFLESSIONI A MARGINE DELLA SENTENZA N. 52 DEL 2010*

 

(per gentile concessione della Rivista “Giurisprudenza Italiana”)

 

1. È assai noto come la ritrosia della Corte costituzionale a sindacare i presupposti del decreto-legge derivi in buona parte dalla cautela con la quale il giudice delle leggi ha sempre affrontato i «gangli nodali del rapporto Parlamento-Governo in tema di fonti»[1]. Una ritrosia, peraltro, giustificata anche da ragioni processual-costituzionali, anch’esse ben note: da un lato, se la struttura del giudizio in via incidentale rende assai difficile che la Corte riesca a pronunciarsi sui presupposti di un decreto-legge nei 60 giorni della sua provvisoria vigenza[2], la giurisprudenza costituzionale che reputava la legge di conversione atto di novazione della fonte lo rendeva impossibile una volta intervenuta quest’ultima[3]; dall’altro, il giudice delle leggi ha sempre escluso che le Regioni possano censurare in via principale leggi e atti aventi forza di legge dello Stato per violazione di parametri costituzionali diversi da quelli attributivi di competenze,  ammettendo censure di questo genere solo a partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso[4] e sempre che la supposta violazione si risolva in una «incisione diretta o indiretta delle competenze attribuite dalla Costituzione alle Regioni stesse»[5].

È altresì noto come, a fronte del persistere dell’abuso della decretazione d’urgenza e dopo «un percorso giurisprudenziale assai ondivago e complessivamente segnato da resistenze, timori, minacce mai portate a compimento»[6], tale ritrosia sia stata (almeno parzialmente) vinta[7] [8]. A tal fine la Corte ha valorizzato quanto aveva già affermato nella sentenza n. 29 del 1995[9], «vero e proprio turning point della giurisprudenza costituzionale in tema di decreti-legge»[10]: per un verso, ha limitato il proprio sindacato sui presupposti alla «evidente mancanza» degli stessi, volendo così evitare di sovrapporsi alla «valutazione del tutto diversa e, precisamente, di tipo prettamente politico»[11] compiuta dalle Camere in sede di conversione e, per l’altro, ha ricostruito la legge di conversione non più come novazione della fonte ma quale atto di convalida, di modo che la «evidente mancanza» dei presupposti di cui all’art. 77, comma 2, Cost. si configura quale vizio in procedendo della legge di conversione stessa[12].

In tal modo la Corte ha superato alcune delle segnalate ragioni che l’avevano indotta ad astenersi da un sindacato sulla straordinarietà, necessità e urgenza dei decreti-legge: con l’escamotage della «evidente mancanza»[13] si è ritagliata uno spazio per intervenire pur nel rispetto del rapporto Governo-Parlamento[14]; escludendo che la legge di conversione abbia natura di novazione della fonte ha ritenuto sindacabile la (evidente) carenza dei presupposti anche a conversione avvenuta, così rendendo possibile tale sindacato anche oltre il breve termine di vigenza del decreto-legge. Rimane così insuperata, a oggi, soltanto l’altra delle ragioni processual-costituzionali che a lungo hanno impedito il controllo della Corte sulle condizioni legittimanti l’adozione dei decreti-legge, quella relativa all’impossibilità per le Regioni di fondare ricorsi avverso una disposizione decretizia per violazione dell’art. 77, comma 2, Cost., in quanto parametro costituzionale non attributivo di competenze, a meno che tale violazione non comporti anche la menomazione delle competenze regionali[15]. Ebbene, è proprio in riferimento a quest’ultimo aspetto che sulla sentenza in commento appare utile qualche riflessione.

 

2. La Corte, infatti, dichiara non fondata la censura dell’art. 62 del D.L. n. 112 del 2008 in relazione agli artt. 70 e 77 Cost. ritenendo sussistere oggettivamente le ragioni di straordinaria necessità e urgenza che giustificano il ricorso al decreto-legge[16]: una pronuncia di merito, dunque, e non meramente processuale. Quel che non appare chiaro, però, è il perché la Corte abbia ritenuto possibile sindacare l’esistenza o meno dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza. Abbiamo già visto come la giurisprudenza costituzionale ritenga ammissibile la censura da parte delle Regioni del vizio da carenza dei presupposti del decreto-legge solo qualora si assuma che la violazione dell’art. 77 Cost. abbia determinato una seppur indiretta incisione delle attribuzioni regionali. Trattasi di una vera e propria condizione di ammissibilità della quaestio legitimitatis, di modo che «la regione ricorrente deve articolare il ricorso non soltanto mediante l’indicazione dei motivi per cui essa ritenga che la normativa statale risulti contrastante con i parametri costituzionali invocati, ma altresì specificando le ragioni per cui tale violazione produca una lesione delle proprie competenze costituzionali»[17].

Nella sentenza in commento, tuttavia, a tale condizione di ammissibilità non viene fatto alcun cenno: la Corte si limita a scrutinare la censura di violazione degli artt. 70 e 77 Cost. e a ritenerla infondata per come prospettata dalla Regione ricorrente. Che ciò sia dovuto a una svista è difficile crederlo, dal momento che poco oltre la Corte dimostra di tenere conto della propria giurisprudenza sul punto, dichiarando inammissibili le censure proposte dalla Regione Calabria per violazione degli artt. 23 e 97 Cost. in quanto vengono reputati inesistenti profili di una loro ridondanza sul riparto di competenze legislative Stato-Regioni[18]. Quale la ragione al fondo di due prese di posizione così diverse?

La difesa della Regione Calabria si è mostrata ben consapevole di come intanto si può evocare la violazione di parametri diversi da quelli attributivi di competenze in quanto si riesca a dimostrare che tale violazione ridondi in una compressione delle attribuzioni regionali: difatti, allorché ha censurato le disposizioni del decreto-legge impugnato per violazione dei presupposti di necessità e urgenza ha precisato come «il ricorso al decreto-legge lede direttamente le competenze regionali, anche risolvendosi nell’omissione di qualunque procedura di confronto con la regione, tale da impedire il rispetto del principio di leale collaborazione»[19]; quando ha prospettato la violazione degli artt. 23 e 97 Cost., ha adombrato, da un lato, una lesione diretta di competenze della Regione «quale titolare di autonomia finanziaria e di competenza legislativa concorrente in materia»[20] e, dall’altro, un «frontale contrasto con l’esigenza del puntuale apprezzamento delle esigenze dell'amministrazione regionale» e una «diretta  invasione nel dominio dell’amministrazione regionale, che l’art. 118 Cost. riserva alle regioni stesse»[21]. Come si è visto, però, la censura per mancanza dei presupposti è stata dalla Corte ritenuta ammissibile, per quanto non fondata, mentre diversamente quelle concernenti gli artt. 23 e 97 Cost. sono state dichiarate inammissibili. Al di là delle poche parole spese dalla Corte sia nell’uno che nell’altro caso, deve ritenersi che la motivazione circa la “triangolazione”[22] - ovvero circa la lesione delle competenze regionali attraverso la violazione di parametri costituzionali diversi da quelli attributivi di competenze -  è stata ritenuta sufficiente nel primo caso, carente nel secondo: solo così, difatti, può spiegarsi lo scrutinio nel merito nell’un caso e la decisione processuale nell’altro.

Il punto, però, è che a ben vedere la prospettata violazione di competenze regionali attraverso la violazione dell’art. 77 Cost. più che argomentata è meramente addotta. Non sembra, insomma, che l’argomentazione spesa dalla Regione Calabria per giustificare l’evocazione dell’art. 77 (e dell’art. 70) Cost. a parametro sia così diversa da quelle utilizzate al momento di censurare le norme impugnate per violazione degli artt. 23 e 97 Cost. Peraltro, v’è da osservare che se le argomentazioni proposte dalla regione sono quasi apodittiche ciò non si deve a incuria della difesa regionale, quanto alla stessa regola posta dalla giurisprudenza costituzionale: da tempo si osserva come sia poco chiaro «come la violazione di un parametro costituzionale non riferito alla competenza (…) possa “ridondare” in violazione delle competenze regionali, e quando invece siffatta “ridondanza” non si produca»[23]. La ragione di una diversa decisione a fronte di censure simili sembrerebbe dunque doversi ricercare nell’ambiguità dell’orientamento giurisprudenziale: dinanzi a una regola incerta non sarebbe certo sorprendente un’applicazione allo stesso modo incerta[24].

Sennonché, la sensazione è che in certo qual modo a spingere la Corte verso due prese di posizione così diverse sia stato proprio il parametro evocato. L’evoluzione degenerativa della decretazione d’urgenza, il suo confermarsi (e conformarsi) - anche ai tempi del maggioritario[25] - quale «metodo di legislazione ordinaria»[26], l’impatto - forse ancora oggi troppo sottovalutato - che la riforma del Titolo V ha prodotto (e può produrre) sulle funzioni del decreto-legge[27], da un lato, e il concreto controllo sui presupposti che, finalmente, il giudice delle leggi ha iniziato a esercitare, dall’altro, non è difficile immaginare abbiano portato la Corte a essere particolarmente sensibile dinanzi a un ricorso prospettante la violazione dell’art. 77 Cost. Una sensibilità che si sarebbe tradotta in una valutazione sull’ammissibilità della censura meno rigida di quanto non sia stata con riferimento, invece, agli altri parametri non attributivi di competenze evocati. Se, poi, questo sia stato un atteggiamento strettamente legato alla risoluzione dell’odierna controversia o se, invece, possa ripetersi in futuro, a fronte di nuove censure regionali concernenti decreti-legge (e relative leggi di conversione) che si lamenti essere stati adottati in (evidente) mancanza dei presupposti, non si può certo dirlo ora.

Tuttavia, v’è da segnalare che, se si confermasse un siffatto atteggiamento, per la Corte vi sarebbe un passaggio obbligato. Se infatti “in entrata” la Corte può permettersi di sfruttare le maglie larghe della regola giurisprudenziale, altrettanto non può fare “in uscita”. Altrimenti detto: se nel valutare l’ammissibilità di ricorsi regionali che censurino decreti legge (e relative leggi di conversione) per la carenza dei presupposti la Corte potrà anche essere, come lo è stata nel caso in esame, sufficientemente generosa, non potrà esserlo nella eventualità di una pronuncia di fondatezza, poiché in tal caso avrà l’onere di dimostrare non solo la (evidente) insussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza ma anche che dalla violazione dell’art. 77 Cost. è derivata una lesione della sfera di autonomia regionale: una vera e propria doppia dimostrazione[28]. Insomma, se si tiene ferma la giurisprudenza costituzionale circa i diversi parametri evocabili dallo Stato e dalle regioni in sede di giudizio in via principale[29], seppur mitigata da una «interpretazione più flessibile (…) del vizio di invasione di competenza»[30], qualora si opti per una decisione di accoglimento l’onere di motivazione circa la indiretta lesione delle competenze regionali deve essere pienamente soddisfatto. Sta dunque alla Corte scegliere se scaricare per intero quell’onere sulle regioni ricorrenti - e dunque essere particolarmente esigente vagliando l’ammissibilità delle censure - o se prendersene carico almeno in parte nello stilare la motivazione che sorregge il dispositivo d’annullamento. Quel che è certo è che l’onere della doppia dimostrazione rende il sindacato sui presupposti della decretazione d’urgenza nel giudizio in via principale più complesso di quanto esso già non sia di per sé.

 

3. Della indubbia complessità caratterizzante il controllo sui presupposti della decretazione d’urgenza si coglie un’eco anche nella sentenza in esame. Nella sent. n. 171 del 2007 la declaratoria di incostituzionalità per evidente mancanza dei presupposti è preceduta da un «vero e proprio test di scrutinio»[31] facente leva sulla disomogeneità del decreto-legge impugnato[32], di per sé insuscettibile d’assurgere a vizio di legittimità[33], ma sintomo d’una violazione dell’art. 77 Cost.[34]. Nella sent. n. 128 del 2008 la disomogeneità del decreto-legge è un «elemento ad adiuvandum»[35], ruotando il percorso argomentativo della Corte sulla dimostrazione della «carenza in sé di necessità ed urgenza»[36] della disposizione censurata, pur fondata su una valutazione circa i «profili della congruità e della pertinenza delle disposizioni rispetto al fine, determinato dal Governo»[37].

Nella sentenza in commento la Corte si limita ad affermare che «la disciplina introdotta con le disposizioni del censurato art. 62 è diretta a contenere l’esposizione delle Regioni e degli altri enti locali territoriali a indebitamenti che, per il rischio che comportano, possono esporre le rispettive finanze ad accollarsi oneri impropri e non prevedibili all’atto della stipulazione dei relativi contratti aventi a oggetto i cosiddetti derivati finanziari. Sussistono, pertanto, oggettivamente quelle ragioni di straordinarietà e urgenza che giustificano il ricorso al decreto-legge, volto, da un lato, alla disciplina a regime del fenomeno e, dall’altro, al divieto immediato per gli enti stessi di ricorrere ai predetti strumenti finanziari».

La motivazione è dunque senz’altro più stringata che nelle sentt. nn. 171 del 2007 e 128 del 2008, limitandosi alla ricostruzione della ratio legis e alla successiva dichiarazione di sussistenza oggettiva dei casi straordinari di necessità e urgenza che abilitano il Governo ad adottare decreti-legge, senza che venga fatto alcun riferimento esplicito a indici intrinseci o estrinseci al decreto, come invece era accaduto allora. Che di vera valutazione oggettiva della sussistenza dei presupposti si tratti sia però lecito dubitare[38]: la Corte, difatti, la dichiara in maniera alquanto apodittica, senza addurre alcun elemento a sostegno. Più probabilmente, anche in questa occasione, e pur nel silenzio del giudice delle leggi sul punto, la valutazione è stata tutta «“per linee interne” alla normazione»[39], optando la Corte per un riscontro di congruenza tra la ratio della disposizione decretizia impugnata e la straordinaria necessità e urgenza, addotta dal Governo nel preambolo del decreto stesso, «di emanare disposizioni per garantire la stabilizzazione della finanza pubblica, al fine di garantire il rispetto degli impegni in sede internazionale e europea indispensabili, nell'attuale quadro di finanza pubblica, per il conseguimento dei connessi obiettivi di stabilità e crescita assunti». Insomma, al di là delle locuzioni verbali utilizzate dalla Corte non è (ancora) tempo per un giudizio oggettivo sulla sussistenza dei presupposti, per l’utilizzo del «parametro fattuale»[40]: il sindacato concreto sul vizio da «evidente mancanza» è appena agli esordi, le difficoltà che lo circondano sono tutt’altro che banali[41] - se non altro perché in quest’ambito è davvero sottile la distinzione tra giudizio politico e giudizio costituzionale[42] - lo strumentario per effettuarlo deve ancora essere affinato e completato e di quest’ultimo lo stesso giudice delle leggi deve ancora prendere a pieno contezza[43].



* I giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 62, commi 01, 1, 2 e 3 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell’art. 3 della L. 22 dicembre 2008, n. 203 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2009), sono stati promossi dalla Regione Veneto e dalla Regione Calabria con, nel complesso, ricorsi rispettivamente notificati il 20 ottobre 2008 e il 27 febbraio 2009, depositati in cancelleria il 22 e il 29 ottobre 2008 e il 6 marzo 2009, iscritti ai nn. 70 e 86 del registro ricorsi 2008 e al n. 19 del registro ricorsi 2009, e pubblicati nella Gazz. Uff., n. 50, I Serie speciale, dell’anno 2008 e nn. 1 e 15, I Serie speciale, dell’anno 2009. Il testo della sentenza in epigrafe è disponibile sul sito www.giurcost.it.

[1] Celotto, La «storia infinita»: ondivaghi e contraddittori orientamenti sul controllo dei presupposti del decreto-legge, in Giur. Cost., 2002, 137.

[2] V. sul punto Vizioli, I decreti-legge, in L’accesso alla giustizia costituzionale: caratteri, limiti, prospettive di un modello, a cura di Romboli, Napoli, 2006, 400 e segg.

[3] Così, e per molti anni, a partire da Corte cost., 23 aprile 1986, n. 108, in Giur. It., 1986, I, 961, nonché in Giur. Cost., 1986, 582 e segg. con osservazione di Raveraira, Necessità ed urgenza dei decreti-legge e legge di conversione.

[4] Cfr. Corte cost., 10 marzo 1988, n. 302, in Giur. It., 1988, I, 611, nonché in Giur. Cost., 1988, 1222 e segg. con osservazione di Pace, Sulla declaratoria d’incostituzionalità di una disposizione ormai inefficace di un decreto-legge, già radicalmente emendato; sulla competenza delegata «concorrente» in materia paesaggistica e sul «messaggio» della Corte costituzionale contro la reiterazione dei decreti-legge.

[5] Il principio è oramai assolutamente pacifico nella giurisprudenza costituzionale. Sul punto v. Dal Canto-Rossi, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via principale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2005-2007), a cura di Romboli, Torino, 2008, 248; Padula, art. 127, in Comm. Cost., a cura di Bartole, Bin, 2008, 1134 e segg.

[6] Carnevale, Considerazioni sulle più recenti decisioni della Corte costituzionale in tema di sindacato sui presupposti del decreto-legge (sentt. nn. 171 del 2007 e 128 del 2008). Per un tentativo di lettura combinata, in www.forumcostituzionale.it. Per una attenta ricostruzione e analisi della giurisprudenza costituzionale sul decreto-legge a partire da metà anni Novanta v. Romboli, Decreto-legge e giurisprudenza della Corte costituzionale, in L’emergenza infinita. La decretazione d’urgenza in Italia, a cura di Simoncini, Macerata, 2006, 107 e segg.; Id., Il controllo della decretazione d’urgenza da parte della Corte costituzionale: dal biennio 1995-96 a quello 2007-08 e una postilla sull’utilizzo del decreto legge nella vicenda Englaro, in Temi e questioni di attualità costituzionale, a cura di Panizza, Romboli, Padova, 2009, 269 e segg.; Rauti, La giurisprudenza costituzionale in tema di decreti-legge ed i suoi problematici riflessi sulla forma di governo, in La ridefinizione della forma di governo attraverso la giurisprudenza costituzionale, a cura di Ruggeri, Napoli, 2006, 35 e segg.

[7] Corte cost., 23 maggio 2007, n. 171, in Giur. It., 2007, 2675, con nota di Carnevale, Il vizio di “evidente mancanza” dei presupposti al debutto quale causa di declaratoria di incostituzionalità di un decreto-legge. Il caso della sentenza n. 171 del 2007. V. anche Romboli, Una sentenza “storica”: la dichiarazione di incostituzionalità di un decreto-legge per evidente mancanza dei presupposti di necessità e di urgenza, in Foro It., 2007, I, 1986 e segg.; Ruggeri, Ancora una stretta (seppur non decisiva) ai decreti-legge, suscettibili di ulteriori, ad oggi per vero imprevedibili, implicazioni a più largo raggio (a margine di Corte cost. n. 171 del 2007), ibidem, 2664 e segg.; Celotto, C’è sempre una prima volta… (La Corte Costituzionale annulla un decreto-legge per mancanza dei presupposti), in Cass. Pen., 2007, 3599 e segg.; Cerase, Una sentenza importante anche (e, forse, soprattutto) per i penalisti, ibidem, 3605 e segg.; Sorrentino, Ancora sui rapporti tra decreto-legge e legge di conversione: sino a che punto i vizi del primo possono essere sanati dalla seconda?, in Giur. Cost., 2007, 1676 e segg.; Monaco, Decreto-legge, legge di conversione e legge di sanatoria di fronte al sindacato della Corte costituzionale, in Dir. Pubbl., 2007, 581; Concaro, La Corte costituzionale e il decreto-legge privo dei presupposti di necessità ed urgenza, in Quad. cost., 2007, 831 e segg.; Guazzarotti, Il rigore della Consulta sulla decretazione d’urgenza: una camicia di forza per la politica?, in www.forumcostituzionale.it; Paterniti, Dalla astratta sindacabilità al concreto sindacato del decreto legge privo dei presupposti costituzionali: la Corte Costituzionale passa alle vie di fatto, ivi; Dickmann, Il decreto-legge come fonte del diritto e strumento di governo, in www.federalismi.it; Boccalatte, Tra norma e realtà: riflessioni sulla motivazione del decreto-legge alla luce della sentenza n. 171/2007, ivi.

[8] Corte cost., 30 aprile 2008, n. 128, in Giur. It., 2008, 2670, con nota di Chinni, Un passo avanti (con salto dell’ostacolo) nel sindacato della Corte costituzionale sui presupposti della decretazione d’urgenza. Sulla stessa sentenza, però, v. anche Carnevale, Considerazioni, cit.; Romboli, Ancora una dichiarazione di incostituzionalità di un decreto legge (e della legge di conversione) per evidente mancanza dei presupposti: qualche interrogativo sul significato e sugli effetti di alcune affermazioni della Corte, in Foro It., 2008, I, 3044 e segg.; Celotto, Carlo Esposito, le «condiscendenti elaborazioni dei costituzionalisti» e il sindacato sui presupposti del decreto-legge, in Giur. cost., 2008, 1502 e segg.; Ruggeri, “Evidente mancanza” dei presupposti fattuali e disomogeneità dei decreti legge (a margine di Corte cost., n. 128 del 2008), in Foro It., 2008, 3048 e segg.; Baldazzi, Quando i casi di scuola diventano casi concreti, in www.forumcostituzionale.it;  De Palma, Nuovi sviluppi per il sindacato ex art. 77 Cost. (cala, forse, il sipario sul “caso Petruzzelli”), in www.giustamm.it.

[9] Corte Cost., 27 gennaio 1995, n. 29, in Giur. It., 1995, 394, con nota di Celotto, Rilevanti aperture della Corte costituzionale sulla sindacabilità dei decreti legge.

[10] Siclari, La «evidente mancanza» dei presupposti di necessità e urgenza dei decreti-legge, in Gazz. giur., 1996, n. 38, 2.

[12] Tale orientamento, ora decisamente confermato con le recenti sentenze nn. 171 del 2007 e 128 del 2008, ha fatto fatica ad affermarsi. La Corte sembra smentirlo già con la celeberrima sentenza 24 ottobre 1996, n. 360 (in Giur. It., 1996, I, 529, con nota di Celotto nonché in Giur. cost., 1996, 3147 e segg., con osservazioni di Sorrentino, La reiterazione dei decreti-legge di fronte alla Corte costituzionale; Cicconetti, La sent. n. 360 del 1996 della Corte costituzionale e la fine della reiterazione dei decreti-legge: tanto tuonò che piovve), laddove afferma che il vizio da reiterazione del decreto-legge è sindacabile soltanto prima della conversione in legge dell’ultimo dei decreti reiteranti (ma per un tentativo di lettura “conciliante” dei diversi orientamenti v., per tutti, Romboli, L’efficacia sanante dei vizi formali del decreto legge da parte della legge di conversione: è davvero cancellata la sent. n. 29 del 1995?, in Giur. cost., 1997, 910 e segg.). Ma, soprattutto, in più d’una occasione l’efficacia sanante della legge di conversione è riaffermata anche con riferimento alla carenza dei presupposti ex art. 77 Cost.: sul punto v. Celotto, La «storia infinita», cit., 133 e segg.

[13] Che si tratti di un vero e proprio escamotage lo testimonia la circostanza che «sul piano teorico, occorrerebbe spiegare perché, mentre per tutte le altre disposizioni della Costituzione è sufficiente la violazione, per il solo art. 77 occorre questo requisito aggiuntivo della evidente violazione» (Simoncini, Tendenze recenti della decretazione d’urgenza in Italia e linee per una nuova riflessione, in L’emergenza infinita, cit., 40-41).

[14] Sul rapporto intercorrente tra decreto-legge e forma di governo v. Pizzorusso, I controlli sul decreto legge in rapporto al problema della forma di governo, in Politica del Diritto, 1981, 301 e segg.; Silvestri, Alcuni profili problematici dell’attuale dibattito sui decreti-legge, in Quad. cost., 1996, 421 e segg.; Celotto, L’«abuso» del decreto-legge. Profili teorici, evoluzione storica e analisi morfologica, Padova, 1997, 316 e segg.; Colavitti, Decretazione d’urgenza e forma di governo, in Dir. e Società, 1999, spec. 334 e segg.; Pitruzzella, Decreto-legge e forma di governo, in L’emergenza infinita, cit., 63 e segg. Di «palesi ed imponenti» ricadute dell’abuso del decreto-legge sulla forma di governo avvertiva Paladin, Atti legislativi del Governo e rapporti fra i poteri, in Quad. cost., 1996, 12.

[15] Con specifico riguardo all’art. 77 (e all’art. 76) come parametro nel giudizio in via principale v. Lamarque, Gli artt. 76 e 77 Cost. come parametri nel giudizio in via principale. Le oscillazioni della giurisprudenza costituzionale, in I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso le fonti del diritto. La prospettiva della giurisprudenza costituzionale, a cura di Cocozza e Staiano, Torino, 2001, 513 e segg., la quale peraltro ritiene che dovrebbe essere «radicalmente inammissibile ogni censura regionale incentrata sull’art. 77 Cost.» dal momento che presiedendo i presupposti di validità del decreto-legge esclusivamente ai rapporti fra Parlamento e Governo, la loro mancanza «non è in grado di incidere, indipendentemente dalle concrete statuizioni dell’atto, sulla suddivisione costituzionale delle competenze fra Stato e Regioni» (522-523).

[16] Considerato in diritto, § 4.1.

[17] Dal Canto-Rossi, Il giudizio, cit., 248 e seg.

[18] Considerato in diritto, § 6.

[19] Ricorso n. 86 del 2008, § 1.1.

[20] Ricorso n. 19 del 2009, § 1.3.

[21] Ricorso n. 86 del 2008, § 1.2.

[22] Questa la felice immagine geometrica utilizzata da Rossi, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via principale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1996-1998), a cura di Romboli, Torino, 1999, 244.

[23] Dal Canto-Rossi, Il giudizio, cit., 248.

[24] Lamarque, Gli artt. 76 e 77 Cost., cit., 522.

[25] Sulle palesi contraddizioni esistenti tra l’indubbio rafforzamento del Governo a seguito dell’avvento delle logiche maggioritarie e il persistente abuso del decreto legge v. Pitruzzella, Decreto-legge, cit., 63 e segg.

[26] Modugno, Analisi delle disposizioni della legge 400/88 relative alla potestà legislativa del Governo. Considerazioni critiche, in Scritti in onore di Giuseppe Guarino, Padova, 1998, 64.

[27] Cfr., per tutti, Concaro, Decreto-legge e nuovo Titolo V della Costituzione, in L’emergenza infinita, cit., 137 e segg.

[28] In verità, la doppia dimostrazione potrebbe essere necessaria per motivare anche una pronunzia di rigetto. Potrebbe accadere, infatti, che la Corte, a fronte di un ricorso regionale ben motivato tanto in relazione alla «evidente mancanza» quanto alla indiretta lesione di attribuzioni regionali, ritenga fondata la censura in relazione alla carenza dei presupposti ma che, viceversa, reputi che la violazione dell’art. 77 Cost. non “ridondi” in violazione di competenze regionali. Una doppia dimostrazione, in altri termini, non convergente: la prima, tesa a motivare circa l’«evidente mancanza» dei presupposti, la seconda, circa la non “ridondanza” della violazione dell’art. 77 Cost. in lesione di competenze regionali. Sennonché, la singolarità della situazione che ne deriverebbe - una incostituzionalità accertata ma non dichiarata di una disposizione decretizia adottata in (evidente!) mancanza dei presupposti - induce a ritenere che la Corte opererà per evitarla, facendo un sapiente utilizzo di pronunce di inammissibilità e infondatezza.

[29] Giurisprudenza talmente consolidata da resistere anche alla riforma costituzionale del 2001: cfr. Corte Cost.  24 luglio 2003, n. 274, in Giur. cost., 2003, 2238 e segg., con osservazioni di Anzon, I limiti attuali della potestà esclusiva delle Regioni (e Province) ad autonomia speciale e i vizi denunziabili dallo Stato ex art. 127 Cost.: due importanti punti fermi nella giurisprudenza della Corte; Gemma, Vizi di leggi regionali ed impugnativa statale: la Corte ha sentenziato, e correttamente; Dickmann, Gli organi dello Stato sono chiamati a garantire le istanze unitarie della Repubblica.

[30] Anzon, Il giudizio in via di azione nel dialogo tra la Corte e la dottrina nelle pagine di «Giurisprudenza costituzionale», in Corte costituzionale e processo costituzionale nell’esperienza della Rivista «Giurisprudenza costituzionale» per il cinquantesimo anniversario, a cura di Pace, Milano, 2006, 6.

[31] Carnevale, Il vizio di “evidente mancanza”, cit., 2684.

[32] In tal senso Carnevale, Il vizio di “evidente mancanza”, cit., 2683 e segg.; Celotto, C’è sempre una prima volta…, cit., 3603; Romboli, Una sentenza “storica”, cit., 1990. Criticamente Ruggeri, Ancora una stretta, cit., 3048.

[33] Come pure invece potrebbe sostenersi: cfr. Modugno, Le fonti del diritto, in Lineamenti di diritto pubblico, a cura di Modugno, Torino, 2008, 133.

[34] Sul punto già Raveraira, Il problema del sindacato di costituzionalità sui presupposti della «necessità ed urgenza» dei decreti-legge, in Giur. Cost., 1982, 1462; Angiolini, Attività legislativa del Governo e giustizia costituzionale, in Rivista di Diritto Costituzionale, 1996, 231; Celotto, L’«abuso», cit., 450 e segg.

[35] Carnevale, Considerazioni sulle più recenti decisioni, cit., 11.

[36] Celotto, Carlo Esposito, cit., 1503. Nello stesso senso Carnevale, Considerazioni sulle più recenti decisioni, cit., 11 e segg.; Chinni, Un passo avanti, cit., 2674 e segg.; Baldazzi, Quando i casi di scuola, cit., 4 e segg.; Contra però Ruggeri, “Evidente mancanza”, cit., 3048 e segg.; Romboli, Ancora una dichiarazione, cit., 3044.

[37] Raveraira, Il problema del sindacato, cit., 1462. Analogamente Zagrebelsky, Manuale di diritto costituzionale, I, Il sistema delle fonti del diritto, Torino, 1990, 178.

[38] Può solo salutarsi con favore l’utilizzo dell’avverbio oggettivamente a fronte del riferimento a una urgenza sia pure relativa ch’era stato invece compiuto nella sent. n. 128 del 2008 e che immediatamente aveva fatto pensare alla nota distinzione tra necessità relativa e necessità assoluta teorizzata da Esposito, Decreto-legge, in Enc. Dir., 1962, 834 e seg.: cfr. al riguardo Carnevale, Considerazioni sulle più recenti decisioni, cit., 14; Celotto, Carlo Esposito, cit., 1503 e segg.

[39] Carnevale, Considerazioni sulle più recenti decisioni, cit., 11.

[40] Ruggeri, La Corte e le mutazione genetiche dei decreti-legge, in Rivista di Diritto Costituzionale, 1996, 289.

[41] Tant’è che anni addietro, pur ritenendo possibile il controllo sui presupposti da parte della Corte, si è visto nella revisione dell’intero sistema delle fonti o dell’art. 77 Cost. l’unico rimedio realmente efficace all’abuso della decretazione d’urgenza: cfr. rispettivamente Tarchi, Incompetenza legislativa del Governo, interposizione del Parlamento e sindacato della Corte costituzionale, in Giur. cost., 1988, 977; Modugno-Celotto, Rimedi all’abuso del decreto-legge, ivi, 1994, 3245.

[42] Rauti, La giurisprudenza costituzionale, cit., 61 e seg.

[43] Cfr. Corte cost., 18 luglio 2008, n. 294, in Giur. cost., 2008, 3247, ove in un passo del Considerato in diritto la Corte sembrerebbe affermare che la declaratoria d’illegittimità contenuta nella sent. n. 171 del 2007 sia derivata «da due distinti motivi di illegittimità costituzionale: in primo luogo, la «evidente estraneità» rispetto al contesto di quanto disciplinato dal decreto-legge; in seconda battuta, la «evidente carenza» del caso straordinario di necessità ed urgenza» (Boccalatte, La Corte manipola se stessa: la disomogeneità (evidente?) come motivo di illegittimità dei decreti-legge?, ibidem, 3979).