Nella sent. n. 183 del 2024, la Corte costituzionale ricorda, in primo luogo, di essere stata spesso chiamata a scrutinare leggi regionali emanate prima della riforma del Titolo V, ma censurate per violazione dei nuovi parametri di riparto delle competenze, evocati da soli oppure unitamente ai precedenti e che, in tal caso, lungi dall’affermare un principio generale in ordine all’applicabilità del vecchio o del nuovo Titolo V, ha privilegiato un approccio basato sulla verifica della persistenza, nel passaggio dall’uno all’altro sistema di riparto delle competenze, di limiti posti sin dall’origine all’esercizio della potestà legislativa regionale. Ciò che permette di riferire lo scrutinio anche (o soltanto) ai parametri sopravvenuti.
La Corte argomenta quindi, alla luce dei parametri evocati dallo Stato ricorrente, come la tutela della concorrenza di cui ragiona l’art. 117, comma 2, lett. e), Cost., potesse considerarsi implicato già dal sistema antecedente la riforma del Titolo V per ragioni sia intrinseche, sia eurounitarie. Di qui, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1, lett. i), della legge della legge umbra n. 17 del 1994, in quanto richiedente il requisito della residenza in uno dei Comuni della Regione Umbria» come necessario al fine dell’iscrizione nel ruolo dei conducenti per il servizio di taxi e per quello di noleggio di veicoli con conducente: requisito ritenuto lesivo anche del canone della ragionevolezza ex art. 3 Cost., poiché sproporzionato rispetto allo scopo perseguito.