Nella sent. n. 117 del 2024, la Corte costituzionale, nell'ambito di un conflitto di attribuzioni tra AG e Senato, ritiene sussistente la menomazione delle proprie attribuzioni lamentata dal Giudice dell’udienza preliminare, in relazione al non corretto esercizio, da parte del Senato della Repubblica, del potere a questi assegnato dall’art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, in relazione alla qualificazione delle intercettazioni in esame come aventi natura indiretta. Ciò in quanto l’ingresso del parlamentare nell’area di ascolto delle autorità inquirenti è stato del tutto occasionale, non sussistendo alcuno degli elementi sintomatici che inducono a ritenere che il reale obiettivo delle autorità preposte alle indagini sia stato di accedere indirettamente alle comunicazioni in questione. Un'ulteriore menomazione delle attribuzioni del Giudice ricorrente deriva dalla pretesa del Senato di valutare autonomamente le condotte ascritte al parlamentare, anziché operare un vaglio, nei termini richiesti dalla giurisprudenza costituzionale, sulle motivazioni addotte a sostegno della richiesta di autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni.
In questo senso, una volta escluso che le intercettazioni captate per le quali è stata invocata l’autorizzazione ex post siano inutilizzabili perché effettuate in violazione dell’art. 4 della legge n. 140 del 2003, la richiesta di autorizzazione avanzata dal Giudice dell’udienza preliminare postula che il Senato, sempre conformandosi al canone di leale collaborazione istituzionale, proceda ad una nuova valutazione circa la sussistenza dei presupposti a cui l’utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata ai sensi dell’art. 6, comma 2, della medesima legge.
- 02-07-2024