Con la sent. n. 103 del 2024, la Corte costituzionale ha vagliato plurime questioni sollevate avverso la legge n. 9 del 2023 della Regione Sardegna, dichiarandole in parte inammissibili ed in parte infondate. Queste ultime, nell'ambito dell'articolata decisione, hanno riguardato i primi tre commi dell'art. 13 e l'art. 91, commi 1 e 2.
Più nel dettaglio, l'infondatezza è stata rilevata:
a fronte dell'art. 117, terzo comma, Cost., e 4, comma primo, lettera e), statuto reg. Sardegna, per il comma 1 dell'art. 13, di cui non è stata accertata l'invalidità dell'inclusione di beni gravati da usi civici tra le aree idonee ad ospitare impianti per fonti rinnovabili;
a fronte dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., per il comma 2 dell'art. 13, alla cui previsione (istituzione di un tavolo tecnico) la Corte riconosce natura meramente organizzativa e propositiva;
a fronte del principio di leale collaborazione di cui all’art. 5 Cost., per il comma 3 dell'art. 13, che resta immune da vizi per il fatto di non avere previsto, proprio in ragione dell'accennata sua natura, la partecipazione del Ministero della cultura all'anzidetto tavolo tecnico;
a fronte dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché degli artt. 3, comma primo, lettera d), e 4, comma primo, lettera c), statuto reg. Sardegna, per i commi 1 e 2 dell'art. 91: disposizioni, queste, ritenute anch'esse immuni dal vizio denunciato, mancando il presupposto da cui muove la censura ossia l’eventuale sussistenza di un abuso paesaggistico soggetto a regolarizzazione. La disciplina regionale, rileva la Corte, non è infatti rimasta silente sui profili paesaggistici degli sbarramenti non autorizzati o difformi, avendo escluso la possibilità di derogare alla normativa statale concernente i predetti profili, così rispettando i limiti delle competenze legislative attribuite alla Regione dallo statuto speciale.